La transazione fiscale secondo l'Agenzia delle Entrate

Rosanna Acierno
11 Aprile 2012

L'Autrice, dopo aver qualificato le disposizioni complessivamente introdotte dall'art. 182-ter l. fall. come derogatorie al principio generale dell'indisponibilità del credito tributario, analizza la transazione fiscale imperniando il suo esame sulla posizione assunta dall'Agenzia delle Entrate sugli aspetti più squisitamente procedimentali e, soprattutto, sul tema specifico dell'obbligatorietà o facoltatività dell'istituto, non mancando di considerare lo stato della dottrina e della recente giurisprudenza di legittimità sul punto.
Premessa

L'istituto della transazione fiscale (

art. 182-

ter

l. fall

.) rappresenta una particolare procedura "transattiva" tra il Fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo

(

art. 160 l. fall

.) o di accordi di ristrutturazione dei debiti

(

art. 182-

bis

l. fall

.).

Esso costituisce una deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell'Amministrazione finanziaria, consentendo all'impresa che versa in uno stato di crisi di concordare con l'Erario, alle condizioni e nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, una vera e propria operazione finanziaria di ristrutturazione dei debiti fiscali, sia privilegiati che chirografari, attraverso la fissazione di nuove scadenze più dilatate nel tempo (cd. transazione fiscale dilatatoria) oppure, nei casi di crisi finanziaria più grave, mediante una decurtazione del loro ammontare (cd. transazione fiscale remissoria).

La transazione rappresenta, dunque, uno strumento giuridico che concorre a rendere possibile la conservazione dell'impresa qualora vi siano concrete possibilità di un suo risanamento.

Tuttavia, una delle principali criticità dell'istituto, che negli ultimi tempi è stata oggetto di un attento esame da parte dei Tribunali e, da ultimo, anche della Suprema Corte di cassazione, è rappresentata dalla delicata questione delcarattere obbligatorio o facoltativo del ricorso alla transazione fiscale nei casi in cui l'impresa in crisi proponga, in sede di concordato preventivo, la falcidia e/o la dilazione dei debiti fiscali.

La predetta obbligatorietà è fermamente sostenuta dall'Agenzia delle Entrate con numerosi e ripetuti interventi di prassi, quali, da ultimo, la circolare n. 40/E del 2008 e la risoluzione n. 3/E del 2009. In base a tali circolari, appunto, il concordato preventivo sarebbe inammissibile in assenza di richiesta di transazione fiscale.

Tale questione ha, inoltre, suscitato un acceso dibattito anche in dottrina tra favorevoli e contrari, anche alla luce di un maggioritario orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel tempo a favore della facoltatività della transazione.

La tesi secondo cui la transazione fiscale integrerebbe un sub-procedimento necessario per l'impresa in crisi che voglia giungere ad un accordo con il Fisco ha trovato, infatti, scarso accoglimento da parte della giurisprudenza di merito (

In tal senso, ex plurimis,

Trib. Bologna 24 marzo 2009

;

Trib. Roma 16 dicembre 2009

;

Trib. Monza, 29 dicembre 2009

)

, che ha ammesso un concordato preventivo con falcidia dei crediti tributari, ancorché carente della transazione fiscale.

Secondo il parere dei giudici di merito, infatti, la procedura transattiva

ex

art. 182-

ter

l. fall

. non costituisce il percorso obbligato ed esclusivo per l'imprenditore che intenda ottenere, nell'ambito del concordato preventivo, una decurtazione e/o una dilazione dei debiti tributari, ma semplicemente una facoltà attribuita al contribuente che voglia conseguire gli effetti tipici della transazione fiscale, cioè l'accertamento definitivo della pretesa tributaria e la cessazione della materia del contendere.

Sulla questione è intervenuto poi nel 2010 anche il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili

(

Cfr. Osservazioni in tema di transazione fiscale emanato dal CNDCEC in aprile 2010

)

, che, dopo aver osservato come “il principio di indisponibilità della pretesa tributaria trovi applicazione esclusivamente quando si opera al di fuori delle regole del concorso”, ha affermato che il ricorso alla transazione fiscale non è obbligatorio, quanto meno in due precise ipotesi: qualora la proposta concordataria preveda il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati, nonché la ristrutturazione del debito chirografario, e nel caso in cui, pur essendo previsto un pagamento in percentuale anche dei crediti privilegiati, tale pagamento è tuttavia reso possibile grazie all'apporto di “nuova finanza”.

Con le sentenze

4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932

, anche la Corte di Cassazione

ha preso posizione in merito alla questione relativa alla obbligatorietà o meno della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo. Con le predette pronunce, in particolare, se da un lato viene enunciata, in linea generale, la facoltatività (e quindi l'autonomia) dell'istituto della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo, dall'altro viene apertamente enunciata l'intangibilità dell'IVA indipendentemente dall'opzione del debitore in ordine alla presentazione o meno della proposta di transazione fiscale, e quindi, anche con riferimento alla proposta di concordato preventivo senza transazione.

La posizione dell'Agenzia delle Entrate

Come già innanzi anticipato, in base a quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate (

Cfr. circolare n. 40/E del 18 aprile 2008 e risoluzione n. 3/E

), in virtù del principio di indisponibilità del credito tributario e della conseguente peculiarità del creditore-Fisco, non sarebbe possibile accordare ad un'impresa in crisi la falcidia o la dilazione dei debiti tributari al di fuori dello specifico istituto della transazione fiscale, disciplinata dall'

art. 182-

ter

l. fall

.

In sostanza, secondo il parere delle Entrate, la disposizione contenuta nel comma 2 dell'

art. 160 l. fall

., che ammette il trattamento falcidiato dei crediti privilegiati nell'ambito della proposta di concordato preventivo, può riferirsi ai crediti avente natura tributaria soltanto qualora il debitore osservi puntualmente il meccanismo procedurale previsto dal succitato art. 182-ter. Dovrebbe, pertanto, considerasi inammissibile una domanda di concordato preventivo che preveda la falcidia o la dilazione dei crediti erariali senza il ricorso alla procedura transattiva.

Il secondo comma dell'

art.

182-

ter

l. fall

., come modificato dall'

art. 32, comma 5, lettera b) del decreto-legge

29

novembre 2008, n. 185

, stabilisce che : “

Ai fini della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione ed all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda, al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale

”.

Al riguardo, al punto

5

.1 della circolare n. 40/E del 18 aprile 2008 (rubricato “

Presentazione della proposta di transazione

”) l'Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che : “

Il debitore, pertanto, contestualmente al deposito presso il Tribunale, dovrà presentare copia della domanda di transazione all'Ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale, nonché al competente agente della riscossione

”.

Inoltre, al medesimo punto 5.1 del predetto documento di prassi, è stato altresì sostenuto che: “

La presentazione di copia della domanda debitamente documentata, sia al competente agente della riscossione sia al competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate, costituisce pertanto un onere il cui assolvimento rileva come requisito di ammissibilità della transazione fiscale

”.

La presentazione di copia della domanda debitamente documentata, sia al competente agente della riscossione, che al competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate, costituisce pertanto un onere il cui assolvimento rileva come requisito di ammissibilità della transazione fiscale.

Ma vi è di più! Infatti, nonostante l'

art. 182

ter

l. fall

. non disciplini affatto la forma o il contenuto della domanda di transazione fiscale, in quanto il Legislatore ha ritenuto di valorizzare l'autonomia delle parti nella formulazione della proposta, la stessa Agenzia, sostenendo con forza il rigore e la rigidità della procedura transattiva, detta anche le modalità di compilazione e presentazione della predetta istanza.

In particolare, in base a quanto precisato nella già citata circolare n. 40/E del 2008, essendo finalizzata alla conclusione di un accordo per la ristrutturazione e la soddisfazione, anche parziale, del debito tributario, la domanda di transazione fiscale deve essere redatta nel modo il più possibile analitico ed esauriente, in analogia con le regole che disciplinano la redazione della proposta di concordato preventivo di cui agli

artt. 160 ss. l. fall

.

In sostanza, secondo quanto stabilito dalla stessa Agenzia delle Entrate, la domanda di transazione fiscale, redatta su carta semplice ed indirizzata al competente Ufficio, deve contenere, a pena di nullità:

  • le indicazioni complete del contribuente che richiede la transazione (denominazione o nome, codice fiscale, rappresentante legale, ecc.);

  • gli elementi identificativi della procedura di concordato preventivo in corso (indicazione degli organi giudiziari competenti, dati identificativi del procedimento, del decreto di ammissione ecc.);

  • la completa ed esauriente ricostruzione della posizione fiscale del contribuente, così come a lui nota, con indicazione di eventuali contenziosi pendenti;

  • l'illustrazione della proposta di transazione, con indicazione dei tempi, delle modalità e delle garanzie prestate per il pagamento, tenendo conto di tutti gli elementi utili per un giudizio di fattibilità e convenienza della transazione;

  • l'indicazione, anche sommaria, del contenuto del piano concordatario;

  • ogni altro elemento che il contribuente riterrà utile all'accoglimento della proposta e che, comunque, ponga l'Ufficio in condizione di effettuare le proprie valutazioni.

Inoltre, la stessa domanda deve essere corredata, oltreché dalla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici e delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda stessa, anche dalla documentazione prevista dall'

art. 161 l. fall

., vale a dire da:

  • un'aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

  • uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

  • l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

  • il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;

  • la relazione di un professionista iscritto nel registro dei revisori legali, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo;

  • la dichiarazione sostitutiva di atto notorio del debitore o del suo legale rappresentante, attestante che la suddetta documentazione “rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell'impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio”.

Inoltre, in merito al termine di presentazione della proposta di transazione, la stessa Agenzia ha precisato che essa non deve essere presentata alle Agenzie fiscali e all'Agente della riscossione necessariamente nello stesso giorno in cui viene depositato presso il tribunale il ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, ma anche in tempi diversi, purché ragionevolmente circoscritti, in considerazione della particolare celerità del procedimento di concordato.

In particolare, secondo le Entrate, l'imprenditore deve dapprima depositare in cancelleria fallimentare del Tribunale la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, unitamente alla domanda di transazione fiscale e ai documenti previsti dall'

art. 161 l. fall

. (acquisendo relativa ricevuta) e, successivamente (lo stesso giorno o anche il giorno dopo), deve presentare all'Agente della riscossione e all'Ufficio copia della documentazione depositata in Tribunale, integrata con la ricevuta di deposito e con le copie delle dichiarazioni fiscali.

Entro il termine, peraltro non perentorio, di trenta giorni dalla presentazione della suddetta domanda di transazione, l'Agenzia delle Entrate deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, nonché alla trasmissione all'impresa proponente di una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi (per la parte non iscritta a ruolo) e da ruoli vistati, ma non ancora consegnati al Concessionario.

Entro lo stesso termine, l'Agente della riscossione deve inviare al debitore una certificazione attestante l'entità del debito tributario iscritto a ruolo scaduto o sospeso.

La stessa Agenzia, infine, osserva che, essendo la presentazione della domanda di transazione contestuale al deposito in Tribunale del piano di concordato, quest'ultimo potrà tener conto della transazione con il Fisco soltanto in termini ipotetici e condizionati al perfezionamento della transazione stessa, potendo quest'ultima essere respinta dall'Agenzia o modificata a seguito delle trattative intercorse con l'impresa proponente.

Nel ribadire poi il carattere obbligatorio della transazione, l'Agenzia, con specifico riferimento alla valutazione della proposta transattiva formulata dal debitore, precisa che la transazione fiscale non si presenta come un istituto autonomo.

Essa deve essere, infatti, sempre inquadrata, anche sotto il profilo degli obiettivi, nel più ampio contesto della procedura in cui è inserita. Ne deriva che l'Amministrazione finanziaria, ai fini della valutazione della proposta transattiva, non deve considerare soltanto la possibilità di una migliore soddisfazione del credito in sede di transazione rispetto alle entrate ottenibili a seguito dell'instaurarsi di una successiva procedura concorsuale quale il fallimento, ma deve considerare anche gli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi dell'impresa debitrice, quali il salvataggio dell'azienda e, quindi, dei posti di lavoro da essa garantiti.

In tale valutazione è, fra l'altro, coinvolta anche la Direzione Regionale delle Entrate, il cui parere è vincolante ai fini del perfezionamento dell'accordo transattivo in esame.

L'adesione o il diniego alla proposta di concordato è espresso, mediante voto favorevole o contrario, dall'Ufficio e dall'Agente della riscossione (quest'ultimo su indicazione del direttore dell'Ufficio), ciascuno per la parte di tributi di propria competenza, in sede di adunanza dei creditori.

L'orientamento della dottrina

La tesi dell'Agenzia delle Entrate è sostenuta anche da una parte della dottrina (

Cfr. C. ATTARDI, Inammissibilità del concordato preventivo in assenza di transazione fiscale, in Il Fisco, n. 39/2009, fasc. 1, 6435 – 6439)

. In particolare, è stato affermato che: “la transazione fiscale, in quanto istituto eccezionale, si giustifica soltanto all'interno dei limiti posti dal procedimento delineato dall'

art. 182-

ter

della L.F.

Pertanto, nell'ambito di tale procedimento, è l'Agenzia l'unico organo deputato a compiere quelle valutazioni (in punto di bilanciamento di interessi) che permettono di arrivare o meno alla riduzione del debito fiscale”.

A sostegno della obbligatorietà della transazione fiscale nel concordato preventivo, è stato altresì evidenziato che soltanto attivando la procedura prevista dall'

art. 182-

ter

l. fall

. è possibile pervenire ad una quantificazione certa e stabile dei debiti fiscali da parte del soggetto istituzionalmente preposto a tale attività; ciò che costituisce, secondo l'orientamento in esame, la necessaria premessa per la definizione di un accordo transattivo sui tributi.

In assenza della suddetta procedura – è stato osservato – si rischia l'omologazione di proposte concordatarie che prevedono debiti tributari non corrispondenti all'importo effettivamente a carico del contribuente, con grave compromissione di principi cardine del sistema fiscale quali quelli della capacità contributiva e dell'indisponibilità dell'obbligazione tributaria, specialmente nei casi in cui il piano di concordato preveda la cessazione dell'attività d'impresa del contribuente proponente, attesi gli effetti esdebitativi della chiusura del concordato (

Cfr. E. DE MITA, L'accordo fiscale ha come arbitro solo l'Agenzia, in Il Sole 24 ore, 13 dicembre 2009)

.

Altra parte della dottrina

(

Cfr. ZANNI e G. REBECCA, La disciplina della transazione fiscale: un cantiere sempre aperto, in Il Fisco n. 39/2010, fasc. 16299 – 6308)

sostiene invece che la transazione non rappresenta un vero e proprio accordo autonomo fra l'impresa in crisi e l'Amministrazione finanziaria, bensì un sub-procedimento interno al concordato preventivo, finalizzato a dar luogo al voto del creditore-Fisco, il quale, in caso di mancata adesione alla proposta transattiva o di propria inerzia, subisce comunque i normali effetti del concordato approvato ed omologato.

Sempre secondo quest'ultima scuola di pensiero, non sembra, peraltro, ammissibile una domanda di concordato preventivo che preveda la remissione dei crediti tributari anche senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale, rappresentando, quest'ultimo, il percorso amministrativo necessario per il contribuente che intende comporre la propria esposizione con il Fisco, fermo restando che, in caso di veto o di disinteresse dell'Amministrazione finanziaria, la stessa soggiace al voto della maggioranza dei creditori.

In particolare, secondo gli stessi autori, dalla mancanza di autonomia della transazione fiscale rispetto al concordato preventivo deriverebbe, fra l'altro, l'inefficacia della transazione stessa in caso di mancata omologazione del concordato, anche qualora il Fisco abbia aderito alla proposta di transazione formulata dal debitore.

Tale problematica, invece, non si porrebbe per la transazione fiscale nell'ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti. In tal caso, infatti, l'eventuale diniego dell'Agenzia delle Entrate alla proposta transattiva non soggiace al voto espresso dalla maggioranza dei creditori: il dissenso alla proposta rende l'Agenzia un creditore estraneo all'accordo di ristrutturazione, che, ai sensi dell'

art. 182-b

is

, comma 1, l. fall

., deve essere soddisfatto integralmente.

Peraltro, la mancanza di autonomia dell'intesa siglata con il Fisco rispetto all'accordo di ristrutturazione emerge dalla circostanza che detta intesa è inefficace qualora l'accordo non venga approvato da tanti creditori che rappresentano il sessanta per cento dei crediti o il Tribunale decida, comunque, di non procedere con l'omologazione.

La posizione della Corte Suprema e della giurisprudenza di merito

Come già detto, sulla delicata questione del carattere obbligatorio o facoltativo della transazione fiscale nei casi in cui l'impresa in crisi proponga, con il piano di cui all'

art. 160 l. fall

., la falcidia e/o la dilazione dei debiti fiscali, si è espressa di recente la Corte di Cassazione.

Con due pronunce consecutive (

Sentenze 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932)

, i giudici della Suprema Corte hanno confermato l'orientamento di gran lunga prevalente, statuendo la facoltatività della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo.

Il contribuente potrà, quindi, presentare una domanda di ammissione al concordato che preveda il pagamento non integrale dei crediti tributari e contributivi senza la necessità di attivare il complesso procedimento disciplinato dall'

art. 182-

ter

l. fall

., purché la falcidia sia conforme alla generale disciplina del pagamento parziale dei crediti privilegiati prevista dall'

art. 160, comma 2, l. fall

.

In sostanza, secondo la Corte Suprema, nell'ambito del concordato preventivo non è obbligatorio effettuare la transazione fiscale con l'Agenzia delle Entrate per i debiti erariali, anche se, in ogni caso, l'IVA non può essere oggetto di falcidia.

Come innanzi precisato, le predette pronunce rappresentano il primo intervento dei giudici di legittimità sulla controversa questione dell'obbligatorietà della transazione fiscale da parte delle imprese che intendono accedere al concordato preventivo.

In particolare, si fa rilevare che entrambe le sentenze riguardano l'omologazione di proposte di concordato preventivo da parte dei competenti Tribunali, i quali avevano in sostanza consentito: l'abbattimento del debito tributario senza che l'impresa interessata avesse preventivamente interpellato l'Agenzia con la richiesta della transazione fiscale, nonché la falcidia del debito IVA nonostante la norma preveda espressamente la possibilità, per tale tributo, di dilazionarne il pagamento, ma non di abbatterlo, trattandosi di risorsa comunitaria. Le Corti di Appello confermavano la decisione dei due tribunali e pertanto l'Agenzia proponeva ricorso per cassazione.

Si ricorda che se in occasione del concordato preventivo (o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti), l'imprenditore in crisi può tentare di ottenere un abbattimento e una dilazione anche delle pendenze con il fisco (cosiddetta transazione fiscale), fanno comunque eccezione, per espressa previsione normativa, le risorse proprie della Comunità europea. Per l'IVA e le ritenute operate e non versate è poi possibile solo la dilazione del pagamento.

I giudici di legittimità hanno dunque sostanzialmente confermato l'orientamento maggioritario, evidenziando però che la problematica non può essere risolta solo alla stregua del mero dettato letterale della norma (

art. 182-

ter

l. fall

.) secondo cui, in estrema sintesi, il contribuente può - e non deve - proporre all'amministrazione finanziaria il pagamento in misura parziale o dilazionato dei vari tributi.

Secondo la Cassazione, si tratta di una scelta dell'impresa che può, se lo ritiene, interpellare preventivamente il Fisco, con la consapevolezza che, a seconda di tale opzione, si instaurano due differenti percorsi.

Se non interpellato, il Fisco assume il medesimo ruolo degli altri creditori con analoghi diritti e doveri. Se invece viene richiesta la transazione, l'imprenditore ottiene il vantaggio della precisa individuazione del debito tributario con conseguente maggiore trasparenza e intellegibilità della proposta di concordato. Per quanto concerne, invece, l'IVA, la Cassazione ha condiviso le tesi dell'Agenzia, secondo cui questo tributo non può essere falcidiato.

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