Finalità conservativa e azione revocatoria: nessun contrasto con il divieto di aiuti di stato

La Redazione
03 Settembre 2015

Con la sentenza n. 17338 depositata il 31 agosto 2015, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della compatibilità dell'azione revocatoria fallimentare promossa nell'ambito di amministrazioni straordinarie con la disciplina comunitaria in tema di aiuti di Stato.

Con la sentenza n. 17338 depositata il 31 agosto 2015, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della compatibilità dell'azione revocatoria fallimentare promossa nell'ambito di amministrazioni straordinarie con la disciplina comunitaria in tema di aiuti di Stato.

IL CASO - L'occasione per la pronuncia è offerta dal ricorso di legittimità promosso da una s.p.a. che aveva visto dichiarare l'inefficacia di alcuni ingenti pagamenti ricevuti da una s.r.l. (al momento del giudizio in amministrazione straordinaria) in applicazione dell'art. 67 l. fall. La società ricorrente solleva la questione relativa alla (in)compatibilità della l. 95/1979 con le disposizioni comunitarie in tema di aiuti di Stato, posto che l'azione revocatoria si inserirebbe nella fase conservativa della procedura e non in quella meramente liquidatoria.

L'AZIONE REVOCATORIA NON CONTRASTA CON LO SCOPO CONSERVATIVO - Nel ritenere infondata la doglianza così prospettata, la Suprema Corte ribadisce come la giurisprudenza di legittimità abbia ripetutamente affermato la compatibilità con l'ordinamento comunitario dell'azione revocatoria esercitata nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, negando ogni rilevanza a tal fine della distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria della procedura. L'architettura della l. 95/1979 assegna infatti all'azione revocatoria un ruolo orientato non solo alla continuazione ed al risanamento dell'impresa (finalità peraltro prevalente, rispetto a quella liquidatoria) ma anche alla realizzazione di risorse destinate alla soddisfazione dei creditori.
La giurisprudenza ha anche avuto modo di chiarire che la finalità di risanamento e quella satisfattiva non corrispondono a momenti distinti della procedura, potendo essere perseguite anche durante la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa.

I PRESUPPOSTI PER L'AZIONE REVOCATORIA - In conclusione, la Corte di Cassazione conferma la sussistenza del presupposto oggettivo del pregiudizio alla massa dei creditori degli atti di disposizione – peraltro di notevole importo – compiuti nell'anno anteriore e ritenuto insito nella lesione della par condicio creditorum derivante dall'uscita del bene dalla massa. Allo stesso modo pacifica è la sussistenza del presupposto soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore, circostanza che deve essere effettiva ma che può essere provata anche per via indiziaria, laddove vi siano elementi idonei, gravi, precisi e concordanti.
La Suprema Corte, confermando la pronuncia impugnata e la legittimità dell'intervenuta revocazione, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese alla controparte.