Revocatoria fallimentare: il curatore è terzo e non può usare le scritture contabili come prova del pagamento

La Redazione
23 Luglio 2013

L'art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria alle scritture contabili per i rapporti tra imprenditori, non può trovare applicazione a favore del curatore fallimentare per la posizione di terzietà che egli assume, sia agendo in revocatoria ex art. 67 l. fall. a tutela dei creditori, sia nella verifica del passivo.
Massima

L'art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria alle scritture contabili per i rapporti tra imprenditori, non può trovare applicazione a favore del curatore fallimentare per la posizione di terzietà che egli assume, sia agendo in revocatoria ex art. 67 l. fall. a tutela dei creditori, sia nella verifica del passivo.

Il caso

La curatela di un fallimento chiedeva la revocatoria di un pagamento effettuato in favore di una società. Il Tribunale rigettava la domanda rilevando che, nonostante il pagamento risultasse provato dal libro giornale della società fallita, mancava la prova della conoscenza dello stato d'insolvenza da parte della convenuta. La Corte d'appello confermava la sentenza di primo grado, ma con motivazioni diverse: riteneva, infatti, inapplicabile alla pretesa azionata dal curatore la speciale efficacia probatoria riconosciuta alle scritture contabili dall'art. 2710 c.c. Ricorreva, infine, per cassazione il Fallimento.

Osservazioni

La prova dei pagamenti. Il nucleo della controversia riguardava le modalità con cui il curatore può provare un pagamento: se il principio generale è quello per cui i documenti provenienti da una parte non possono costituire una prova a favore della stessa, l'art. 2710 c.c. introduce una deroga, attribuendo ai libri contabili regolarmente tenuti una speciale efficacia probatoria nei rapporti tra imprenditori. Si trattava di stabilire se potesse avvalersene il curatore.
La speciale efficacia probatoria delle scritture contabili nei rapporti tra imprenditori. La curatela, censurando la sentenza d'appello, richiama un precedente orientamento di Cassazione (Cass. n. 28299/2005) che estendeva l'applicabilità dell'efficacia probatoria riconosciuta alle scritture contabili anche all'ipotesi in cui la pretesa sia fatta valere in giudizio dal curatore ritenendo che, ferma restando la posizione di terzietà del curatore che agisce in revocatoria, la più ampia prova nei rapporti tra imprenditori ex art. 2710 c.c., giustificata dall'esigenza di garantire la posizione di parità tra le parti (essendo entrambe obbligate a tenere la contabilità, infatti, anche la controparte può provare “la contrastante o inesistente annotazione, a sua volta producendo i propri libri contabili”), non subirebbe alcuna modifica nel caso in cui ad agire fosse il curatore, vertendosi comunque su rapporti giuridici sostanziali tra imprenditori, quanto meno perché riferiti ad epoca anteriore al fallimento.
Il cambio di rotta della Cassazione: il curatore non può avvalersi dell'efficacia probatoria ex art. 2710. Superando questo orientamento, la Suprema Corte afferma che, considerata la natura di norma speciale dell'art. 2710 c.c., che deroga al generale principio per cui i documenti provenienti da una parte non fanno prova a favore della stessa, non appare giustificabile che il rapporto facente capo all'imprenditore sia riferito semplicisticamente al curatore, che agisce in revocatoria come terzo a tutela dei creditori. La norma, infatti, individua l'ambito di applicazione soggettivo della speciale disciplina probatoria nel riferimento, necessariamente collegato, all'imprenditore e al rapporto d'impresa.
Questa interpretazione restrittiva, conclude la Corte, è del resto coerente con la recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della delibazione di una domanda di ammissione al passivo formulata da un creditore, il curatore è terzo, e non parte, rispetto agli atti compiuti dal fallito, non riconoscendosi all'imprenditore la possibilità di avvalersi della speciale efficacia probatoria dell'art. 2710 c.c. nel giudizio di opposizione allo stato passivo (così tra le ultime, le pronunce 10081/2011, 25570/2010, S.U. 4213/2013), con la conseguenza che la domanda stessa è soggetta anche ai limiti probatori di cui all'art. 2704 c.c. (da ultimo: Cass. S.U. n. 4213/2013, in IlFallimentarista.it, con nota di La Cava, La prova del credito nelle scritture private).