Prededucibile il credito dell’avvocato per la redazione della domanda di concordato preventivo

Andrea Paganini
26 Maggio 2015

I crediti del professionista derivanti dall'attività di consulenza e assistenza prestata al debitore ammesso al concordato preventivo, per la redazione e presentazione della relativa domanda, sono prededucibili nel fallimento consecutivo ai sensi del novellato art. 111, comma 2, l. fall. La norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi di impresa, ha introdotto un'eccezione al principio della par condicio ed ha esteso la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali fra i quali il credito del professionista rientra de plano, senza che debba verificarsi il risultato delle prestazioni (certamente strumentali all'accesso alla procedura minore) da questi eseguite, ovvero la loro concreta utilità per la massa, né, tanto meno, il loro avvenuto svolgimento in un arco temporale ristretto, immediatamente precedente e/o susseguente al deposito della domanda (requisito quest'ultimo che non solo non è contemplato dalla norma e non appare da essa evincibile in via interpretativa, ma che, come correttamente rilevato dai ricorrenti, risulterebbe di difficile e incerta individuazione).
Massima

I crediti del professionista derivanti dall'attività di consulenza e assistenza prestata al debitore ammesso al concordato preventivo, per la redazione e presentazione della relativa domanda, sono prededucibili nel fallimento consecutivo ai sensi del novellato art. 111, comma 2, l. fall. La norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi di impresa, ha introdotto un'eccezione al principio della par condicio ed ha esteso la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali fra i quali il credito del professionista rientra de plano, senza che debba verificarsi il risultato delle prestazioni (certamente strumentali all'accesso alla procedura minore) da questi eseguite, ovvero la loro concreta utilità per la massa, né, tantomeno, il loro avvenuto svolgimento in un arco temporale ristretto, immediatamente precedente e/o susseguente al deposito della domanda (requisito quest'ultimo che non solo non è contemplato dalla norma e non appare da essa evincibile in via interpretativa, ma che, come correttamente rilevato dai ricorrenti, risulterebbe di difficile e incerta individuazione).

Il caso

La sentenza affronta il problema della prededuzione nel successivo fallimento del credito dell'avvocato che ha svolto attività di consulenza e assistenza giudiziale per predisporre e illustrare la domanda di concordato preventivo della società poi fallita.
Il Tribunale di Milano, in sede di opposizione allo stato passivo, aveva negato la prededuzione spiegando che l'art. 111, comma 2, l. fall. è applicabile solo a crediti “relativi ad attività indefettibili svolte nella fase temporale strettamente anteriore e susseguente alla presentazione della domanda” di concordato.

La questione

Il termine “prededuzione” significa letteralmente accantonamento e deduzione di qualcosa prima di ogni altra (così Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182-quater l.f., in Fall. 2011, 1340-1347).
Nel diritto fallimentare esprime l'idea che una somma “deve essere dedotta prima di procedere al riparto dell'attivo in favore dei creditori concorsuali per provvedere al pagamento di quelli che, almeno prima della riforma erano definiti debiti di massa” (così Spadaro, La prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura minore nel fallimento consecutivo: tra adeguatezza funzionale e utilità per i creditori, in Fall. 5/2014, 539 ss.).
La dottrina tradizionale ha osservato come non sia una qualità del credito in sé, bensì una “qualificazione processuale”, che consente un soddisfacimento prioritario nell'ambito della procedura concorsuale (in tal senso Bozza-Schiavon, L'accertamento dei crediti nel fallimento e nelle cause di prelazione, Milano, 1992, 469-470).
La ratio di tale priorità (riservata non a caso, secondo l'impostazione originale del Regio Decreto, alle obbligazioni della massa e alle spese della massa) era di consentire il regolare svolgimento dell'ufficio fallimentare garantendo al terzo il pagamento integrale della sua prestazione grazie alla quale veniva arrecato un vantaggio diretto ai creditori concorsuali (così riassume Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2008, 674).
Prima delle recenti riforme del diritto fallimentare, si era allora soliti distinguere i crediti cosiddetti “della massa” da quelli concorsuali in base ad un criterio essenzialmente “cronologico”.
Si considerava cioè la sentenza di fallimento come “spartiacque” prima del quale i crediti anteriori erano definiti concorsuali, mentre quelli successivi erano considerati “della massa” e da soddisfarsi mano a mano che maturavano con precedenza rispetto a quelli concorsuali.
Si trattava essenzialmente di crediti derivanti da atti compiuti dal curatore successivamente alla dichiarazione di fallimento, nell'ambito della gestione del patrimonio complessivo pervenutogli e funzionali al perseguimento degli obiettivi e delle esigenze della procedura.
Essi erano poi distinti in “spese di massa”, cioè le spese giudiziarie per la procedura concorsuale nelle sue varie fasi, e i “debiti di massa” con i quali si faceva riferimento ai crediti derivanti da negozi o atti dell'ufficio fallimentare e dal subentro nei contratti pendenti (così Paluchowski, L'accertamento dei crediti della massa, in Atti del convegno S.I.S.CO. 9 novembre 1991, 123).
Peraltro, vigente la disciplina ante 2006, si negava la prededuzione per i crediti sorti a seguito dell'eventuale prosecuzione dell'attività di impresa in pendenza di una procedura di concordato preventivo che fosse poi sfociata in fallimento, “stante la funzione meramente satisfattoria del concordato, rispetto alla quale è estranea, in quanto meramente eventuale, la continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del debitore” (così Cass. 14 luglio 1997, n. 6352). Tutt'al più si ammetteva la prededuzione unicamente per il compenso degli organi della procedura dal momento che “sia il commissario giudiziale, sia il liquidatore nel caso di cui all'art. 182 l. fall., agiscono nell'interesse della massa dei creditori” (così Cass. n. 5753/1983).
Oggi l'art. 111, comma 2, l. fall., nella formulazione risultante dalle modifiche del 2006-2007, delinea una specifica categoria di crediti prededucibili individuabili secondo tre criteri essenziali: uno, per così dire, “testuale”, uno “cronologico” e uno “funzionale”.
Il primo criterio è forse di più semplice individuazione, poiché accorda la prededucibilità ai crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge (ad esempio le ipotesi previste dagli art. 79, 80, 161, comma 7, 182-quater l. fall., o dall'art. 7 legge 52/1991).
Invece l'espressione “crediti sorti in occasione o in funzione” delle procedure concorsuali farebbe riferimento a due criteri distinti, non sovrapponibili tra loro.
“In occasione” esprimerebbe un dato essenzialmente cronologico, cioè relativo ai crediti sorti dopo l'inizio della procedura e, dal punto di vista soggettivo, riferibili agli organi della procedura. Infatti secondo Cassazione 24 gennaio 2014, n. 1513 “in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa”.
Più “ambiguo” è però il criterio “funzionale” ricorrente nel caso deciso da Cassazione 4486/2015.
In primo luogo si discute della possibilità che tale collegamento possa sussistere in relazione a crediti sorti prima della presentazione della domanda.
In tal senso la decisione del Tribunale di Milano impugnata in Cassazione escludeva la prededuzione proprio sull'assunto che nell'espressione dell'art. 111, comma 2, l. fall. “vanno compresi solo i crediti relativi ad attività indefettibili svolte nella fase temporale strettamente anteriore e susseguente alla presentazione della domanda”.
In realtà la communis opinio riconosce che questa tipologia di prededuzione possa fare riferimento a spese e debiti sorti anche prima dell'ammissione alla procedura (così Limitone, sub Prededuzione, in Le insinuazioni al passivo, a cura di Ferro, IV, Padova, 2006, 117).
Su tale binario, la decisione n. 4486 della Cassazione ribadisce come non sia necessario accertare che le prestazioni da cui sorge il credito richiesto si siano svolte “in un arco temporale ristretto, immediatamente precedente e/o susseguente al deposito della domanda”. Tale requisito, infatti, osserva la S. Corte, non è previsto dalla norma e non sarebbe neppure facilmente individuabile nelle fattispecie concrete.
L'importante è però che tali prestazioni siano “funzionali” alla procedura concorsuale.
Proprio sull'accezione del termine si registrano due differenti impostazioni.
Secondo un'interpretazione restrittiva la funzionalità della prestazione da cui sia sorto il credito deve essere intesa come vantaggio della procedura concordataria.
Ciò significa che l'attività posta in essere deve essere stata utile per risanare l'impresa e in favore dunque dei creditori.
Secondo tale impostazione, proprio con riferimento all'attività del professionista che aveva assistito il debitore nella procedura di concordato preventivo precedente il fallimento era stata negata la prededuzione, perché non era riuscito a dimostrare che la propria attività rientrava negli interessi della massa.
Così si era espressa (sempre la sezione Ia della) Cassazione con la sentenza 13 dicembre 2013, n. 27926 ammettendo la prededuzione per il credito del professionista solo se le prestazioni svolte “si pongano in rapporto di adeguatezza funzionale con le necessità risanatorie dell'impresa e siano state in concreto utili per i creditori, per aver loro consentito una sia pur contenuta realizzazione dei crediti”.

Le soluzioni giuridiche

Diversa è la via scelta ora da Cassazione 4486/2015, secondo la quale il concetto di “funzionalità” va inteso nel senso che l'attività svolta dal professionista deve essere strumentale all'accesso alla procedura concordataria (negli stessi termini Cass. 14 marzo 2014, n. 6031 in Fall. 5/2014, 516 e ss., con commento di Vella, L'enigmatico rapporto tra prededuzione e concordato preventivo).
Ciò significa che se il professionista (da intendersi come ogni professionista e non solo l'attestatore come avveniva invece durante l' "interregno" dell'art. 182-quater l. fall. nella versione del D.L. 48/2010 convertito con legge 122/2010) ha agito per consentire al debitore l'accesso alla procedura concordataria (fornendo consulenza, predisponendo il ricorso, ecc.), ha operato “in funzione” del concordato, integrando così l'ipotesi di prededuzione prevista dall'art. 111 l. fall. (in questo senso la prestazione funzionale è sinonimo di “strumentale”)
In tale ottica non si richiede una valutazione dell'interesse della massa o degli interessi dei creditori, poiché si ritiene che già l'accesso ad una procedura concorsuale, seppure minore rispetto al fallimento, è un bene per i creditori, giacché favorisce l'emersione di uno stato di crisi, evita il depauperamento del patrimonio debitorio, consente la cristallizzazione della massa (ex art. 55 l. fall.), la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento dell'azione revocatoria (art. 69-bis l. fall.) nel caso in cui alla procedura minore consegua il fallimento e l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti la pubblicazione ex art. 168 l. fall. del ricorso per concordato preventivo.
Non è quindi necessario verificare il risultato delle prestazioni, cioè la concreta utilità per la massa (in tal senso anche Cass. n. 2264 del 6 febbraio 2015), poiché essa è come presunta iuris tantum (salvo eventuale prova contraria da parte del curatore da valutare caso per caso).
Questa interpretazione è giustificata da un parallelismo con l'esenzione da revocatoria ai sensi dell'art. 67 lett. g), che salva dal rischio di revoca i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione concordata e di concordato preventivo.
In questo senso si è osservato che l'art. 111 e l'art. 67 lettera g) l. fall. sono speculari (da leggersi come un “chiasmo”), con la differenza che il primo fa riferimento ai crediti non pagati prima del fallimento, mentre il secondo trova applicazione in relazione ai crediti pagati prima del fallimento (così osserva Nisivoccia, Il trattamento dei crediti dei professionisti nel concordato preventivo e nell'eventuale successivo fallimento, Giornate di Studio S.I.S.CO., Milano, 5 marzo 2015)
A questo punto è opportuno precisare che, ad avviso di certa giurisprudenza, condicio sine qua non per riconoscere la prededuzione sopra descritta è, quanto meno, l'ammissione effettiva alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell'art. 163 l. fall. (poi sfociata in fallimento). Solo così infatti, a stretto rigore, sarebbe possibile parlare di consecuzione delle procedure con gli effetti positivi per i creditori sopra ricordati e un controllo effettivo da parte degli organi della procedura sull'an e sul quantum del credito richiesto (in tal senso Trib. Milano, 20 agosto 2009 in Fall. 2009, 12, 1413 e Trib. Udine 15 ottobre 2008, in Fall. 2009, 12, 1414; la stessa Corte di Cassazione nella sentenza in commento esamina la “…attività di consulenza ed assistenza prestata al debitore ammesso al concordato preventivo…”).
In effetti questa interpretazione è prevalsa in un primo tempo anche negli intendimenti del legislatore, quanto meno con riferimento all'ipotesi di concordato con riserva o in bianco.
Infatti con la legge 21 febbraio 2014, n. 9 di conversione del decreto 145/2013 (cosiddetto “Destinazione Italia”), art. 11, comma 3-quater, si è stabilito che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. sono prededucibili a condizione che la proposta, il piano e la documentazione siano presentati entro il termine fissato dal giudice e che il debitore sia effettivamente ammesso alla procedura concordataria ex art. 163 l. fall. Se invece il ricorso non integra almeno un “tentativo idoneo” di concordato preventivo (con il raggiungimento del decreto di ammissione), rimanendo al livello di un semplice “abbozzo” (magari senza nemmeno il deposito degli elementi di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 161 l. fall.), allora non si potrà godere del beneficio della prededuzione.
Oggi però l'art. 22, comma 7, del D.L. 91/2014 convertito in legge 116/2014 ha svincolato la prededuzione dall'ammissione al concordato, abrogando la norma interpretativa citata del D.L. 145/2013.
La prededuzione legata ai criteri di occasionalità e funzionalità è quindi “sganciata” dall'ammissione alla procedura concordataria e può pertanto configurarsi anche nelle ipotesi di concordato in bianco sfociato direttamente in fallimento (così Nardecchia, L'ammissione al passivo, Convegno S.I.S.CO., 22.11.2014, Milano).
In tal senso recentemente il Tribunale di Monza, decreto 23 ottobre 2014 (in ilFallimentarista.it, con nota di Jeantet e Martino, Crediti del professionista sorti prima dell'inizio della procedura di concordato e beneficio della prededuzione nel fallimento susseguente) sempre con riferimento al credito del professionista, ha spiegato che “ad escludere la prededuzione non vale neppure la circostanza secondo la quale la procedura di concordato non venne neppure mai dichiarata aperta”. Si ritiene infatti che la mancata ammissione al concordato (con l'immediato successivo fallimento) non impedirebbe di per sé il fenomeno della consecuzione delle procedure ove risulti che l'insolvenza, già sussistente al momento della richiesta di concordato, è la stessa che ha operato da presupposto per il successivo fallimento escludendo così la possibilità di sostenere l'autonomia delle due procedure (in questi termini anche Cassazione 14 marzo 2014, n. 6031 ,): “si consolida, quindi, la concezione sostanziale del principio di consecuzione, la cui operatività non è condizionata né dall'effettiva apertura della procedura minore, né dalla contiguità cronologica con la procedura successiva, essendo pienamente compatibile con soluzioni di continuità e passaggi intermedi, anche implicanti nuovi accertamenti” (così Vella, L'enigmatico rapporto tra prededuzione e concordato preventivo, cit. 524).

Conclusioni

L'interpretazione data dalla Suprema Corte all'art. 111, comma 2, l. fall. con la sentenza 4486 in commento risulta conforme ad un orientamento oggi maggiormente diffuso, nonché allo spirito delle riforme degli anni 2000 volte essenzialmente a favorire e promuovere il ricorso alle forme di soluzione concordata della crisi di impresa.
Condivisibile è quindi l'ampliamento dell'area della prededucibilità senza valutazioni circa l'“utilità” della prestazione resa (specie, come detto, se ci si “sgancia” anche del requisito dell'ammissione alla procedura concordataria ex art. 163 l. fall.), che va in parallelo però con la tendenza dei Tribunali di merito (ad esempio il citato Tribunale di Monza 23 ottobre 2014) di sindacare e vagliare l'esatto adempimento della prestazione professionale che ha dato luogo al credito al fine di escludere la prededuzione (se non anche proprio l'ammissione al passivo) per attività palesemente infondate, carenti o inadeguate.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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