Azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. Questioni ricorrenti tra conferme e aspetti innovativi

Marco Angelo Russo
27 Febbraio 2013

La legittimazione straordinaria del curatore all'esercizio dell'azione di responsabilità dei creditori sociali ha il proprio fondamento nella stessa previsione dell'art. 146 l. fall. che concentra in capo all'ufficio fallimentare la titolarità delle azioni di massa dirette a ricostruire il patrimonio della società tramite l'accertamento della responsabilità e la condanna di coloro che, in qualità di amministratori e sindaci, hanno danneggiato l'impresa e il relativo ceto creditorio.
Massima

La legittimazione straordinaria del curatore all'esercizio dell'azione di responsabilità dei creditori sociali ha il proprio fondamento nella stessa previsione dell'art. 146 l. fall. che concentra in capo all'ufficio fallimentare la titolarità delle azioni di massa dirette a ricostruire il patrimonio della società tramite l'accertamento della responsabilità e la condanna di coloro che, in qualità di amministratori e sindaci, hanno danneggiato l'impresa e il relativo ceto creditorio.

Il dies a quo del termine prescrizionale dell'azione di responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali è la data di manifestazione esterna dello stato d'insufficienza patrimoniale della società che non può identificarsi con il deposito del bilancio presso il registro delle imprese poiché non consente di rivelare in modo generalizzato e oggettivo all'intera classe dei creditori lo stato di insufficienza del patrimonio della società.

L'art. 2393, comma 4, c.c. che sospende il decorso del termine prescrizionale dell'azione di responsabilità sociale, è applicabile, in quanto compatibile, nei confronti dei componenti del collegio sindacale poiché realizza l'esigenza, presente anche nelle s.r.l. dotate dell'organo di controllo, di rafforzare la tutela della società nei confronti dei sindaci. Pertanto, in forza degli artt. 2407, comma 3, 2393, comma 4, c.c., per gli illeciti commessi successivamente al 1° gennaio 2004, il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione sociale di responsabilità nei confronti dei componenti il collegio sindacale è rappresentato dalla data in cui gli stessi cessano dalla carica.

Il sindacato giurisdizionale sull'attività degli amministratori deve essere diretto a verificare la ragionevolezza della scelta dell'organo amministrativo tramite la verifica del procedimento di formazione della decisione che deve essere caratterizzato dalla predisposizione di un piano industriale o commerciale, dalla selezione degli strumenti organizzativi e finanziari necessari per realizzare i fini indicati, dall'individuazione delle specifico rischio d'impresa e dall'adozione delle misure necessarie per neutralizzare il rischio o evitare che lo stesso possa determinare un pregiudizio per la complessiva attività della società.

Il pregiudizio derivante dall'omessa presentazione dell'istanza di fallimento è quantificabile nella misura delle perdite subite dalla società successivamente alla data in cui gli amministratori, dovendosi accorgere dello stato di insolvenza, hanno omesso di presentare il ricorso ex art. 6 l. fall. Il pregiudizio viene in tal caso cagionato, prima ancora che ai creditori sociali, alla società, con la conseguenza che il danno può essere superiore alla differenza tra l'attivo e il passivo fallimentare.

I sindaci sono responsabili per gli incrementi del passivo formatosi successivamente alla data in cui potevano accertare lo stato di insolvenza della società e sollecitare la presentazione del ricorso di fallimento.

Il caso

A seguito del radicamento di un'azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. (azione sociale e azione dei creditori sociali) nei confronti di amministratori e sindaci di una s.r.l. - ai quali nell'esercizio delle rispettive funzioni di gestione e controllo sono stati contestati atti di mala gestio specifici, l'occultamento dell'incapienza patrimoniale con illecita prosecuzione dell'attività caratteristica, la violazione del dovere di domandare il fallimento in proprio dopo che si era verificato lo stato di insolvenza per evitare l'aggravamento del dissesto - il curatore fallimentare, successivamente all'espletamento di una CTU, ha chiesto un sequestro conservativo a garanzia delle proprie ragioni creditorie.

Il Tribunale, nel concedere la richiesta misura cautelare, ritenendo sussistere ambedue i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ha esaminato le questioni più significative e più discusse connesse all'azione di responsabilità promossa da una procedura fallimentare, quali: la legittimazione del curatore all'esercizio dell'azione di responsabilità dei creditori sociali, il termine di decorrenza della prescrizione dell'azione, l'individuazione delle condotte integranti le responsabilità dell'organo gestorio e di controllo, la quantificazione del danno, incluso quello conseguente alla ritardata presentazione dell'istanza di fallimento.
A margine, il Tribunale ha anche affrontato il tema, ormai ricorrente e strumentale, della nullità per indeterminatezza della domanda.

Le questioni giuridiche esaminate e le soluzioni

Il Tribunale nell'ordinanza in esame ha affrontato e risolto le tematiche più ricorrenti adottando soluzioni ampiamente motivate, con puntuali richiami delle norme di diritto e della giurisprudenza di legittimità e di merito.
Alcune delle soluzioni sono risultate in linea con gli orientamenti maggioritari, mentre altre se ne sono discostate.
In particolare, è disattesa l'eccezione di nullità del decreto di autorizzazione del giudice delegato del fallimento per difetto di autorizzazione del comitato dei creditori, essendo stato affermato che il legislatore ha riconosciuto il potere di autorizzazione all'azione solo al giudice delegato ex art. 146 l. fall. che prescrive la sola audizione dell'organo rappresentativo del ceto creditorio, a differenza di quanto espressamente previsto ex art. 35 l. fall. per altre autorizzazioni quali le transazioni, riduzioni di crediti, ecc..
Il fondamento della legittimazione all'esercizio dell'azione dei creditori sociali in capo al curatore di una s.r.l. è stato individuato nella previsione di cui all'art. 146 l. fall. che concentra in capo all'ufficio fallimentare la titolarità delle azioni di massa.
Dopo aver risolto altre eccezioni procedurali (nullità del ricorso per indeterminatezza della domanda, violazione del principio di corrispondenza tra domanda cautelare e domanda di merito) ed aver dichiarato l'inammissibilità di una domanda riconvenzionale formulata nel cautelare per mancanza del requisito del periculum, seppure ritenuta ammissibile sul piano teorico, il Tribunale ha affrontato le eccezioni di prescrizione dell'azione formulate dagli amministratori e dai sindaci.
Relativamente alla questione della prescrizione dell'azione di responsabilità nei confronti dei creditori sociali, il Tribunale, nel ribadire che la prescrizione quinquennale decorre dall'emergere dello stato di insufficienza patrimoniale, ha sostenuto che la pubblicazione del bilancio è inidonea a rendere conoscibile ai terzi in modo generalizzato e oggettivo lo stato di incapienza patrimoniale, con l'effetto che il dies a quo ai fini della decorrenza della prescrizione non può individuarsi nella data di deposito del bilancio presso il Registro delle Imprese, così discostandosi dall'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale ha affrontato altresì la questione della prescrizione dell'azione sociale di responsabilità nei confronti dei sindaci, sostenendo in termini innovativi che, dopo la riforma del 2003, deve ritenersi applicabile nei confronti di questi ultimi, in quanto compatibile ai sensi dell'art. 2407 c.c., la sospensione del termine prescrizionale espressamente prevista per gli amministratori dall'art. 2393, comma 4, c.c., sul presupposto che l'applicabilità della sospensione risponde all'esigenza di rafforzare la tutela della s.r.l. nei confronti dei sindaci così come previsto per le s.p.a..
Nel merito della responsabilità degli amministratori e dei sindaci, il Tribunale, dopo aver diffusamente illustrato i doveri ed i principi generali cui devono attenersi l'organo gestorio e l'organo di controllo, ha affermato che, per valutare se un atto sia idoneo a perseguire l'oggetto sociale o se invece sia qualificabile come un atto ultra vires, occorre verificare se l'atto stesso, seppure previsto dallo statuto della società, soddisfi in concreto un interesse economico, anche indiretto, della società.
Tale premessa assume rilievo, in particolare, ove abbia ad oggetto gli atti attuativi delle direttive di un gruppo di società, dovendosi ritenere responsabili gli amministratori che non si siano astenuti dall'eseguire le deliberazioni contrarie agli interessi della società amministrata, non potendo essere invocato il c.d. “vantaggio compensativo” come esimente con la semplice affermazione dell'appartenenza dell'impresa ad un gruppo societario.
L'eventuale vantaggio, immediato o indiretto, deve invece essere individuato con riferimento alla società che ha compiuto l'atto pregiudizievole del proprio patrimonio, conformemente al costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale ha riconosciuto astrattamente il diritto al risarcimento del danno da prosecuzione dell'attività a fini non conservativi a seguito di un'intervenuta causa di scioglimento, affermando che grava sul curatore l'onere di provare i comportamenti tenuti in concreto dagli amministratori in violazione di tale dovere.
Nel caso di specie il danno non è stato riconosciuto per non essere stato assolto l'onere probatorio gravante sulla procedura.
E' stato riconosciuto invece il danno conseguente all'aggravamento del dissesto in capo agli amministratori ed ai sindaci per avere i primi omesso la presentazione dell'istanza ex art. 6 l. fall. a fronte di un'accertata situazione di impotenza economica e, i secondi, per aver omesso di sollecitare la presentazione della domanda di fallimento.
Il pregiudizio è stato quantificato nella misura delle perdite maturate successivamente alla data in cui gli amministratori, a seguito dell'emergere dello stato d'insolvenza, avrebbero dovuto presentare l'istanza di fallimento in proprio, con l'effetto che il risarcimento potrebbe risultare addirittura superiore alla differenza tra l'attivo e il passivo fallimentare per essersi riverberato il danno sulla società prima ancora che sui creditori sociali.

Osservazioni

La decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rappresenta un interessante precedente in tema di prescrizione, con riferimento sia alla decorrenza del termine prescrizionale dell'azione dei creditori sociali, sia alla prescrizione dell'azione sociale di responsabilità nei confronti dei sindaci.
È notorio che il relativo termine quinquennale viene fatto decorrere dal momento della manifestazione dello squilibrio patrimoniale, che solitamente coincide con la dichiarazione di fallimento, ma che può anche essere, ove provato dagli interessati, retrodatato ad un momento anteriore coincidente con il deposito del bilancio, con una conseguente compressione dei tempi per l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del curatore.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in controtendenza, ha affermato che l'esteriorizzazione dell'insufficienza patrimoniale della società non può riconnettersi alla pubblicazione del bilancio in quanto soggetto al mero deposito e non all'iscrizione presso il registro delle imprese.
Inoltre, poiché l'insufficienza patrimoniale deve essere effettivamente nota ai creditori, è da escludere che qualunque creditore, pur utilizzando la comune diligenza dell'uomo medio, sia in grado di valutare lo sbilancio tra attivo e passivo in mancanza delle necessarie nozioni tecniche.
E' apprezzabile quanto sostenuto dal Tribunale poiché recepisce l'effettivo rapporto socio-economico che esiste fra una società e i suoi più diversi creditori.
Infatti, nella realtà economica di tutti i giorni non tutti i creditori possono essere considerati “qualificati”, e quindi in grado di avere le necessarie nozioni tecniche per evincere l'insufficienza patrimoniale dalla semplice lettura del bilancio.
Sono certamente in grado di farlo gli istituti di credito, o altre grosse realtà aziendali, mentre è da escludere che il piccolo o medio creditore abbia le necessarie competenze, pur con tutta la buona volontà, per desumere dalla semplice lettura del bilancio lo stato di salute del proprio debitore, con l'effetto che appare corretto far coincidere l'emersione dell'incapienza patrimoniale con la dichiarazione di fallimento, e quindi in un momento in cui l'insufficienza è oggettivamente individuata in virtù dell'intervento di un organo pubblico terzo quale il curatore, il quale, acquisendo la documentazione contabile, può agire con piena cognizione dei fatti societari negli interessi della massa, esperendo l'azione dei creditori sociali entro il quinquennio dalla data del fallimento e non nel termine quinquennale di cui è incerta la data di decorrenza.
Il Tribunale ha ritenuto essere compatibile la sospensione del decorso del termine nei confronti dei componenti del collegio sindacale anche nelle s.r.l. dotate dell'organo di controllo per gli illeciti commessi successivamente al gennaio 2004 ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2477, 2407, comma 3, c.c., 2393, comma 4, c.c., con l'effetto che il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione sociale di responsabilità è stato fatto decorrere nei confronti del collegio sindacale, così come previsto per gli amministratori, dalla data di cessazione della carica, in motivato contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità e di merito.

Conclusioni

Il Tribunale ha trattato i ricorrenti temi connessi all'azione di responsabilità esercitata dal curatore nei confronti degli organi sociali, nel caso di specie di una s.r.l., in modo esaustivo, con un'articolata motivazione e con un puntuale richiamo normativo.
Con l'innovativa decisione in tema di prescrizione, ove condivisa, i compiti dei curatori risulterebbero oltremodo agevolati soprattutto nelle procedure fallimentari più complesse allorquando l'incapienza patrimoniale risulti risalente rispetto alla data di dichiarazione del fallimento, poiché in tali ipotesi sussiste purtroppo il concreto rischio per il curatore di non poter esercitare l'azione dei creditori sociali laddove la conoscenza dell'incapienza venga ricollegata, ad esempio, alle risalenti pubblicazioni dei bilanci, con una conseguente ingiustificata limitazione del termine dell'azione dei terzi creditori non “qualificati” di buona fede.
Analoga considerazione valga per l'affermata sospensione, nelle s.r.l., del termine di prescrizione per l'azione di responsabilità nei confronti dei sindaci nel tempo della durata dell'incarico, risultando ingiustificata la differente decorrenza dei termini di prescrizione per amministratori e sindaci a fronte, talvolta, di una comune responsabilità colpevole.
Da ultimo, occorre rilevare come il Tribunale, da un lato, abbia affermato la responsabilità degli amministratori per l'indebita prosecuzione dell'attività d'impresa nonostante l'intervenuta causa di scioglimento della società e, dall'altro, non abbia riconosciuto il danno per non essere stati provati dal curatore gli atti compiuti dagli amministratori in contrasto con il dovere di gestire l'impresa a soli fini conservativi.
La decisione appare logica e coerente, seppure in contrasto con altra parte della motivazione, che ha riconosciuto il danno conseguente all'omessa presentazione dell'istanza di fallimento che ha determinato un aggravamento del dissesto, con quantificazione del pregiudizio pari alle perdite maturate successivamente alla data in cui gli amministratori, dovendosi accorgere dello stato d'insolvenza, avrebbero dovuto chiedere il fallimento.
Si pone l'interrogativo: l'aggravamento del dissesto (riconosciuto pari alle perdite maturate) non è forse stato provocato dall'assunzione di nuovi rischi d'impresa e, quindi, dall'indebita prosecuzione dell'attività non a soli fini liquidatori?

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sulla prescrizione dell'azione dei creditori sociali si segnalano, in senso opposto all'ordinanza in esame, Cass. 25 luglio 2008 n. 20476, che esplicitamente afferma l'opponibilità “erga omnes” del bilancio e la leggibilità dello stesso da parte di operatori non particolarmente qualificati; Tribunale di Nola, 1 marzo 2010, su Ilcaso.it; Tribunale di Salerno, 25 maggio 2010, su Ilcaso.it; Tribunale di Lecce, 9 dicembre 2011, su Ilfallimentarista.it.
Quanto alla prescrizione dell'azione di responsabilità nei confronti dei sindaci e all'applicabilità a questi ultimi della sospensione come previsto per gli amministratori, sempre in senso difforme rispetto alla decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la già citata del Tribunale di Lecce, 9 dicembre 2011; si segnala inoltre Cass. 19 settembre 2011, n. 19051, che nega l'applicabilità della sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 7, c.c. ai sindaci ma che, si osserva, è relativa a fatti accaduti antecedentemente la riforma del diritto societario del 2003.
Sulla legittimazione del curatore fallimentare all'esercizio dell'azione dei creditori sociali della s.r.l. si segnala, fra le molte altre, Tribunale di Milano, 18 gennaio 2011 in Fall. 2011, 588; la giurisprudenza di legittimità ha recepito l'orientamento nettamente prevalente, vedasi ad esempio Cass. 21 luglio 2010, n. 17121.
In tema di atti effettuati in attuazione di direttive del gruppo e del c.d. “vantaggio compensativo” si segnalano, in senso conforme all'ordinanza in esame, Cass. 15 giugno 2000, n. 8159, Cass. 24 agosto 2004, in DeJure.
Più in generale, sull'azione di responsabilità nei confronti dell'organo gestorio e di controllo, De Crescenzo, La responsabilità, in Le Nuove s.p.a. (diretto da O. Cagnasso, L. Panzani), Bologna, 2012, 139 e ss.

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