Concordato fallimentare: inapplicabilità del comma 4 dell’art. 88 TUIR. Particolarità

19 Giugno 2014

Nella recente evoluzione degli strumenti di gestione delle crisi di impresa, l'istituto del concordato fallimentare, con le sue diverse e variegate modalità attuative, suscita grande interesse sul piano operativo, anche fra coloro che gli attribuiscono finalità di recupero dell'impresa. Ne scaturiscono, ai fini fiscali, interessanti tematiche, in particolare per quanto riguarda le imposte dirette, che offrono lo spunto per alcune riflessioni.

Nella recente evoluzione degli strumenti di gestione delle crisi di impresa, l'istituto del concordato fallimentare, con le sue diverse e variegate modalità attuative, suscita grande interesse sul piano operativo, anche fra coloro che gli attribuiscono finalità di recupero dell'impresa. Ne scaturiscono, ai fini fiscali, interessanti tematiche, in particolare per quanto riguarda le imposte dirette, che offrono lo spunto per alcune riflessioni.
Il concordato fallimentare, come mezzo di chiusura del fallimento, non è specificamente regolato dal Tuir (DPR 917/86 e succ. mod.), fatta eccezione per la previsione contenuta al comma 4 dell'art.88, in base alla quale la riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo - c.d. bonus da concordato - non si considera sopravvenienza attiva.
La chiusura del fallimento, che segue all'omologazione del concordato, determina, in chiave di dichiarazione fiscale, l'applicazione dell'art. 183, comma 2, del Tuir, per il periodo compreso fra l'inizio e la chiusura della procedura (unico periodo di imposta). E il risultato, positivo o negativo, si ottiene per differenza fra il residuo attivo e il patrimonio netto del debitore alla data della dichiarazione di fallimento, determinati in base a valori fiscalmente rilevanti.
L'amministrazione finanziaria (risoluzioni ministeriali nn. 9/1045 del 12 settembre 1991 e 9/1116 dell'1 settembre 1980) ritiene che la durata dell'unico maxiperiodo fallimentare debba estendersi fino all'avvenuta esecuzione del concordato, ricomprendendovi anche le operazioni di liquidazione dell'attivo poste in essere dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione.
Di segno contrario è parte della dottrina che, sul presupposto che la chiusura del fallimento coincide con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, ritiene che le operazioni poste in essere dopo tale data non debbano essere ricomprese nella dichiarazione fiscale del fallimento.
La domanda che ci si pone alla lettura degli articoli 88, comma 4, e 183, comma 2, del Tuir è come si possa utilizzare la norma di favore di cui all'art. 88, comma 4, se l'art. 183, comma 2, di fatto sancisce l'irrilevanza reddituale nell'ambito della gestione fallimentare (assorbimento delle sopravvenienze attive da bonus da concordato nel risultato positivo o negativo della gestione concorsuale ottenuto per differenza fra il residuo attivo e il patrimonio netto dell'impresa all'inizio del procedimento: si veda circolare Agenzia Entrate n. 26/2002).
Di fatto la previsione di cui all'articolo 88, comma 4, Tuir è inutile: in proposito giova ricordare che, a mente del quarto comma dell'art. 88, il “bonus da concordato”, e cioè la riduzione del passivo chirografario o anche privilegiato che si attua o per legge o in forza degli accordi raggiunti con i creditori nel concordato fallimentare, non determina fiscalmente sopravvenienza attiva tassabile. Il tema, di rilevante interesse in sede di concordato preventivo, non ha altrettanta rilevanza nel concordato fallimentare per l'assorbimento attuato dal comma 2 dell'art. 183 Tuir. E quindi, anche se al termine della procedura fallimentare dovesse rilevare un avanzo (ipotesi molto rara) non vi sarebbe alcuna tassazione per dette sopravvenienze attive posto che, come osservato, sono di fatto assorbite nel particolare sistema di determinazione del risultato del periodo di gestione concorsuale.
La norma contenuta nel comma 4 dell'art. 88 Tuir è, sicuramente, molto datata, anche se l'articolo in esame è stato oggetto di recenti modifiche con la legge n. 134 del 2012.
Nella sua scrittura originaria, e cioè per le fattispecie relative ai periodi di imposta antecedenti all'entrata in vigore del Tuir (DPR 917/86), il risultato della gestione fallimentare era determinato sulla base delle risultanze di conto economico, con le conseguenze connesse all'applicazione degli ordinari criteri di tassazione previsti dal reddito di impresa.
Con l'introduzione dell'art. 55 del d.P.R. 597/73, è stata chiarita, come peraltro rileva nell'attuale art. 88, la non rilevanza fiscale ai fini delle imposte dirette delle sopravvenienze attive conseguenti a bonus da concordato fallimentare e preventivo. La previsione di cui all'art. 183, comma 2, del Tuir, secondo cui il risultato reddituale dell'intero periodo fallimentare è determinato dalla eventuale differenza tra patrimonio netto dell'impresa all'apertura della procedura (a valori fiscalmente rilevanti) e il residuo attivo a fine procedura, assorbe completamente, annullandone l'operatività, quanto previsto dal comma sopra trattato dall'art. 88 per il concordato fallimentare.
Va peraltro segnalata la diversa interpretazione secondo cui la norma di cui al citato art. 88 sarebbe ancora parzialmente operativa: è il caso in cui l'impresa tornata in bonis, pur recependo contabilmente tali sopravvenienze attive, non le considera fiscalmente rilevanti perché riconducibili a riduzione di debiti in sede di attuazione del concordato fallimentare. Tale tesi, interessante, induce a pone riflettere circa il periodo di formazione di tali componenti positive anche se la lettura del citato articolo sembrerebbe non lasciare spazi nel ritenere tali poste di formazione del periodo di gestione concorsuale e non di quello successivo (rif. principio di competenza).
Concludendo: sarebbe opportuno che il legislatore in un prossimo intervento sulla legge fallimentare (peraltro suggerito dalla raccomandazione della Commissione UE del 12/03/2014 n. 2014/135/UE), accertata l'inapplicabilità del quarto comma dell'art. 88 Tuir per il concordato fallimentare, nello spirito della riforma del diritto fallimentare, finalizzato a favorire il recupero dell'impresa, intervenga con norma adeguata considerando che abusi potrebbero essere facilmente evitati posto il previsto controllo ex art. 136 l. fall.