I nuovi requisiti di professionalità ed onorabilità dei commissari giudiziali e straordinari delle procedure di amministrazione straordinaria

19 Settembre 2013

A distanza di alcuni anni dalla promulgazione della legge recante la nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, la cosiddetta Legge Prodi bis, ha visto finalmente la luce il decreto ministeriale attuativo del disposto di cui all'art. 39, comma 1, recante il regolamento emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico (nel testo legislativo ancora indicato come Ministero dell'Industria), di concerto con il Ministero di grazia e giustizia, contenente la dettagliata individuazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità che il nominato commissario giudiziale o straordinario deve attestare di possedere per accettare la carica, che avrebbe dovuto invece essere emanato ai sensi dell'art. 104 del medesimo D.Lgs. 8 luglio 1999 n. 270 nei 120 giorni dalla sua entrata in vigore.
La difficoltosa attuazione dell'art. 39, comma 1, ed il disposto dell'art. 38, comma 1-bis, d.lgs. n. 270/1999

A distanza di alcuni anni dalla promulgazione della legge recante la nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, la cosiddetta Legge Prodi bis, ha visto finalmente la luce il decreto ministeriale attuativo del disposto di cui all'art. 39, comma 1, recante il regolamento emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico (nel testo legislativo ancora indicato come Ministero dell'Industria), di concerto con il Ministero di grazia e giustizia, contenente la dettagliata individuazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità che il nominato commissario giudiziale o straordinario deve attestare di possedere per accettare la carica, che avrebbe dovuto invece essere emanato ai sensi dell'

art. 104 del medesimo D.Lgs. 8 luglio 1999 n. 270

nei 120 giorni dalla sua entrata in vigore.

Va peraltro ricordato come nella perdurante assenza della specifica individuazione dei criteri di scelta dei commissari di cui al sopra citato art. 39, con l'emanazione del

D.L. 3 maggio 2004 n. 119

, convertito in

Legge 5 luglio 2004 n. 166

, al fine di dare per lo meno iniziale consistenza ai criteri da adottare per la scelta di tali organi, il legislatore aggiungeva all'

art. 38 del D.Lgs. 8 luglio 1999 n. 270

il comma 1 bis contenente l'indicazione di alcuni requisiti ostativi alla nomina, precisando che non potesse essere nominato commissario straordinario e, se nominato, dovesse decadere dall'ufficio:

  • l'interdetto, l'inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato a una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;

  • il coniuge, i parenti o affini entro il quarto grado dell'imprenditore insolvente;

  • chi, avendo intrattenuto con l'impresa, personalmente o quale socio, amministratore, o dipendente di altra organizzazione imprenditoriale o professionale, rapporti non occasionali di collaborazione o consulenza professionale, abbia preso parte o si sia comunque ingerito nella gestione che ha portato al dissesto dell'impresa.

La disposizione introduceva altresì il principio secondo cui il nominato commissario, nell'accettare la carica, deve dichiarare sotto la propria responsabilità che con la sua nomina non ricorre alcuna delle indicate ipotesi di incompatibilità.

In merito poi alle norme successivamente emanate sempre in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (D. L. 23 dicembre 2003 n. 347 relativo a “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” e conseguente Provvedimento del Ministro della attività produttive in data 24 dicembre 2003), il richiamo alla sopra indicata normativa di cui alla Legge Prodi bis per la nomina dei commissari era esplicito.

Ferme restando tali disposizioni e rimettendo al prosieguo una più attenta disamina dell'evoluzione della disciplina in materia, merita soffermarsi in prima battuta sull'articolazione e contenuto della normativa di recente promulgazione.

La disciplina introdotta con il D.M. 10 aprile 2013 n. 60

Il Regolamento in oggetto si articola in sette norme così rubricate:

art. 1 “Definizioni

art. 2 “Requisiti di professionalità dei commissari

art. 3 “Requisiti di onorabilità

art. 4 “Situazioni impeditive

art. 5 “Cause di sospensione

art. 6 “Documentazione dei requisiti

art. 7 “Disposizione di coordinamento”.

Dando per assunte l'individuazione e le definizioni degli organi oggetto della presente regolamentazione e ricordando che, ai sensi dell'

art. 15, comma 1°, D.Lgs. n. 270/99

, il commissario giudiziale è, per quanto attiene l'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale che valuta se sussistano “concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali” e che, ai sensi di quanto disposto dagli

artt. 36,

49,

53,

67

-68,

75

-76,

78,

91

e 203 D.Lgs. n. 270/99, il commissario straordinario assume la gestione e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente e dei soci illimitatamente responsabili, non può non rilevarsi l'importanza del ruolo ricoperto da entrambi i commissari ai fini delle scelte operate dal Tribunale circa il destino dell'impresa e per la buona riuscita della procedura.

Sebbene assumendo due compiti ben distinti costituiti, nel caso del commissario giudiziale, nel consentire di prevenire il rischio di valutazioni non corrette circa le concrete prospettive dell'impresa e, nel caso del commissario straordinario, nello svolgimento di specifiche attività gestionali e strategiche nella fase successiva all'apertura della procedura, ma pur ritenendo cumulabili nella medesima persona i ruoli singolarmente individuati dalla legge, il dato comune rimane sicuramente l'importanza dell'incarico funzionalmente attribuito e la necessità della professionalità, onorabilità ed indipendenza degli organi chiamati ad operare per il Tribunale e per il Ministero ai fini del raggiungimento dello scopo di conservazione del complesso produttivo e di tutela del ceto creditorio.

Pertanto, se da un lato, lo stupore delle lunghe tempistiche intercorse per l'emissione del provvedimento in esame vengono soltanto parzialmente sopite dalla consapevolezza di aver potuto adottare come criteri suppletivi di scelta i requisiti richiesti per la nomina di organismi similari, quali il Curatore fallimentare; dall'altro, trova ragione e giustificazione il rigore mostrato dall'Autorità nella selezione dei requisiti dettagliatamente indicati e nelle conseguenze previste in caso di assenza degli stessi in capo all'organo nominato che o non accetti nei tempi prescritti o non provveda all'autocertificazione dei requisiti stessi o, ancora, renda una dichiarazione mendace.

Va peraltro da subito evidenziato come, trattandosi di norme di carattere tassativo ed eccezionale rispetto alla norma generale, esse richiedano un'applicazione rigorosa e non risultino suscettibili di applicazione analogica.

In attuazione del sopra ricordato necessario rigore nella scelta ed in forza del principio secondo cui l'individuazione del nominativo viene effettuata innanzitutto secondo criteri diprofessionalità e di competenza, l'art. 2 espressamente dispone che i commissari giudiziali siano scelti tra:

a)

persone iscritte da almeno cinque anni negli albi dei revisori dei conti, degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, che hanno esercitato per eguale periodo l'attività professionale, maturando una specifica competenza nel settore della analisi e revisione di azienda;

b)

persone che abbiano maturato una esperienza complessiva di almeno cinque anni nell'attività d'insegnamento universitario in materie economico-aziendali;

c)

persone che abbiano maturato, presso imprese pubbliche o private aventi dimensioni comparabili con quello dell'impresa insolvente e preferibilmente in settori analoghi a quello dell'impresa medesima, una esperienza complessiva di almeno cinque anni in funzioni di amministrazione o di direzione;

e, sulla base dei medesimi principi, che i commissari straordinari siano scelti tra:

a)

persone iscritte da almeno cinque anni negli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali che hanno esercitato per eguale periodo l'attività professionale, maturando una specifica competenza nel settore delle procedure concorsuali, ovvero della programmazione, ristrutturazione o risanamento aziendale;

b)

persone in possesso di diploma di laurea in materie giuridiche, economiche o ingegneristiche o tecnico-scientifiche, o materie equipollenti, ovvero di diploma di ragioniere e perito commerciale, che hanno maturato una esperienza complessiva di almeno cinque anni nell'esercizio di:

  1. funzione di amministrazione o di direzione presso imprese pubbliche o private aventi dimensioni comparabili con quelle dell'impresa insolvente;

  2. funzioni dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni aventi attinenza con il settore di attività dell'impresa insolvente e che comportano la gestione di rilevanti risorse economico-finanziarie;

  3. funzioni di curatore, commissario giudiziale, commissario liquidatore o commissario straordinario di procedure concorsuali che hanno comportato, a norma degli

    articoli 90,

    191

    e

    206, terzo comma, del regio decreto 16

    marzo 1942, n. 267

    , dell'

    articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26

    , convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95 e degli articoli 19 e 40 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, la gestione di imprese di dimensioni comparabili con quelle dell'impresa insolvente.

Nel dettare tale normativa l'organo ministeriale ha pertanto vagliato ed individuato specificamente, sulla scorta della richiesta del legislatore del 1999 e secondo la tecnica già utilizzata dal legislatore fallimentare con il disposto di cui all'art. 28,

in quale ambito professionale rivolgere la propria attenzione per individuare un professionista che abbia caratteristiche tali da renderlo adatto - sia per il tipo che per la durata dell'esperienza professionale - ad assumere un compito di carattere, in un caso, valutativo delle sorti del complesso societario e, nell'altro, più gestionale, nella consapevolezza che in determinati ambiti professionali le caratteristiche possono anche cumularsi ed essere atte allo svolgimento di entrambi gli incarichi.

In particolare, per quanto attiene le competenze delineate dalla norma per l'espletamento del ruolo di commissario straordinario, va rilevato che il sopra citato art. 2, comma 2, riprende letteralmente l'

art. 1 del provvedimento 24 dicembre 2003

contenente i criteri per la nomina dei commissari straordinari di cui all'

art. 2 D.L. 24 dicembre 2003 n. 347

disponente – come noto – l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali (cd. Legge Marzano).

Dal confronto di tali requisiti, ad esempio, con il dettato dell'

art. 28

L. fall

. per la nomina del curatore si evince un chiaro segnale quanto all'importanza data alla professionalità per l'assunzione del ruolo di commissario straordinario, che è il vero dominus della procedura e dalle cui capacità professionali dipendono, come rilevato da alcuni Autori, buona parte delle chances di buon esito della procedura, considerato che deve esercitare personalmente le proprie funzioni salvo delegare quelle inerenti alla gestione corrente dell'impresa (Zanichelli, L'amministrazione straordinaria, in Fauceglia-Panzani, Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, 2045).

Pur rimettendo ai casi pratici la concreta applicazione della norma, dalla specifica articolazione del disposto e dalla chiarezza dei requisiti indicati mi pare possa rilevarsi, in prima battuta, come l'interpretazione della norma de qua non comporti l'applicazione di criteri ulteriori rispetto a quello letterale.

Sempre in ottemperanza al rigore necessario per operare la scelta dei commissari, l'art. 3 stabilisce altresì i criteri dionorabilità a cui occorre attenersi nell'individuazione dei commissari giudiziali e straordinari, stabilendo espressamente che la nomina non possa riguardare:

a) l'interdetto e l'inabilitato;

b) chi è stato dichiarato fallito e chi è stato dichiarato insolvente ai sensi delle disposizioni che regolano la procedura di amministrazione straordinaria;

c) chi è sottoposto a procedure di concordato preventivo o di amministrazione controllata, fin quando la procedura è in corso;

d) chi è stato sottoposto a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria ai sensi del

decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

, salvi gli effetti della riabilitazione;

e) chi è stato condannato con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione:

  1. alla reclusione per uno dei delitti previsti nel Titolo XI del libro V del codice civile e nel Titolo VI del

    regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

    ;

  2. alla reclusione per un tempo non inferiore a sei mesi per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ovvero per un delitto in materia tributaria e valutaria;

  3. alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per un qualunque delitto non colposo;

  4. a pena che comporti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, ovvero l'interdizione o la sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

  5. colui al quale è stata applicata su richiesta delle parti, a norma dell'

    articolo 444 del codice di procedura penale

    , una delle pene previste dalla lettera e), numeri 1), 2) e 3) del presente articolo, salvo che sia intervenuta l'estinzione del reato a norma dell'

    articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale

    .

Fin da una rapida lettura della disposizione, e tolto il richiamo ad una procedura quale quella di amministrazione controllata oggi non più esistente, pare potersi rilevare come, in considerazione del ruolo pubblico svolto da un commissario nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, i criteri di onorabilità individuati nel provvedimento de quo paiano legittimi e minimali, dovendo essere garantita nella scelta non soltanto la competenza professionale ma anche la piena capacità di agire, con il risultato che il provvedimento ministeriale giunge ad esplicitare dettagliatamente quelle cause di incapacità che potremmo definire tipiche e sempre esistenti in capo a chi assume un incarico di pubblico ufficiale.

Il 2° comma dispone poi espressamente che “la sopravvenienza delle condizioni indicate nel comma 1 determina l'automatica decadenza dall'incarico” ed il 3° comma che “le disposizioni di cui al comma 2 trovano applicazione anche nei confronti dei commissari giudiziali e dei commissari straordinari nominati a norma dell'

articolo 104 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270

”, secondo cui fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal più volte richiamato art. 39 si sarebbero dovuti applicare ai commissari giudiziali ed ai commissari straordinari i requisiti per la nomina dei curatori fallimentari e, pertanto, con un'applicazione diretta anche ai commissari già nominati.

L'art. 4 ha poi individuato le situazioni impeditive alla nomina di commissario giudiziale o straordinario in:

a) chi ha esercitato funzioni di amministrazione, direzione o controllo nell'impresa insolvente ovvero si è in qualsiasi modo ingerito nella medesima;

b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dell'imprenditore insolvente, se persona fisica, ovvero delle persone che hanno esercitato funzioni di amministrazione, direzione o controllo nell'impresa insolvente;

c) il creditore ed il debitore dell'impresa insolvente;

d) chi, nei due anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza, ha prestato a qualunque titolo la sua attività professionale a favore dell'impresa insolvente.

Relativamente agli indicati criteri di onorabilità e situazioni impeditive alla nomina, merita tuttavia sottolineare come gli stessi fossero già stati inseriti, sebbene più genericamente, quali criteri ostativi alla scelta del commissario straordinario dal comma 1 bis inserito nell'art. 38 della Prodi bis, con la conseguenza che il nuovo decreto ministeriale è venuto ad individuare tali requisiti più dettagliatamente e ad estenderli ad entrambi gli organismi commissariali.

Il provvedimento ministeriale prende poi correttamente in considerazione le ipotesi in cui, dopo la nomina e nel corso dell'espletamento delle proprie funzioni, il commissario giudiziale o straordinario riceva una sentenza non definitiva che lo condanni per uno dei reati espressamente indicati nella norma precedente o sia richiesta nei suoi confronti l'applicazione delle pene ivi previste o comunque vi sia l'applicazione di una misura cautelare di tipo personale trattandosi di situazioni sopravvenute tali da minare il principio di onorabilità.

In tale ottica, ai sensi dell'art. 5 sono individuate come cause di sospensione dalle funzioni di commissario giudiziale o commissario straordinario le seguenti situazioni:

a) condanna con sentenza non definitiva per uno dei reati di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e);

b) applicazione su richiesta delle parti di una delle pene di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e), con sentenza non definitiva;

c) applicazione provvisoria di una delle misure previste

dall'articolo 67, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

;

d) applicazione di una misura cautelare di tipo personale.

Mentre possono costituire causa di sospensione dalle funzioni di commissario giudiziale o commissario straordinario le seguenti situazioni:

a) notifica di informazione di garanzia o rinvio a giudizio per delitto non colposo;
b) avvio del procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione ai sensi del

decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

.

E la norma stabilisce che “ai fini della sospensione di cui al comma 2 il Ministero valuta, nell'interesse della procedura ovvero nell'interesse dello stesso Ministero, il pregiudizio alla credibilità, le possibili negative ricadute sulla gestione operativa, e il danno all'immagine che possono derivare dalla permanenza del commissario nell'incarico”.

Il Ministero ha pertanto previsto che, in caso di delitto non colposo per cui sia in corso il giudizio o di semplice avvio della procedura di applicazione delle misure di prevenzione, prima di procedere con una sospensione dalla carica, occorra valutare il caso concreto e le ripercussioni effettive eventualmente derivanti dalla permanenza del commissario nell'incarico rimettendo a sé il relativo giudizio.

Ne consegue pertanto che, al momento dell'eventuale verificarsi di una della cause di sospensione sopra elencate, il commissario avrà l'onere di segnalare immediatamente l'evento modificativo della sua iniziale competenza ed integrità professionale al fine, nelle ipotesi del primo comma, di vedersi sospeso e sostituito nello svolgimento dell'incarico e, nel caso del secondo comma, nell' adire il competente Ministero per il relativo provvedimento.

Nella scia delle ultime normative in materia di autocertificazione dei requisiti da possedere al fine di ricevere e poter mantenere una carica di natura pubblica, anche il decreto in questione ha espressamente indicato, all'art. 6, che “il possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1 e dell'articolo 3, comma 1 e l'assenza delle situazioni impeditive di cui all'articolo 4, sono auto-certificati dall'interessato, a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, unitamente ad ogni altro fatto, stato e qualità personale attinente alla specifica professionalità ed esperienza lavorativa maturata, ivi comprese le eventuali pendenze, a proprio carico, di procedimenti di cui all'articolo 5, l'applicazione di provvedimenti di cui al medesimo articolo e la pendenza di azioni giudiziarie penali o civili, avviate in relazione ad atti compiuti nell'esercizio di funzioni di amministrazione, direzione o controllo in enti o imprese, salvi i poteri di verifica della veridicità delle dichiarazioni da parte del Ministero”.

Il nominato commissario ha pertanto un onere immediato di auto-dichiarazione circa la persistenza in capo a se stesso delle situazioni di competenza professionale, onorabilità ed assenza di situazioni di incompatibilità, così come individuate negli articoli precedenti, ai sensi di quanto previsto negli artt. 46 e 47 delle “Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa” ovvero sul presupposto in forza del quale

l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all'articolo 38 del medesimo decreto, secondo cui “1. Tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica. 2. Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica sono valide se sottoscritte mediante la firma digitale o quando il sottoscrittore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta di identità elettronica. 3. Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica; nei procedimenti di aggiudicazione di contratti pubblici, detta facoltà è consentita nei limiti stabiliti dal regolamento di cui all'

articolo 15, comma 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59

”.

Da tali principi mi pare pertanto di poter evincere che con il nuovo dettato normativo, in collegamento con l'ultimo comma relativo alla necessità di espressa accettazione dell'incarico, si superino anche i precedenti dubbi circa le modalità di accettazione, nella previsione che - nei tempi oggi evidenziati a pena di decadenza – il commissario nominato confermerà per iscritto e con le modalità sopra indicate la propria capacità di svolgimento dell'incarico, attestando contemporaneamente la propria espressa accettazione.

Il tutto sempre con sottoposizione della dichiarazione alla verifica degli uffici ministeriali.

Poiché, peraltro, come già segnalato nell'articolo precedente, si possono verificare cause di sospensione in merito al requisito di onorabilità, la norma dispone al 2° comma che “i commissari giudiziali e straordinari sono tenuti a comunicare tempestivamente al Ministero ogni variazione ed aggiornamento dei dati autocertificati” e che “la mancata comunicazione o la comunicazione di informazioni non veritiere costituisce grave inadempienza, da valutarsi ai fini della revoca dell'incarico ai sensi dell'

articolo 43 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270

, fermo restando ogni altro provvedimento per l'applicazione delle sanzioni previste per legge”.

Ne deriva pertanto che, a fronte di una mancata tempestiva o corretta comunicazione o aggiornamento della propria condizione, il

Ministro dello Sviluppo economico potrà, ai sensi del richiamato

art. 43 D.Lgs. n. 270/99

, su proposta del comitato di sorveglianza o d'ufficio, previo invio al diretto interessato di comunicazione dei motivi di revoca nonchè delle contestazione degli eventuali addebiti ed invito allo stesso di esporre le proprie deduzioni e difese, revocare il commissario inadempiente.

Assunta la decisione circa la revoca del commissario e reso il conto della gestione da parte di quest'ultimo, verranno altresì applicate al commissario colpevole di omessa od errata autocertificazione le ulteriori sanzioni comminate dalla legge per la dichiarazione mendace, ove con tale termine si intende ricomprendere non soltanto la dichiarazione inveritiera, ma anche quella mancante rispetto all'evoluzione del proprio status giuridico, di cui si dirà infra.

Con un'innovazione peculiare e saliente ai fini della necessaria tempestività di

insediamento del professionista nominato nella carica di commissario, seguendo il solco tracciato dal disposto dell'art. 38, comma 1 bis, il decreto ha stabilito che “l'accettazione della nomina deve avvenire, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione del provvedimento”.

Nell'ottica di contenimento dei tempi per il conferimento e l'accettazione dell'incarico commissariale, la previsione de qua ha definitivamente chiarito le incertezze sorte con l'emissione dell'

art. 38 D.Lgs. 270/99

in merito alla necessità o meno di espressa accettazione dell'incarico da parte del commissario e non ancora del tutto chiarite con l'inserimento del comma 1 bis, attesa la mancata disposizione in quel contesto dei tempi e modalità di accettazione.

Con tale previsione, in collegamento con la richiesta autocertificazione, risulta infatti oggi chiaro che il commissario nei dieci giorni successivi alla comunicazione di individuazione del suo nominativo quale commissario giudiziale o straordinario avrà - a pena di decadenza - l'onere di accettare la carica dichiarando, sotto la propria responsabilità, la propria competenza, onorabilità e assenza di cause impeditive all'espletamento dell'incarico.

Le novità introdotte dal D.M. 10 aprile 2013 n. 60 e le integrazioni con il disposto legislativo previgente

Il

decreto ministeriale 10 aprile 2013 n. 60

, emanato in attuazione dell'art. 39 della Legge Prodi bis, ha visto la luce ben quattordici anni dopo la promulgazione della Legge di riferimento, in un quadro normativo relativo alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi mutato e molto più articolato rispetto al momento di emissione del

D.Lgs. n. 270/1999

.

Attualmente, infatti, se la disciplina contenuta nella Legge Prodi bis è sostanzialmente rimasta immutata prevedendo l'accesso all'amministrazione straordinaria dopo un periodo di osservazione affidato all'autorità giudiziaria, la disciplina del

D.L. n. 347/2003

, c.d. Legge Marzano, che almeno all'origine prevedeva invece accesso diretto ed immediato alla procedura di amministrazione straordinaria, è stata modificata sia in sede di conversione nella

Legge 18 febbraio

2004 n. 39

, sia con numerosi successivi decreti e relative leggi di conversioni, che si sono innestate sull'originario decreto legge del 2003.

Alla luce di tale quadro normativo piuttosto articolato e complicato, a prescindere dalla circostanza che non pare ulteriormente dilazionabile una revisione organica della normativa disciplinante questo istituto, va osservato che le recenti statuizioni in materia di conferimento, accettazione e mantenimento dell'incarico di commissario giudiziale e straordinario si innestano su un quadro normativo stratificato che, in parte, aveva già disposto espressamente in materia e che, per altra parte, faceva invece riferimento all'applicazione dei principi tratti dalla

legge fallimentare

(artt. 28 e 29) sia considerando gli stessi quali principi di carattere generale a tutela del regolare andamento del procedimento concorsuale (Castagnola-Sacchi, La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2000, 205) sia soffermandosi sul richiamo operato dall'

art. 104, comma 2, D.Lgs. n. 270/99

, secondo cui fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 39 si sarebbero applicati per la nomina dei commissari i requisiti stabiliti per la nomina dei curatori fallimentari fissati dall'

art. 28 l. f

all

.

A fronte di tale situazione e della diretta applicazione dei requisiti di onorabilità ai commissari già nominati

ex art. 3, comma 3, D.M. 10 aprile 2013 n. 60

, appare opportuno chiedersi quali novità realmente abbia apportato la normativa regolamentare in commento rispetto alla disciplina previgente e come si coordini con il dettato precedente.

Innanzitutto, merita evidenziare come con la normativa previgente trovavano specifica individuazione:

  • all'art. 38, comma 1 bis, della Legge Prodi bis, inserito con il

    D.L. 3 maggio 2004 n. 119

    convertito in

    L. 5 luglio 2004 n. 166

    , i requisiti ostativi alla nomina di commissario straordinario espressamente sancendo che non possa essere nominato tale, o se nominato decada dal suo ufficio, “l'interdetto, l'inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato a una pena che importa l'interdizione anche temporanea dai pubblici uffici…il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dell'imprenditore insolvente, ovvero chi, avendo intrattenuto con l'impresa, personalmente o quale socio, amministratore, o dipendente di altra organizzazione imprenditoriale o professionale, rapporti non occasionali di collaborazione o consulenza professionale, abbia preso parte o si sia comunque ingerito nella gestione che ha portato al dissesto dell'impresa. Il commissario straordinario, nell'accettare l'incarico, dichiara sotto la propria responsabilità, che non ricorre alcuna delle ipotesi di in compatibilità di cui al presente comma”.

  • all'art. 1 del provvedimento Ministero Attività Produttive del 23 dicembre 2003 stabilente i criteri di professionalità e competenza per la nomina dei commissari straordinari per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, attuativo del disposto di cui al

    D.L. 23 dicembre 2003 n. 347

    (Legge Marzano), veniva invece dettata una norma di identico tenore rispetto ai requisiti di competenza previsti oggi dall'art. 2 decreto legge 10 aprile 2013 n. 60, che trovavano peraltro già di per sé integrazione con le incompatibilità individuate al sopra ricordato art. 38, comma 1 bis, atteso l'espresso richiamo dell'art. 8 Legge Marzano (disposizioni finali) all'applicazione delle norme del

    D.Lgs. 270/99

    in quanto compatibili.

Alla luce dei richiami formulati all'interno dalle diverse e specifiche discipline ovvero, nel caso della Legge Prodi bis, dall'art. 39 all'attuale provvedimento ministeriale disciplinante i requisiti di competenza ed onorabilità dei commissari e, nel caso della Legge Marzano, dall'

art. 2,

comma 2, all'art.

38 del D.Lgs. 270/99

per la nomina dei commissari straordinari e poi dall'art. 8 comunque a tutta la normativa di cui alla Legge Prodi bis, quest'ultima – comprensiva degli ultimi requisiti di cui al provvedimento ministeriale anche in forza dell'espresso richiamo reso dalle disposizioni di coordinamento di cui all'

art. 7 dello stesso D.M. n. 60/13

secondo cui il regolamento va applicato anche ai commissari straordinari nominati

ex art. 2, comma 2, D.L. 23 dicembre 2003 n. 347

in coordinamento con il Provvedimento Ministeriale 24 dicembre 2003 – risulta pertanto applicabile al caso di nomina di commissari straordinari delle grandi imprese in stato di insolvenza attinenti i servizi pubblici essenziali, rilevando che alcune disposizioni quale l'art. 1 del Provvedimento del Ministero delle Attività Produttive del 23 dicembre 2003 e l'art. 2 decreto legge 10 aprile 2013 n. 60 siano perfettamente sovrapponibili e tali da far auspicare più un intervento legislativo unificatore che porre dubbi di applicazione uniforme e congiunta.

Ne deriva pertanto che, prima dell'entrata in vigore del provvedimento ministeriale in commento, fatte salve le norme integrative del 2003 per la nomina dei commissari straordinari secondo la Legge Marzano, la scena era dominata esclusivamente dalle cause di incompatibilità espressamente introdotte nel 2004 con la conseguenza che – come riferito in precedenza – trovavano applicazione al momento della scelta i criteri per la nomina del curatore fallimentare di cui agli

artt. 28-29

L. fall

.

Comparando le indicate norme, così come riformate dal

D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5

,

alla nuova disciplina regolamentare che trova oggi piena ed esclusiva applicazione, si evince:

  • una odierna maggiore attenzione alla competenza e professionalità dell'organo prescelto atteso che alla qualifica professionale di avvocato, dottore o ragioniere commercialista richiesta per il curatore fallimentare è stato aggiunto il requisito della iscrizione all'albo di appartenenza e dell'esercizio dell'attività professionale da almeno 5 anni unitamente alla competenza specifica nel settore di riferimento (commissario giudiziale nel settore dell'analisi e revisione d'azienda e commissario straordinario nel settore delle procedure concorsuali, programmazione, ristrutturazione o risanamento aziendale) ed atteso che non risulta sufficiente per svolgere il ruolo di commissario aver avuto compiti di amministrazione, direzione e controllo in s.p.a. dando prova di adeguate capacità imprenditoriali ed ove non falliti, essendo nel caso di specie richiesta un'esperienza almeno quinquennale di amministrazione e direzione (escludendo quindi l'ipotesi del sindaco o revisore) in imprese di dimensioni equiparabili ed in settori analoghi all'insolvente (commissario giudiziale) oltre al possesso del diploma di laurea, di ragioniere o di perito commerciale (commissario straordinario);

  • un odierno assoluto maggior rigore nell'individuazione del requisito di indipendenza dell'organo commissariale atteso che, rispetto al secondo comma dell'art. 28 L. fall., l'art. 4 del decreto de quo aggiunge ulteriori cause di incompatibilità (si noti, ad esempio, l'ulteriore inserimento della situazione impeditiva data dall'essere debitore dell'impresa insolvente o dall'aver svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo nell'impresa insolvente o dall'essersi comunque ingerito nella medesima) o le specifica meglio (non ipotizzando semplicemente che non possa essere nominato chi sia in conflitto di interessi con la procedura, ma specificando che sussiste un vero impedimento alla nomina ove si sia creditore o debitore dell'impresa insolvente) o restringe ulteriormente quelle fissate dalla norma fallimentare (inserendo altresì chi nei due anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza non solo abbia concorso al dissesto dell'impresa, ma abbia soltanto “prestato a qualunque titolo la sua attività professionale a favore dell'impresa insolvente”);
  • un'odierna accentuazione del requisito dell'onorabilità dell'organo prescelto atteso che l'art. 3 dell'ultimo decreto ministeriale, fatto salvo il richiamo all'impedimento dell'interdetto e dell'inabilitato che - vista la funzione di pubblico ufficiale del commissario - si sarebbe comunque implicitamente considerato, valuta requisito essenziale per la nomina il non essere stato dichiarato fallito o insolvente, non essere sottoposto a concordato preventivo o amministrazione controllata (ponendo su questo punto qualche dubbio circa l'aggiornamento della norma rispetto alla vigente disciplina fallimentare) per la durata della procedura e non essere sottoposto a misure preventive o sentenze penali irrevocabili di condanna, fatti salvi gli effetti della riabilitazione. Pertanto, a differenza di coloro che sono sottoposti a concordato preventivo o a pronuncia penale per i quali, al termine della procedura concorsuale minore o all'esito della riabilitazione, riacquistano il requisito dell'onorabilità, coloro che sono stati dichiarati falliti e/o insolventi ai sensi delle disposizioni sull'amministrazione straordinaria non potranno essere nominati commissari, il tutto senza previsione di alcun limite temporale.

Sul punto va osservato che, se è vero che il commissario svolge una funzione sicuramente incompatibile con l'essere incorso in fallimento od insolvenza e che il decorso degli anni può non essere sufficiente a sanare tale incompatibilità, pare altrettanto innegabile che la norma – al pari dell'

art. 28

L. fall

. che nella nuova versione non prevede più limiti temporali all'incompatibilità della figura del fallito con quella del curatore – risulta in contrasto con uno degli obiettivi della riforma del legislatore fallimentare che ha inteso eliminare le sanzioni civili a carico del fallito, abolendo anche il pubblico registro dei falliti, con la conseguenza che la mancanza di un limite di tempo unita alla soppressione dell'istituto della riabilitazione comporta il risultato che chi è stato dichiarato fallito o insolvente non potrà più aspirare alla nomina di curatore o commissario, venendo a creare una situazione che rientra nell'ambito di quelle sanzioni civili che il legislatore intendeva invece eliminare (Paluchowski, Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Codice del fallimento a cura di Pajardi, Milano, 2013, 293).

L'art. 3, comma 2, prevedendo inoltre l'automatica decadenza dall'incarico al sopravvenire di una delle condizioni espressamente indicate al comma precedente, non consente lo svolgimento di alcun atto da parte del commissario fin dal momento del verificarsi della causa impeditive (e non al momento della successiva dichiarazione di revoca da parte del Ministero) il quale dovrà pertanto astenersi da qualsivoglia attività con richiesta al Ministero di procedere a nomina di altro commissario in sostituzione, con la conseguenza che ogni atto successivamente svolto sarà nullo con imputazioni di eventuali responsabilità in capo al commissario inadempiente.

L'attuale disciplina regolamentare è stata peraltro scritta in termini più restrittivi anche rispetto al dettato dell'art. 38, comma 1 bis, atteso che dalla previsione di incompatibilità di colui che - o personalmente o come socio o amministratore o dipendente in altra impresa o organizzazione professionale - abbia collaborato non occasionalmente con l'impresa, abbia preso parte o si sia ingerito nella gestione che ha portato l'impresa al dissesto, si è passati ad una previsione di incompatibilità per chiunque si sia meramente ingerito nella gestione dell'impresa o abbia prestato a qualunque titolo la sua attività professionale, pur senza essersi reso causa del dissesto.

Per altro verso, tuttavia, considerato che il contenuto dell'art. 38, comma 1 bis è stato integralmente ripreso dalla nuova norma e considerata la previsione di diretta applicazione della nuova normativa ai sensi dell'art. 3, comma 3, D.L. n. 60 del 2013 non pare si possano porre in futuro problemi di interpretazione e coordinamento fra tale disposto e gli articoli da ultimo emanati.

La norma pare poi conferire carattere fortemente personale all'attribuzione dell'incarico sia in considerazione della professionalità richiesta e delle situazioni di incompatibilità sempre riferite alla persona fisica sia in considerazione della mancanza della previsione di attribuzione dell'incarico a studi professionali o società fra professionisti aventi comunque le richieste caratteristiche.

Alla luce della mancata riproduzione nel decreto de quo della disposizione di cui all'art. 28 lett. b) ma, d'altro canto, della sempre maggior presenza di attività professionale in forma associata o societaria, occorre chiedersi se debba evincersi dalla nuova disposizione un vero e proprio divieto di attribuzione di incarico a uno studio professionale associato o a una società di professionisti, sebbene con membri iscritti agli albi di riferimento e con designazione di una persona fisica responsabile della procedura.

Al riguardo occorre sicuramente tener conto, da un lato, del fatto che il decreto ministeriale in commento non prevede tale esplicita eventualità mentre il legislatore fallimentare della riforma ha espressamente sancito l'attribuzione dell'incarico a enti professionali in possesso dei dovuti requisiti e, dall'altro lato, del fatto che l'

art. 41 D.Lgs. 270/1999

prevede che “il commissario eserciti personalmente le attribuzioni del proprio ufficio, con facoltà di delegare ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa”.

Pertanto, pur risultando necessario che il referente dell'organo commissariale sia una persona fisica, non si ravvede di per sé un vero ostacolo all'attribuzione formale dell'incarico anche ad un soggetto giuridico collettivo che presenti i requisiti prescritti (che dovranno pertanto ricorrere in capo a tutti gli associati o soci), con la conseguenza che, in caso di modifiche all'interno della compagine professionale, si incorrerà o in decadenza automatica dall'incarico ove non ricorrano più nei membri tutti i requisiti necessari o in un rischio di revoca da parte del Ministro conferente l'incarico sul presupposto che il soggetto sia diverso da quello originariamente nominato.

In assenza di previsione espressa, il provvedimento di nomina non pare debba essere motivato. Considerato che i requisiti sono ora molto ben specificati e che l'accettazione comporta per il prescelto l'attestazione in autocertificazione dell'assenza di cause impeditive, il risultato è di alleggerire positivamente il provvedimento di nomina e di contenere i tempi di scelta del nominativo e di assunzione della carica.

La violazione degli obblighi di auto-certificazione: conseguenze anche di carattere penale

Visto il disposto dell'art. 6 del decreto de quo relativo all'onere di attestazione da parte del nominato commissario di possesso dei richiesti requisiti e di assenza di cause impeditive nonché di eventuali pendenze di carattere giudiziario a proprio carico e di pronta comunicazione di variazioni sul proprio status, pare opportuno considerare brevemente quali possano essere le conseguenze sanzionatorie in caso di mancata comunicazione o di comunicazione di informazione non veritiera.

Infatti, se il comma 3 dell'art. 6 stabilisce che “l

a mancata comunicazione o la comunicazione di informazioni non veritiere costituisce grave inadempienza, da valutarsi ai fini della revoca

dell'incarico ai sensi dell'

articolo 43 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270

, fermo restando

ogni altro provvedimento per l'applicazione delle sanzioni previste per legge” occorre valutare quali siano eventuali ulteriori conseguenze sanzionatorieoltre alla revoca dell'incarico.

Come già riferito nella parte finale del precedente § 2, cui si rimanda, con l'obbligo della autocertificazione dei requisiti e della necessità di espressa accettazione dell'incarico con le modalità di cui alle

“Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa”

, mi pare che si superino anche i precedenti dubbi circa le modalità di tale accettazione, nella previsione che – nel termine di dieci giorni comminato a pena di decadenza – il nominato commissario evidenzierà per iscritto e con le modalità indicate nella norma la propria capacità di svolgimento dell'incarico attestando contemporaneamente la propria espressa accettazione.

Ne consegue pertanto che, in caso di omessa iniziale dichiarazione, si avrà immediata decadenza dall'incarico mentre, in caso di

autocertificazione mendace, ove con tale termine si intende ricomprendere non soltanto la dichiarazione inveritiera - in qualunque tempo intervenuta - ma anche quella mancante rispetto all'evoluzione del proprio status giuridico, il nominato commissario, previo procedimento di revoca da parte degli uffici ministeriali competenti e nelle forme di cui si è in precedenza detto, avrà integrato il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico

ai sensi dell'

art.483 c.p.

avendo reso una dichiarazione, relativa alla propria sfera privata, falsa in sede di atto sostitutivo di notorietà

.

E relativamente al delitto compiuto in ambito di auto-certificazioni false inviate ad organi superiori al fine di ottenere nomine di particolare pregio, la giurisprudenza si è più volte soffermata individuando il reato sia in ipotesi di dichiarazioni false attestanti l'assenza di una situazione di incompatibilità prevista dalla normativa in materia sul presupposto che neppure la modifica della condizione successiva alla dichiarazione faccia venir meno il reato comunque fondato sulla violazione dell'obbligo giuridico di dichiarazione della verità presente al momento della attestazione (

Cass. Pen. n. 24866/2011

) o in ipotesi di dichiarazione di inesistenza di condanne a proprio carico (

Cass. Pen. n. 25469/2009

) o in caso di dichiarazione attestante il possesso di requisiti di onorabilità per ottenere l'iscrizione nel registro delle imprese artigiane (

Cass. Pen. n. 39317/2007

), non valendo ad escludere la sussistenza del reato la circostanza che la dichiarazione sia soggetta a verifiche e controlli successivi, i quali in ogni caso intervengono quando il falso è già consumato (

Cass. Pen. n. 35163/2005

).

Pertanto, fatte salve le ulteriori sanzioni disciplinari previste dall'ordinamento professionale di riferimento, essendo la dichiarazione richiesta ai commissari una vera e propria dichiarazione in atto sostitutivo di atto di notorietà, parrebbe difficile in caso di dichiarazione mendace superare la consumazione di un reato

ex art. 483

c.p.

Va da ultimo segnalato che il delitto di falsità ideologica ha natura di reato di pura condotta con la conseguenza che il relativo perfezionamento prescinde dal conseguimento di un eventuale ingiusto profitto (

Cass. Pen. n. 21580/2010

) come nel caso del commissario che non abbia ancora conseguito alcun ricavo, dovendo – in caso diverso – essere altresì valutati gli eventuali profitti ingiustamente conseguiti ed operare per le più opportune azioni risarcitorie.

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