La prova del credito nelle scritture private

Luca La Cava
27 Giugno 2013

In sede di formazione dello stato passivo il curatore deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l'istanza di ammissione, conseguendone l'applicabilità della disposizione contenuta nell'art. 2704 c.c. e la necessità della certezza della data nelle scritture allegate come prova del credito.
Massima

In sede di formazione dello stato passivo il curatore deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l'istanza di ammissione, conseguendone l'applicabilità della disposizione contenuta nell'art. 2704 c.c. e la necessità della certezza della data nelle scritture allegate come prova del credito.

Il caso

Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 101 l. fall., una società agricola in accomandita semplice chiedeva che fosse ammesso al passivo di una società agricola a responsabilità limitata, il proprio credito in via privilegiata, vantato in relazione a forniture effettuate in favore della società in bonis.
In primo grado, il Tribunale adito dichiarava improcedibile la domanda, costringendo la ricorrente a proporre appello innanzi la Corte territorialmente competente.
Quest'ultima, a parziale riforma della sentenza di primo grado, non considerava il ricorso improcedibile, ritenendolo, tuttavia, infondato nel merito.
La Corte territoriale rilevava che il credito dell'istante, asseritamente sorto in relazione alla avvenuta somministrazione di piante, sarebbe stato comprovato - secondo la ricorrente - da fatture debitamente supportate da bolle di accompagnamento; che la posizione di terzietà attribuibile al curatore avrebbe determinato l'applicabilità della regola della certezza e computabilità della data ai crediti di cui era stata chiesta l'ammissione al passivo; che l'osservanza di detta regola avrebbe determinato la conseguenza che il creditore, che chiede il riconoscimento di un proprio credito nei confronti del fallito allegando una scrittura privata a sostegno della pretesa creditoria formulata verso la massa e contraddetta dal curatore fallimentare, è soggetto all'applicazione della disciplina di cui all'art. 2704 c.c. Nella specie, l'appellante aveva prodotto soltanto fatture e copie fotostatiche di alcune “bolle di vendita”, circostanza che avrebbe imposto, conseguentemente, il rigetto dell'istanza di ammissione.
Proposto ricorso per Cassazione, la controversia veniva assegnata alle Sezioni Unite della Suprema Corte, al fine di verificare l'applicabilità dell'art. 2704 c.c. alla curatela fallimentare.

Le questioni giuridiche e la soluzione - Premessa normativa

Nella sentenza la Suprema Corte ribadisce, definitivamente, che l'art. 2710 c.c. (efficacia probatoria tra imprenditori) non si applica al curatore fallimentare, salvo che questi non subentri nella posizione sostanziale e processuale del fallito. Più precisamente l'esclusione risulta incentrata sul condivisibile rilievo che il regime probatorio delineato dall'art. 2710 c.c. opera soltanto tra imprenditori, in relazione ai rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa. Il curatore non è imprenditore, essendo a lui attribuibile esclusivamente la funzione di semplice gestore del patrimonio del fallito.
Maggiore problematicità presenta, invece, la questione relativa alla applicabilità dell'art. 2704 c.c. data della scrittura privata nei confronti dei terzi) nel procedimento fallimentare e, segnatamente, alla fase di verifica del passivo.
Preliminarmente la Suprema Corte precisa il principio fondamentale secondo il quale il curatore fallimentare, ai fini della delibazione delle domande di ammissione al passivo fallimento presentate dai creditori, è da considerarsi terzo.
Ne consegue, pertanto, che in sede di verifica dei crediti, ai fini della determinazione della data di scritture private, trova piena applicazione il primo comma dell'art. 2704 c.c.

Questione di diritto

La quaestio iuris analizzata dal Giudice di Legittimità riguarda l'ipotesi in cui l'ammissione al passivo abbia ad oggetto una scrittura privata che manca di data certa. La Cassazione precisa che l'onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione può ritenersi soddisfatto ove sia prodotta documentazione idonea a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata, mentre l'eventuale mancanza di data certa nella detta documentazione costituisce un semplice fatto impeditivo del riconoscimento del diritto fatto valere. Infatti, se è del tutto condivisibile il richiamo agli artt. 44, 45 e 52 l. fall. ai fini della delibazione delle istanze di ammissione al passivo, ciò non comporta che per questo solo fatto debba mutare il regime probatorio riguardante l'atto originariamente posto in essere, atteso che l'art. 2704 non risulta richiamato da alcuna disposizione della legge fallimentare. Un eventuale mutamento di regime determinerebbe una non ragionevole incidenza negativa sulla parte creditrice, che oltre a non potersi avvalere del disposto di cui all'art. 2702 c.c., si troverebbe senza colpa nella pregiudizievole situazione di dovere dare dimostrazione dell'antecedenza del proprio credito al fallimento.

Il potere del giudice delegato: la soluzione delle Sezioni Unite

La configurazione della mancanza di data certa come fatto impeditivo all'accoglimento della pretesa creditoria formulata pone l'ulteriore questione se la deduzione del detto fatto debba essere o meno oggetto di eccezione in senso stretto, che in quanto tale potrebbe essere sollevata soltanto dalla parte, nella specie identificabile nel curatore.
Afferma però la Suprema Corte che il silenzio normativo sul punto comporta che tale eccezione non possa essere annoverata tra quelle catalogate come eccezioni in senso stretto. “La carenza di data certa va dunque considerata come fatto impeditivo oggetto di eccezione in senso lato”.
Pertanto è attribuito al G.D. il potere-dovere di rilevare d'ufficio anche l'eccezione in esame.