Omogeneità dell’interesse, privilegiati degradati e questioni varie in tema di classi

Carlo Trentini
22 Gennaio 2013

Nel concordato preventivo la costituzione di una classe presuppone l'identità di posizione giuridica e d'interesse economico dei creditori chiamati a comporla.
Massima

Nel concordato preventivo la costituzione di una classe presuppone l'identità di posizione giuridica e d'interesse economico dei creditori chiamati a comporla.

Il caso

E' inammissibile la proposta di concordato preventivo che, nella suddivisione dei creditori in classi, colloca nella stessa classe i creditori chirografari originari (fornitori) e i creditori privilegiati degradati, in quanto questi ultimi hanno diritto ad esprimere il voto per la sola parte insoddisfatta del loro credito, al contrario dei creditori chirografari originari che hanno diritto di voto per l'intero. (massima)

Il decreto del Tribunale di Milano che si annota presenta particolare interesse sia perché affronta una questione centrale nell'ambito del dibattito più recente in materia di concordato preventivo, sia perché costituisce l'occasione per una riflessione sullo stato attuale dei punti fermi e dei punti discussi circa la delicata questione della formazione delle classi nell'ambito della procedura di concordato.
Nello specifico, il Tribunale milanese esamina la questione dell'identità di posizione giuridica e d'interesse economico dei creditori, rilevante ai fini dell'inclusione nelle classi; e, con particolare riguardo al trattamento dei creditori privilegiati rispetto ai quali la proposta di concordato non contempli l'integrale soddisfazione, ne esclude l'assimilabilità ai creditori chirografari, negando quindi che questi possano essere collocati nella stessa classe.

Funzione della formazione delle classi e loro facoltatività

In termini generali, costituisce opinione sostanzialmente condivisa da tutti quella secondo cui l'istituto delle classi rappresenta una eccezione, normativamente prevista, alla regola generale alla parità di trattamento fra i creditori.
La possibilità di formare classi, siccome funzionale all'introduzione di trattamenti differenziati tra creditori aventi lo stesso rango ovvero di trattamenti uguali per creditori aventi ranghi diversi, rappresenta un'eccezione rispetto ai principi stabiliti dall'art. 2741 c.c., che, nel concorso di creditori (e non solo nelle procedure concorsuali, ma anche in diritto comune), impone di soddisfare prima i creditori muniti di prelazione, secondo l'ordine delle prelazioni e, in presenza di creditori dello stesso rango, di riservare loro eguale trattamento, in proporzione dei rispettivi crediti. Col consenso degli altri creditori, la formazione di classi consente anche di attribuire ai creditori postergati lo stesso trattamento di creditori chirografari (Trib. Padova, 16 maggio 2011, in Banca borsa tit. cred., 2012, 222). Esplicitamente nel senso che la formazione di classi distinte costituisce una deroga al principio della parità di trattamento dei creditori e ch'essa non configura un'ipotesi di abuso del diritto, si veda: Cass. civ., 10 febbraio 2011, n. 3274. Cfr. anche Bersani, Il concordato preventivo, Milano, 2012, 254.
Com'è noto, e come praticamente tutti i commentatori non dimenticano di ricordare, l'istituto trae origine dal diritto nordamericano (Lo Cascio, Il concordato preventivo, 2011, 207; Vitiello, Il concordato preventivo con classi nella prospettiva liquidatoria e nella prospettiva di risanamento, in IlFallimentarista.it.
Non pare del tutto esatto quanto talora si afferma, e cioè che la formazione di classi avrebbe come finalità quella di agevolare il raggiungimento di maggioranze nel concordato preventivo, o nei concordati in genere (Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, III, 1605, peraltro nel senso che la formazione di classi avrebbe come scopo quello di “superare resistenze strategiche di taluni creditori”. Cfr. anche Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 12, secondo cui la funzione delle classi consisterebbe nel “favorire l'approvazione della proposta di concordato mediante l'aggregazione di creditori aventi una posizione giuridica e aspettative similari).
In senso contrario, basti osservare che, per l'approvazione del concordato, è comunque necessario il voto favorevole (espresso o presunto) della maggioranza assoluta dei creditori, computati per somma, e che il classamento - in qualsiasi modo si formino o si moltiplichino le classi - è, alla fine, indifferente rispetto al raggiungimento di tale maggioranza.
Piuttosto, dall'affermazione per cui la suddivisione dei creditori in classi è prevista dall'ordinamento per consentire un'eccezione al principio generale della parità di trattamento dei creditori (sul punto, Vitiello, Il concordato preventivo con classi nella prospettiva liquidatoria e nella prospettiva di risanamento, cit., 2), è agevole desumere che le norme in tema di classamento del ceto creditorio rappresentano norme eccezionali, conseguendone l'inammissibilità di una loro interpretazione analogica e la stessa necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni regolanti l'istituto. Esattamente, la norma che consente la formazione di classi “non può che ricevere una stretta interpretazione” (Trib. Roma, 20 aprile 2010).
Quanto alla discussa questione circa l'obbligatorietà della formazione di classi, la tesi favorevole, per quanto autorevolmente e convintamente sostenuta (Trib. Monza, 27 novembre 2009), può oramai considerarsi minoritaria e, soprattutto, disattesa dalla stessa pronunzia della Corte Costituzionale intervenuta sulla questione sollevata in proposito: Corte Cost., 12 marzo 2010, n. 98. In giurisprudenza, per la facoltatività e non obbligatorietà della formazione di classi: Trib. Roma, 24 maggio 2012, in IlFallimentarista; Trib. Milano, 3 novembre 2011, ibidem. Galletti, Classi obbligatorie? No, grazie!, in Giur. comm., 2010, II, 332; in dottrina: Lo Cascio, Il concordato preventivo, cit., 213; Vitiello, Concordato preventivo e classi di creditori: infondatezza, de iure condito, della tesi dell'obbligatorietà delle classi, in IlFallimentarista.
Che la proposta suddivida i creditori in classi, oramai è pacifico, va considerato una facoltà, di cui il proponente il concordato può avvalersi appunto per derogare alle regole della par condicio creditorum: cfr., sul punto, Cass. civ., 10 febbraio 2011, n. 3274, cit.; App. Genova, 23 dicembre 2011, in Ilcaso.it, 18.

Requisiti della proposta con classi

Se nella proposta sono previste classi, la loro formazione deve soddisfare un triplice requisito:
a) la formazione delle classi deve essere esplicita: cioè il proponente deve espressamente dichiarare che si è in presenza di un concordato “con classi”, precisando anche gli elementi individuatori dell'appartenenza alle singole classi. Ciò non esclude che i chiarimenti possano essere forniti successivamente, in omaggio alla previsione dell'art. 162, comma 1, l. fall., secondo cui il tribunale può concedere, a sua discrezione, un termine non superiore a 15 giorni, per apportare integrazioni al piano; in tal senso, con specifico riguardo alla formazione delle classi, e ai criteri che sovraintendono il classamento dei creditori, cfr. Trib. Milano, 4 dicembre 2008, in Giur. comm., 2010, 332. È inammissibile la proposta concordataria che preveda la distribuzione dei creditori in quattro distinte classi, senza chiarire i criteri seguiti per ripartire i creditori tra le varie classi: Trib. Ascoli Piceno, 4 marzo 2011. Del pari è inammissibile la proposta concordataria in cui non siano esplicitati i criteri di formazione delle classi e i diversi trattamenti per ciascuna classe: Trib. Brescia, 4 giugno 2008, in Giust. civ. 2009, 2037; cfr. anche Trib. Milano, 26 giugno 2007, in Riv. dottori commercialisti 2007, 905 (s.m.).;
b) gli elementi identificativi delle classi devono essere riconoscibili e ragionevoli; ovvero, in altri termini, occorre che l'appartenenza alla classe derivi da connotati di comunanza tra i creditori, nel senso ch'essi debbono presentare elementi omogenei, e che questi siano enucleati secondo criteri razionali, e non arbitrari o di indifferenza rispetto al piano concordatario (la diversità di posizione giuridica ed economica deve essere predicata secondo criteri di ragionevolezza e buon senso; diversamente si dovrebbero ammettere tante classi quanti i crediti: cfr. Cass. civ., n. 10 febbraio 2011, n. 3274, cit., e App. Genova, 23 dicembre 2011, cit. Sia giuridicamente che economicamente: cfr. Cass. civ., 4 febbraio 2009, n. 2706; Trib. Arezzo, 25 agosto 2011, in DeJure. Quanto alla nozione d'interesse in senso economico esso dovrebbe intendersi, secondo Zanichelli, cit., 12, nel senso di interesse ad una particolare forma di adempimento. Sul punto: D'Orazio, L'interesse economico omogeneo nella formazione delle classi fra autonomia negoziale e controlli di merito, in Giur. merito, 2009, 982);
c) l'esistenza di classi distinte deve avere una precisa giustificazione nel quadro complessivo della proposta; in altri termini, deve essere chiarito perché i creditori appartenenti ad una certa classe hanno un trattamento diverso rispetto a quelli di altra classe, pur in presenza di ranghi eguali - o, viceversa, per quale ragione in presenza di creditori con collocazione diseguale, per questi sia previsto lo stesso trattamento, fermo restando che in nessun caso può violarsi la regola sancita dall'art. 160 l. fall., secondo cui non può sovvertirsi l'ordine delle prelazioni (Lo Cascio, cit., 211. Per un'applicazione di questo principio, cfr. Trib. Palermo, 17 febbraio 2006, in Fall., 2005, 570 con nota di Lo Cascio, secondo cui è inammissibile una proposta concordataria in cui, in difformità di ogni logica giuridica, sia prevista una soddisfazione dei creditori con il privilegio c.d. dei lavoratori subordinati maggiore rispetto a quella degli ipotecari).
Una volta formate le classi, esse costituiscono un complesso per sua natura unitario, contraddistinto da assoluta omogeneità: in altri termini il voto dei componenti la classe va valutato ex se, senza possibilità di vagliare, all'interno della classe, un'eventuale divergenza di interessi fra i vari componenti, e tanto sulla base sia dell'affermata natura individuale ed omogenea della classe, sia del principio per cui, una volta costituita una classe secondo criteri corretti, il voto del singolo creditore va ascritto al raggruppamento nella sua unità, essendo impossibile attribuire allo stesso una valenza distinta, dal momento che le ipotesi di conflitto d'interessi, all'interno delle procedure concorsuali in genere, sono normativamente previste, in modo specifico, né è consentito ricostruirle o desumerle altrimenti (sul punto: Cass. civ., 10 febbraio 2011, n. 3274, cit.).
Tale affermazione presuppone, s'intende, la corretta formazione della classe e rileva con riferimento alla norma che stabilisce il principio per cui, in presenza di più classi, deve comunque essere raggiunto il voto favorevole della maggioranza delle stesse (Trib. Roma, 23 ottobre 2006, in Fall., 2007, 47 con nota di Lo Cascio): in altri termini, dovendosi computare se sia stata raggiunta la maggioranza del voto delle classi, ogni classe andrà calcolata individualmente e i voti espressi all'interno di questa andranno considerati solo per l'esito prevalente, secondo il principio della “maggioranza di schiacciamento” (per usare una terminologia propria dei sistemi elettorali nordamericani).
Non esiste invece alcuna regola per cui, una volta introdotto un procedimento contraddistinto dalla presenza di classi, non sia ammissibile la formazione di ulteriori classi, ovvero un mutamento nella suddivisione in classi. Solitamente la giurisprudenza si occupa della questione per affermare che il mutamento della composizione delle classi non è ammesso ove intervenga “al solo scopo” di alterare il risultato del voto (Trib. Milano, 19 luglio 2011, in IlFallimentarista.it); ne consegue che, in linea di principio, non è escluso che le classi possano essere mutate dopo la presentazione della domanda di concordato, purché, ovviamente, ciò avvenga prima dell'espressione del voto; e, in sede di verifica preliminare, ove il tribunale ritenga non corretta la formazione delle classi, ben potrà chiedere che siano apportate modificazioni alla proposta.
È invece escluso in radice che il tribunale possa ordinare la variazione delle classi in sede di decisione circa l'omologazione della proposta (Trib. Mantova, 8 aprile 2010): sia perché ciò comporterebbe la necessità di un nuovo voto e di un nuovo ricalcolo delle maggioranze, sia perché in sede di decisione finale pare consentito solo un controllo conclusivo della regolarità del procedimento.

I controlli del Tribunale sulle classi

La contropartita alla facoltà dell'imprenditore di suddividere i creditori in classi, e quindi di derogare al principio della parità di trattamento dei creditori, è rappresentata dal vaglio, ad opera del tribunale, innanzi tutto, e in ogni caso, della correttezza della formazione delle classi ed eventualmente della convenienza del concordato anche rispetto alle classi dissenzienti (Vitiello, Il concordato preventivo con classi nella prospettiva liquidatoria e nella prospettiva di risanamento, cit., 2). Ma tale ultima valutazione andrà compiuta esclusivamente nel caso in cui una o più classi votino in senso contrario alla proposta, ed un creditore appartenente alla classe dissenziente proponga opposizione sotto questo riguardo (la necessità che sia proposta opposizione è stata introdotta col decreto correttivo; la regola del 2005 era nel senso che la valutazione di convenienza, ai fini del cram-down, era sempre doverosa, in presenza di una o più classi dissenzienti: in tal senso Trib. Milano, 6 luglio 2006, in Fall., 2007, 110. In dottrina, cfr. Vitiello, cit., 9). Il concordato sarà comunque omologato nel caso in cui il tribunale compia un giudizio di convenienza del concordato con specifico riguardo al trattamento riservato ai creditori di quella classe.
In altri termini, il tribunale, in presenza di una (in tal caso, il tribunale compirà il “best interest of creditor's test”: Zanichelli, cit., 14) o più classi dissenzienti e dell'opposizione di un creditore a queste appartenente, pur minoritarie rispetto alla maggioranza delle classi, dovrà compiere un giudizio di convenienza del concordato, e cioè dovrà valutare se il concordato risulti più conveniente rispetto alle “alternative concretamente praticabili (art. 180, comma 4, l. fall. Cfr. anche Trib. Milano, 16 febbraio 2007, in Fall., 2007, 548 con nota di Lo Cascio.).
Ma è allora evidente che tale giudizio impone al tribunale una preliminare valutazione in ordine alla correttezza della formazione delle classi, correttezza il cui riscontro positivo costituisce il presupposto logico-giuridico affinché il successivo giudizio di convenienza possa essere esattamente espresso. Da ciò consegue che la valutazione del tribunale circa la correttezza della formazione delle classi va compiuta quanto meno in due fasi procedimentali distinte: una prima, preliminare, in sede di delibazione di regolarità formale della proposta di concordato, a cui segue il provvedimento di ammissione alla procedura (che il Tribunale debba compiere tale delibazione preliminare, si desume con chiarezza dell'esplicita previsione dell'art. 163, comma 1, l. fall., secondo cui “ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi”); una seconda, definitiva, in occasione della verifica conclusiva di regolarità formale della procedura, in sede di decisione circa l'omologazione del concordato (circa la necessità che la valutazione della correttezza nella formazione delle classi sia compiuta nuovamente, e con maggiore approfondimento, in sede di decisione finale, dopo una prima verifica, sommaria, in sede di ammissione, cfr.: Trib. Arezzo, 25 agosto 2011, cit. Per la verifica della correttezza nella formazione delle classi in sede di decisione finale, cfr. Trib. Prato, 5 dicembre 2005, in Fall., 2006, 942 con nota di Marollo).
Se non si dubita che la valutazione negativa, in sede di decisione alla fine del procedimento, circa la correttezza della formazione delle classi non possa che condurre al provvedimento di rigetto dell'istanza di omologazione del concordato, per quanto attiene alla delibazione preliminare, compiuta ai fini del provvedimento di ammissione alla procedura, deve convenirsi con l'opinione secondo cui, senza deliberare de plano per l'inammissibilità del ricorso, il tribunale, più opportunamente, avvalendosi del potere discrezionale accordato dalla previsione dell'art. 162, comma 1, l. fall. in tema di assegnazione di un termine per l'integrazione del piano e delle produzioni documentali, inviterà il ricorrente a fornire chiarimenti o a riformulare in parte qua la proposta, pervenendo alla dichiarazione d'inammissibilità soltanto nel caso in cui non intervengano le modifiche richieste (Vitiello, Il concordato preventivo con classi nella prospettiva liquidatoria e nella prospettiva di risanamento, cit., 3. Per l'affermazione del potere del tribunale d'imporre la creazione di nuove classi ovvero di modificarle, cfr. Trib. Piacenza, 1 settembre 2011, in ilFallimentarista.it).
Secondo un certo indirizzo (Vitiello, cit.), la valutazione compiuta dal tribunale in sede di ammissione alla procedura non va compiuta nuovamente, d'ufficio, in sede di decisione finale in tema di omologazione. Se è vero che, in tale sede, il tribunale deve compiere una valutazione circa la correttezza del procedimento (ad esempio, circa il raggiungimento delle maggioranze, etc.), e se è pur vero che una valutazione ulteriore circa la correttezza delle classi è, secondo questa opinione, da considerarsi ammissibile, nel caso in cui, in corso di procedura siano state apportate modificazioni alla composizione delle classi, pure non dovrebbe considerarsi ammissibile riconsiderare la questione, siccome già oggetto di decisione; in questo senso, in giurisprudenza si è affermato che la ri-valutazione della questione della correttezza della formazione delle classi costituirebbe un'inammissibile regressione (in tal senso: Trib. Milano 26 ottobre 2011, decr., in ilFallimentarista.it). In senso contrario, metterà conto rilevare che la valutazione compiuta in sede di ammissione alla procedura è di carattere sommario e attiene a profili squisitamente formali; sfugge, in ogni caso, da quale principio si ricavi che tale decisione comporti una preclusione circa la possibilità di ulteriormente controvertere sui punti esaminati.

Principi in materia di classamento

La giurisprudenza è andata individuando una serie di principi regolatori in tema di formazione delle classi.
In primo luogo, non si possono costituire classi distinte in presenza di trattamenti non differenziati (Trib. Roma, 20 aprile 2010, cit.): se ai creditori di due o più classi viene riservato lo stesso trattamento, si è in presenza in realtà di un'unica classe (ciò non significa, peraltro, che assuma rilevanza, ai fini della disparità di trattamento, la previsione della rinunzia, da parte dell'assuntore, alla revocatoria nei confronti di alcuni creditori appartenenti ad una classe più ampia, ricomprendente anche creditori non convenuti in revocatoria: App. Torino, 3 novembre 2009; App. Napoli, 19 maggio 2009, in DeJure). Diversamente, ne conseguirebbe una violazione del principio di parità nel diritto di voto.
In secondo luogo, i creditori appartenenti alla stessa classe non possono avere trattamenti diversi: in tal caso, vanno costituite classi separate.
È principio oramai sostanzialmente pacifico che possano essere formate classi esclusivamente con riguardo a creditori il cui soddisfacimento non sia previsto integralmente: così, in un concordato in cui i privilegiati siano soddisfatti per l'intero, è inammissibile la formazione di una classe di privilegiati (Trib. Roma, 20 aprile 2010, cit. Ma in sede di prima interpretazione era stata affacciata la tesi opposta, e cioè che fosse ammissibile costituire una classe di creditori privilegiati, da soddisfare al 100%: cfr. Trib. Bologna, 26 ottobre 2006, in Fall., 2007, 579 con nota di Zanichelli; Trib. Milano, 10 marzo 2006, in Fall., 2006, con nota di Lo Cascio); in un caso di specie, è stata negata l'ammissibilità di un concordato in cui erano state individuate tre classi, dei prededucibili, dei privilegiati e dei chirografari, per le quali tutte e tre era prevista la soddisfazione integrale (ed, in effetti, sfugge la ragione della costituzione, in un simile caso, di classi distinte di creditori che tutti si preveda a soddisfare per intero), né è possibile formare due classi distinte, dei privilegiati e dei chirografari, perché tale suddivisione non fa altro che replicare un trattamento già normativamente previsto (Vitiello, cit.).
Simmetricamente, è inammissibile la creazione di una classe a cui favore, nella proposta, non si preveda alcuna soddisfazione, nemmeno in percentuale assolutamente esigua (Trib. Milano, 26 ottobre 2011, cit.); la tesi riposa sull'argomento secondo cui la proposta di concordato deve prevedere “la soddisfazione dei crediti”, ex art. 160, lettera a). Circa l'inammissibilità di una proposta concordataria che preveda la soddisfazione dei creditori per percentuale irrisoria, il leading case è rappresentato da Trib. Roma, 16 aprile 2009, in Banca, borsa e tit. cred., 2009, 732.

Numero di componenti la classe, crediti intercompany, postergati

Quanto ai criteri di formazione delle classi in senso stretto e quanto a determinati casi specifici, si è affermato, in primo luogo, che se, di regola, una classe deve essere composta da almeno due creditori, deve considerarsi ammissibile la formazione di classi composte da un solo creditore, purché la posizione di questi sia oggettivamente diversa rispetto a quella degli altri, come nel caso dell'unico creditore ipotecario in ipotesi d'incapienza del bene gravato dalla garanzia reale (così App. Torino, 27 gennaio 2010, in Foro pad., 2011, 434; Vitiello, cit.).
È stata considerata ammissibile la formazione di una classe dei crediti “infra-gruppo” ovvero “intercompany”, a patto che la previsione di una simile classe non abbia come scopo quello di pervenire ad ottenere la maggioranza dei creditori, bensì quella di prevedere un maggiore sacrificio per tali creditori.
Del pari, la giurisprudenza ha affermato l'ammissibilità di formazione di una classe distinta di creditori postergati, alla condizione che il loro pagamento intervenga soltanto dopo il pagamento di tutti gli altri creditori, anche chirografari. Secondo App. Genova, 23 dicembre 2011, cit., 20, è inammissibile collocare chirografari e postergati nella stessa, unica, classe, ma è invece ammissibile costituire un'apposita classe dei postergati, col consenso degli altri creditori e, con il voto favorevole di tutte le classi, è pure possibile derogare alla postergazione. Trib. Padova, 16 maggio 2011, cit., in cui si afferma con chiarezza che i postergati sono creditori. Cfr. anche Trib. Bologna, 26 ottobre 2006, cit., secondo cui sarebbe ammissibile la costituzione di un'ultima classe di obbligazionisti postergati al pagamento di almeno il 10% dei creditori chirografari (in questo caso, la postergazione è limitata soltanto alla soddisfazione di una percentuale dei chirografari: l'ammissibilità della stessa, ove si tratti di crediti postergati a norma del diritto comune, in tanto sarà ammissibile, in quanto vi sia il consenso della maggioranza dei creditori e, in particolare, della classe (o delle classi) dei chirografari per i quali sia prevista la soddisfazione fino ad una certa percentuale, dovendo poi subire la distrazione di risorse in favore dei postergati). In dottrina, per l'ammissibilità della costituzione di un'apposita classe di postergati, come espressione dell'autonomia negoziale e sotto condizione del consenso di tutti i creditori, Lo Cascio, Il concordato preventivo, cit., 217

Questioni aperte, in particolare i privilegiati degradati

Se le regole sopra enunziate appaiono di per sé evidenti e, del resto, coerenti con le conseguenze che inevitabilmente vanno tratte dai principi ispiratori dell'istituto, non egualmente pacifiche sono talune conclusioni cui la riflessione della giurisprudenza ha condotto.
Il punto centrale, che rappresenta uno dei temi di approfondimento del provvedimento che si annota, è costituito dalla necessità di accomunare i creditori in classi distinte raggruppandoli secondo criteri, razionali ed oggettivi, di omogeneità giuridica ed economica. In altri termini, in tanto è ammissibile che i creditori siano assegnati alle varie classi, in quanto l'appartenenza alla stessa classe rispecchi una sostanziale identità di posizioni, rispetto alla proposta concordataria.
In applicazione di tali principi è pacifico, innanzi tutto, il divieto della fittizia proliferazione di classi con l'unico scopo di pervenire alla maggioranza richiesta per l'approvazione del concordato (Trib. Piacenza, 1 settembre 2011, cit. Così, ad esempio, non si può formare una classe di crediti intercompany, quando lo scopo non è quello di riservare loro un trattamento deteriore, bensì quello di conseguire la maggioranza delle classi); che costituisce un'ipotesi - evidente - di abuso del diritto, avendo come scopo non tanto quello di prevedere trattamenti differenziati tra i vari creditori, in deroga alla par condicio creditorum, secondo criteri di ragionevolezza e di omogeneità di posizioni, quanto quella di consentire al proponente il concordato di pervenire al voto favorevole di una maggioranza di classi.
Una seconda conseguenza che è stata tratta (ma relativamente a questa le perplessità sono ancora più evidenti) riguarda il trattamento dei creditori prelatizi insoddisfatti, nel caso della loro collocazione nella stessa classe dei chirografari.
Secondo quanto anche lo stesso provvedimento in rassegna sostiene, i creditori prelatizi degradati non potrebbero collocarsi in una stessa classe con i chirografari (Trib. Messina, 20 luglio 2011, in IlFallimentarista.it: l'affermazione secondo cui difetterebbe, in questo caso, l'identità di interesse economico, si baserebbe sul punto che i creditori con diritto di prelazione, non interamente soddisfatti, hanno diritto di voto per la parte chirografaria, ma, per la parte prelatizia non degradata, sono portatori di un interesse diverso; l'errore del ragionamento è evidente, se si considera che ciò che rileva, ai fini della classe, è la quota chirografaria, per la quale detti creditori sono esattamente nella stessa posizione degli altri creditori cui sono accomunati); la tesi si basa sull'affermazione secondo cui sussisterebbe diversità di interessi delle due categorie di creditori, in quanto i privilegiati (parzialmente) degradati avrebbero diritto di voto solo per la parte del loro credito destinata a rimanere insoddisfatta, mentre i creditori chirografari sarebbero legittimati a votare per l'intero loro credito.
La tesi sostenuta non pare condivisibile. In senso contrario, pare proprio che debba prendersi le mosse da quella dottrina (Vitiello, cit.) che ha osservato che il trattamento da riservare ai creditori prelatizi insoddisfatti si ricava dall'art. 177, comma 3, l. fall., che espressamente e testualmente “equipara” i creditori privilegiati, rispetto ai quali la proposta non preveda l'integrale soddisfazione, ai creditori chirografari. Pertanto, se la proposta di concordato - legittimamente, in quanto ne sussistano i presupposti preveduti dall'art. 160 l. fall. - non prevede che i creditori privilegiati vengano soddisfatti per l'intero, per la parte residua, insoddisfatta, il loro trattamento non è, in sé, suscettibile di diversa valutazione rispetto a quello dei chirografari.
Soltanto nel caso in cui s'intenda riservare un trattamento differenziato ai privilegiati (non soddisfatti integralmente, giacché quelli che sono soddisfatti per l'intero non possono formare alcuna classe né entrarne a far parte), ebbene solo allora essi possono essere inseriti in una classe separata ed, in tal caso, per la parte residua, cioè per la parte non soddisfatta (cfr: Trib. Roma, 20 aprile 2010, cit., che ha affermato che vanno costituite classi diverse tra creditori privilegiati per i quali non sia previsto il soddisfacimento e i creditori chirografari; a contrario, se ne desume che non è affatto illegittimo collocare nella medesima classe prelatizi degradati e chirografari). In tal caso, dovrà comunque considerarsi che il privilegiato riceverà una soddisfazione pari alla somma della parte soddisfatta e della percentuale prevista per la parte degradata e che, tale esito tenuto presente, dovrà sempre rispettarsi la regola per cui non potrà alterarsi l'ordine delle cause legittime di prelazione (Lo Cascio, Il concordato preventivo, cit.).
Secondo autorevole dottrina (Vitiello, cit.), nel caso in cui vi siano crediti privilegiati erariali insoddisfatti, l'Erario va collocato in un'autonoma classe, così da consentirgli di opporsi, come classe, e di demandare, quindi, al tribunale la valutazione circa la convenienza della proposta concordataria, che può imporre il cram-down. Secondo l'Autore, la necessità della formazione dell'apposita classe erariale si giustificherebbe alla stregua del contemperamento dei principi in tema di voto nel concordato e d'indisponibilità dei crediti tributari a norma dell'art. 53 Cost.

Panorama casistico

È stato ritenuto legittimo costituire due classi diverse per i creditori bancari, a seconda che essi disponessero o meno di garanzie di terzi (Trib. Mantova, 8 aprile 2010, cit. Per l'importanza delle garanzie ai fini della formazione delle classi, cfr. Lo Cascio, cit., 209); ed è stato altresì ritenuto corretto formare una classe distinta per i crediti bancari chirografari, prevedendo per essi un trattamento migliore rispetto a quello dei creditori chirografari di importo modesto (Trib. Mantova, 8 aprile 2010, cit.). Del pari, nella prassi non è infrequente il caso di formazione di classi distinte, di creditori chirografari strategici distinti da altri chirografari, non strategici (Vitiello, cit.).
Non è comunque inammissibile collocare nella stessa classe di creditori chirografari, creditori appartenenti al ceto bancario e fornitori, se si riscontra, nel caso di specie, sostanziale identità d'interessi economici (App. Genova, 23 dicembre 2011, cit.). Sempre incentrando il ragionamento sull'interesse economico, altra pronunzia ha escluso la legittimità della formazione di un'unica classe di chirografari allorquando sia dato riscontrare la presenza di chirografari con garanzia esterna: in tal caso, è stato affermato, dovrebbe riconoscersi l'identità dal punto di vista della posizione giuridica, ma la diversità dal punto di vista dell'interesse economico, con possibile condizionamento del voto della classe (Trib. Piacenza, 1 settembre 2011, cit. In senso contrario, sembrerebbe doversi menzionare Zanichelli, I concordati giudiziali, cit., 12, secondo cui, in linea di principio, i creditori chirografari dovrebbero ritenersi portatori di un interesse omogeneo).
Infine, è stato ritenuto che i crediti dei soci finanziatori non possono essere collocati sullo stesso piano e quindi nella stessa classe dei creditori chirografari (i “finanziatori” non possono essere collocati nella stessa classe dei chirografari stante la diversità della loro posizione giuridica e dei loro interessi economici, anche alla luce della previsione dell'art. 2467, comma 1, c.c.: Cass. civ., 4 febbraio 2009, n. 2706, cit.).

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