Liquidazione coatta amministrativa (l. fall.)

Beatrice Armeli
29 Maggio 2020

La liquidazione coatta amministrativa è un procedimento attraverso il quale la pubblica amministrazione interviene direttamente nella gestione della crisi d'impresa per ragioni di interesse pubblico. Trattasi di una procedura concorsuale originariamente introdotta nel nostro ordinamento nel 1888 per le Casse di Risparmio e attualmente applicabile a specifiche tipologie di imprese che, per l'oggetto di attività, la rilevanza sociale del modo di esercizio o le proprie dimensioni, connotano di pubblico interesse l'insorgere, durante la loro gestione, di talune situazioni patologiche che non necessariamente si estrinsecano in uno stato di insolvenza.

Inquadramento

Avvertenza – Bussola in aggiornamento.

La liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) è un procedimento attraverso il quale la pubblica amministrazione interviene direttamente nella gestione della crisi d'impresa per ragioni di interesse pubblico.

Trattasi di una procedura concorsuale originariamente introdotta nel nostro ordinamento nel 1888 per le Casse di Risparmio (in quanto enti pubblici privi del carattere della commercialità e perciò non assoggettabili a fallimento) e attualmente applicabile a specifiche tipologie di imprese che, per l'oggetto di attività, la rilevanza sociale del modo di esercizio o le proprie dimensioni, connotano di pubblico interesse l'insorgere, durante la loro gestione, di talune situazioni patologiche che non necessariamente si estrinsecano in uno stato di insolvenza.

In particolare, la l.c.a. è il procedimento mediante il quale l'autorità pubblica, a ciò legittimata da norme speciali, determina l'estinzione dell'impresa, previa liquidazione dei beni e soddisfacimento delle ragioni creditorie, preponendo a tal fine uno o più commissari, affiancati da un comitato di sorveglianza. La legge fallimentare detta al riguardo previsioni di carattere generale, destinate a integrare le disposizioni contenute nelle leggi speciali e pertanto a trovare applicazione ove non diversamente disposto. L'oggetto della presente trattazione resta limitato alla disamina degli artt. 194-215 l.fall.

Le imprese soggette a l.c.a.

È la legge che determina espressamente (art. 2 l.fall.): i) le imprese soggette a l.c.a., non sottoponibili di regola a fallimento, salvo che sia diversamente previsto; ii) i casi in cui la l.c.a. può essere disposta, che coprono una vasta gamma di presupposti, dalle irregolarità di funzionamento al rischio di insolvenza, fino a un vero e proprio stato di decozione; iii) e l'autorità competente a disporla. La procedura concorsuale in esame si applica quindi solo ad alcune categorie di soggetti giuridici, che, per la sussistenza di un interesse pubblico oltrepassante quello della massa dei creditori, sono sottratti al fallimento secondo la previsione espressa di leggi speciali, come nel caso di:

  • banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale (artt. 80 ss. e 107 T.U.B.);
  • S.I.M., S.G.R. e S.I.C.A.V. (art. 57 T.U.F.);
  • imprese assicurative (artt. 245 ss. cod. ass.);
  • società fiduciarie e di revisione ed enti di gestione fiduciaria (artt. 1,2 d.l. 233/1986);
  • imprese sociali (art. 15 d.lgs. 155/2006);
  • istituti autonomi di case popolari e cooperative edilizie a contributo erariale (artt. 23 ss. e 127 ss. r.d. 1165/1938);
  • fondazioni liriche (art. 20 d.lgs. 367/1996).

Non esiste pertanto un'unica procedura di l.c.a., ma diverse procedure quante sono le leggi speciali che le prevedono, rispetto alle quali la disciplina fallimentare (artt. 194-215 l.fall.) si limita a dettare alcune norme generali destinate ad applicarsi ove non diversamente previsto (art. 194, co. 1, l.fall.). Nella legge fallimentare è dunque contenuta una disciplina di carattere integrativo, volta a completare quella contenuta nelle leggi speciali, disegnando una procedura che, seppur caratterizzata da un preminente ruolo direttivo dell'autorità amministrativa, con riguardo alle fasi in cui è previsto l'intervento dell'autorità giurisdizionale, si modella sulla procedura di fallimento, prevedendo una regolazione concorsuale dei crediti (sul carattere mobile del rinvio alle disposizioni sul fallimento, nel senso che il mutare di queste incide anche sulla disciplina della l.c.a.: Cass., 23 luglio, 2010, n. 17337).

Possono eccezionalmente essere assoggettate sia a l.c.a. che a fallimento le società cooperative che svolgono attività commercialeex art. 2545-terdecies c.c., con fini speculativi, anche se tale attività non rientra nell'oggetto sociale, non essendo lo scopo mutualistico di per sé incompatibile con quello di lucro (Cass., 24 marzo 2014, n. 6835).

In tal caso, un eventuale concorso tra fallimento e l.c.a. si risolve secondo un criterio di prevenzione, nel senso che la dichiarazione di fallimento preclude il provvedimento di l.c.a. e viceversa (art. 196 l.fall.).

In caso di conflitto positivo:

a) se il tribunale ha erroneamente aperto il fallimento a carico di un'impresa assoggettabile solo a l.c.a.: la doglianza può essere fatta valere attraverso sia il reclamo avverso la sentenza di fallimento (nel rispetto dei termini), sia il ricorso in cassazione per motivi di giurisdizione (in ogni stato e grado del processo);

b) se la p.a. ha erroneamente adottato un provvedimento di l.c.a. a carico di un'impresa assoggettabile solo a fallimento: la doglianza può essere fatta valere con ricorso amministrativo o in sede di giurisdizione amministrativa.

In caso invece di conflitto negativo, si ammette il ricorso in cassazione per conflitti negativi di attribuzione tra la p.a. e l'A.g.o. (Del Vecchio, La liquidazione coatta amministrativa, Milano, 1998, 11).

In evidenza: La prevista abrogazione della l.c.a. per le società cooperative in stato di insolvenza

Nel d.d.l. per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza sono introdotti due criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nel disciplinare la liquidazione coatta amministrativa. In particolare si prevede: i) l'applicazione in via generale della disciplina concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di insolvenza attualmente soggette a l.c.a., mantenendo fermo il relativo regime speciale solo nei casi previsti dalle leggi speciali in materia di banche e imprese assimilate, intermediari finanziari, imprese assicurative e assimilate, nonché dalle leggi speciali in materia di procedimenti amministrativi di competenza delle autorità amministrative di vigilanza, conseguenti all'accertamento di irregolarità e all'applicazione di sanzioni da parte delle medesime autorità (art. 14, lett. a); ii) l'attribuzione alle autorità amministrative di vigilanza di competenze in tema di segnalazione dell'allerta e di funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nelle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, anche al fine di individuare soluzioni di carattere conservativo, nonché la legittimazione alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale (art. 14, lett. b). In sostanza, dunque, ribadito il ruolo centrale dell'autorità amministrativa di vigilanza nella segnalazione di situazioni di allerta e nell'eventuale composizione assistita della crisi, si prevede l'abolizione della l.c.a. come procedura concorsuale volta a disciplinare l'insolvenza delle società cooperative (con conseguente abrogazione dell'art. 2545-terdecies c.c.) – salve le succitate esenzioni – mantenendola invece come sanzione per irregolarità gestionali (Tomasso, La liquidazione coatta amministrativa tra prospettive di sostanziale abrogazione e criticità odierne, in Fall., 2016, 10, 1113). Nella relazione illustrativa si legge infatti che, al di fuori dei settori soggetti a particolare regime di vigilanza ad opera di autorità pubbliche a tal fine specificamente istituite, quali il settore bancario, assicurativo e dell'intermediazione finanziaria, nell'ambito dei quali l'istituto risponde anche ad esigenze sui generis che chiamano in causa la peculiare competenza delle anzidette autorità di settore, non sembrano più sussistere ragioni che, per imprese diverse – tra cui segnatamente le cooperative – giustifichino una disciplina della crisi e dell'insolvenza dell'impresa divergente da quella tracciata in via generale. Lo sforzo di ricondurre ad unità sistematica la normativa concorsuale suggerisce quindi di riportare anche il fenomeno della crisi e dell'insolvenza delle imprese oggi soggette a l.c.a. nell'alveo della disciplina comune, circoscrivendo detto istituto speciale alle sole ipotesi in cui la necessità di liquidare l'impresa non discenda dall'insolvenza, ma costituisca lo sbocco di un procedimento amministrativo volto ad accertare e sanzionare gravi irregolarità intervenute nella gestione.

La regola dell'esclusione del fallimento per le imprese soggette a l.c.a. non incide comunque sulla possibilità per le stesse (se esercenti attività commerciale e diverse da enti pubblici: art. 1 l.fall.) di accedere alla procedura di concordato preventivo, stante la espressa compatibilità delle due procedure concorsuali (art. 3 l.fall.), e finanche di avvalersi della procedura di ristrutturazione dei debiti (Guglielmucci, Diritto fallimentare, 2014, 364), salvo sempre che la legge non disponga diversamente (come per le banche). È dunque possibile che un'impresa venga ammessa a concordato preventivo e poi, verificatasi la cessazione della procedura, a l.c.a., anche previa dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale competente su istanza del commissario giudiziale (art. 195, co. 7, l.fall.).

L'accertamento dello stato di insolvenza

Diversamente dal fallimento, nella l.c.a. lo stato di insolvenza (così come qualificato dall'art. 5 l.fall.) non è sempre presente, posto che la procedura può aprirsi anche per presupposti diversi, previsti dalle leggi speciali e riconducibili sia alla sussistenza di ragioni di interesse pubblico accertate dall'autorità di vigilanza, sia alla violazione di norme legali, regolamentari o statutarie. Lo stato di insolvenza, dunque, può rappresentare uno dei presupposti per l'apertura della l.c.a., ma non ne costituisce un requisito indefettibile. In ogni caso, nella l.c.a., la dichiarazione di insolvenza non è preclusa dalla circostanza che l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia complessivamente inferiore a trentamila euro, non applicandosi l'ultimo comma dell'art. 15 l.fall., avente carattere eccezionale e dunque non suscettibile di applicazione analogica (Cass., 22 aprile 2013, n. 9681).

L'accertamento giudiziale dell'insolvenza di un soggetto cui si applica esclusivamente la disciplina della l.c.a. può precedere (eccezion fatta per gli enti pubblici) oppure seguire l'apertura della procedura concorsuale in esame. Si delineano dunque due casi.

  • Dichiarazione di insolvenza anteriore al provvedimento di l.c.a. (art. 195 l.fall.). L'istanza può essere presentata da: i) uno o più creditori; ii) l'autorità governativa che ha la vigilanza sull'impresa; iii) l'impresa stessa; iv) il commissario giudiziale, quando nel corso di una precedente procedura di concordato preventivo si è verificata la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza; v) il pubblico ministero, qualora i beni dell'impresa siano stati sottoposti a sequestro o confisca penali (artt. 20,24 d.lgs. 159/2011). È dunque da escludere, in ossequio alla disciplina fallimentare generale, il potere dell'autorità giudiziaria di dichiarare lo stato d'insolvenza d'ufficio. Il tribunale competente è quello del luogo dove l'impresa ha la sede principale, ossia il centro direttivo e amministrativo degli affari, risultando irrilevante, ai fini della competenza funzionale inderogabile, l'eventuale trasferimento intervenuto nell'anno antecedente. L'autorità giurisdizionale deve sentire sia il debitore in camera di consiglio secondo quanto prescritto dall'art. 15 l.fall., che l'autorità di vigilanza (anche quando non ha assunto la qualità di parte). Se respinge il ricorso per la dichiarazione di insolvenza, provvede con decreto motivato soggetto a reclamo a norma dell'art. 22 l.fall. Se invece riscontra lo stato di insolvenza ex art. 5 l.fall., dichiara tale stato con sentenza sempre reclamabile da qualunque interessato ai sensi degli artt. 18 e 19 l.fall. Con la stessa sentenza o con successivo decreto, il tribunale adotta altresì i provvedimenti conservativi opportuni nell'interesse dei creditori fino all'inizio della procedura di liquidazione. La sentenza, notificata e resa pubblica nei modi stabiliti per la sentenza di fallimento ex artt. 16 e 17 l.fall., deve essere comunicata nel termine ordinatorio di 3 giorni all'autorità di vigilanza affinché disponga la liquidazione, in tal caso con provvedimento di carattere vincolato (v. infra). L'ammissione alla procedura di l.c.a. resta infatti di competenza dell'autorità amministrativa. Deve precisarsi che nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza del tribunale il commissario liquidatore è considerato litisconsorte necessario. Tuttavia, qualora lo stesso non sia stato ancora nominato entro il termine previsto per l'impugnazione, si procederà a contraddittorio non integro, per poi disporre l'ordine di integrazione a nomina avvenuta (Del Vecchio, 144).

  • Dichiarazione di insolvenza posteriore al provvedimento di l.c.a. (art. 202 l.fall.). L'istanza può essere presentata da: i) il commissario liquidatore nominato nella procedura di l.c.a.; ii) il pubblico ministero. Il tribunale competente rimane quello del luogo dove l'impresa ha la sede principale. L'autorità giurisdizionale, sempre sentito debitore e autorità di vigilanza, accerta lo stato di insolvenza in camera di consiglio anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo. La sussistenza dello stato di insolvenza deve comunque essere riscontrata con riferimento alla data del provvedimento di l.c.a. Anche il tal caso il decreto di rigetto è reclamabile ex art. 22 l.fall., mentre la sentenza dichiarativa, cui eventualmente si accompagnano provvedimenti conservativi, exartt. 18 e 19 l.fall., risulta soggetta alla medesima pubblicità prescritta per la sentenza di fallimento.

La dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale, sia essa anteriore o posteriore al provvedimento di l.c.a., determina l'applicazione delle norme fallimentari relative agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in ogni caso a far data dal decreto di apertura della procedura di l.c.a. (art. 203, co. 1, l.fall.). In particolare si applicano le norme in materia di revocatoria fallimentare e ordinaria (artt. 64-70 l.fall.), pure nei confronti dei soci a responsabilità illimitata, anche se la l.c.a. non si estende a detti soggetti. Le azioni di revoca degli atti compiuti in frode ai creditori sono promosse dal commissario liquidatore (art. 203, co. 2, l.fall.). Il termine prescrizionale decorre però dalla dichiarazione dello stato di insolvenza (momento a partire dal quale il diritto può essere esercitato), così come, allorquando l'accertamento giudiziale preceda l'emanazione del decreto ministeriale di apertura della procedura, il termine dal quale calcolare a ritroso il periodo sospetto decorre dalla data della sentenza e non da quella di emissione del provvedimento amministrativo (Cass., 19 gennaio 2016, n. 803). Il commissario liquidatore è altresì obbligato a presentare alla Procura della Repubblica, entro un mese (salvo proroghe) dalla sentenza di insolvenza, una relazione in conformità a quella che il curatore fallimentare deve presentare al giudice delegato ex art. 33 l.fall., nella quale devono essere evidenziati anche eventuali comportamenti rilevanti ai fini penali (art. 203, co. 3, l.fall.). Trovano infatti applicazione pure le norme relative ai reati fallimentari (art. 237 l.fall.). Nonostante non sia previsto espressamente, copia di tale relazione dovrà essere trasmessa anche all'autorità di vigilanza.

L'apertura della procedura

La l.c.a. è disposta con decreto motivato del Ministero competente a seconda dell'attività svolta dall'impresa, su proposta dell'autorità di vigilanza di settore (ad es. per le banche provvede il Ministero dell'economia, su proposta della Banca d'Italia, ex art. 80 T.U.B.). Trattasi di un provvedimento discrezionale (si parla in proposito di discrezionalità tecnica), sempre revocabile da parte dell'autorità che lo ha emesso, e che diventa obbligato solo in caso di dichiarazione giudiziale di insolvenza (v. sopra). Il provvedimento di messa in liquidazione, entro dieci giorni dalla sua emanazione, deve essere pubblicato integralmente, a cura dell'autorità disponente, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nonché comunicato per l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese (art. 197 l.fall.).

Sono fatte salve altre forme di pubblicità disposte nel provvedimento medesimo. A pena di nullità, l'impresa interessata deve comunque essere notiziata dell'avvio del procedimento di carattere amministrativo,potendo proporre impugnazione contro il provvedimento che ordina la liquidazione, al pari di ogni altro interessato che vanti un interesse legittimo leso dal decreto di l.c.a., davanti al giudice amministrativo territorialmente competente (TAR in prima istanza e Consiglio di Stato in sede di gravame). Dalla data di emanazione del decreto di l.c.a. cessano le funzioni di tutti gli organi societari e gli atti eventualmente compiuti diventano inefficaci. In realtà, più che di cessazione vera e propria si tratterebbe di una mera sospensione che si protrae per tutta la durata della procedura concorsuale (Cass., 1° agosto 2014, n. 17525), come conferma il fatto che, qualora la procedura medesima venga meno, per concordato (v. infra) o per revoca o annullamento del provvedimento di apertura, riprendono vigore tutti i poteri e le prerogative degli organi statutari (Cass., 26 febbraio 1990, n. 1430).

Gli organi

Gli organi della procedura di l.c.a. sono: i) l'autorità di vigilanza; ii) il commissario liquidatore; iii) il comitato di sorveglianza.

L'autorità di vigilanza ha funzione di indirizzo, controllo e autorizzazione dell'attività commissariale.

Il commissario liquidatore è nominato dall'autorità di controllo con il decreto che ordina la liquidazione o con successivo provvedimento (art. 198, co. 1, l.fall.). L'accettazione dell'incarico può essere anche tacita, ma l'atto di nomina deve essere sempre trascritto nel registro delle imprese. Qualora l'importanza dell'impresa lo consigli, in caso di l.c.a. di grandi dimensioni, possono essere nominati tre commissari liquidatori che deliberano a maggioranza. In tal caso la rappresentanza è esercitata congiuntamente da due di essi (art. 198, co. 2, l.fall.). Nonostante la legge non identifichi in modo espresso le cause di incompatibilità, deve ritenersi che non possono essere nominati al ruolo di commissario liquidatore: l'incapace, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del presidente e degli amministratori dell'impresa in l.c.a., il socio, il creditore, il condannato a una pena interdittiva dai pubblici uffici.

All'organo commissariale è affidata l'amministrazione del patrimonio dell'impresa, finalizzata alle operazioni di liquidazione.

Come il curatore fallimentare, anche il commissario liquidatore è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale (art. 199, co. 1, l.fall.), potendo dunque incorrere in responsabilità penale allorquando commetta reati in relazione all'incarico ricevuto. A dispetto però del curatore, gli atti dallo stesso posti in essere, essendo di natura amministrativa e finalizzati alla tutela di interessi pubblici, sono impugnabili davanti al giudice amministrativo (Cons. Stato, 23 settembre 2014, n. 4798, in Foro amm., 2014), fermo però restando che, se incidono su diritti soggettivi di terzi estranei alla procedura, sono sindacabili dall'A.g.o. (Cass., S.U., 13 novembre 1997, n. 11216), come ad esempio nel caso di controversie riguardanti la proprietà di beni. Inoltre, anche il commissario liquidatore, pur esercitando di regola personalmente le funzioni del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, può delegare ad altri specifiche operazioni e farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite secondo quanto previsto dall'art. 32 l.fall. per il curatore nel fallimento, soggiacendo alla medesima responsabilità civile ex art. 38 l.fall., che si ritiene di natura contrattuale.

Il commissario liquidatore compie autonomamente tutti gli atti di ordinaria amministrazione. Devono invece essere autorizzati dall'autorità di vigilanza (art. 206 l.fall.): i) il compimento degli atti previsti dall'art. 35 l.fall., se di valore indeterminabile o superiore a euro 1.032,91, mentre invece gli atti diversi da quelli espressamente contemplati non necessitano di autorizzazione alcuna; ii) la continuazione dell'esercizio dell'impresa, ferma la libertà di subentro nei rapporti preesistenti; iii) l'azione di responsabilità sociale e dei creditori sociali contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell'impresa in liquidazione, che il commissario può esercitare congiuntamente a norma degli artt. 2393 e 2394 c.c.; di contro, per ogni altra iniziativa, relativa all'agire o al resistere in giudizio, non è richiesta autorizzazione. Così, ad esempio, nel procedimento per bancarotta a carico degli amministratori di una società dichiarata in stato di insolvenza, è da ritenersi ammissibile la costituzione di parte civile del commissario liquidatore non munito di autorizzazione da parte dell'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione (Cass. pen., 17 marzo 2016, n. 20108). È stato inoltre affermato che l'apertura della l.c.a. costituisce un “fatto giuridico” di per sé idoneo a radicare la legittimazione processuale, attiva e passiva, del commissario liquidatore in relazione ai rapporti giuridici che ne formano oggetto, a prescindere dalla validità intrinseca del predetto provvedimento e finché esso non venga rimosso dalla stessa amministrazione ovvero annullato, dichiarato nullo o giuridicamente inesistente con pronuncia giurisdizionale passata in giudicato che renda non più proseguibile la procedura e che avrà, dunque, effetti ex nunc (Cass., 22 gennaio 2014, n. 1280).

L'organo commissariale può, in ogni tempo, essere revocato da parte dell'autorità di vigilanza, per ragioni disciplinari connesse a violazioni o irregolarità, allorquando la procedura subisca danni in conseguenza di comportamenti dolosi o colposi del commissario liquidatore, siano essi commissivi od omissivi. Il provvedimento motivato di revoca, di natura amministrativa, è impugnabile davanti al TAR. Intervenuta la revoca, l'azione di responsabilità deve essere proposta dal nuovo liquidatore, previa autorizzazione della predetta autorità. Altri casi di cessazione dell'incarico sono: la rinuncia, la sopravvenuta incapacità o incompatibilità a conservare la carica, la chiusura della procedura. È stato peraltro osservato che la proponibilità dell'azione di responsabilità nei confronti del commissario liquidatore, per l'inadempimento degli obblighi inerenti alle funzioni svolte, non è esclusa se quest'ultimo non possa più continuare a svolgere le proprie funzioni a causa dell'improseguibilità della procedura di l.c.a., come accade nel caso in cui sia stata definitivamente dichiarata l'illegittimità del decreto di apertura (Cass., 22 gennaio 2014, n. 1280).

La liquidazione del compenso del commissario liquidatore è di competenza dell'autorità di vigilanza, ma in caso di contestazioni, la relativa controversia rientra nella giurisdizione ordinaria, in quanto inerente a diritti soggettivi (Cass., S.U., 22 febbraio 2002, n. 2627). In particolare, i criteri per la determinazione e la liquidazione del compenso sono stati recentemente dettati dal decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 3 dicembre 2016, ove si prevede una quota remunerativa delle attività di natura concorsuale e una quota remunerativa dell'attività gestionale, nel caso di autorizzazione alla continuazione dell'esercizio dell'impresa.

Con il medesimo decreto di apertura della procedura di l.c.a., ovvero successivamente, viene designato anche un comitato di sorveglianza, la cui nomina è facoltativa solo nella liquidazione di cooperative. Trattasi di un organo collegiale composto da tre o cinque membri scelti tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall'impresa, possibilmente tra i creditori (art. 198 l.fall.). I membri del comitato di sorveglianza nominano tra loro un presidente e le relative decisioni vengono assunte a maggioranza. Sono anch'essi pubblici ufficiali e restano in carica per tutta la durata della procedura, salva la possibilità di revoca da parte dell'autorità di vigilanza con decreto motivato. Il comitato di sorveglianza, similmente al comitato dei creditori nel fallimento, svolge funzioni consuntive e di controllo sull'operato del commissario liquidatore e ciascun membro ha il diritto di formulare osservazioni scritte, per contro però, diversamente dall'organo fallimentare, non ha poteri di ingerenza nell'attività di amministrazione.

Gli effetti del provvedimento di l.c.a.

Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si producono determinati effetti, alcuni tipici della l.c.a., altri propri del fallimento espressamente richiamati. È stato peraltro affermato che la circostanza per la quale la produzione degli effetti decorre dalla data del provvedimento amministrativo, anziché da quella della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, non discrimina tra soggetti coinvolti nella procedura concorsuale in esame e nel fallimento, atteso che il terzo può assumere, presso la competente amministrazione, exartt. 22 e 25 l. 241/1990 le opportune informazioni circa l'esistenza ed il contenuto di un eventuale decreto di liquidazione dell'impresa, tanto più che, ove quest'ultimo sia successivo alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, i terzi coinvolti nella procedura concorsuale possono avere una preventiva conoscenza della suddetta declaratoria (Cass., 30 luglio 2014, n. 17290).

  • Effetti per l'impresa (art. 200 l.fall.):

- si applicano della l.fall. gli artt.: 42 (beni del fallito), 44 (atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento), 45 (formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento), 46 (beni non compresi nel fallimento) e 47 (alimenti al fallito e alla famiglia) – ancorché di scarso rilievo nella procedura in commento –;

- se l'impresa è una persona giuridica, cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo: i) il caso di proposizione del concordato ex art. 214 l.fall.; ii) l'ipotesi di revoca o annullamento del provvedimento di l.c.a.; iii) l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza successivo all'apertura della procedura, per il mantenimento della rappresentanza processuale in capo al legale rappresentante dell'impresa; iv) l'adempimento di taluni obblighi connessi all'apertura della procedura, quali la redazione del conto della gestione relativo al periodo posteriore all'ultimo bilancio e fino al decreto di l.c.a. ex art. 205 l.fall., nonché la consegna al commissario dei beni, delle scritture contabili e degli altri documenti dell'impresa ex art. 204 l.fall.;

- nelle controversie relative a rapporti patrimoniali sta in giudizio, per l'impresa in l.c.a., il commissario liquidatore, anche qualora si tratti di giudizi in corso alla data del provvedimento di apertura della procedura, i quali dunque a tal fine si interrompono con la dichiarazione in giudizio o con la notifica del decreto di l.c.a. alle altre parti; i rappresentanti legali dell'impresa in l.c.a. mantengono invece la propria legittimazione processuale nelle azioni di carattere non patrimoniale, relative all'accertamento dello stato di insolvenza, alla formazione dello stato passivo, alle impugnazioni contro il bilancio finale di liquidazione e il piano di riparto, potendo in ogni caso intervenire in tutti i giudizi dai quali possa dipendere un'imputazione di bancarotta a loro carico o quando l'intervento sia previsto dalla legge.

  • Effetti per i creditori (art. 201 l.fall.): si applicano le disposizioni relative agli effetti del fallimento per i creditori, intendendosi sostituiti: i) nei poteri del tribunale e del giudice delegato, l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione; ii) nei poteri del curatore, il commissario liquidatore; iii) nei poteri del comitato dei creditori, il comitato di sorveglianza. In particolare, si applicano della l.fall. gli artt.: 51 (divieto di azioni esecutive e cautelari individuali), 52 (concorso dei creditori), 53 (creditori muniti di pegno o privilegio su mobili), 54 (diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell'attivo), 55 (effetti del fallimento sui debiti pecuniari), 56 (compensazione in sede di fallimento), 57 (crediti infruttiferi), 58 (obbligazioni e titoli di debito), 59 (crediti non pecuniari), 60 (rendita perpetua e rendita vitalizia), 61 (creditore di più coobbligati), 62 (creditore di più obbligati solidali parzialmente soddisfatto), 63 (coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia).

  • Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori (art. 201 l.fall.): si applica l'art. 66 l.fall., relativo all'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria nel fallimento. Soltanto a seguito della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza sono richiamate anche le altre disposizioni relative agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli (v. sopra). In caso di consecuzione di procedure, ad esempio quando al concordato preventivo segua la l.c.a., trova applicazione il principio di retrodatazione del periodo sospetto, ancorché non espressamente previsto.

Effetti sui rapporti giuridici preesistenti (art. 201 l.fall.): si applicano le disposizioni relative agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, intendendosi sostituiti: i) nei poteri del tribunale e del giudice delegato, l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione; ii) nei poteri del curatore, il commissario liquidatore; iii) nei poteri del comitato dei creditori, il comitato di sorveglianza. In particolare, si applicano della l.fall. gli artt.: 72 (rapporti pendenti), 72-bis (contratti relativi ad immobili da costruire), 72-ter(effetti sui finanziamenti destinati a uno specifico affare), 72-quater (locazione finanziaria), 73 (vendita con riserva di proprietà), 74 (contratti ad esecuzione continuata e periodica), 75 (restituzione di cose non pagate), 76 (contratto di borsa a termine), 77 (associazione in partecipazione), 78 (conto corrente, mandato, commissione), 79 (contratto di affitto di azienda), 80 (contratto di locazione di immobili), 81 (contratto di appalto), 82 (contratto di assicurazione), 83 (contratto di edizione), 83-bis(clausola arbitrale).

La formazione dello stato passivo

In evidenza: Il procedimento di formazione dello stato passivo nella l.c.a.

Il procedimento di formazione dello stato passivo nella l.c.a., disciplinato in via generale dalla legge fallimentare (artt. 207, 208 e 209, con salvezza delle diverse disposizioni contenute in leggi speciali), si struttura in una duplice fase: la prima, necessaria, di carattere amministrativo, condotta dal commissario liquidatore e informata a un principio di officialità; la seconda, astrattamente soltanto eventuale, di natura giudiziale, da svolgersi davanti all'A.g.o. L'operato amministrativo precede quindi indefettibilmente l'intervento giudiziale meramente potenziale che trova la propria sede naturale nel giudizio di impugnazione dello stato passivo exartt. 98 e 99 l. fall. e in quello di accertamento delle domande di insinuazione tardiva ex art. 101 l. fall., secondo i testuali richiami prescritti (art. 209, co. 2, l.fall.). Il che conferma la qualifica della l.c.a. come procedimento amministrativo in tutte le sue parti, in cui si innestano fasi di natura giurisdizionale (Cass., 10 giugno 2011, n. 12729). Il carattere amministrativo del procedimento di l.c.a. rende peraltro non configurabile, in relazione ad esso, il diritto all'equa riparazione per le conseguenze dell'irragionevole durata del processo, rimanendo soggette alla disciplina indennitaria solo le fattispecie processuali interne (Cass., 10 giugno 2011, n. 12729).

La verifica dello stato passivo nella l.c.a. riceve copertura normativa unicamente con riguardo alla fase giudiziale, mentre invece con riguardo all'accertamento compiuto dal commissario liquidatore, a parte l'indicazione dell'asse temporale in cui questo è scandito, resta priva di regolazione. Trattasi in particolare di una verifica che ambisce a concretare una celerità di ricognizione di tutte le pretese creditorie (anche relative a crediti prededucibili: Cass., 13 agosto 2015, n. 16844, che ritiene l'art. 111-bis l.fall. non automaticamente applicabile alla l.c.a.), rifiutando il primato dell'esercizio giurisdizionale, tanto che, già prima del possibile operato giudiziale, lo stato passivo risulta essere in una certa misura accertato e reso incondizionatamente esecutivo dal commissario liquidatore. Tuttavia detto carattere di scopo viene a perdere di effettività a causa sia dell'ordinarietà dei termini che cadenzano la fase amministrativa, sia della fisiologica procastinazione del momento di definitività dello stato passivo all'esaurimento della possibilità di presentare domande di insinuazione tardiva davanti all'A.g.o. La cristallizzazione del risultato dell'attività amministrativa viene quindi di fatto subordinata alla conclusione di un esercizio di giurisdizione (Armeli, Parametri di ammissibilità della domanda di insinuazione tardiva nella l.c.a., in Riv. proc., 2015).

Entro un mese dalla nomina, il commissario liquidatore comunica ai creditori le somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell'impresa, seppur con riserva ex lege di eventuali contestazioni in sede di elaborazione dello stato passivo. Analoga comunicazione è rivolta a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall'impresa. In entrambi i casi la comunicazione deve essere effettuata, ove possibile, a mezzo posta elettronica certificata, altrimenti, a mezzo raccomandata o fax, e contenere: i) l'indirizzo pec del commissario liquidatore; ii) l'invito al destinatario di comunicare il proprio, con onere di segnalare ogni variazione; iii) l'avvertimento che tutte le successive comunicazioni saranno effettuate dal commissario all'indirizzo pec indicato, procedendosi diversamente mediante deposito in cancelleria in caso di mancata indicazione dell'indirizzo o della relativa variazione, oppure in caso di mancata consegna per cause imputabili al destinatario (art. 207, co. 1 e 2, l.fall.). Al di fuori di queste ipotesi continueranno invece a seguirsi le forme tradizionali di raccomandata e fax. In applicazione inoltre dell'art. 31-bis, co. 3, l.fall., per tutto il corso della procedura e fino a due anni dopo la chiusura della stessa, il commissario liquidatore è tenuto a conservare tutti i messaggi inviati e ricevuti a mezzo pec.

Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione, i creditori e i titolari di diritti possono far pervenire al commissario le loro osservazioni o istanze (art. 207, co. 3, l.fall.). Si tratterà di contestazioni inerenti, ad esempio, l'entità della somma comunicata, l'omissione di interessi maturati, il disconoscimento della prelazione (Del Vecchio, 601). I soggetti che invece non hanno ricevuto la comunicazione commissariale possono chiedere, a mezzo raccomandata e con indicazione dell'indirizzo pec personale, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei loro beni entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione (art. 208), senza tuttavia incorrere in preclusioni. In entrambi i casi, infatti, stante sempre la non perentorietà dei termini, la presentazione di osservazioni, istanze o richieste non rappresenta un onere, né tantomeno un obbligo, per il creditore quantunque interessato, potendo quest'ultimo sopperire all'inerzia iniziale, non solo fino al deposito dello stato passivo (Cass., 12 febbraio 2008, n. 3380), ma altresì con un proprio intervento nella fase giurisdizionale di accertamento, nella forma delle opposizioni (potendo anche modificare o integrare l'istanza eventualmente già presentata ex art. 208 l.fall.: Cass., 15 febbraio 2016, n. 2917) o dell'insinuazione tardiva, a seconda dei casi (Giorgi, sub artt. 204-215, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da Cavallini, Milano, 2010).

Nell'indicativo termine di novanta giorni dall'apertura della procedura, il commissario liquidatore, sulla base delle informazioni raccolte d'ufficio e delle eventuali osservazioni, istanze e richieste pervenute, forma poi l'elenco dei crediti, ammessi o respinti, e delle domande di rivendicazione, restituzione e separazione, accolte o rigettate. L'elenco è depositato nella cancelleria del tribunale del luogo dove l'impresa ha sede principale, divenendo per legge esecutivo (art. 209, co. 1, l.fall.). Con tale deposito si può direttamente procedere al riparto dell'attivo già liquidato: rispetto al fallimento, infatti, l'accertamento dei debiti e il realizzo dell'attivo possono avvenire anche parallelamente, posto che l'esecutività dello stato passivo è il presupposto solo delle restituzioni e dei riparti e non anche della liquidazione. Gli ulteriori effetti dell'esecutività dell'elenco dei crediti e delle domande dei terzi si estrinsecano nell'impossibilità, da un lato, di proporre ulteriori osservazioni, istanze e richieste exartt. 207 e 208 l.fall., e, dall'altro, di operare alcuna variazione sull'elenco stesso. Il risultato dell'attività del commissario liquidatore si pone pertanto quale atto autoritativo di natura amministrativa, contenente un accertamento tendenzialmente definitivo, munito di efficacia preclusiva, in quanto impediente la messa in discussione del suo contenuto anzitutto alla stessa autorità che lo ha emesso, inibendole, in via immediata e automatica, la potestà di revocarlo (Bonsignori, La liquidazione coatta amministrativa (artt. 194-215), in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1974, 229 ss.). È inoltre a tal punto che può innestarsi la fase giurisdizionale di formazione dello stato passivo, con la proposizione davanti all'autorità funzionalmente competente dei mezzi di opposizione, impugnazione e/o revocazione, nonché delle domande di insinuazione tardiva, in ossequio alla disciplina fallimentaristica, a seguito dell'ulteriore comunicazione a mezzo pec da parte del commissario liquidatore, tenuto a trasmettere l'elenco dei crediti ammessi o respinti a coloro la cui pretesa non sia stata in tutto o in parte ammessa. Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono infatti disciplinate dagli artt. 98, 99 (trovando quindi conferma anche il termine dimidiato per la proposizione del ricorso: Cass., 5 marzo 2015, n. 4481), 101 e 103l.fall., intendendosi sostituito al giudice delegato, il giudice istruttore e al curatore, il commissario liquidatore. Sono sempre fatte salve le disposizioni contenute in leggi speciali.

In evidenza: La valenza dell'accertamento commissariale

È pacifico che le osservazioni, istanze e richieste ex artt. 207 e 208 l.fall. non abbiano la portata di vere e proprie domande giudiziali, salvo solo l'effetto di interruzione della prescrizione (Cass., 2 marzo 2004, n. 4209). Tuttavia è da tener presente che ciò non esclude che il commissario liquidatore debba comunque tenere conto delle stesse. Pertanto, il silenzio serbato dall'organo amministrativo su quanto direttamente sottoposto al suo esame e il successivo omesso inserimento del credito nell'elenco dello stato passivo assumono valore implicito di rigetto (Cass., S.U., 26 marzo 2015, n. 6062), contro il quale il creditore o il titolare di diritti può reagire soltanto con l'opposizione, nel medesimo termine di trenta giorni previsto nella procedura fallimentare (Cass., 23 luglio 2010, n. 17337), al fine di evitare il formarsi di una preclusione. Per contro, il mancato esercizio della facoltà di presentare osservazioni, istanze o richieste apre la possibilità di proporre domanda di ammissione tardiva, in quanto avente un oggetto non pregiudicato da alcun silenzio-rigetto. Nella l.c.a. il giudizio attivato da una domanda di insinuazione tardiva si pone dunque al contempo come alternativo e sostitutivo dell'iter amministrativo che lo ha preceduto, in quanto volto a completare, modificandolo, il quadro risultante dallo stato passivo definito dal commissario liquidatore, qualora per alcune posizioni creditorie il giudizio commissariale sia stato carente. Alternativo nell'accertamento del passivo limitatamente alle pretese non fatte oggetto di preventiva valutazione, le quali potranno trovare spazio nello stato passivo pur senza essere passate dalla cognitio amministrativa. E sostitutivo perché tale passaggio è totalmente stralciato dall'accertamento giudiziale, scevro da qualsiasi pre-giudizio, il quale, una volta riconosciute esistenti le pretese insinuate e riscontrata l'omissione del commissario liquidatore, statuisce in via definitiva sulla composizione del passivo, o meglio, sui diritti tardivamente insinuati in esso inclusi (Armeli, 1274). Deve infatti esser chiaro che il deposito dello stato passivo nella cancelleria del tribunale, con mera funzione di pubblicità (Cass., S.U., 15 ottobre 2008, n. 25174), non può certamente avere la virtù di far acquistare intrinseca natura giurisdizionale all'atto conclusivo del procedimento amministrativo di verificazione del passivo nella l.c.a., e quindi a fortiori l'accertamento commissariale non può che essere privo per definizione di quella valenza propria della res iudicata (De Santis, La formazione e le impugnazioni dello stato passivo nella l.c.a. dell'impresa bancaria: tracce per una riflessione de jure condendo, in Fall., 2015). In definitiva, all'elenco formato dal commissario liquidatore si deve attribuire una solidità minore e un'efficacia preclusiva inferiore rispetto al passivo fallimentare, tanto da far discendere una maggiore elasticità dei meccanismi e dei tempi di insinuazione dei crediti (Guarnieri, Opposizione allo stato passivo e domanda di ammissione tardiva, in Fall., 2004, 398). Da tutto ciò, pertanto, non può che derivare l'impossibilità di ravvisare preclusioni (da giudicato) relative a tutto ciò che nella fase amministrativa di verifica non è stato dedotto, anche se sarebbe stato deducibile.

La liquidazione dell'attivo

Il commissario liquidatore, oltre alle scritture contabili e agli altri documenti dell'impresa, prende in consegna i beni compresi nella liquidazione, richiedendo ove occorra l'assistenza di un notaio, e provvede a formare l'inventario, nominando se necessario uno o più stimatori per la valutazione dei beni (art. 204, co. 2 e 3, l.fall.). In più, in caso di società con soci a responsabilità limitata, il presidente del tribunale può, su proposta del commissario, ingiungere con decreto (opponibile ex art. 645 c.p.c.) a tali soci, ed eventualmente ai precedenti titolari di quote o azioni, di eseguire i versamenti ancora dovuti, quand'anche non sia ancora scaduto il termine stabilito per il pagamento (art. 210, co. 3, l.fall.), salva la possibilità di compensazione con crediti dei soci verso la società (Cass., 19 marzo 2009, n. 6711). L'organo commissariale procede quindi a tutte le operazioni di liquidazione secondo le direttive impartite dall'autorità di vigilanza e sotto il controllo del comitato di sorveglianza (art. 204, co. 1, l.fall.). In particolare, pur essendo dispensato dal formare il bilancio annuale, è tenuto a presentare semestralmente all'autorità di vigilanza una relazione sulla situazione patrimoniale dell'impresa e sull'andamento della gestione liquidatoria, accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza (art. 205, co. 2, l.fall.). In particolare, nella relazione devono indicarsi: le attività realizzate; le spese e le uscite sostenute; la disponibilità finanziaria esistente, con la previsione di eventuali riparti parziali; lo stato della procedura anche con riferimento ai motivi che ne impediscono la chiusura. Una copia della relazione deve essere trasmessa anche: i) al comitato di sorveglianza, affinché lo stesso o ciascuno dei suoi componenti possano formulare osservazioni scritte, unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo; ii) per via telematica all'ufficio del registro delle imprese, assieme alle eventuali osservazioni scritte del comitato; iii) ai creditori e ai titolari di diritti sui beni a mezzo pec.

Nel procedere alle operazioni di liquidazione, il commissario liquidatore gode ex lege di tutti i poteri necessari (provvedendo ad es. anche alla riscossione dei crediti), salve le limitazioni stabilite dall'autorità di vigilanza o le ipotesi in cui la stessa legge prescrive la preventiva autorizzazione da parte di detta autorità, con il parere (ancorché non vincolante) del comitato di sorveglianza, come nel caso di vendita di beni immobili e beni mobili in blocco (art. 210, co. 2, l.fall.). Pertanto lo stesso sarà a dirsi anche per la cessione dell'azienda o del ramo d'azienda.

Rispetto alla procedura fallimentare, nella l.c.a. la liquidazione dell'attivo può avvenire anche prima dell'accertamento del passivo, o contestualmente a tale fase, nella piena libertà di forme e modalità per le vendite di beni, purché funzionali al soddisfacimento dei creditori sociali e sempre nel rispetto delle prescrizioni eventualmente emanate dall'autorità di vigilanza, che ben potrebbe imporre precise modalità (ad es. in ordine a tempistiche e pubblicità). Nonostante, da un lato, si ritenga che non trovino applicazione le norme del c.p.c. relative al processo di esecuzione in materia di vendite mobiliari e immobiliari, né gli artt. 106 e 107 l.fall. con riguardo alle vendite dei beni nella procedura fallimentare, così come le disposizioni dell'art. 2922 c.c. in tema di esclusione della garanzia per i vizi della cosa venduta nella vendita forzata, dall'altro lato, l'indubbia natura coattiva della vendita, anche nella procedura in commento, impone l'obbligo di fornire adeguata pubblicità, sollecitando la competizione, al fine di raggiungere il miglior prezzo possibile alle condizioni date. Una volta garantita la pubblicità dell'offerta, la competizione potrà poi essere organizzata, ad esempio, nelle forme dell'incanto o della gara a buste chiuse. Ad ogni modo, nonostante la trattativa privata non possa escludersi a priori, sono privilegiate modalità che assicurino garanzie di trasparenza, come l'asta pubblica (spesso indetta presso un notaio) o la licitazione privata (inammissibile nel fallimento). Inoltre, la cancellazione di trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli gravanti sui beni venduti può avvenire solo con il consenso del creditore o in forza di una sentenza passata in giudicato o di altro provvedimento definitivo emesso dalla competente autorità (ad es. per le cooperative il potere di cancellazione spetta all'autorità di vigilanza).

La ripartizione del ricavato

Ferma la eccezionale possibilità accordata al commissario liquidatore di distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività, previo parere del comitato di sorveglianza e con l'autorizzazione dell'autorità di vigilanza, (art. 212, co. 2, l.fall.), le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono distribuite secondo l'ordine stabilito dall'art. 111 l.fall. (art. 212, co. 1, l.fall.), per il pagamento dei crediti: i) prededucibili, così qualificati da una specifica disposizione di legge ovvero sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali; ii) ammessi con prelazione sulle cose vendute, secondo l'ordine assegnato dalla legge; iii) chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito ammesso, compresi i crediti con prelazione qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa. I creditori ammessi tardivamente concorrono alla ripartizione dell'attivo con le stesse modalità previste dall'art. 112 l.fall. per la procedura fallimentare, senza quindi pregiudizio per le ripartizioni già avvenute (art. 212, co. 3, l.fall.), ma partecipando soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili. Ciò conferma che anche nella l.c.a. si effettuano ripartizioni parziali, a norma dell'art. 113 l.fall. (art. 212, co. 4, l.fall.), che, a dispetto degli acconti parziali, hanno carattere irrevocabile.

Pertanto, nelle ripartizioni parziali, che non possono superare l'ottanta per cento delle somme da ripartire, salvo riduzione in caso di percentuale insufficiente, devono essere trattenute, oltre che le somme ritenute necessarie per le spese future, per soddisfare il compenso del commissario e ogni altro debito prededucibile, oltreché le somme ricevute dalla procedura per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, anche le quote assegnate ai creditori: i) ammessi con riserva; ii) opponenti, a favore dei quali sono state disposte misure cautelari; iii) opponenti, la cui domanda è stata accolta, ma senza passaggio in giudicato della sentenza; iv) nei cui confronti sono stati proposti giudizi di impugnazione e revocazione.

La chiusura della procedura

Prima dell'ultimo riparto ai creditori, il commissario liquidatore predispone: i) il bilancio finale di liquidazione; ii) il conto della gestione; iii) il piano di riparto dell'attivo tra i creditori. Tali documenti, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, sono sottoposti all'autorità di vigilanza, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario (art. 213, co. 1, l.fall.). Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali indicati dall'autorità stessa. Il commissario liquidatore provvede comunque a darne comunicazione individuale, a mezzo pec, ai creditori ammessi al passivo e a quelli prededucibili (art. 213, co. 2, l.fall.).

I creditori possono proporre le loro contestazioni avverso la documentazione finale con ricorso al tribunale nel termine perentorio di venti giorni dalla ricevuta comunicazione. Per ogni altro interessato, invece, il termine per proporre ricorso decorre dall'inserzione dell'avviso in Gazzetta Ufficiale. Le contestazioni sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorità di vigilanza, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, i quali, entro i venti giorni successivi, possono presentare le loro osservazioni. Il tribunale provvede in camera di consiglio, con applicazione delle disposizioni di cui all'art. 26 l.fall., in quanto compatibili (art. 213, co. 3, l.fall.). Contro il decreto del tribunale, dunque, può essere proposto reclamo, ma senza sospensione degli effetti esecutivi del provvedimento, alla corte d'appello competente nel termine perentorio di dieci giorni dalla notizia del provvedimento, e in ogni caso non oltre novanta giorni dal suo deposito, nonché ricorso in cassazione ex art. 111 Cost. se si tratta di decreto decisorio su diritti soggettivi.

Decorso il termine senza che siano state proposte contestazioni, il bilancio finale di liquidazione, il conto della gestione e il piano di riparto si intendono approvati. Il commissario provvede quindi alle ripartizioni finali, secondo le previsioni di cui all'art. 117 l.fall. (art. 213, co. 4, l.fall.), con distribuzione degli accantonamenti precedentemente fatti. A pagamenti avvenuti, la procedura pertanto si chiude, cessano tutti gli organi e l'impresa si estingue con la cancellazione presso il registro delle imprese. Si applicano, se del caso, gli artt. 2495 e 2496 c.c., i quali prevedono il deposito e la conservazione dei libri sociali per dieci anni presso l'ufficio delle imprese, con possibilità per chiunque di esaminarli, anticipando le spese, nonché la possibilità per i creditori sociali non soddisfatti, ferma restando l'estinzione della società, di far valere i loro crediti nei confronti: i) dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione; ii) dei liquidatori (commissari), se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società.

Il concordato

Anche nella l.c.a., al pari del fallimento, è previsto, quale modalità alternativa di chiusura della procedura, il concordato, a norma dell'art. 124 l.fall., che si applica mutatis mutandis. La richiesta di concordato, di contenuto rispecchiante quello fallimentare, potrà dunque essere avanzata soltanto dopo la formazione dello stato passivo, ancorché siano già stati effettuati alcuni riparti parziali, non prima del decorso di un anno dal decreto di messa in liquidazione (dies a quo) e non oltre due anni dal deposito dello stato passivo che lo rende esecutivo (dies ad quem).

I soggetti legittimati a presentare una proposta di concordato al tribunale sono: i) l'impresa in liquidazione, trovando applicazione, se si tratta di società, l'art. 152 l.fall., posto che eccezionalmente, proprio a tal fine, gli organi societari permangono nelle loro funzioni, per cui la proposta dovrà essere predisposta dagli amministratori e sottoposta all'approvazione dell'assemblea straordinaria dei soci; ii) uno o più creditori; iii) un soggetto terzo. In qualunque caso, la presentazione della proposta deve essere autorizzata dall'autorità di vigilanza, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza (art. 214, co. 1, l.fall.). Si tratta infatti di un concordato di natura pubblicistica (Battaglia, sub art. 214, in Commentario Jorio-Fabiani, Bologna, 2007, 2703), che elimina ogni aspetto contrattualistico dello stesso.

Rilasciata l'autorizzazione prescritta, la proposta di concordato deve essere: i) depositata nella cancelleria del tribunale, unitamente ai pareri del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza; ii) comunicata dal commissario liquidatore, a mezzo pec, a tutti i creditori ammessi al passivo; iii) pubblicata mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e deposito presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 214, co. 2, l.fall.).

La proposta non è sottoposta al voto del ceto creditorio, ma nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricevuta comunicazione ovvero dalle prescritte formalità pubblicitarie, rispettivamente, i creditori e gli altri interessati possono fare opposizione, con ricorso depositato in cancelleria (art. 214, co. 3, l.fall.). Poiché peraltro nella l.c.a. la proposta di concordato non è sottoposta all'approvazione dei creditori, si esprimono dubbi in ordine all'ammissibilità di una censura relativa alla convenienza (Guglielmucci, 371). Il tribunale, sentito il parere (obbligatorio, ma non vincolante) dell'autorità di vigilanza, decide sulle opposizioni e sulla proposta di concordato con decreto in camera di consiglio (art. 214, co. 4, l.fall.). Il giudizio di omologazione, l'efficacia del decreto e la disciplina di un eventuale reclamo sono regolati alla stregua di quanto previsto per il concordato fallimentare dagli artt. 129,130 e 131 l.fall.,che si applicano in quanto compatibili (art. 214, co. 6, l.fall.) Anche per quanto riguarda gli effetti del concordato, viene richiamata la disciplina fallimentaristica di cui all'art. 135 l.fall. (art. 214, co. 6, l.fall.), che estende l'obbligatorietà del concordato omologato a tutti i creditori anteriori all'apertura della l.c.a., indipendentemente dalla loro insinuazione, salva l'azione per l'intero credito contro coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso. Quanto invece alla fase esecutiva, la disciplina si limita a prevedere che il commissario liquidatore, con l'assistenza del comitato di sorveglianza, controlla l'adempimento del concordato, con proroga quindi delle rispettive cariche (art. 214, co. 7, l.fall.).

Se il concordato non è eseguito, il commissario liquidatore ovvero uno o più creditori, possono presentare ricorso per la risoluzione del concordato (art. 215, co. 1, l.fall.). In ossequio a quanto disposto dall'art. 137, co. 2-6, l.fall., relativamente alla risoluzione del concordato fallimentare, espressamente richiamato, la domanda di risoluzione del concordato deve essere proposta nel termine di decadenza di un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento. Il tribunale, sentita in contraddittorio l'impresa in liquidazione, ed eventualmente il garante del concordato, pronuncia con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che dichiara la risoluzione del concordato è provvisoriamente esecutiva e può essere reclamata dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi in corte d'appello entro trenta giorni.

Il concordato omologato può inoltre essere annullato dal tribunale a norma dell'art. 138 l.fall., su istanza del commissario liquidatore o di qualunque creditore (art. 215, co. 2, l.fall.), sempre in contraddittorio con l'impresa in liquidazione, entro sei mesi da quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. In ogni caso il ricorso per l'annullamento non può essere proposto oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

A seguito della risoluzione o dell'annullamento del concordato si riapre automaticamente la procedura di l.c.a., con adozione da parte dell'autorità di vigilanza dei provvedimenti più opportuni (art. 215, co. 3, l.fall.).

Il concordato ben adempiuto comporta invece l'esenzione dalla liquidazione e dall'estinzione dell'ente, al fine di consentire all'impresa il proseguimento dell'attività, eventualmente subordinandola a una riorganizzazione societaria.

Riferimenti normativi

Riferimenti Normativi:

  • Artt. 194-215 l.fall.
  • Artt. 5, 15-19, 22,26 l.fall.
  • Artt. 31- bis , co. 3, 32,33, co. 1, 35,37,38, co. 1, l.fall.
  • Artt. 42, 44-47 l.fall.
  • Artt. 51-63 l.fall.
  • Artt. 64-70 l.fall.
  • Artt. 72-83-bis l.fall.
  • Artt. 98-101, 103 l.fall.
  • Artt. 111-113, 117 l.fall.
  • Artt. 124, 129-131, 135,137,138,152 l.fall.
  • Art. 237 l.fall.
  • Decreto Ministero Sviluppo Economico, 3 dicembre 2016

Giurisprudenza:

  • Cass. S.U., 26 marzo 2015, n. 6062
  • Cass., S.U., 15 ottobre 2008, n. 25174
  • Cass., 19 gennaio 2016, n. 803
  • Cass., 13 agosto 2015, n. 16844
  • Cass., 22 gennaio 2014, n. 1280
  • Cass., 30 luglio 2014, n. 17290
  • Cass., 10 giugno 2011, n. 12729
  • Cons. Stato, 23 settembre 2014, n. 4798
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