La rinuncia alla domanda di concordato

Filippo Lamanna
08 Febbraio 2016

La mutata individuazione ex lege – con il D.L. n. 83/2015 conv. in L. 132/2015 - del termine entro cui apportare eventuali modifiche alla proposta ed al piano di concordato preventivo trascina inevitabilmente con sé, amplificandola, la questione della facoltà di rinuncia alla domanda/proposta da parte del debitore (o dei creditori concorrenti, ove questi, come ora è concesso, abbiano fatto proposte di concordato in competizione con quella del debitore).

La mutata individuazione ex lege – con il D.L. n. 83/2015 conv. in L. 132/2015 - del termine entro cui apportare eventuali modifiche alla proposta ed al piano di concordato preventivo trascina inevitabilmente con sé, amplificandola, la questione della facoltà di rinuncia alla domanda/proposta da parte del debitore (o dei creditori concorrenti, ove questi, come ora è concesso, abbiano fatto proposte di concordato in competizione con quella del debitore).
Infatti, quale che fosse prima la tesi preferita circa la sussistenza o meno della facoltà del debitore di rinunciare alla domanda, dei termini entro cui depositare l'atto di rinuncia e delle eventuali modalità con cui formularla (ed è ben noto che per una parte degli interpreti avrebbe dovuto e dovrebbe applicarsi anche in tale ambito la disciplina generale del codice di rito in tema di rinuncia agli atti, con conseguente necessità di accettazione da parte dei controinteressati, nella specie da ravvisare nei creditori), oggi la problematica, a seguito del D.L. 83/2015, si complica, estendendosi essa anche alla possibilità di rinuncia alla proposta da parte dei creditori concorrenti ed esigendo una soluzione anche in relazione agli effetti che conseguono alla rinuncia effettuata da parte di uno o più dei soggetti che si trovino in competizione.
Rammentato in premessa che il termine per apportare eventuali modifiche è ora quello di 15 gg. prima dell'adunanza finalizzata al voto, mi pare ragionevole concluderne che anche le eventuali rinunce – sempre che possano considerarsi ammissibili – dovrebbero necessariamente formularsi entro lo stesso termine.
Infatti quest'ultimo cristallizza la proposta o le proposte concorrenti su cui i creditori sono chiamati a decidere (ed ancor prima il commissario giudiziale ad esprimere il suo motivato parere, anche con una valutazione comparativa), sì che, mentre potrebbe forse ancora ipotizzarsi un eventuale maggiore spazio di manovra per il debitore quando proposte concorrenti non vi fossero, la presentazione di queste cambia invece del tutto la situazione.
La presenza di più competitors esige infatti la fissazione ed il rispetto di regole procedimentali di natura cogente, compresa quella che lasci perdurare gli effetti di una proposta non ritirata prima del termine di 15 gg. prima dell'adunanza.
In altre parole questo termine, una volta spirato senza che una rinuncia vi sia stata, non può che rendere da quel momento in poi irrevocabile la domanda, o comunque inefficace la rinuncia al fine di caducare gli effetti del procedimento concordatario già avviato.
Per la stessa ragione è inimmaginabile che il debitore abbia la possibilità, dopo lo spirare di tale termine, ma in realtà ancor prima, ossia a partire da quando venga presentata una qualsivoglia proposta concorrente, di presentare una nuova domanda/proposta di concordato. Sarebbe infatti inaccettabilmente frustraneo per i competitors presentare una proposta concorrente che perdesse poi efficacia per il sopravvenire non di una semplice modifica della proposta originaria del debitore, ma addirittura di un diverso procedimento concordatario riferibile alla nuova domanda/proposta di quest'ultimo.
Per la verità già anteriormente al D.L. n. 83/2015, la S. Corte aveva avuto modo di statuire che, allorchè già penda una procedura di concordato preventivo, non è configurabile un'ulteriore domanda di concordato con carattere di autonomia rispetto a quella originaria - che dia, cioè, luogo a una nuova e separata procedura, che ricominci dal suo inizio con l'audizione del debitore - perchè con riguardo al medesimo imprenditore ed alla medesima insolvenza, il concordato non può che essere unico, e dunque unica la relativa procedura ed il suo esito (omologazione o dichiarazione del fallimento, alternativamente).
A maggior ragione oggi, dopo le modifiche apportate dal D.L. n. 83/2015, tale possibilità è radicalmente da escludere, atteso che è previsto un termine ben preciso per la presentazione di nuove proposte di terzi (30 gg. prima dell'adunanza) ed un altro termine è previsto – verso tutti i competitors, compreso il debitore - per apportare modifiche (15 gg. prima) (e se dopo tale termine non sono ammesse modifiche, a maggior ragione non dovrebbero considerarsi ammissibili nuove domande).
Basta dunque una sola proposta concorrente per bloccare comunque la possibilità – quand'anche ritenuta in astratto realizzabile in mancanza di proposte competitive – che il debitore presenti una nuova domanda/proposta.
Peraltro, in presenza di più proposte, la rinuncia (in termini) ad una di esse, compresa quella del debitore, non può determinare l'inefficacia delle altre, né – appunto – quando a rinunciare alla domanda sia il debitore (ammesso che possa farlo, e comunque non oltre il già detto termine di 15 gg.) – viene meno il procedimento concordatario, che invece prosegue per la votazione sulle proposte residue.