Perimetro del ruolo del comitato dei creditori e autorizzazione del Giudice

Ivan Libero Nocera
28 Maggio 2012

È necessaria l'autorizzazione del giudice per alienare un bene immobile fallimentare, se è intervenuto provvedimento del comitato dei creditori che ha già autorizzato il trasferimento in via transattiva?

È necessaria l'autorizzazione del giudice per alienare un bene immobile fallimentare, se è intervenuto provvedimento del comitato dei creditori che ha già autorizzato il trasferimento in via transattiva?

RIFERIMENTI NORMATIVI – Il quesito in oggetto si concentra sull'attuazione del programma di liquidazione predisposto dal curatore fallimentare e richiede l'esame del quadro normativo relativo alla procedura del programma e sul ruolo del comitato dei creditori.
La liquidazione non può avvenire con operazioni non coordinate al di fuori di una strategia unitaria, ma in un quadro razionale, rappresentato dal programma di liquidazione previsto dall'art. 104-ter l. fall.. Tale disposizione assegna al curatore il compito di predisporre il suddetto piano e al comitato dei creditori la facoltà di approvarlo e di proporre modifiche secondo le facoltà riconosciute dall'art. 41 l. fall.

LE FUNZIONI DEL COMITATO DEI CREDITORI - A seguito della c.d. stagione delle riforme della disciplina fallimentare le funzioni del nuovo comitato dei creditori, secondo l'art. 41 l. fall., possono essere riassunte nei poteri: di vigilanza sull'operato del curatore, di consultazione sugli atti dello stesso nei casi previsti dalla legge ovvero su richiesta del tribunale o del Giudice Delegato, e di autorizzazione agli atti del curatore.
In particolare, con le riforme del 2006/2007 quest'ultimo potere autorizzativo si manifesta nel necessario parere favorevole al programma di liquidazione. Al Giudice Delegato residua invece il potere di autorizzare i singoli atti di liquidazione, effettuando un controllo formale sulla congruità di questi al piano di liquidazione.

IL POTERE DI AUTORIZZARE IL COMPIMENTO DI ATTI - L'art. 41 l. fall. attribuisce infatti al comitato una funzione di amministrazione attiva della procedura concorsuale partecipando, insieme con il curatore, alla gestione della procedura medesima affinché questa sia coerente e non pregiudizievole degli interessi del ceto creditorio. Per una parte della dottrina (Abete, Lo Cascio, Ambrosini), la natura giuridica del potere di amministrazione riconosciuto in capo al comitato deve essere intesa in senso amministrativistico, vale a dire come rimozione di un ostacolo al compimento di un atto.
Assumendo tale orientamento, il curatore, dopo che ha ottenuto l'autorizzazione del comitato per il compimento di un atto, non avrebbe comunque l'obbligo di realizzarlo, ma rimarrebbe libero di cambiare la propria scelta operativa, salva la revoca prevista dall'art. 37 l. fall..
Al comitato è riconosciuta innanzitutto la funzione autorizzativa rispetto al curatore ad effettuare riduzioni di crediti, transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, cancellazioni di ipoteche, restituzioni di pegni, svincoli di cauzioni, accettazione di eredità e donazioni e tutti gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione (art. 35, comma 1, l. fall.).
La disciplina stabilisce, inoltre, che il curatore informi preventivamente il Giudice Delegato nelle ipotesi di transazioni, indipendentemente dal loro valore, e nei casi in cui gli atti superino il valore di euro 50.000, a meno che tali atti non siano già stati approvati dal magistrato stesso ai sensi dell'art. 104-ter, comma 8, l. fall. perché previsti dal programma di liquidazione approvato.
L'art. 41, comma 4, l. fall. prevede inoltre il potere-dovere del Giudice Delegato di agire in via surrogatoria in tutti i casi di inerzia del comitato, di sua impossibilità di costituzione (per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori), di sua impossibilità di funzionamento o di urgenza.

LA SOLUZIONE - Per la soluzione del caso occorre chiedersi se il comitato dei creditori possa autorizzare nell'ambito del programma di liquidazione il trasferimento in via transattiva di un bene immobile.
La risposta dovrebbe essere, in via di principio, negativa, poiché l'art. 107, sebbene consenta una ampia gamma di modalità di vendita per gli immobili, esige in ogni caso che si proceda con modalità competitive, laddove una semplice transazione è evidentemente priva di tale carattere.
Dovendo allora il Giudice Delegato essere informato dal curatore, potrebbe bloccare la vendita per la detta ragione ed eventualmente convocare il curatore o il comitato dei creditori innanzi al Tribunale per la loro revoca.
Tuttavia possono esservi situazioni in cui la transazione possa avere di fatto - ma legittimamente - ad oggetto una vendita immobiliare. Questo accade spesso in occasione di procedimenti di divisione immobiliare, allorchè le parti decidono di conciliare la causa attribuendo una o più di esse la quota di propria spettanza del bene oggetto di divisione ad uno solo (o più) dei comproprietari (condividenti) dietro pagamento di un certo importo. Se uno di tali contendenti è un fallimento, sarà quindi possibile conciliare (transigere) la causa in questo modo, proprio perché non è la vendita l'oggetto immediato della transazione, ma la controversia giudiziale, il che tuttavia implica, di fatto, una alienazione immobiliare al di fuori delle ordinarie modalità competitive.
Altro caso classico è quello in cui il comitato dei creditori autorizzi il subentro in un contratto preliminare di vendita immobiliare pendente, laddove le parti (fallito e terzo) si accordino per modificare in via transattiva qualche clausola originaria del contratto (specie quanto al prezzo o alle modalità di liberazione del bene da ipoteche, in tal caso con l'intervento dei creditori ipotecari).
Non è esclusa la legittimità di altre consimili ipotesi, mentre va escluso, per quanto già detto, che una vendita immobiliare sia di per sé realizzabile sic et simpliciter con un negozio transattivo, al di fuori delle procedure competitive, se ed in quanto tale negozio altro non sia che un mezzo per eludere la norma che impone tali modalità.