Regime delle esenzioni e azione revocatoria ordinaria

Fabrizio Di Marzio
08 Maggio 2014

Un'opinione molto diffusa assimila azione revocatoria fallimentare e azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare con riguardo al regime delle esenzioni stabilite nel art. 67, comma 3, l. fall.

Un'opinione molto diffusa assimila azione revocatoria fallimentare e azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare con riguardo al regime delle esenzioni stabilite nel art. 67, comma 3, l. fall.
La ragionevolezza dell'opinione, fondata anche sull'argomento letterale dell'estensione senza limiti delle esenzioni all' "azione revocatoria" in quanto tale, prescindendo dall'aggettivo "fallimentare", sarebbe nel carattere, comunque concorsuale, dell'azione stabilita nell'art. 66 l. fall.: cosicché con il disporre un regime diverso potrebbe pregiudicarsi l'armonia del sistema.
In realtà, è agevole osservare come l'art. 66 facoltizza il curatore a domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del codice civile. Dunque, si dispone un rinvio incondizionato all'istituto civilistico, il quale è insensibile al regime delle esenzioni fallimentari. Dopo di che, nell'art. 67, si disegnano le fattispecie delle azioni revocatorie fallimentari. È nell'ambito di questo regime speciale che vengono inoltre dettate le ipotesi di esenzione.
Di conseguenza, per affermare l'estensione delle regole eccezionali dell'esenzione anche alla revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare occorrerebbero argomenti veramente solidi. Tanto più, che l'armonia del sistema si preserva prestando attenzione ad evitare indebite assimilazioni ed estensioni ingiustificate di regole da un istituto ad un altro del tutto diverso.
Il regime facilitato delle azioni revocatorie fallimentari trova un contrappunto nel regime delle esenzioni, stabilito a salvaguardia di atti ordinari d'impresa (compresa la movimentazione dei conti bancari e il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti), nonché degli atti posti in essere in esecuzione di contratti sulla crisi di impresa o di un concordato preventivo (compresi i pagamenti di debiti in scadenza per ottenere prestazioni strumentali all'accesso a questa procedura), e infine a tutela degli acquirenti di una casa di abitazione.
Così come l'esigenza di ripristinare la parità di trattamento tra i creditori dell'imprenditore insolvente legittima un sistema revocatorio aggravato, invece la tutela della garanzia patrimoniale generica, stabilita nel codice civile a prescindere dalla qualità del debitore, mentre non risulterebbe giustificata se disegnata allo stesso modo (e perciò con la previsione delle importanti agevolazioni probatorie a vantaggio dell'attore) nemmeno risulterebbe giustificata se depotenziata in ragione dell'eventuale ed occasionale inerenza dell'atto all'impresa (e ciò si dice anche con riguardo all'esenzione sull'acquisto della casa, sempre pertinente all'attività d'impresa del venditore).
È pertanto necessario avere ben presente che l'azione revocatoria fallimentare si giustifica, nel suo speciale regime, per essere azionata a tutela dei creditori concorsuali per crediti d'impresa e nei confronti di un debitore che esercita attività di impresa; mentre l'azione revocatoria ordinaria si giustifica, nel suo regime generale, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale prescindendo assolutamente dalla natura del credito e dall'attività eventualmente esercitata dal debitore.
Questa consapevolezza aiuta a tenere distinte nell'evidente diversità le due azioni, mostrando le autentiche difficoltà dell'estensione del regime (eccezionale) delle esenzioni previste per l'ipotesi fallimentare anche all'ipotesi della revocatoria ordinaria: che resterebbe vincolata alle esenzioni sol perché esercitata nel contesto del fallimento, mentre non ne soffrirebbe qualora quello stesso debitore non fosse stato dichiarato fallito.
Proprio in questo funzionare, paradossalmente, il fallimento come schermo contro la pretesa creditoria, si rivela l'incoerenza sistematica dell'idea sull'applicabilità del regime delle esenzioni anche all'azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare.