Fallimento, cessione di un contratto di locazione e pagamento dei canoni

Mariacarla Giorgetti
Sergio Nadin
Sergio Nadin
17 Novembre 2015

In caso di cessione, da parte di una procedura fallimentare, di azienda che comprende un contratto di locazione, la procedura rimane obbligata in solido con il cessionario per il pagamento dei canoni di locazione?

In caso di cessione, da parte di una procedura fallimentare, di azienda che comprende un contratto di locazione, la procedura rimane obbligata in solido con il cessionario per il pagamento dei canoni di locazione?

RIFERIMENTI NORMATIVI – L'art. 105 l. fall. (rubricato “Vendita dell'azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco”) prevede che “La liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell'intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori”. Al comma quarto di tale articolo viene previsto che “Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento”.
L'art. 2558 del c.c. (rubricato “Successione nei contratti”) recita, invece, che “se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell'alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell'usufruttuario e dell'affittuario per la durata dell'usufrutto e dell'affitto”.
L'art. 36 della l. n. 392/1978 prevede che “il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte”.

OSSERVAZIONI – Con il quesito in esame è richiesto se, data una cessione d'azienda da parte del fallimento comprensiva di un contratto di locazione di un immobile, il fallimento cedente rimanga coobbligato in solido con il cessionario dei canoni di locazione dell'immobile.
Per fornire una risposta esauriente al quesito così formulato occorre, anzitutto, operare un distinguo tra i canoni di locazione maturati dopo il trasferimento dell'azienda dal fallimento al cessionario e i canoni di locazione già esigibili al tempo del trasferimento.
Per quanto concerne i primi, occorre far, innanzitutto, riferimento all'istituto della successione dei contratti nel trasferimento d'azienda, ossia l'art. 2558 c.c., ove viene prescritto che “Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell'alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell'usufruttuario e dell'affittuario per la durata dell'usufrutto e dell'affitto”.
Per quanto attiene, in particolare, ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, nell'intento del tutto evidente di agevolare il trasferimento della titolarità dell'azienda e assicurare al contempo la continuazione delle attività commerciali, la legge n. 392 del 1978, all'art. 36 (“Disciplina delle locazioni di immobili urbani”) attribuisce al conduttore - cedente la facoltà di cedere a terzi il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, costituendo, quindi, una deroga all'art. 1594 c.c. in tema di locazione.
Il medesimo art. 36 l. n. 392/1978 specifica l'onere del conduttore – cedente di dare comunicazione al locatore (mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento) dell'avvenuta cessione. Il locatore, dal canto suo, può opporsi entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione per gravi motivi. L'articolo in questione prevede, infine, che, nel caso di cessione, il locatore che non abbia liberato il conduttore – cedente può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Va registrato l'orientamento non del tutto uniforme della Corte di Cassazione in merito alla necessità di un apposito negozio di cessione del contratto di locazione. Un primo orientamento (v. Cass. Civ., sent. n. 8065/1993) sosteneva che, nel caso di affitto o cessione di azienda che sia esercitata in un immobile condotto in locazione, il trasferimento del diritto di godimento dell'immobile aziendale, costituisce un effetto naturale del trasferimento dell'azienda e non un effetto negoziale alla cui produzione occorra anche un distinto negozio di cessione del rapporto locativo (c.d. principio dell'automatismo della cessione). Altro orientamento più recente enuncia che “non si produce l'automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell'immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell'azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell'azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione” (ex multis, Cass. Civ., sent. n. 5137/2003).
Nel caso, quindi, di cessione del contratto di locazione contestualmente al trasferimento d'azienda, il contraente ceduto, il consenso del quale non è un elemento costitutivo per la valida cessione del contratto, recupera la protezione del suo credito, potendo contare, in caso di inadempimento, sia sulla responsabilità patrimoniale del cessionario del contratto di locazione, sia sulla responsabilità patrimoniale del cedente di tale contratto, salvo che il contraente ceduto - locatore abbia dichiarato di liberare definitivamente il cedente del contratto di locazione.
La giurisprudenza di legittimità ritiene, altresì, che la stessa norma di legge subordini la facoltà del locatore di agire nei confronti del cedente - conduttore (ovviamente non liberato dalle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione) all'infruttuosa richiesta del pagamento dei canoni da parte del locatore al cessionario – conduttore (c.d. “beneficium ordinis“) introducendo un meccanismo legale in base al quale, una volta richiesto il pagamento del canone a quest'ultimo, e verficatone l'inadempimento, viene ad attivarsi il circuito della corresponsabilità sussidiaria del cedente (cfr., Cass. Civ., sent. n. 9486/2007).
Ciò detto, va immediatamente risolto in senso positivo il dubbio in ordine all'applicabilità della disciplina esposta alla materia fallimentare. Se, infatti, in passato vi erano autorevoli voci dottrinali che, considerando la vendita dell'azienda da parte del fallimento un forma di esecuzione forzata quindi coattiva, sostenevano l'inapplicabilità della disciplina codicistica sopra esposta al caso della vendita fallimentare, ad oggi, la dottrina appare unanime nel sostenere che, non essendoci nella disciplina del fallimento alcuna disposizione che esprima una volontà del legislatore in senso contrario, è possibile ritenere che la fattispecie sia regolata, oltre che dalle norme fallimentari, anche dalle disposizioni del codice civile (in questo senso, Fimmanò, Vendita di azienda, di rami, di beni e di rapporti in blocco, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato da Fabiani, Bologna – Torino, 2006, 1733).
Altra questione riguarda la prededucibilità del credito derivante dai canoni di locazione, nel caso in cui il locatore ceduto si rivolga al fallimento per la soddisfazione delle proprie ragioni di credito (nell'eventualità, quindi, che il cessionario – conduttore sia inadempiente).
Come è noto l'art. 111 l. fall. sancisce la prededucibilà i) dei crediti qualificati tali da una specifica disposizione di legge; ii) dei crediti sorti in occasione della procedura concorsuale e - la Suprema Corte ha cura di precisare – riferibili all'attività degli organi della procedura (criterio cronologico) (v. Cass. Civ., sent. n. 153/2014), ovvero dei crediti strumentali alle finalità della procedura stessa (criterio teleologico).
Va da sé che i canoni di locazione, trattandosi di obblighi sorti in occasione, oltre che in funzione, della procedura concorsuale, beneficiano del regime della prededuzione riservata ai crediti con siffatte caratteristiche. Il fatto che tali importi vengano richiesti al fallimento in via sussidiaria (dato il beneficium ordinis) non pare elemento che possa modificare le condizioni previste dalla legge fallimentare per la prededucibilità del credito.
Diverso il caso per i canoni scaduti antecedentemente al trasferimento d'azienda. Per tale fattispecie la legge fallimentare disciplina diversamente, rispetto alla normativa del codice civile, i debiti relativi all'azienda ceduta. Se l'art. 2560 c.c. stabilisce a) che l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito; b) che nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti anteriori al trasferimento anche l'acquirente dell'azienda, se tali debiti risultano dai libri contabili obbligatori; la normativa fallimentare (all'art. 105) prevede, invece, l'esclusione della responsabilità del cessionario dell'azienda per i debiti relativi all'esercizio della stessa sorti prima della cessione, salvo diversa convenzione tra il fallimento e il cessionario.
Nel caso, dunque, in cui non vi sia alcun accordo tra la procedura e il cessionario che deroghi la disciplina di cui all'art. 105 l. fall., l'effetto purgativo della vendita coattiva comporta che quest'ultimo soggetto acquisti l'azienda libera da ogni peso, dovendo i creditori dell'imprenditore fallito (tra cui anche coloro che pretendano il pagamento dei canoni di locazione) rifarsi sul ricavato della vendita dell'azienda in concorso tra loro.
Nel caso, invece, tra la procedura e il cessionario intervenisse un apposito ed esplicito accordo volto a cedere a quest'ultimo l'azienda con le sue passività (tra cui anche i debiti relativi ai canoni di locazione scaduti), allora il locatore ceduto avrebbe il diritto di chiedere la soddisfazione del suo credito per canoni di locazione scaduti direttamente nei confronti del cessionario, dovendosi applicare in questo caso l'art. 2560 c.c., nei limiti, però, delle risultanze dello stato passivo fallimentare, in quanto – come prescritto dall'articolo da ultimo citato – l'obbligo dell'acquirente dell'azienda di soddisfare i crediti sorti anteriormente al trasferimento è condizionato alla circostanza per cui il relativo debito risulti dalla contabilità dell'azienda.
Tanto esposto, ne consegue che

  • per quanto attiene ai canoni di locazione dell'immobile maturati successivamente al trasferimento d'azienda, il fallimento, vantando un c.d. beneficium ordinis, è tenuto a corrispondere tali canoni solamente nel caso in cui il cessionario non soddisfi le proprie obbligazioni assunte con la cessione del contratto di locazione;
  • per quanto attiene ai creditori dei canoni già scaduti alla data del trasferimento d'azienda, essi trovano il possibile soddisfacimento unicamente dalla vendita dell'azienda da parte del fallimento, salvo che intervenga un accordo tra la procedura ed il cessionario – conduttore con il quale quest'ultimo si accolli i debiti anteriori al trasferimento dell'azienda.