Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo: profili operativi e prassi dei tribunali

Alessandro Ireneo Baratta
08 Aprile 2016

Posta la prevalenza dei concordati liquidatori rispetto alle procedure con continuità aziendale e la centralità del ruolo del liquidatore giudiziale, figura trascurata non solo dal legislatore ma anche dalla dottrina, l'Autore approfondisce le competenze del liquidatore come delineate dalla prassi dei tribunali di merito nei decreti di omologazione delle procedure concordatarie, auspicando infine l'introduzione di una normativa che disciplini puntualmente i poteri di tale organo.
Premessa

Il liquidatore giudiziale è un professionista che viene nominato dal Tribunale a seguito dell'omologazione del concordato preventivo liquidatorio (o con cessione di beni). I concordati preventivi liquidatori, come è stato osservato (v. R. Rordorf, Relazione allo schema di legge delega per la riforma delle procedure concorsuali, 29 dicembre 2015), sono a tutt'oggi prevalenti rispetto a quelli in continuità aziendale.

Detta figura, pur rivestendo un ruolo fondamentale nella procedura di concordato preventivo liquidatorio, è generalmente trascurata tanto dalla dottrina che dal legislatore.

Il liquidatore giudiziale svolge, nella sostanza, le medesime funzioni del curatore fallimentare poiché in sintesi:

  • apprende i beni conferiti alla procedura;

  • provvede alla liquidazione degli stessi;

  • ripartisce il ricavato tra i creditori.

Come si avrà modo di approfondire in seguito, se le funzioni tra le due figure sono assai simili, diversa risulta essere nelle due procedure la regolamentazione dei rispettivi ruoli e dei poteri operativi (cfr. Lucenti, Il liquidatore del concordato preventivo con cessione di beni: spunti di riflessione, relazione presentata al convegno svoltosi a Pesaro l'11 luglio 2014).

E' bene premettere che tutte le proposte ed i piani di concordato preventivo sono basati su stime - che per quanto analitiche ed approfondite sono pur sempre stime - e ipotetiche proiezioni di flussi finanziari.

Dette stime, piani, e proposte, devono poi trovare conferma ed attuazione nell'attività che sarà svolta dal liquidatore, che è il soggetto che materialmente, come accennato, procederà alla liquidazione dell'attivo concordatario ed alla distribuzione del ricavato tra i creditori. Si può pertanto affermare che il liquidatore ha l'incarico di dare concretezza alle aspettative dei creditori.

In pratica, una volta acquisite ed archiviate le voluminose relazioni costituite dal ricorso, piano, attestazione, rapporti riepilogativi, relazioni periodiche che si trovano in ogni procedura di concordato, si arriva alla fase di liquidazione che non gode della medesima attenzione da parte del legislatore e degli operatori. Ma sarà proprio l'attività del liquidatore che consentirà di verificare in concreto la bontà e l'accuratezza della proposta concordataria nonché delle stime e dei flussi su cui si basa.

Come sopra accennato, la grande responsabilità che grava sul liquidatore non trova adeguata rispondenza né nelle disposizioni della

legge fallimentare

né da parte della dottrina. E' sufficiente infatti verificare quanto siano sintetiche le disposizioni sul punto stabilite dalla legge, nonché quanto sia scarsa l'importanza attribuita dalla dottrina alla figura del liquidatore, ed in generale a tutta la fase di liquidazione.

Oltre a questo aspetto bisogna aggiungere che il liquidatore giudiziale non viene riconosciuto dai sistemi informatici del Ministero, poiché a tutt'oggi non ha ancora accesso al fascicolo telematico della procedura (il Siecic accredita unicamente la figura del curatore fallimentare e del commissario giudiziale).

La legge, come si avrà modo di approfondire, dedica alla liquidazione dei beni un solo articolo della legge fallimentare, l'art. 182, composto peraltro da pochi commi, e la dottrina, come si può agevolmente verificare dalla consultazione di qualunque testo che si occupa del concordato preventivo ed in generale della crisi d'impresa, dedica – nella maggior parte dei casi – alla figura del liquidatore ed alla fase di liquidazione unicamente un paragrafo di poche pagine, a differenza di quanto accade per la figura del commissario, le funzioni del tribunale, la suddivisione dei creditori in classi, la transazione fiscale, ecc. cui sono dedicati interi capitoli.

Brevi considerazioni sulle norme stabilite dal legislatore e sui rapporti con gli organi della società proponente

La legge fallimentare, come già accennato, dedica al liquidatore ed alla fase della liquidazione un solo articolo, l'art. 182, demandando di fatto l'attività di liquidazione al decreto di omologazione del Tribunale. Per quanto attiene al liquidatore, si limita a rimandare ad alcuni articoli della legge fallimentare che trattano la figura del curatore, stabilendo che si applicano ai liquidatori gli artt. 28, 29, 37, 38, 39 e 116.

L'art. 28 è relativo ai requisiti di nomina (anche del liquidatore) e stabilisce che detta figura debba essere scelta tra avvocati, dottori commercialisti e ragionieri.

Nella prassi, assai di sovente, la società debitrice suggerisce il nome del liquidatore proponendo che detta funzione venga rivestita dal legale rappresentante della medesima società. Infatti poco prima della presentazione della domanda di concordato, l'assemblea dei soci della società proponente sostituisce il legale rappresentante nominando un professionista, solitamente un dottore commercialista, che si rende disponibile a svolgere l'incarico con l'accettazione di un compenso inferiore a quello stabilito dal decreto ministeriale.

Sul punto la prassi dei tribunali è assai difforme: in alcuni casi, per ragioni di economicità, si fa spesso ricorso al professionista suggerito dalla società, mentre in altri casi, la maggioranza, ravvisandosi un conflitto d'interessi, si preferisce nominare un liquidatore che abbia il requisito della terzietà.

In un recente decreto di omologazione del Tribunale di Roma (decr. 17 dicembre 2014) è stato nominato quale liquidatore giudiziale il professionista proposto dalla società sulla base dei seguenti presupposti:

  • la nomina del Tribunale deve avvenire avuto riguardo alla eventuale indicazione del nominativo da parte della società proponente nel piano concordatario (

    Cass. 15699/2011

    );

  • la circostanza che il nominativo proposto è un professionista già noto alla sezione poiché riveste la carica di curatore in alcune procedure;

  • la circostanza che il nominativo è stato indicato nella proposta che è stata votata dai creditori.

L'art. 29 che stabilisce che l'accettazione dell'incarico, per evidenti ragioni di efficienza, debba avvenire entro 2 giorni dalla comunicazione della nomina, che solitamente avviene attraverso la pec.

L'art. 37, che disciplina la revoca del liquidatore, stabilisce che il tribunale su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d'ufficio può revocarlo dall'incarico.

Come è noto, per procedere alla revoca è necessario un qualsiasi evento che possa pregiudicare il rapporto fiduciario con il Tribunale o rendere impossibile il naturale svolgimento della funzione gestoria.

L'art. 38 disciplina la responsabilità del liquidatore stabilendo che deve adempiere ai doveri del proprio ufficio imposti dalla legge o dal programma di liquidazione con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. La norma stabilisce altresì che deve tenere un registro preventivamente vidimato ove registrare gli incassi ed i pagamenti eseguiti.

L'art. 39 disciplina il diritto al compenso secondo le norme stabilite con decreto ministeriale. L'articolo in questione stabilisce altresì che il compenso è liquidato dopo l'approvazione del rendiconto. A seguito della miniriforma del 2015 (

L. 6

agosto 2015, n. 132

) la liquidazione di eventuali acconti deve essere preceduta dalla presentazione di un progetto di ripartizione parziale.

L'art. 116 disciplina le modalità con cui effettuare il rendiconto di gestione.

Il mancato richiamo dell'

art. 30 l.

f

all

. da parte dell'art.

182

comporta che il liquidatore giudiziale non sia un pubblico ufficiale, ma “dovrebbe essere un mero ausiliario del tribunale che lo ha nominato, con la conseguente sicura inapplicabilità delle norme penali che si riferiscono al pubblico ufficiale, e che presuppongono l'espressa attribuzione normativa di tale qualifica” (G. Lucente, Stato dell'arte sulla nomina e sui poteri del liquidatore giudiziale e degli altri organi di direzione e controllo nel concordato preventivo con cessione di beni, in ilFallimentarista.it).

Detto aspetto è stato altresì sancito dalla giurisprudenza la quale ha stabilito che il liquidatore giudiziale nominato nella procedura di concordato preventivo non è pubblico ufficiale, poiché ad esso, a differenza di altre figure soggettive, quali quelle del curatore, del commissario giudiziale e del commissario liquidatore, la legislazione fallimentare non attribuisce espressamente tale qualifica (

Cass. Pen.

16

gennaio

2015 n. 15951

).

Bisogna altresì aggiungere che il liquidatore giudiziale non ha l'amministrazione del patrimonio della società, poiché il debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo subisce uno “spossessamento attenuato” e conserva l'amministrazione e la disponibilità dei beni, salve le limitazioni connesse alla natura della procedura, e di conseguenza, anche la legittimazione processuale; è infatti assente nel concordato una previsione analoga a quella dettata dall'

art. 43 l.

f

all

. per il fallimento (

Cass. 3

aprile

2013, n. 8102

).

Questa mancata previsione comporta, di fatto, una serie di difficoltà di natura pratica, ritenendosi che per una controversia relativa a beni e rapporti non ricompresi nel concordato preventivo (vale a dire quelli che non formano oggetto della proposta concordataria) permanga la legittimazione in capo al legale rappresentante; se invece tali rapporti sono relativi alla proposta, e sono pertanto oggetto di godimento, di cessione o di garanzia per il soddisfacimento dei creditori, si ritiene che ci sia la legittimazione, anche concorrente, del commissario o del liquidatore ad agire per la tutela di tali diritti.

E' necessario scindere tra:

  • la legittimazione relativa alla realizzazione dell'attivo (esempio realizzo dei crediti) per la quale la giurisprudenza non sembra dubitare della legittimazione attiva del liquidatore giudiziale eventualmente affiancato a quella concorrente o sussidiaria dell'imprenditore;

  • nell'accertamento dei crediti vantati da terzi sembra invece prevalentemente affermarsi una legittimazione necessaria (sub specie di litisconsorzio) o quantomeno concorrente del liquidatore concordatario e dell'imprenditore, con l'avvertenza che parte della giurisprudenza la riconosce solo nell'ipotesi in cui sia avanzato un petitum di condanna

    e non in quello in cui l'azione abbia la natura di

    mero accertamento

    .

Il liquidatore giudiziale non potrà neppure proporre le azioni di responsabilità disciplinate dall'

art. 2393

e

2394 c.c.

, in quanto manca della legittimazione processuale quantomeno nei casi in cui la relativa proposizione non sia stata specificamente indicata nel piano.

Come è stato osservato (G. D'Attorre, Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo, in Riv. soc., 2015) un problema delicato e spesso trascurato nella prassi è quello relativo alla necessità anche di una autorizzazione dell'organo sociale a ciò deputato (deliberazione assembleare nella s.p.a o decisione dei soci nelle s.r.l.) affinchè il liquidatore giudiziale possa agire in giudizio con l'azione sociale di responsabilità. In altre parole, bisogna chiedersi se sia sufficiente che l'azione sociale sia inserita all'interno del perimetro della cessione dei beni, oppure se sia necessaria anche una deliberazione assembleare.

A tal proposito la dottrina (S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, 2014) e la giurisprudenza più recente ritengono che il liquidatore giudiziale potrebbe esercitare l'azione sociale di responsabilità solo sulla base di una apposita deliberazione assembleare. La giurisprudenza (Tribunale di Milano 19 luglio 2011) ha stabilito infatti che

“il liquidatore giudiziale è privo della legittimazione ad esperire l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società ammessa al concordato preventivo per cessione dei beni quanto meno nei casi in cui la relativa proposizione non sia stata deliberata dall'assemblea, al fine di ricomprenderla nell'attivo concordatario, in tale senso deponendo sia la sua funzione di mero mandatario per la liquidazione dei beni oggetto di cessione (per i limiti della legittimazione processuale del liquidatore del concordato preventivo cfr.

Cass. 14

marzo

2006 n. 5515

), sia la previsione dell'

art. 2394-

bis

c.c.

che, nel dettare la disciplina speciale in ordine alla legittimazione degli organi della procedura concorsuale al fine dell'esercizio dell'azione di responsabilità, non contiene alcun riferimento al liquidatore giudiziale.

Peraltro, anche a voler ritenere che quando la cessione abbia per oggetto genericamente tutte le attività della debitrice, tra queste rientri anche l'eventuale azione di responsabilità non ancora deliberata, è da escludersi in ogni caso, alla luce del carattere eccezionale delle previsioni di cui all'

art. 2394-

bis

c.c.

e dell'art.

147

l.

f

all

. che il liquidatore possa esercitarla senza delibera assembleare (

Trib. Milano 7/9 luglio 2011

)”.

Il liquidatore giudiziale non assume alcun ruolo all'interno della società debitrice, nella quale rimane legale rappresentante il precedente amministratore o liquidatore ordinario nel caso in cui l'assemblea dei soci abbia deliberato la messa in liquidazione, né è tenuto ad effettuare adempimenti di natura fiscale, rimanendo questi in capo al legale rappresentante della società proponente.
Non sarà pertanto necessario effettuare alcuna variazione presso l'Agenzia delle Entrate al fine di segnalare la nomina del liquidatore giudiziale, così come lo stesso non dovrà né presentare né sottoscrivere le dichiarazioni fiscali, ed al contempo non sarà tenuto alla redazione ed al deposito del bilancio d'esercizio della società.

Sarà, ad avviso dello scrivente, obbligo del liquidatore verificare l'adempimento degli obblighi dichiarativi al fine di evitare un ulteriore aggravio di oneri a carico della procedura derivanti dalle sanzioni previste dalle norme fiscali, che, essendo maturate in costanza di concordato, sono prededucibili.

L'art. 182 stabilisce altresì che la liquidazione debba avvenire sulla base di procedure competitive così come stabilito dall'

art. 105 e ss. della l.

f

all

.; norma peraltro ovvia, se si pensa che il miglior soddisfacimento dei creditori, che è la finalità dell'attività svolta dal liquidatore, avviene attraverso vendite trasparenti a debitamente pubblicizzate.

La legge stabilisce infine che il liquidatore debba predisporre ogni sei mesi una relazione circa lo stato della procedura (

art. 33 l.

f

all

.), che dovrà essere inoltrata al commissario, il quale a sua volta la invierà ai creditori. Questa norma è spesso superata dalla prassi dei Tribunali che, al fine di evitare una moltiplicazione delle comunicazioni, stabiliscono nei decreti di omologa che il liquidatore giudiziale dovrà inoltrare direttamente la comunicazione ai creditori.

La breve rassegna delle norme suddette ha come ovvia conseguenza che il liquidatore, stante lo “spossessamento attenuato” del debitore, dovrà rapportarsi e confrontarsi non soltanto con il commissario, cui spetta l'attività di controllo sul liquidatore, il giudice delegato ed il comitato dei creditori, ma anche con il legale rappresentante della società proponente. Ciò in quanto, non subentrando nell'amministrazione del patrimonio, il liquidatore deve continuamente confrontarsi con il legale rappresentante sia per quanto riguarda gli adempimenti contabili e fiscali, che per quanto riguarda gli eventuali atti a tutela dei diritti dei creditori.

Il contenuto dei decreti di omologazione e gli adempimenti a carico del liquidatore

Come già accennato, la mancanza di una normativa esaustiva rende particolarmente importante il contenuto del decreto di omologazione che disciplina le modalità di liquidazione dei beni e gli obblighi del liquidatore.

A tal proposito è bene premettere che i decreti di omologazione, nella parte che disciplina le modalità di liquidazione, sono in alcuni casi assai differenti l'uno dall'altro, anche in considerazione della complessità della procedura, e stabiliscono degli adempimenti a carico dei liquidatori che possono variare da caso a caso.

Dall'esame dei vari decreti si può osservare che alcuni sono molto sintetici mentre altri stabiliscono analiticamente le modalità di liquidazione cui si dovrà attenere il liquidatore.

In alcuni decreti di omologazione si stabilisce che il liquidatore debba redigere uno “stato passivo” (in alcuni casi si parla di stato passivo mentre in altri di elenco di creditori con indicazione delle cause di prelazione) che dovrà essere depositato in cancelleria entro un termine che viene solitamente, ma non sempre, fissato nel decreto: alle volte si stabilisce un termine di 60 gg (

Trib. di Milano, decr. 14

gennaio

2015), 90

gg (Trib. di Novara, decr. 14 ottobre 2014), 3 mesi (

Trib. di Larino, decr. 9

gennaio

2013), 4

mesi (

Trib. di Roma, decr. 10

dicembre

2013

) mentre in alcuni casi si dispone che venga depositato “tempestivamente” (

Trib. di Roma,

decr.

5

marzo

2014

).

Detto elenco dei creditori, che alle volte viene impropriamente denominato stato passivo, non deve essere ovviamente confuso con lo stato passivo redatto e depositato ai sensi dell'

art. 97 l.

f

all

., in quanto trattasi unicamente di un elenco di creditori con l'indicazione delle rispettive clausole di prelazione. Ciò ovviamente comporta una diversa disciplina per le eventuali contestazioni del contenuto di questo elenco. Non trattandosi infatti di uno stato passivo redatto ai sensi dell'

art. 97 l.

f

all

. non può trovare applicazione quanto stabilito in materia di impugnazioni dall'

art. 98 l.

f

all

. con tutte le conseguenze del caso. Infatti, nei casi di contestazione il creditore che voglia far valere le proprie ragioni deve instaurare un ordinario giudizio di cognizione (con un evidente allungamento dei tempi).

Onde ovviare, o comunque ridurre la possibile insorgenza di giudizi sull'accertamento dei crediti, in alcuni decreti di omologazione (

Trib. di Roma, decr. 10

dicembre

2013

) si dispone espressamente che lo stato passivo venga comunicato a tutti i creditori affinché possa essere consultato e discusso da ogni interessato ed eventualmente variato dal liquidatore al fine di dirimere preventivamente eventuali controversie.

Per la redazione dell'elenco dei creditori o “stato passivo”, il liquidatore nella prassi può sicuramente avvalersi dell'operato del commissario giudiziale che nel corso della sua attività avrà verificato l'elenco dei creditori approntato dalla società proponente e delle eventuali cause di prelazione.

  • Redazione del piano di liquidazione

I decreti di omologazione nella maggior parte dei casi stabiliscono che il liquidatore debba redigere un piano di liquidazione dell'attivo mutuando di fatto quanto già previsto nel caso di fallimento, laddove all'

art. 104 l.

f

all

. si impone al curatore la redazione di un programma di liquidazione che, in estrema sintesi, è un piano contenente tempi e modalità di liquidazione dell'attivo (in questo caso, concordatario).

Anche per la liquidazione si ravvisano delle differenze nella prassi dei vari Tribunali quanto al contenuto dei decreti di omologazione poiché:

  • relativamente al termine: solitamente viene stabilito un termine per la redazione e deposito del piano (solitamente tra 30 e 60 gg), mentre solo in alcuni casi non viene stabilito alcun termine;

  • relativamente all'approvazione: alle volte si stabilisce che detto piano sia soggetto all'approvazione del comitato dei creditori e del commissario giudiziale (

    Trib. di Roma,

    decr.

    5

    marzo

    2014

    ), in altri casi ci si limita a stabilire che debba essere depositato in cancelleria e trasmesso al commissario (Trib. di Cuneo, decr. 31 ottobre 2014) oppure sia al commissario che al comitato dei creditori (

    Trib. di Palermo,

    decr. 21 novembre

    2014

    ).

  • Delega in banca

In merito ai poteri del liquidatore di disporre delle somme depositate sul c/c bancario della procedura, la prassi dei Tribunali è molto varia, poiché nei decreti di omologazione si prevede che:

  • il liquidatore dovrà versare le somme su un c/c vincolato all'autorizzazione del giudice delegato (

    Trib. di Roma, decr.

    5

    marzo

    2014

    );

  • il prelievo è vincolato al visto preventivo del commissario giudiziale (

    Trib. di Roma, decr. 27

    giugno

    2014

    );

  • il c/c deve prevedere la firma congiunta del liquidatore e del commissario (Trib. di Cuneo, decr. 31 ottobre 2014);

  • è prevista libertà di prelievo delle somme fino a Euro 1.000 con obbligo di trasmissione della distinta e dell'estratto conto al commissario, informando il giudice delegato (Trib. di Tivoli, decr. 13 maggio 2014);

  • il liquidatore dovrà allegare l'estratto conto periodico alla relazione semestrale (

    Trib. di Velletri, decr. 12

    marzo

    2015

    ).

  • Nomina di consulenti e legali

Relativamente alla nomina di consulenti e legali da parte del liquidatore, la maggior parte dei Tribunali stabilisce che sia necessario il parere del commissario e l'autorizzazione del comitato dei creditori.

Si trovano comunque anche prassi differenti laddove alle volte si stabilisce che:

  • l'eventuale nomina di avvocati, coadiutori e consulenti tecnici deve essere richiesta al giudice delegato (

    Trib. di Roma, decr. 16

    ottobre

    2012

    );

  • l'indicazione di avvocati e consulenti tecnici dovrà avvenire previo parere del comitato dei creditori ed informativa al giudice delegato almeno 7 giorni prima del conferimento dell'incarico (

    Trib. di Roma, decr. 10

    dicembre

    2013

    );

  • per la nomina di avvocati e consulenti tecnici il liquidatore acquisirà il parere del comitato dei creditori, del commissario, del legale rappresentante e notizierà il giudice delegato (Trib. di Larino, decr. 09 gennaio 2013).

  • Relazioni Informative

Molto spesso la prassi dei Tribunali stabilisce per la redazione e l'inoltro delle relazioni periodiche adempimenti differenti rispetto a quanto stabilito dalla legge. Come è noto, la legge stabilisce che il liquidatore dovrà redigere ogni 6 mesi una relazione periodica che inoltrerà al commissario giudiziale, il quale a sua volta la trasmetterà a tutti i creditori. La prassi dei Tribunali molto spesso stabilisce che dovrà essere il liquidatore a trasmettere direttamente la relazioni ai creditori ed alle volte nei decreti vengono anche stabilite delle tempistiche differenti rispetto a quanto stabilito dalla legge.

Dall'esame dei decreti di omologazione si rileva che in alcuni casi è prevista la redazione di una relazione periodica che, anziché semestrale, è quadrimestrale (

Trib. di Palermo, decr. 21

novembre

2014

), mentre in altri casi si prevede la redazione di una relazione semestrale accompagnata da un rapporto riepilogativo quadrimestrale da inoltrare unicamente al giudice delegato ed al comitato dei creditori. In alcuni decreti di omologazione è infine previsto che le relazioni siano redatte in relazione al periodo 01/01 – 30/06 e 01/07-31/12 (Trib. di Treviso, decr. 19.12.2014 ; Trib. di Asti, decr. 30.10.2014).

Conclusioni

In occasione dell'imminente riforma della

legge fallimentare

, che sembra orientata a circoscrivere la possibilità di presentare il

concordato preventivo liquidatorio al solo caso in cui un apporto finanziario di terzi consenta di soddisfare le ragioni dei creditori in misura apprezzabilmente maggiore rispetto alla liquidazione fallimentare

, sarebbe auspicabile una più puntuale regolamentazione della fase di liquidazione e dei poteri del liquidatore nella procedura di concordato preventivo con cessione di beni.

Sommario