Postergazione e prededuzione dei finanziamenti dei soci

03 Aprile 2014

La regola della postergazione dei finanziamenti dei soci sancita dall'art. 2467 c.c.trova una deroga per i prestiti erogati in esecuzione o in funzione della procedura di concordato preventivo, relativamente ai quali, cioè ai crediti sorti per effetto dei medesimi, l'art. 182-quater, comma 3, l. fall., riconosce, seppur limitatamente all'ottanta percento del loro ammontare, la prededuzione ai sensi e per gli effetti dell'art. 111 l. fall.L'Autore, dopo aver esaminato la disciplina dei finanziamenti soci prevista dal diritto societario, si sofferma sul principio di prededucibilità di tali finanziamenti sancito dall'art. 182-quater l. fall. in deroga all'art. 2467 c.c.

Il finanziamento dei soci nelle società di capitali

Come noto, l'art. 2467 c.c.disciplina i finanziamenti dei soci a favore di società a responsabilità limitata prevedendo la postergazione rispetto al soddisfacimento degli altri creditori per il rimborso dei finanziamenti dei soci in qualsiasi forma effettuati concessi in un momento nel quale, anche in virtù del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto, o una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

La ratio di tale disposizione va ricercata nella esigenza di contrastare il fenomeno della c.d. sottocapitalizzazione nominale, intendendosi con tale termine la situazione in cui la società dispone di mezzi finanziari necessari al suo esercizio, in virtù, tuttavia, non di apporti di capitale proprio (che, al contrario, risulta essere inadeguato), bensì tramite la concessione di prestiti da parte dei soci (G.B. Portale, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 666). A fronte della frequente sottocapitalizzazione, infatti, le società tendono a risolvere il problema relativo al reperimento di nuovi mezzi finanziari ricorrendo al capitale di credito (finanziamenti), in luogo del capitale di rischio (conferimenti), soddisfacendo, in tal modo, l'esigenza di risorse finanziarie della società ma evitando, allo stesso tempo, di esporre il patrimonio dei soci a responsabilità per le obbligazioni sociali.

Sul tema, giova evidenziare che l'anzidetta disciplina è stabilita per le sole società a responsabilità limitata e, ai sensi dell'art. 2497-quinquies c.c., per i finanziamenti infragruppo, rectius per i finanziamenti effettuati a favore della società da chi su di essa esercita attività di direzione e coordinamento o da altri soggetti sottoposti all'attività di direzione e coordinamento. In relazione alle società per azioni, al contrario, non è prevista una specifica disciplina dei finanziamenti dei soci, salvo l'appartenenza delle medesime all'interno di un gruppo societario. In assenza di una specifica disposizione legislativa, si pone l'interrogativo relativo al se, quanto disposto dall'art. 2467 c.c., sia espressione di un principio generale e, come tale, applicabile anche alle s.p.a. o se, invece, tale disciplina debba essere interpretata in senso restrittivo.

Secondo un'opinione, ad onor del vero minoritaria, fondata sulla mera interpretazione letterale della norma, le società per azioni sarebbero escluse dal regime di applicazione dell'art. 2467 c.c., salvo, ovviamente, il caso in cui tale tipo societario eserciti attività di direzione e coordinamento. Si afferma che, se il legislatore avesse voluto estendere l'applicazione dei principi sopra menzionati anche alle s.p.a., avrebbe espressamente previsto una disposizione in tal senso, non limitandosi alla sola ipotesi di s.p.a capogruppo che finanzia società sottoposte alla sua direzione e coordinamento. Una simile interpretazione sarebbe altresì avvalorata anche dal carattere personalistico della partecipazione nelle s.r.l. e, quindi, dalla considerazione della natura del soggetto finanziatore: non qualsiasi socio, ma soltanto colui che si trovi in una relazione stretta con la società (D. Scano, I finanziamenti dei soci, in AA.VV., La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, a cura di F. Farina, C. Ibba, G. Racugno, A. Serra, Milano, 2004, 407. Della stessa opinione A. Postiglione, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci di s.r.l.: dubbi interpretativi e limiti applicativi, in Le Società, 2007, 938; G. Balp, Commento sub art. 2467 c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Società a responsabilità limitata, a cura di L.A. Bianchi, Milano, 2008, 266).

Tale opinione, tuttavia, a parere di chi scrive, non pare essere convincente, in quanto giustifica l'esclusione della società per azioni dalla disciplina di cui all' art. 2467 c.c. in virtù, essenzialmente, delle dimensioni del tipo societario, senza, però, considerare che, nell'ambito delle stesse s.p.a. rientrano anche quelle chiuse e, tra queste, le s.p.a. a stretta base azionaria, che non presentano differenze particolari rispetto alle società a responsabilità limitata, essendo, al contrario, equiparabili a queste ultime. Non si può, inoltre, non tenere in considerazione che l'inapplicabilità delle disposizioni in tema di finanziamento alle società per azioni esporrebbe l' art. 2467 c.c. alla censura di incostituzionalità per violazione dell'art. 3 Cost., in forza del principio secondo cui situazioni uguali o simili devono ricevere dalla legge il medesimo trattamento.

Le considerazioni anzidette portano a concludere, in conformità alla tesi prevalente in dottrina (G.B. Portale, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, cit., 681; C. Angelici, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003, 47; L. Mandrioli, La disciplina dei finanziamenti soci nelle società di capitali, in Le Società, 2006, 182) ed in giurisprudenza (Trib. Pistoia 21 settembre 2008; Trib. Udine 21 febbraio 2009; Trib. Venezia 3 marzo 2011), che le regole riguardanti il finanziamento dei soci dettate per le s.r.l. esprimono principi generali del diritto societario, applicabili quindi anche alle s.p.a..

Il principio di postergazione ex art. 2467 c.c.

Il citato art. 2467 c.c. stabilisce, in primo luogo, il principio della postergazione, cioè posposizione nel grado, dei crediti dei soci rispetto a quelli degli altri creditori sociali. Sulla base di tale principio, i soci finanziatori hanno quindi diritto al rimborso delle somme versate nella società a titolo di finanziamento soltanto dopo l'integrale soddisfacimento degli altri creditori sociali, rectius di coloro che risultino creditori al momento del rimborso e non all'atto del finanziamento. Infatti, anche i creditori il cui titolo sia sorto successivamente all'effettuazione del finanziamento hanno diritto ad invocare la postergazione.

La ratio della postergazioneva ricercata nella riqualificazione del rapporto tra le parti come conferimento e nella volontà, pertanto, di sanzionare uno spostamento del rischio imprenditoriale sui creditori sociali. In tale ottica, il legislatore considera i prestiti dei soci effettuati in presenza delle condizioni di cui all' art. 2467, comma 2, c.c. , alla stessa stregua di un apporto di capitale proprio.

Si discute, al riguardo, in relazione al se la postergazione presupponga l'apertura di una procedura concorsuale o, al contrario, possa applicarsi anche al di fuori di tale ipotesi. Per alcuni autori (. Mandrioli, La disciplina dei finanziamenti soci nelle società di capitali, cit., 177 ss.; L. Panzani, La postergazione dei crediti nel nuovo concordato preventivo, in Fall. 2006, 681), la postergazione opera esclusivamente allorquando esiste un concorso, cioè in sede di procedura concorsuale liquidatoria o in pendenza di esecuzione individuale. Ciò in quanto il termine postergazione andrebbe inteso nel suo significato tecnico, di graduazione che presuppone il concorso, e quindi il soddisfacimento dei creditori sociali non secondo un criterio temporale di adempimento cronologico delle obbligazioni, tipico delle imprese in bonis, bensì secondo l'ordine di preferenza accordato dalla legge che tenga conto della natura del credito e delle legittime cause di prelazione. Da ciò discenderebbe che per le società in bonis non potrebbe parlarsi di postergazionee dunque di limiti alla restituzione ai soci alla scadenza dei finanziamenti concessi (Trib. Milano 4 giugno 2013; Trib. Milano 10 gennaio 2011. Sull'applicabilità dell'art. 2467 c.c. alle società in liquidazione, v. Cass. 13 luglio 2012, n. 12003).

Altri (A. Postiglione, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci di s.r.l.: dubbi interpretativi e limiti applicativi, cit., 935. Nello stesso senso G. Balp, Commento sub art. 2467 c.c., cit., 247), invece, partendo dalla considerazione che la disciplina dei finanziamenti dei soci debba avere il medesimo trattamento previsto per i conferimenti, e non una disciplina più rigorosa, ritengono che la postergazione non presupponga la liquidazione della società o l'apertura di una procedura concorsuale. In caso contrario, infatti, si avrebbe una situazione nella quale, nonostante l'esistenza di crediti non ancora soddisfatti, il capitale sociale potrebbe essere ridotto ex art. 2482 c.c., con conseguente restituzione ai soci di parte dei conferimenti, mentre in nessuna ipotesi i medesimi potrebbero ottenere il rimborso del proprio credito prima dello scioglimento del rapporto sociale.

Quanto previsto dal secondo comma dell'art. 2467 c.c., non trova comunque applicazione indistintamente per qualsiasi modalità di finanziamento effettuato alla società, ma esclusivamente per quei finanziamenti dei soci che formalmente si presentano come capitale di credito, ma che, sostanzialmente, costituiscono capitale proprio. In altri termini, il principio della postergazione vale solo rispetto a quei prestiti che possano considerarsi “sostitutivi” del capitale sociale, cioè per quei finanziamenti effettuati:

  • in presenza di una eccessiva sproporzione tra i debiti ed il patrimonio netto della società beneficiaria;

  • in una situazione nella quale sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento in luogo di un prestito, in considerazione della complessiva situazione finanziaria.

Sono da ritenersi, in ogni caso, esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 2467, comma 2, c.c., i casi nei quali i soci, pur potendo la società ricorrere al credito senza creare situazioni di particolare squilibrio tra mezzi propri ed indebitamento, abbiano preferito finanziare la società (Trib. Milano 29 settembre 2005), così come l'ipotesi in cui i finanziamenti sono eseguiti per ovviare ad esigenze di carattere meramente transitorio (E. Fazzuti, Commento sub art. 2467, in La riforma delle società, 3, Società a responsabilità limitata. Liquidazione-Gruppi-Trasformazione-Fusione-Scissione, a cura di M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2003, 49; D. Scano, I finanziamenti dei soci, cit., 389).

Per ciò che attiene, poi, al momento nel quale valutare la postergazione, pare lecito ritenere, in virtù di una interpretazione meramente letterale dell'art. 2467, comma 2, c.c. (che parla di finanziamenti “concessi in un momento in cui”), che l'accertamento delle condizioni sopra menzionate vada effettuato all'atto in cui il finanziamento sia stato erogato, e non certo in un momento successivo all'erogazione medesima (Trib. Milano 24 aprile 2007, cit. In dottrina, G. Balp, Commento sub art. 2467 c.c., cit., 246 s. e 300 ss.). In quest'ottica, si condivide l'affermazione secondo la quale “il finanziamento nasce postergato ma non può diventarlo a causa del successivo deteriorarsi delle condizioni della società” (l'espressione è di D. Scano, I finanziamenti dei soci, cit., 395).

Quanto previsto dall'art. 2467 c.c. si riferisce ai finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”, intendendosi con tale espressione non solo quelli in denaro, ma anche i finanziamenti realizzati mediante la non riscossione di crediti scaduti e quindi esigibili (G.B. Portale, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del diritto nazionale, in Corr. giur., 2003, 147), attraverso il pagamento di crediti della società in crisi da parte di un socio (Trib. Tivoli 30 settembre 2010), nonché attraverso le garanzie prestate dal socio nell'interesse della società, dal momento che risulta evidente come la disponibilità di garanzie personali o reali rilasciate dal socio permette alla società di ricorrere a prestiti da parte di terzi altrimenti non ottenibili (Trib. Padova 16 maggio 2011 cfr. V. Salafia, La fideiussione del socio per obbligazioni della società di persone e per quella di capitali, in Le Società, 2009, 1081; A. Postiglione, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci di s.r.l.: dubbi interpretativi e limiti applicativi, cit., 937). Nell'ipotesi di rilascio di garanzie da parte del socio nell'interesse della società, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 2467 c.c., il rimborso del finanziamento è comunque subordinato al soddisfacimento degli altri creditori ed i soci perdono il diritto alla liberazione del bene oggetto della garanzia o al rimborso di quanto loro spettante in via di regresso a seguito della escussione della garanzia medesima.

Al riguardo, secondo la giurisprudenza di merito, la sussistenza dei presupposti della postergazione indicati al secondo comma del più volte citato art. 2467 c.c. deve essere valutata non già con riferimento al momento del pagamento da parte del socio e la conseguente acquisizione da parte sua della posizione di creditore della società, ma in relazione al momento in cui, prestando la garanzia, ha consentito che il terzo erogasse il finanziamento (Trib. Milano 4 giugno 2013).

Finanziamento dei soci e procedure concorsuali

L'art. 2467, comma 1, c.c., prevede, altresì, l'obbligo di restituzione da parte dei soci dei finanziamenti rimborsati nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

A ben vedere, l'obbligo di restituzione sancito dal primo comma del suddetto articolo “rappresenta una sorta di revocatoria fallimentare ex lege” (F. Corsi, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 254), dal momento che il socio non è ammesso a provare né la mancata esistenza dello stato d'insolvenza della società al momento del rimborso, né che egli ignorava lo stato d'insolvenza a quello stesso momento.

In ogni caso, l'inefficacia dei rimborsi effettuati entro l'anno antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento dovrà essere rilevata dal curatore fallimentare che, pertanto, dovrà chiedere al socio finanziatore la restituzione di quanto ricevuto, il quale, a sua volta, avrà poi diritto ad insinuare il proprio credito al passivo fallimentare, ma con collocazione postergata rispetto a tutti gli altri creditori ammessi.

Le anzidette considerazioni portano altresì ad affermare che i rimborsi dei finanziamenti “postergati” eseguiti oltre il termine dell'anno, anche in presenza di tangibili manifestazioni del dissesto della società, sono da considerarsi non soggetti all'obbligo di restituzione ai sensi dell'art. 2467, comma 1, c.c.

Per i rimborsi effettuati oltre tale termine, ma entro i due anni anteriori alla sentenza dichiarativa di fallimento, troverà comunque applicazione quanto disposto dall'art. 65 l. fall., che prevede l'inefficacia rispetto ai creditori dei pagamenti di crediti scaduti nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente se eseguiti nei due anni anteriori al fallimento. La ratio di tale articolo, infatti, va ricercata nell'anormalità del pagamento ottenuto dal creditore in via anticipata, così come l'anormalità connota il finanziamento del socio da cui discende la sanzione della postergazione.

Una questione di particolare rilevanza è poi rappresentata dalla possibilità di collocare icrediti dei soci per finanziamenti postergati ex art. 2467 c.c. nel piano concordatario (G. Lo Cascio, Concordati, classi di creditori ed incertezze interpretative, in Fall., 2009, 1129 ss.), la cui formazione deve avvenire, alla luce del disposto di cui agli artt. 124, comma 2, lett. a (con riferimento al concordato fallimentare) e 160, comma 1 , lett. c, l. fall., (relativamente al concordato preventivo) “secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei”.

Sull'argomento i giudici di legittimità (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706, in Fall., 2009, 789 ss., con nota di L. Panzani, Classi di creditori nel concordato preventivo e crediti postergati dei soci di società di capitali), chiamati ad affrontare la questione concernente la collocazione nella medesima classe contenuta nella proposta di concordato preventivo di creditori chirografari e creditori postergatiex art. 2467 c.c., dopo aver chiarito che nella locuzione “interessi economici omogenei” contenuta al comma 1, lettera c), dell'art. 160 l. fall., rientra sicuramente la posizione dei crediti aventi medesime caratteristiche in relazione alla categoria di appartenenza dei creditori, hanno escluso che i soci finanziatori possano essere inseriti nel piano di cui facciano parte anche altri creditori chirografari, non soltanto per la loro diversa posizione nei confronti della società rispetto ai terzi, ma soprattutto per la previsione contenuta nell'art. 2467, comma 1, c.c.

Per la S.C., quindi, in considerazione del combinato disposto di cui agli artt. 160, comma 1, lett. c), l. fall. e 2467, comma 1, c.c., non è consentito ritenere che siano portatori di “interessi economici omogenei” i soci finanziatori ed i terzi creditori. Per tale motivo, non può considerarsi rispondente alla previsione della legge il loro inserimento nella stessa classe del piano concordatario, a patto che ricorrano le condizioni di cui al secondo comma del menzionato art. 2467 c.c.tali da far considerare il finanziamento dei soci postergato (cfr., in giurisprudenza, Trib. Firenze 26 aprile 2010; Trib. Ancona 19 novembre 2007; Trib. Bologna 26 gennaio 2006. In dottrina L. Stanghellini, L'approvazione dei creditori nel concordato preventivo: legittimazione al voto, maggioranza e voto per classi, , in Fall., 2006, 1059).

In maniera differente si è espressa, invece, parte della dottrina (G. Lo Cascio, Concordati, classi di creditori ed incertezze interpretative, cit., 1135; L. Panzani, Classi di creditori nel concordato preventivo e crediti postergati dei soci di società di capitali, cit., 806 s.; G. Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di G. Fauceglia, L. Panzani, Torino, 2009,1611), secondo la quale non sarebbe possibile ipotizzare una classe di creditori postergati in senso tecnico, dal momento che bisognerebbe limitarne il pagamento dopo gli altri creditori concorsuali; salvo il caso in cui il soddisfacimento dei creditori postergati venga effettuato con risorse che non provengono dal patrimonio assoggettato al concorso e, quindi, qualora nel piano concordatario si preveda l'apporto di mezzi finanziari da parte di terzi (Trib. Messina 4 marzo 2009, in Fall., 2009, 795).

Prededucibilità dei finanziamenti soci nel concordato preventivo

Quanto disposto dall'art. 2467 c.c. (e dall'art. 2497-quinquies c.c.) è, tuttavia, derogato dall'art. 182-quater , comma 3, l. fall., che considera prededucibili“ai sensi e per gli effetti dell'art. 111” – quindi, anche nella eventualità di successivo fallimento -  fino alla concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare, i finanziamenti in qualsiasi forma effettuati dai soci in esecuzione di un concordato preventivo (o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato), nonché quelli erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo (o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti), c.d. finanziamenti-ponte, a condizione che i medesimi siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 (o dall'accordo di ristrutturazione) e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo (ovvero l'accordo sia omologato).

Dalla lettura del terzo comma dell'art. 182-quater l. fall. – la cui ratio è quella di favorire e di promuovere l'erogazione di nuova finanza all'impresa in difficoltà anche da parte dei soci e di coloro che, prima dell'accesso alla procedura non erano soci, ma che hanno acquisito tale qualità soltanto a seguito della esecuzione del concordato preventivo il cui successo il loro finanziamento, previsto ovviamente dal piano, è finalizzato ad assicurare - e, in virtù del richiamo ivi contenuto, del primo e secondo comma della medesima disposizione, si evince, pertanto, che:

  1. la prededucibilità è disposta direttamente per i finanziamenti soci erogati in esecuzione della procedura di concordato preventivo;

  2. l'anzidetta disposizione si applica altresì quando il finanziatore abbia acquisito lo status socii in esecuzione di tale procedura;

  3. per i finanziamenti soci erogati in funzione del concordato preventivo, al contrario, la prededuzione è subordinata ad una duplice forma di controllo, in parte formale (inclusione della previsione dei medesimi nel piano ex art. 160 l. fall.), ed in parte sostanziale (esplicita e corrispondente disposizione nel provvedimento con cui il tribunale apre la procedura di concordato preventivo) (P. Vella, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzioni nel nuovo concordato preventivo, in Fall., 2013, 665);

  4. in ogni caso, la deroga all'art. 2467 c.c.(e all'art. 2497-quinquies c.c.) non è assoluta, essendo limitata all'ottanta per cento dell'ammontare dei predetti finanziamenti soci, con la diretta conseguenza che il residuo venti per cento, benché la disposizione non lo dica, rimane postergato ai sensi dell'art. 2467 c.c. (G.B. Nardecchia, Sub art. 182-quater, in Commentario alla legge fallimentare ,vol. III, diretto da C. Cavallini, Milano, 2010, 852; A. Didone, La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione “ai sensi” e prededuzione “ai sensi e per gli effetti”?), in Fall., 2013, 918; L. Balestra, I finanziamenti all'impresa in crisi nel c.d. Decreto sviluppo, ivi, 2012, 1404. Contra B. Armeli, I finanziamenti dei soci in esecuzione di concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, ivi, 2011, 891);

  5. tale limitazione, tuttavia, pare non doversi applicare a coloro che hanno acquisito la qualità di soci in esecuzione della procedura di concordato preventivo, non essendo assimilabile la posizione dei soci “acquisiti” a quella di coloro che erano già soci ed i cui crediti per finanziamenti sono postergati ex art. 2467 c.c. (A. Didone, La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione “ai sensi” e prededuzione “ai sensi e per gli effetti”?), cit., 918 s.; L. Balestra, I finanziamenti all'impresa in crisi nel c.d. Decreto sviluppo, cit., 1404).

Inoltre, ai sensi del quinto comma dell'art. 182-quater l. fall. sono espressamente esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze tutti i crediti postergati, compresi quelli dei soci, derivanti dai finanziamenti in funzione di cui al secondo comma della medesima disposizione (per quelli in esecuzione, al contrario, il problema del voto non si pone, insorgendo gli stessi in una fase successiva).

Nulla è previsto, invece, in merito ai finanziamenti soci concessi in occasione della procedura (c.d. “finanziamenti interinali”), cioè effettuati dopo la presentazione della domanda (anche con riserva) di ammissione al concordato preventivo e prima della omologazione. Al riguardo, l'art. 182-quinquies, comma 1,l. fall., consente al debitore che presenta domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche ai sensi dell'articolo 161, comma 6 (o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, comma 1, o di una “istanza di sospensione” connessa ad una proposta di accordo ex art. 182-bis, comma 6), di chiedere al tribunale l'autorizzazione, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti - prededucibili ai sensi dell'art. 111 - a condizione che, un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 67, comma 3, lettera d), l. fall., verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

In assenza di una espressa disposizione legislativa, si discute in relazione alla possibilità per una società in stato di crisi che intenda presentare una domanda di ammissione al concordato preventivo (o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione) di chiedere al tribunale di essere autorizzata a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'art. 111 l. fall. (nel rispetto della condizioni previste dal citato primo comma dell'art. 182-quinquies l. fall.) con i propri soci (o con la società capogruppo o con società sorelle). Sul tema sono state prospettate sia la tesi secondo la quale tali finanziamenti sono sempre prededucibili, dal momento che la disposizione di cui all'art. 182-quinquies pare riferirsi indistintamente a tutti i finanziamenti e non prevede limitazioni per quelli effettuati dai soci; sia la tesi della non predudicibilità in mancanza di una disposizione espressamente derogatoria della regola della postergazione (Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012, 25; L. Balestra, I finanziamenti all'impresa in crisi nel c.d. Decreto sviluppo, cit., 2012, 1405; A. Didone, La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione “ai sensi” e prededuzione “ai sensi e per gli effetti”?), cit., 919); sia l'opinione – cui aderisce chi scrive - secondo cui i finanziamenti soci (o infragruppo) interinali sono prededucibili alle condizioni previste dall'art. 182-quinquies, comma 1, l. fall., ma soltanto nel limite dell'ottanta percento del loro ammontare (U. Tombari, I finanziamenti dei soci e i finanziamenti infragruppo dopo il decreto sviluppo: prededucibilità o postergazione? Prime considerazioni sul diritto societario della crisi, in ilFallimentarista.it).

Conclusioni 

La regola della postergazione dei finanziamenti effettuati dai soci di cui all'art. 2467 c.c. (ed all'art. 2497-quinquies c.c.) – principio che, essendo di carattere generale, si ritiene essere applicabile anche alle s.p.a. - trova quindi una deroga per i prestiti erogati in esecuzione o in funzione della procedura di concordato preventivo, relativamente ai quali, rectius ai crediti sorti per effetto dei medesimi, l'art. 182-quater, comma 3, l. fall., riconosce, seppur limitatamente all'ottanta percento del loro ammontare, la prededuzione ai sensi e per gli effetti dell'art. 111 l. fall., quindi anche nel caso di esito negativo della regolazione negoziale della crisi e di conseguente fallimento consecutivo.

In tale ottica, pare possibile affermare che per i crediti dei soci postergati alla luce del citato art. 2467 c.c. la prededucibilità rappresenta una eccezione, in deroga alla disciplina che è loro propria. Al riguardo, è stata posta la questione della convivenza di prededucibilità e postergazione in capo ad uno stesso credito, per arrivare ad affermare che la previsione della prededucibilità di cui all'art. 182-quater l. fall. non significa sic et simpliciter deroga al principio della postergazione ex art. 2467 c.c., avendo tali caratteri processuali origini diverse, per cui sarebbe necessario raffrontare i presupposti oggettivi sottesi alle due fattispecie al fine di valutare quando i medesimi coincidono con effettiva deroga della postergazione a favore della prededuzione (B. Armeli, I finanziamenti dei soci in esecuzione di concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, cit., 897).

Aldilà delle varie interpretazioni, rimangono comunque perplessità sul perché la prededucibilità dei finanziamenti dei soci non sia assoluta, al pari dei finanziamenti dei terzi, ma limitata all'ottanta percento del loro ammontare – rendendo, in tal modo, scarsamente efficace la disciplina della deroga ex art. 182-quater (G. Lo Cascio, Il punto sul concordato preventivo, in Il Fallimento, 2014, 10) – e dubbi sulla possibilità per le imprese in crisi di chiedere al tribunale di essere autorizzate a contrarre finanziamenti “interinali” con i propri soci, nel rispetto della condizioni previste dall'art. 182-quinquies, comma 1,l. fall., sui quali si auspica, quanto prima, un intervento da parte del legislatore.

Sommario