Nuova proposta di concordato (l. fall.)

19 Maggio 2020

La proposizione di una nuova domanda di concordato a seguito di rinuncia della precedente è una facoltà riconosciuta, in linea generale, al debitore concordatario, seppure entro certi limiti. Il primo “limite” riguarda l'ambito temporale entro cui la rinuncia ed il deposito della nuova domanda si devono collocare. Il secondo “limite” riguarda i profili “procedurali”; e in questo senso ci si è chiesti se la rinuncia debba essere o meno accettata da eventuali creditori istanti per il fallimento della debitrice. Il terzo “limite” concerne la configurabilità di eventuali abusi.

Inquadramento

Avvertenza – Bussola in aggiornamento.

La proposizione di una nuova domanda di concordato a seguito di rinuncia della precedente è una facoltà riconosciuta, in linea generale, al debitore concordatario, seppure entro certi limiti.

Il primo “limite” riguarda l'ambito temporale entro cui la rinuncia ed il deposito della nuova domanda si devono collocare. Al riguardo, giurisprudenza e dottrina si dividono tra coloro che ritengono applicabile alla rinuncia i medesimi termini preclusivi della modifica ex art. 172 l. fall. (15 giorni antecedenti l'adunanza) e coloro che ritengono possibile la rinuncia sino al termine del procedimento di omologa, fermo restando che la soluzione fatta propria da tale ultimo orientamento, alla luce delle modifiche introdotte dal D.L. n. 83/2015, pare percorribile soltanto in assenza di proposte concorrenti.

Il secondo “limite” riguarda i profili “procedurali”; e in questo senso ci si è chiesti se la rinuncia debba essere o meno accettata da eventuali creditori istanti per il fallimento della debitrice. Anche sotto questo profilo, si sono delineati due orientamenti contrapposti: l'uno che, ponendo enfasi sulla natura di domanda processuale del ricorso di concordato, ha ritenuto che l'accettazione della rinuncia sia necessaria ai sensi dell'art. 306 c.p.c.; l'altro che, mettendo in risalto il profilo “contrattuale” della procedura, ritiene non necessaria tale accettazione.

Il terzo “limite” concerne la configurabilità di eventuali abusi. Ed infatti, si ritiene che la rinuncia alla proposta e la ripresentazione di una nuova non siano ammissibili, laddove quest'ultima rappresenti una mera riproposizione della prima, al solo fine di procrastinare la dichiarazione di fallimento/”bloccare” l'eventuale procedimento di revoca ex art. 173 l. fall.

In questo senso, appare fondamentale fissare dei criteri che consentano di distinguere tra nuova proposta e modifica della stessa. Al riguardo, la giurisprudenza maggioritaria pare orientata nel senso che la proposta si qualifica “nuova” ogni qual volta venga mutata la natura del piano, ovverosia venga a mutare indirizzo la logica di superamento della crisi.

“Nuova proposta” di concordato versus “modifica della proposta” di concordato: qual è il discrimen? quali gli effetti sulla procedura?

Preliminarmente occorre domandarsi quali sono i limiti di configurabilità di una “nuova proposta” di concordato. In altri termini, occorre chiedersi quali sono gli indici fattuali da prendere in considerazione per stabilire quando – in pendenza di un procedimento concordatario - le modifiche apportate dal debitore alla proposta e (correlativamente) al piano configurino una semplice “modifica” ovvero una vera e propria “nuova proposta”.

Al riguardo, si individua una nuova proposta allorquando le modifiche siano tali da incidere sulla natura dell'accordo proposto ai creditori e da rendere, pertanto, necessario un nuovo controllo di ammissibilità da parte del Tribunale; una rinnovazione dell'attività di valutazione dell'attestatore; una nuova votazione da parte dei creditori, i quali – alla luce delle modifiche introdotte – non possono più fare affidamento sull'assetto originario, per essere cambiate le caratteristiche fondamentali della proposta. In altri termini, si può parlare di “nuova proposta” quando “muta indirizzo la logica di superamento della situazione di crisi o di insolvenza nella quale versa la società” (cfr. Trib. Monza 5 agosto 2010).

Sono state considerate proposte radicalmente nuove quelle in cui: dalla cessione dei beni si passi alla prosecuzione dell'attività o viceversa; dalla cessione dei beni si passi all'assegnazione di quote o azioni (Tribunale di Monza, 5 agosto 2010, cit.); sia previsto un nuovo soggetto quale assuntore, una diversa conformazione delle classi e della soddisfazione dei creditori (Tribunale di La Spezia, 8 febbraio 2011); sia prevista una diversa formazione dell'attivo; vengano fatti confluire altri beni o finanziamenti ottenuti da terzi; sia previsto un incremento della percentuale offerta i creditori; siano prospettate differenti tempistiche di pagamento; siano offerte nuove forme di garanzia (Tribunale di Forlì, 12 marzo 2013); si prevedano, per la prima volta, elementi del tutto nuovi quali la formazione di classi, l'ingresso di un garante, la soddisfazione mediante datio in solutum, la costituzione di una newco, l'assegnazione di beni in leasing, la diversa percentuale offerta ai chirografari (Tribunale di Asti, 10-11 febbraio 2016); si preveda un diverso numero di classi, delle percentuali di soddisfazione, dei tempi di adempimento di concordato, delle modalità di liquidazione, con transazione fiscale (Tribunale di Siracusa, 2 maggio 2012); vengano modificati i mezzi con cui soddisfare il fabbisogno concordatario; vi sia una diversa composizione delle classi e pagamento parziale dei crediti erariali (Tribunale di Milano, 20 ottobre 2011).

Giova, peraltro, precisare come in taluni arresti di merito alcune delle circostanze sopra elencate siano state, invece, considerate quali indici fattuali di una mera “modifica della proposta”, sul presupposto che si possa parlare di “nuova proposta” soltanto laddove venga radicalmente mutata la modalità di superamento della situazione di crisi/la natura della proposta. In particolare, hanno assunto tale impostazione: Corte d'Appello di Torino, 27 maggio 2015, che ha ritenuto integrare una mera modifica l'aumento della percentuale riconosciuta ai creditori chirografari, l'intervento di finanza esterna e l'azzeramento di alcuni debiti verso creditori chirografari; Tribunale di Monza, 5 agosto 2010, cit. che ha ritenuto integrare una mera modifica quella relativa all'incremento delle garanzie; Corte d'Appello di Torino, 14 luglio 2010, che ha qualificato come “modifica” la proposta che conteneva meri aggiustamenti rispetto a quella precedente (i.e. derivanti dal sopravvenuto fallimento del socio illimitatamente responsabile), ma che manteneva “ferma l'impostazione della proposta iniziale”, in quanto “restavano fermi: - la natura cessoria della proposta; la suddivisione in classi con attribuzione a ciascuna di un importo determinato; la messa a disposizione di tutti i beni sociali e personali che residuavano dal suddetto fallimento [del socio ndr]”; Tribunale di Latina, 30 luglio 2012, che ha qualificato come meramente modificativa la proposta che, rispetto alla precedente, contemplava una previsione di nuova finanza; l'eliminazione delle classi; l'aggiunta della garanzia di terzi; ciò in quanto le predette modifiche, nell'opinione dei giudice, “rientrano nella medesima logica inizialmente adottata per l'uscita dalla crisi della società proponente”: Cass. 28 aprile 2015, n. 8575, che ha confermato la qualifica di “modifica” data dalla Corte d'appello con riguardo ad una proposta contenente mere variazioni incidenti sulle modalità esecutive della proposta, introdotte, peraltro, su suggerimento del commissario giudiziale.

Tabella di sintesi delle giurisprudenza su nuova proposta/modifica proposta

Trib. Monza 5/8/2010

Trib. La Spezia 8/2/2011

Trib. Forlì 12/3/2013

Trib. Asti 10-11/2/2016

Trib. Siracusa 2/5/ 2012

Trib. Milano 20/10/ 2011

App. Torino 27/5/2015

Trib. Torino 14/7/2010

Trib. Latina 30/7/2012

Cass. 8575/ 2015

da liquidazione a continuità

Nuova

-

-

-

Nuova

Nuova

-

da cessione dei beni ad assegnazione quote

Nuova

-

-

-

Nuova

Nuova

-

diversa conformazione delle classi, revisione o eliminazione di classi

Modifica

Nuova

-

Nuova

Nuova

Modifica

Modifica

Modifica

modifica percentuale di soddisfacimento

Modifica

Nuova

Nuova

Nuova

Nuova

Nuova

Modifica

Modifica

-

finanza esterna

Modifica

-

-

-

-

Modifica

diversa modalità di soddisfacimento (datio in solutum)

Modifica

-

-

Nuova

Modifica

Modifica

-

Modifica

garanzia di terzi/nuove garanzie

Modifica

-

Nuova

Nuova

-

Modifica

Modifica

Assuntore/ nuovo assuntore

Modifica

Nuova

-

-

-

-

Diversa formazione attivo

-

-

Nuova

-

-

Modifica tempistiche di soddisfacimento

-

-

Nuova

Nuova

-

Modifica

-

Newco

Nuova

-

-

-

Transazione fiscale

Nuova

-

-

-

Sempre in tema di distinzione tra “modifica” e “nuova proposta”, occorre interrogarsi sulla necessità o meno che la proposta qualificabile come nuova venga preceduta da una rinuncia espressa alla proposta precedente. Al riguardo, segnaliamo l'arresto del Tribunale di Latina 30 luglio 2012, cit. che ha qualificato come mere modifiche le novità introdotte dal debitore, anche sul presupposto che la parte non avesse rinunciato alla domanda originaria; sullo stesso tema si è pronunciata, ma in maniera opposta, la Corte d'Appello di Torino nella sentenza 14 luglio 2010, cit. laddove ha ritenuto una mera modifica della proposta quella che il debitore insisteva nel qualificare come nuova proposta sul presupposto, inter alia, di aver espressamente rinunciato alla proposta.

Alla luce di quanto precede, non pare che l'esistenza di una rinuncia espressa alla domanda originaria sia un elemento decisivo da tenere in considerazione per la distinzione tra “nuova proposta” e “modifica della proposta”. Sul punto, vale però la pena segnalare quanto evidenziato da parte della dottrina (Ambrosini–Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, 4 maggio 2014, in www.ilcaso.it) circa l'opportunità che, in caso di deposito dell'atto di rinuncia e, contestualmente, di una nuova proposta, il tribunale, presone atto, dichiari l'estinzione della procedura. E ciò al fine di scongiurare eventuali profili di contrasto con il principio di unicità della procedura concorsuale afferente al medesimo debitore; principio fatto proprio da alcune pronunce di legittimità trattate nel successivo par. 2. (Cass. 7 febbraio 2006 n. 2594; Corte d'appello di Torino, 14 luglio 2010, cit.; Tribunale di Latina, 30 luglio 2012; Cass. 14 gennaio 2015, n. 495).

Infine, la distinzione tra mera “modifica” e “nuova proposta” rileva sotto il profilo degli effetti sulla procedura di concordato in corso. Ed infatti, solo in presenza di una differente configurazione della proposta, che sia qualificabile come “nuova”, anziché come “modifica” di quella originaria, si hanno rilevanti conseguenze dal punto di vista procedurale, in quanto una nuova proposta impone una rinnovazione delle attività di valutazione del piano da parte del professionista attestatore e di verifica delle condizioni di ammissibilità da parte del tribunale (così Frascaroli Santi, Limiti di modificabilità della proposta di concordato preventivo, variazione delle classi dei creditori e soci finanziatori postergati, nota a Tribunale di Perugia, 22 giugno 2012, in Il Fallimento, 2013, 887 ss.).

Termini e modalità per la presentazione di una nuova proposta: fino a quando si può rinunciare? È necessario il consenso dei creditori istanti il fallimento?

Il termine entro cui il debitore può rinunciare alla proposta e formularne una nuova non è previsto espressamente dalla legge.

Secondo un'autorevole interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, occorre fare riferimento al medesimo termine previsto per la modifica della proposta, ovverosia i 15 (quindici) giorni antecedenti all'adunanza dei creditori ex art. 172, comma 2, l. fall. (“Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori”); e ciò, in particolare, laddove oltre alla proposta del debitore, vi siano proposte concorrenti dei creditori (cfr. infra amplius).

Ed infatti, il termine di quindici giorni anteriori all'adunanza cristallizza la proposta ovvero le proposte concorrenti su cui i creditori sono chiamati a decidere (ed ancor prima il commissario giudiziale ad esprimere il suo motivato parere, anche con una valutazione comparativa).

Sicchè, mentre si potrebbe forse ipotizzare che, in assenza di proposte concorrenti, il debitore possa rinunciare alla proposta e presentarne una nuova sino all'omologazione (sulla base di un orientamento giurisprudenziale formatosi nel vigore del regime anteriore all'introduzione del D.L. n. 83/2015; cfr. infra), in caso di proposte concorrenti ciò non pare possibile, in quanto la presenza di competitors esige la fissazione ed il rispetto di regole di natura cogente.

Conseguentemente, se non è possibile apportare modifiche alla proposta decorso il predetto termine, a maggior ragione si è sostenuto che non sia possibile rinunciare alla proposta originaria e formularne una nuova dopo il 15° giorno anteriore all'adunanza e, addirittura ancor prima, a partire da quando venga presentata una qualsivoglia proposta concorrente (così, Lamanna, La rinuncia alla domanda di concordato, in questo portale: “Sarebbe infatti inaccettabilmente frustraneo per i competitors presentare una proposta concorrente che perdesse poi efficacia per il sopravvenire non di una semplice modifica della proposta originaria del debitore, ma addirittura di un diverso procedimento concordatario riferibile alla nuova domanda/proposta di quest'ultimo”; nello stesso senso, con particolare riguardo alla rinuncia alla proposta in caso di apertura di un procedimento ex art. 173 l. fall., cfr. Galletti, Speciale Decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in questo portale: “Nel sistema riformato [dal d.l. 83/2015 ndr] già la possibilità teorica che possa innestarsi una proposta concorrente pone in discussione la capacità del debitore di arrestare il procedimento rinunziando alla domanda iniziale; ma in realtà se la proposta concorrente ancora non c'è, non si vede perché al debitore debba essere impedito di disporre di una sua facoltà”).

Inoltre, secondo l'orientamento in questione, in presenza di più proposte, la rinuncia (in termini) ad una di esse, compresa quella del debitore, non può determinare l'inefficacia delle altre, né – laddove sia il debitore a rinunciare (sempre che possa e, in ogni caso, non oltre i 15 giorni anteriori all'adunanza) – viene meno il procedimento concordatario, che prosegue per la votazione delle proposte residue (così, Lamanna, cit.).

Ciò detto, diamo atto dei diversi orientamenti, sviluppatisi nel vigore della disciplina anteriore al D.L. n. 83/2015 - circa (i) la sussistenza o meno della facoltà del debitore di rinunciare alla domanda e proporne una nuova ed i relativi fatti “preclusivi”; (ii) i termini entro cui depositare l'atto di rinuncia; (iii) le eventuali modalità con cui formularla. Tutto ciò sul presupposto che, in assenza di proposte concorrenti, le differenti tesi sviluppatesi sulle tematiche di cui sopra possano ancora risultare attuali.

Con riguardo al diritto dell'imprenditore di rinunciare alla domanda di concordato, l'opinione unanime è affermativa, sia in ipotesi di domanda declinata in termini di ricorso con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall. sia in ipotesi di domanda c.d. “piena” (corredata da piano e proposta di concordato) (così Ambrosini–Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, 4 maggio 2014, in ilcaso.it).

Non si registra, invece, piena consonanza di opinioni con riguardo, da un lato, alle modalità ed ai termini entro cui tale diritto può essere legittimamente esplicato e, dall'altro lato, all'ammissibilità dell'eventuale successiva presentazione di un nuovo ricorsoex art. 160 l. fall.

Con riguardo alla prima questione, nel vigore della disciplina precedente la riforma del 2005, si contrapponevano due orientamenti: l'uno che, privilegiando la natura contrattuale dell'istituto (i.e. qualificando cioè la domanda di concordato come proposta negoziale revocabile sino all'accettazione ex art. 1328 c.c.), riteneva che la rinuncia dovesse intervenire prima dell'approvazione della proposta da parte dei creditori (così, De Semo, Diritto fallimentare, Padova, 1989, 540 nota 11; Trib. Chieti 24 settembre 1986, in Dir. fall. 1986, II, 947; Trib. Roma 26 maggio 1993, in Fallimento, 1994, 102; Trib. Perugia 2 settembre 1996, in Rass. Giur. Umbra, 1996, 636); l'altro che, ponendo enfasi sulla natura del ricorso di concordato come domanda giudiziale (i.e., come tale, liberamente rinunciabile sino alla relativa decisione), riteneva rinunciabile la domanda sino all'emanazione del provvedimento di omologazione (così, Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 2239; Bonsignori, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, 99; Frascaroli Santi, Il concordato preventivo, in Panzani (diretto da), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, V, Torino, 2000, 117; Trib. Catania 17 marzo 1983, in Dir. fall., 1983, II, 1178).

A valle della riforma del 2005, permane la duplicità di opinioni. Infatti, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, la proposta di concordato preventivo può essere rinunciata dal debitore sino alla chiusura del giudizio di omologazione, ancorchè approvata dai creditori (così, Ferro, sub art. 163, in Ferro (diretto da), La legge fallimentare, Commentario teorico-pratico, Padova, 2011, 1871 ss.; Nonno-D'Amora, Revoca della proposta, in Ferro-Ruggero-Di Carlo, Concordato preventivo, concordato fallimentare e accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2009, 42; Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 122-123; Norelli, La proposta di concordato, Relazione all'incontro di studio organizzato dal CSM sul tema “L'insolvenza dell'imprenditore e le procedure alternative al fallimento” (Roma, 5/7 novembre 2008), in www3.unisi.it, 2008, 43; Trib. di Siracusa 15 gennaio 2014, Concordato Centro Polidiater s.r.l.; App. Torino 27 maggio 2015, che ha ritenuto ammissibile la rinuncia e contestuale presentazione di una nuova domanda concordataria a seguito della mancata approvazione della prima in sede di adunanza dei creditori; con riferimento ad una fattispecie analoga, cfr. Trib. Forlì 12 marzo 2013).

Viceversa, un'altra posizione dottrinale e giurisprudenziale è dell'opinione che la rinuncia alla domanda di concordato sia soggetta ai medesimi termini previsti per la modifica della domanda, ovverosia – alla luce delle novità recentemente introdotte dal D.L. n. 83/2015 – i quindici giorni antecedenti l'adunanza dei creditori; ovvero, addirittura, ancor prima, a partire da quando venga presentata una qualsivoglia proposta concorrente (così, Lamanna, cit.; Galletti, cit.). Questa posizione dottrinale pare trovare conferma in un orientamento della giurisprudenza di legittimità - recentemente ribadito da un arresto della Suprema Corte - che statuisce che, allorchè già penda una procedura di concordato preventivo, non è configurabile un'ulteriore domanda di concordato con carattere di autonomia rispetto a quella originaria – che dia cioè luogo ad una nuova e separata procedura, che ricominci dal suo inizio con l'audizione del debitore – perché, con riguardo al medesimo imprenditore ed alla medesima insolvenza, il concordato non può che essere unico, e dunque unica la relativa procedura ed il suo esito (omologazione ovvero dichiarazione di fallimento) (così, Cass. 7 febbraio 2006 n. 2594; App. Torino 14 luglio 2010; Trib. Latina 30 luglio 2012; Cass. 14 gennaio 2015, n. 495, ove si sottolinea che tale principio risulta del tutto coerente con la distinzione – legislativamente confermata dall'art. 161 l. fall. – tra ricorso contenente la domanda di concordato (ossia di ammissione alla procedura), proposta di concordato e piano concordatario).

Termine per la rinuncia: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Entro l'adunanza dei creditori

Sino al termine dell'omologazione

Cass. 7 febbraio 2006 n. 2594

Tribu. Siracusa 15 gennaio 2014

App. Torino 14 luglio 2010

App. Torino 27 maggio 2015

Trib. Latina 30 luglio 2012

Trib. Forlì 12 marzo 2013

Cass. 14 gennaio 2015, n. 495

Dottrina: Lamanna, Galletti

Dottrina: Ferro; Nonno-D'Amora -Norelli

In evidenza: Cass. 14 gennaio 2015, n. 495

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 495 del 14 gennaio 2015 , ha ribadito il principio dell'unicità della procedura di insolvenza con riguardo al medesimo imprenditore (già sostenuta da altri arresti di legittimità e merito: Cass. 7 febbraio 2006 n. 2594; Corte d'appello Torino, 14 luglio 2010; Tribunale Latina, 30 luglio 2012, cit.) affermando che, allorchè già penda una procedura di concordato preventivo, non è configurabile un'ulteriore domanda di concordato con carattere di autonomia rispetto a quella originaria. E ciò in coerenza con la distinzione, chiarita anche a livello legislativo con la riforma del 2012, tra ricorso di concordato (contenente la domanda di ammissione alla procedura), proposta di concordato e piano di concordato.

Venendo alle modalità di estrinsecazione della rinuncia, è controverso se essa sia rimessa alla libera ed esclusiva disponibilità del debitore, ovvero se necessiti di elementi ulteriori per perfezionarsi. Al riguardo, una parte della dottrina e della giurisprudenza ha sostenuto che - in presenza di un giudizio di revoca ex art. 173 l. fall. e/o in pendenza di istanze di fallimento - la rinuncia necessiti dell'accettazione dei creditori istanti il fallimento medesimo; ciò in considerazione del fatto che la fattispecie in questione sarebbe sussumibile nella fattispecie della rinuncia agli atti ex art. 306 c.p.c. (così, Galletti, Revoca dell'ammissione del concordato: la rinunzia alla proposta con “nuova domanda” dopo l'atto in frode, in questo portale; Trib. Parma 2 ottobre 2012, conf. App. Bologna, 25 febbraio 2013 relativa ad una fattispecie contraddistinta dall'apertura del sub-procedimento ex art. 173 l. fall., nel cui contesto sono state formulate istanze di fallimento).

Secondo un diverso orientamento, che riprende la posizione adottata nel vigore della legge del 1942 (così, Bonsignori, Concordato preventivo cit., 98), l'atto di rinuncia non va accettato dai creditori e non esige particolari formalità processuali, essendo sufficiente che provenga in maniera certa dal debitore; il “suo effetto è quello di procurare una retrocessione della situazione quo ante con ogni conseguenza a carico del solo debitore e salva la riproponibilità del ricorso, senza apparenti vincoli di novità” (così Ferro, sub art. 163, cit., 1229; App. Milano 21 febbraio 2013).

Inoltre, con riguardo alle modalità di formalizzazione della stessa, si ritiene che la rinuncia debba essere speculare alla domanda e, pertanto, che debba essere sottoscritta dall'imprenditore (o dal soggetto legittimato alla spendita del nome) e preceduta da idonea deliberazione ai sensi dell'art. 152 l. fall. (così, Nonno-D'Amora, Revoca della proposta, cit., 43; App. Bologna, 25 febbraio 2013, cit.).

Da ultimo, quanto alla seconda questione, occorre chiedersi se vi siano circostanze/fatti che precludano, in pendenza della procedura di concordato, la rinuncia alla proposta e la presentazione di una nuova proposta, anziché la formulazione di una mera modifica.

Preliminarmente deve evidenziarsi come vi possano essere molteplici ragioni che inducano il debitore ad innescare un meccanismo che comporta, di fatto, il regresso dell'iter concordatario allo stadio iniziale, preferendolo, per l'appunto, al percorso più lineare della modifica della proposta e del piano già presentati. In primo luogo, è possibile che le variazioni all'impianto originario siano ormai precluse, laddove, per esempio, si sia dato avvio alle operazioni di voto, stante l'invalicabile limite di cui all'art. 172, comma 2, l. fall. (rectius, nel vigore della disciplina antecedente il D.L. n. 83/2015, l'art. 175, comma 2, l. fall.).

In secondo luogo, il debitore potrebbe avvedersi - direttamente ovvero a seguito di rilievi svolti dal commissario giudiziale – di vizi della procedura non più emendabili (i.e. gravi incongruenze nei dati economico-aziendali; lacune logico–argomentative nella relazione dell'esperto attestatore che rendano tale relazione inutilizzabile).

In terzo luogo, nell'ipotesi in cui il concordato si inserisca nel quadro di una crisi di gruppo, è possibile che l'evoluzione dello scenario complessivo consigli - perché, in ipotesi, anche altre entità collegate del gruppo necessitano di chiedere l'ammissione alla procedura di concordato – di rinunciare alla prima domanda e presentare nuovi ricorsi per le singole società (ovvero un unico ricorso, ferma restando la distinzione tra masse attive e passive) di modo che la gestione della crisi di gruppo si svolga in maniera “coordinata” tra le varie società.

In quarto luogo, in ipotesi di c.d. concordato con riserva - visti i limiti cui sono soggetti alcuni atti gestori, la cui autorizzazione da parte del giudice richiede necessariamente la presenza di un piano, ovvero, secondo alcuni tribunali, quantomeno di una bozza dello stesso (es. stipula di contratti di affitto di azienda; preliminari, autorizzazione al pagamento di creditori strategici anteriori; ecc.) – è possibile che l'imprenditore abbandoni la procedura in questione, compia tali atti autonomamente per poi ripresentare una domanda di concordato c.d. piena. In quinto luogo, stante l'incessante susseguirsi di riforme della legge fallimentare, l'imprenditore potrebbe essere incentivato ad abbandonare la procedura pendente per depositarne una nuova nel vigore di una disciplina per lui più favorevole (cfr. Ambrosini–Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, 4 maggio 2014, in IlCaso.it).

Detto ciò, veniamo a delineare quelli che, secondo una parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza, rappresentano “fatti preclusivi” alla rinuncia e al deposito di una nuova proposta. Tali fatti sono riconducibili, essenzialmente, alle seguenti categorie: la declaratoria di inammissibilità della proposta da parte del tribunale per mancanza dei presupposti ex art. 160, commi 1 e 2, l. fal. e 161 l. fall.; l'apertura di un procedimento di revoca ex art. 173 l. fall.; la presentazione di istanze di fallimento da parte di uno o più creditori e/o del Pubblico Ministero.

In particolare, hanno escluso l'ammissibilità di una nuova proposta di concordato in presenza di una o più delle suddette circostanze, inter alia, Tribu. Latina 30 luglio 2012; Trib. Parma 2 ottobre 2012; Trib. Napoli 4 dicembre 2012; App. Milano 29 giugno 2011 n. 1955; App. Genova 20 ottobre 2011, che ha escluso la reiterabilità della proposta di concordato a seguito dell'inammissibilità della prima, laddove siano pendenti istanze di fallimento; Trib. S. M. Capua Vetere 26 luglio 2005. Alcuni degli arresti citati si riferiscono, in realtà, al divieto di modifica della proposta in presenza di un procedimento di revoca ex art. 173 l. fall. e/o di istanze di fallimento, ma non si vede per quale motivo questa giurisprudenza non dovrebbe avere rilievo, ed anzi a maggior ragione, con riguardo alla fattispecie di rinuncia e presentazione di una nuova proposta.

E', però, opportuno evidenziare che, secondo un altro orientamento di dottrina e giurisprudenza, non vi sarebbe nessun divieto, nell'attuale contesto legislativo, alla consecuzione tra procedimenti concordatari attraverso il meccanismo del ritiro del ricorso e della contestuale presentazione di analoga iniziativa, che sarebbero, pertanto, ammissibili in tanto in quanto: (i) si riferiscano a domande “effettivamente” nuove - e cioè non configurino condotte abusive (vedi infra amplius); e (ii) rispettino la preclusione di cui all'art. 161, comma 9, l. fall. (così Ambrosini- iello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, cit., 16, i quali evidenziano come quantomeno l'ipotesi di cui all'art. 161, comma 9, l. fall. – i.e. la reiterazione di domande di concordato con riserva – costituisca un'ipotesi “codificata” di abuso ed esaurisca lo spettro dei divieti specificamente previsti dalla legge in materia. Gli Autori ne desumono, pertanto, l'ammissibilità del piano e della proposta depositati con un nuovo ricorso, anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., che sia decorso inutilmente, ovvero a seguito della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall.; ovvero della revoca della prima procedura; ovvero del mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla legge; contra cfr. Lamanna, Profili di abuso e limiti nella reiterazione di domande di preconcordato, di concordato e di omologa di accordi, in questo portale, e Id., Possibilità di consecutio solo unidirezionale tra pre-concordato e concordato. Profili di abuso del diritto, in questo portale, secondo cui, con riguardo al rapporto tra preconcordato e concordato, e fatte salve ipotesi di abuso autonomamente sanzionabili, il sistema si configura come segue:

  1. domanda di preconcordato non andata a buon fine + domanda di concordato definitiva, anche nei due anni → ammissibilità;
  2. prima domanda di concordato piena non andata a buon fine + seconda domanda di concordato piena, anche nei due anni → ammissibilità;
  3. prima domanda di preconcordato non andata a buon fine + presentazione di una nuova domanda di preconcordato nei due anni → inammissibilità;
  4. presentazione di una prima domanda di concordato piena non andata a buon fine + domanda di preconcordato nei due anni → inammissibilità).

Con riguardo alla giurisprudenza, hanno ritenuto percorribile, nei limiti anzidetti – i.e. assenza di abusi e rispetto dell'art. 161, comma 9, l. fall. - la rinuncia alla proposta depositata e la presentazione di una nuova proposta, inter alia, Trib. Forlì, 12 marzo 2013, cit.; Trib. Asti, 29 marzo 2013, Exergia s.p.a. (inedita) relativa ad una fattispecie di concordato di gruppo; App. Milano 21 febbraio 2013; Trib. Terni, 8 novembre 2013; Trib. Torino 9 gennaio 2014 Settembrini s.c.r.l. (inedita); Trib. Milano 20 febbraio 2014, Cartiera Verde Romanello S.p.a. (inedita), che ha accolto una domanda di concordato che faceva seguito ad una procedura apertasi con un ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall. poi dichiarata inammissibile per il mancato raggiungimento delle maggioranze previste dall'art. 177, comma 1, l. fall.; App. Torino 27 maggio 2015. Va altresì segnalato l'arresto del Trib. Vicenza, 6 luglio 2009, secondo cui la proposta di concordato preventivo dichiarata inammissibile non può essere modificata o integrata fino all'inizio delle operazioni di voto, in quanto non vi è alcuna procedura pendente, né proposta che si possa modificare; in tal caso, si può solo presentare una nuova proposta.

In estrema sintesi, secondo questo secondo orientamento, la sequenza consistente nel ritiro del ricorso originario e nel deposito della nuova domanda è pienamente legittimo a condizione che: (i) non si ricada nella fattispecie di cui all'art. 161, comma 9, l. fall. e (ii) non si configuri un'ipotesi di abuso (cfr. infra amplius infra).

Nuova proposta e abuso del diritto: quando la “nuova proposta” è in realtà una mera modifica della proposta precedente

La questione relativa alla facoltà del debitore di rinunciare alla proposta e presentarne una nuova va valutata anche alla luce dell'ipotesi di abuso del diritto, come declinato nell'ambito delle procedure concorsuali dalla più recente giurisprudenza e dottrina.

Come anticipato, la facoltà del debitore di rinunciare alla proposta e presentarne una nuova – anche in pendenza di procedimento di revoca ex art. 173 l. fall. e/o di eventuali istanze di fallimento – è condizionata, inter alia, al fatto che il meccanismo “rinuncia + nuova domanda” non configuri un'ipotesi di abuso da parte del debitore.

A questo proposito, un recente arresto di merito ha ritenuto che la rinuncia e ripresentazione di proposta concordataria integri un'ipotesi di abuso quando: (i) il titolare ha intenzionalmente creato un danno ad altri, facendosi schermo dell'apparente legittimità della propria condotta offerta dal diritto; (ii) nella valutazione del calcolo economico ha peggiorato la situazione di un altro soggetto, senza migliorare la propria; (iii) ha esercitato il diritto deviando dalla sua funzione tipica, dalla sua ragion d'essere, dai principi dell'ordinamento. In tal senso si è pronunciata la App. Milano, 21 febbraio 2013, cit.

In altri termini, il principio evincibile da questo arresto è che integrino un abuso e, pertanto, siano inammissibili, le iniziative il cui unico scopo sia quello di procrastinare indefinitamente la protezione dalle azioni esecutive e cautelari prevista dall'art. 168 l. fall., senza offrire ai creditori una soluzione concreta della crisi dell'impresa.

In quest'ottica si ritiene che – a fronte della rinuncia e riproposizione della domanda di concordato - il tribunale debba effettuare una comparazione tra l'interesse del debitore a evitare il fallimento e quello dei creditori instanti per il fallimento, e far prevalere quest'ultimo solo laddove la soluzione concordataria appaia ictu oculi inidonea a fornire una risposta adeguata all'insolvenza.

In questo senso, si è ritenuta integrare un'ipotesi di abuso la fattispecie in cui l'imprenditore aveva riproposto il medesimo piano e la medesima proposta già dichiarati inammissibili/revocati dal tribunale, apportando mere modifiche ancillari, senza modificare l'impianto complessivo e/o comunque offrire una soluzione della crisi di natura diversa da quella iniziale (così Trib. Forlì 12 marzo 2013, cit.; nello stesso senso, App. Genova 20 ottobre 2011, cit.; App. Torino, 27 maggio 2015, cit.)

L'impostazione che tende, in linea di massima, a non ammettere la presentazione di una nuova domanda a valle della rinunzia alla precedente, quando l'iniziativa appaia manifestamente abusiva, appare in linea con la posizione più recente della giurisprudenza sul rapporto tra concordato preventivo e fallimento. Infatti, secondo una recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. Civ. Sez. Unite, 15 maggio 2015, n. 9935, in IlFallimentarista.it, con nota di Lamanna), è possibile dichiarare il fallimento anche in pendenza di una procedura concordataria, purchè la domanda di concordato sia stata prima esaminata e risolta in senso negativo, per inammissibilità, revoca dell'ammissione, mancata omologazione, ed in genere per il suo carattere abusivo. In altri termini, il fallimento viene comunque inteso come extrema ratio, applicabile solo laddove la procedura di concordato non sia percorribile.

Peraltro, alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite sopra citata, si potrebbero ritenere non più “attuali” quegli arresti che hanno ritenuto inammissibile la rinuncia e la proposizione di nuova domanda sul presupposto che fossero pendenti istanze di fallimento (così App. Genova 20 ottobre 2011, cit.). Ovvero, quantomeno, ci si dovrebbe domandare se - nel mutato contesto venutosi a creare a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite – questa giurisprudenza si ponga in maniera diversa.

Consecutio tra la procedura di concordato oggetto di rinuncia, quella instaurata ex novo e l'eventuale successivo fallimento

In caso di rinuncia e proposizione di una nuova domanda – con conseguente emanazione di un provvedimento estintivo della prima procedura e un altro provvedimento di apertura della seconda – occorre domandarsi se sussista o meno consecutio tra le due procedure sotto il profilo degli effetti del concordato.

In altri termini, occorre verificare se in caso di rinuncia e ripresentazione della domanda vengano a decadere automaticamente gli effetti della domanda originaria o se, al contrario, essi possano saldarsi con quelli del nuovo iter. Si pensi, ad es., all'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione nel registro delle imprese del primo ricorso; alla determinazione del momento di apertura del concorso; alla prededucibilità dei crediti sorti in occasione del vecchio concordato.

Secondo parte della dottrina (Ambrosini–Aiello, La modifica, la rinuncia cit., 22 e giurisprudenza citata alla nota 41), “l'interrogativo va con ogni probabilità risolto alla luce del noto principio della consecutio tra procedure concorsuali, di cui si è ormai definitivamente acclarata la perdurante applicabilità a valle della riforma della legge fallimentare”, ovverosia ogniqualvolta il passaggio dalla prima procedura alla seconda avvenga senza soluzione di continuità a livello logico e temporale (si pensi all'ipotesi in cui il decreto che dichiara estinto il concordato oggetto di rinuncia venga emanato contestualmente a quello di ammissione del nuovo, posto che la domanda ben può essere presentata unitamente alla rinuncia e sul presupposto della presa d'atto della stessa da parte del tribunale – cfr. supra), gli effetti del nuovo concordato dovrebbero retroagire alla data del primo ricorso, con la conseguenza che ad esso deve aversi riguardo per stabilire quali ipoteche giudiziali siano efficaci nei confronti della massa.

Inoltre, nell'ipotesi in cui la seconda proposta concordataria dovesse sfociare in fallimento, per il computo del dies a quo del periodo sospetto ai fini dell'esperimento delle azioni revocatorie si dovrebbe fare riferimento al momento della presentazione non della domanda più recente, bensì di quella originaria.

Va da sé che, invece, nell'ipotesi in cui la dichiarazione di estinzione della prima procedura di concordato e l'apertura della nuova non dovessero intervenire contestualmente, ma essere separate da un'apprezzabile discontinuità (tanto logica quanto temporale), non sembra vi siano i margini per l'utile invocazione della consecutio, con la conseguenza che – ferma la protezione ex art. 168 l. fall. che scaturisca dalla pubblicazione della seconda domanda nel registro delle imprese – gli effetti del nuovo concordato non possono legittimamente retroagire alla data di quello originario, con conseguente necessità di qualificare alla stregua di obbligazioni sottoposte al concorso i crediti sorti in occasione della prima procedura (Amborsini–Aiello, cit., 23; Vitiello, La prededuzione nel concordato preventivo dopo la conversione in legge del decreto “Destinazione Italia”, in questo portale).

La tesi della consecuzione “allargata” alla prima domanda è però predicabile solo se si reputa che la consecuzione possa sussistere anche quando alla domanda ex art. 160 l. fall. non faccia immediatamente seguito l'ammissione al concordato, come invece molta parte di dottrina e giurisprudenza opinavano prima dell'introduzione dell'art. 69-bis. In caso contrario, la tesi non potrebbe reggere.

Riferimenti

Normativi

  • art. 161 l. fall.
  • art. 172 l. fall.
  • art. 173 l. fall.
  • art. 69-bis l. fall.

Giurisprudenza

Per i riferimenti giurisprudenziali, si rimanda al corpo del testo

Bibliografia

  • Frascaroli Santi, Limiti di modificabilità della proposta di concordato preventivo, variazione delle classi dei creditori e soci finanziatori postergati, nota a Tribunale di Perugia, 22 giugno 2012, in Il Fallimento, 2013, 887 ss
  • Lamanna, La rinuncia alla domanda di concordato, in questo portale
  • Galletti, Speciale Decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in questo portale
  • Galletti, Una riflessione sulla revoca dell'ammissione del concordato: la rinunzia alla proposta con “nuova domanda” dopo l'atto in frode, in questo portale
  • Ambrosini–Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, in ilcaso.it, 2014
Sommario