Speciale Decreto Sviluppo - I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l'art. 169-bis l. fall.

Bruno Inzitari
03 Agosto 2012

Il “Decreto Sviluppo” introduce una disciplina specifica per i contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo.L'Autore analizza il nuovo art. 169-bis, che ricalcando l'art. 72 l. fall. applicabile al fallimento, riconosce al debitore una facoltà di scelta, relativamente ai rapporti contrattuali in corso, tra scioglimento e continuazione.Vengono, quindi, esaminate le conseguenze dello scioglimento, anche per i creditori in bonis, le tipologie contrattuali che non possono essere sciolte e la particolare disciplina dei contratti pendenti nel concordato con continuità aziendale.
La nuova disciplina dei contratti in corso d'esecuzione nel concordato

L'introduzione di una disciplina dei contratti in corso nel concordato viene a colmare una delle più problematiche lacune normative da sempre segnalata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Viene ripreso il sistema già introdotto nella

legge

fallimentare

con il nuovo testo dell'art. 72, che, come è noto, prevede per i rapporti contrattuali in corso (vale a dire per i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti) la facoltà di scelta in capo al Curatore tra scioglimento o continuazione del contratto.

La formulazione dell'art. 169-bis risulta più ampia, in quanto fa riferimento a tutte le fattispecie di contratti in corso senza il riferimento restrittivo, contenuto nell'

art.

72

l.

f

all

., ai contratti non ancora eseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti, con la conseguenza che nel concordato sono suscettibili, come vedremo, di sospensione e scioglimento anche i contratti di durata in tutte le possibili forme.

Coerentemente con la diversa natura delle due procedure, mentre nel fallimento la sospensione del contratto discende automaticamente dalla dichiarazione di fallimento e spetta al curatore di decidere tra il subentro nel contratto ovvero lo scioglimento del medesimo (con possibilità del contraente in bonis di mettere in mora il curatore al fine di ottenere, in mancanza di scelta da parte di questo, lo scioglimento del contratto), nella nuova disciplina dell'art. 169-bis, è al debitore che viene riconosciuto il diritto di chiedere lo scioglimento del contratto, mediante istanza da presentarsi al Tribunale o al giudice delegato, a seconda che la richiesta sia avanzata prima della designazione del giudice delegato (cioè nel tempo che intercorre tra la presentazione della domanda di concordato ed il decreto di ammissione), oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura.

Coerentemente con la natura della procedura di concordato, la quale non solo non comporta lo spossessamento, ma è caratterizzata dalla continuazione dell'attività da parte del debitore (sia pure nei limiti consentiti dai controlli degli organi della procedura e dall'integrazione dei poteri attraverso l'esercizio delle richieste autorizzazioni), i contratti che sono in corso di regola non si sciolgono, ma appunto continuano il loro corso con i conseguenti effetti negoziali (obbligatori e/o reali), per entrambe le parti.

Il sopravvenire della procedura di concordato attribuisce al debitore unpotere nuovo, quello di esercitare il diritto potestativo allo scioglimento del contratto, esercizio che, come abbiamo visto deve essere integrato dall'autorizzazione del Tribunale o del Giudice Delegato.

La continuazione o meno del contratto è peraltro una scelta che deve essere attentamente meditata, in quanto deve essere valutata la compatibilità tra il mantenimento del contratto e l'onerosità che tale continuazione comporta.

La scelta quindi può essere giustificata in funzione della conservazione del patrimonio a favore dei creditori o per la continuazione dell'azienda, sempre che questa sia funzionale agli interessi dei creditori. In ragione di tali valutazioni è riconosciuta al debitore la facoltà di chiedere agli stessi organi già sopra indicati, la sospensione del contratto, per non più di 60 giorni, prorogabili una sola volta.

Per effetto della sospensione il debitore è sicuramente esonerato dall'adempiere la propria prestazione pecuniaria o di altra natura per tutto il periodo della sospensione (come abbiamo visto, 60 o al massimo 120 giorni).

Una volta terminato il periodo di sospensione, il contratto riprende il suo corso con conseguente obbligo di adempimento da entrambe le parti.

Per le prestazioni che il debitore non ha eseguito nel periodo di sospensione si dovrà distinguere tra quei contratti in cui il contraente in bonis ha comunque effettuato a favore del debitore concordatario una prestazione che per sua natura non poteva essere sospesa o non poteva esserlo con facilità, dalle ipotesi in cui anche il contraente in bonis ha sospeso le prestazioni. Nel primo caso, ad esempio, il locatore ha continuato a far godere il bene oggetto della locazione al debitore concordatario o il somministrante ha continuato ad erogare l'energia elettrica o altre forniture continuative; nel secondo caso, in seguito all'ottenuta sospensione del contratto, allo stesso modo in cui il debitore ha sospeso l'adempimento delle prestazioni dovute, anche il contraente in bonis

ha sospeso le relative obbligazioni e ad es. non ha erogato il servizio previsto al debitore concordatario, anche eventualmente su richiesta di quest'ultimo.

Nel primo caso matura a carico del debitore concordatario il debito relativo alle prestazioni ottenute nel periodo di sospensione, con dilazione della esigibilità del debito solo ad un momento successivo alla scadenza della sospensione; nel secondo caso la mancata esecuzione delle prestazioni da parte del contraente in bonis comporta anche la sospensione del sinallagma contrattuale e conseguentemente, non essendovi state prestazioni reciproche, nulla sarà dovuto dal debitore.

Trattandosi di sospensione accordata dalla legge e autorizzata dagli organi della procedura, il debitore non potrà essere considerato in mora, con esclusione quindi della decorrenza degli interessi moratori sia nella misura di legge, che eventualmente convenzionale, nonché di ogni altro onere di natura risarcitoria. Restano dovuti gli interessi compensativi nella misura del tasso legale, avendo il debitore tratto vantaggio sia dalla dilazione del pagamento della sua prestazione, sia dall'esecuzione della controprestazione da parte del contraente in bonis.

Il diritto al ristoro del contraente in bonis in caso di scioglimento del contratto

Nel fallimento lo scioglimento del contratto è previsto come effetto che si accompagna alla scelta del curatore. Questi, infatti, deve essere autorizzato dal comitato dei creditori solo se decide per il subentro nel contratto e quindi lo scioglimento del contratto non può comportare oneri per il fallito, inserendosi peraltro lo scioglimento dei contratti nel più generale principio della liquidazione di tutti i beni e rapporti che facevano capo al fallito.

Diversamente, nel concordato non solo lo scioglimento non è automatico, ma è il risultato di una scelta del debitore volta alla migliore valorizzazione dei beni e dei rapporti aziendali.

Conseguentemente il legislatore ha ritenuto opportuno attribuire al contraente in bonis il diritto ad un ristoroper il danno subito dallo scioglimento del contratto. Non si tratta del risarcimento del danno, che il creditore potrebbe far valere in base agli

artt.

1218

e

1223

c.c.

, bensì soltanto di un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento, con una modalità di reintegrazione del danno ben diversa, quindi, dal consueto risarcimento. Ma la previsione più innovativa risiede nella collocazione specificamente stabilita di tale credito di indennizzo tra i crediti che dovranno essere soddisfatti come anteriori al concordato, che dovranno essere estinti quindi con moneta concordataria, secondo le condizioni che risultano dalla proposta concordataria, approvata dai creditori e omologata dal tribunale.

In questo modo l'onere che si accompagna allo scioglimento del contratto viene assai contenuto ed inserito nel coacervo dei vari debiti concordatari che vanno pagati nei tempi, nella misura e nelle modalità previste dal concordato, inserendo quindi anche lo scioglimento del contratto nella più generale liquidazione dei beni e dei rapporti.

Eccezioni alla possibilità di scioglimento del contratto

Restano escluse della possibilità di scioglimento solamente quattro tipologie contrattuali relative:

  • ai rapporti di lavoro subordinato;

  • all'acquisto di immobile ad uso abitativo per l'abitazione principale dell'acquirente (art. 72, comma 8);

  • ai finanziamenti destinati ad uno specifico affare (art. 72-ter) che quindi non vengono a sciogliersi, in quanto il legislatore sembra avere ritenuto che, a differenza del fallimento, il sopravvenire del concordato non impedisca la realizzazione o la continuazione dell'affare;

  • alla locazione di immobili in cui il debitore concordatario risulti locatore; alla clausola compromissoria.

Nell'ultimo caso, la sopravvivenza della clausola compromissoria trova la sua ragione nella esigenza di rispettare e mantenere la scelta delle parti a favore della giurisdizione arbitrale, con conseguente esclusione della possibilità di scioglimento tanto del compromesso arbitrale di cui all'

art.

807

c.p.c.

, quanto della clausola compromissoria, di cui all'

art.

808

c.p.c.

, che sia stata inserita nel contratto.

Va precisato che il contratto cui afferisce la clausola compromissoria potrà essere sciolto secondo i principi sinora esposti, mentre verrà a sopravvivere la clausola compromissoria per la decisione delle controversie nascenti dal contratto.

Nello stesso tempo, la questione relativa alla determinazione dell'indennizzo per lo scioglimento del contratto ai sensi del secondo comma dell'articolo 169-bis, non potrà essere considerata controversia nascente dal contratto, in quanto essa non trova origine nel contratto, ma in una previsione di legge. La decisione dell'indennizzo, pur in presenza di una clausola compromissoria contenuta nel contratto, spetta quindi alla giurisdizione ordinaria secondo le regole di competenza ordinaria, non essendo prevista la competenza funzionale

del giudice delegato o del Tribunale presso il quale è stata presentata la domanda di concordato.

I contratti pendenti nel concordato con continuità aziendale

La novella legislativa ha introdotto, o meglio ha dedicato, una specifica disciplina al concordato, il cui piano preveda la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, che è stato quindi legislativamente definito concordato con continuità aziendale. La peculiarità della disciplina risiede nella individuazione dei presupposti che consentono al debitore la continuazione della attività. Essi consistono nella adeguata dimostrazione nel piano della sostenibilità economico finanziaria e della convenienza, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori. Tutto questo deve trovare adeguata illustrazione e dimostrazione anche attraverso l'attestazione del professionista, mentre il

tribunale esercita i necessari controlli sullo svolgimento dell'attività e, nel caso di cessazione dell'attività di impresa o del manifestarsi di elementi che inducano a ritenere manifestamente dannosa l'attività, provvede ai sensi dell'

art.

173

l.

fall

.

Considerato dunque che la continuazione dell'attività di impresa per sua natura presuppone il mantenimento dei rapporti contrattuali, che se fossero interrotti potrebbero compromettere anche in modo irreversibile le prospettive di tale concordato, la disciplina introdotta non soltanto assicura una più ampia tutela all'impresa concordataria nel mantenimento dei contratti in corso, ma apre ad una assai innovativa negozialità, rimuovendo ostacoli della disciplina di settore, quale quella dei contratti con la pubblica amministrazione, contratti pubblici e appalti .

Mentre quindi non risulta prevista per il concordato una disposizione di carattere generale analoga a quella presente nel fallimento con l'art. 72, comma 6, che stabilisce l'inefficacia delle clausole che prevedono lo scioglimento del contratto in caso di fallimento, una previsione in tal senso è contenuta nell'art. 186-bis, dedicato appunto al concordato con continuità aziendale, nel quale, per i motivi ora accennati, una clausola che preveda lo scioglimento del contratto in caso di ricorso alla procedura di concordato risulterebbe di grave ostacolo se non di insuperabile impedimento all'accesso di una tale forma di concordato, nel quale la continuazione dei rapporti contrattuali costituisce lo stesso presupposto per il successo della continuazione dell'attività aziendale, in funzione della migliore soddisfazione dei creditori.

I profili più innovativi si articolano poi nel riconoscimento al debitore di rilevanti poteri e facoltà negoziali anche in deroga alla talora restrittiva disciplina dei contratti pubblici. Al debitore che presenti dunque una domanda di concordato con continuità aziendale e ne dia idonea dimostrazione (in quanto nella presentazione del piano vengano assolti gli oneri e gli obblighi previsti dal primo e secondo comma dell'art. 186-ter) è riconosciuto, anche per effetto dell' espresso richiamo dell'art. 169-bis, sia il diritto allo scioglimento del contratto previa autorizzazione degli organi della procedura, sia il diritto alla continuazione del contratto, in quanto il terzo comma dell'art. 186-bis prevede che i contratti in corso di esecuzione anche stipulati con pubbliche amministrazioni non si risolvano per l'apertura della procedura.

Lo stesso comma prevede inoltre, come già accennato, l'inefficacia dei patti contrari eventualmente previsti nei contratti, con estensione quindi al solo concordato con continuità aziendale della regola dell'art. 72, comma 6, prevista in via generale per il fallimento.

La circostanza che il concordato si muova nella finalità di realizzare la continuità aziendale consente quindi al debitore la continuazione dei contratti pubblici, sempre che il professionista designato abbia attestato la ragionevole capacità del debitore concordatario di adempiere alle obbligazioni che sorgono dal contratto.

Sulla base degli stessi presupposti, il debitore concordatario può partecipare anche alla procedura di assegnazione di contratti pubblici, allegando in questo caso la dichiarazione di altro operatore dotato dei requisiti per l'esecuzione del contratto d'appalto, di mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata del contratto, come pure di subentrare all'impresa concordataria nel caso di inadempimento e fallimento di quest'ultima.

Viene quindi data la possibilità di concorrere nelle gare d'appalto anche con la partecipazione a raggruppamenti temporanei d'impresa, purché l'impresa concordataria non rivesta la qualità di mandataria e garantendo tale partecipazione con la già indicata dichiarazione di altro operatore anche dello stesso raggruppamento.

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