Modifica della proposta di concordato (l. fall.)

Chiara Ravina
19 Maggio 2020

La modifica della proposta di concordato è una facoltà riconosciuta al debitore concordatario, purchè la modifica venga presentata entro certi limiti temporali.In particolare, nel regime anteriore al D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, l'art. 175, co. 2, l. fall. stabiliva espressamente che la proposta potesse essere modificata sino all'inizio delle operazioni di voto. Ciononostante, un certo orientamento giurisprudenziale aveva ritenuto ammissibile modifiche della proposta anche successivamente all'adunanza e sino all'omologazione, purchè “migliorative”. 

Inquadramento

Avvertenza – Bussola in aggiornamento.  

La modifica della proposta di concordato è una facoltà riconosciuta al debitore concordatario, purchè la modifica venga presentata entro certi limiti temporali.

In particolare, nel regime anteriore al D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, l'art. 175, comma 2, l. fall. stabiliva espressamente che la proposta potesse essere modificata sino all'inizio delle operazioni di voto. Ciononostante, un certo orientamento giurisprudenziale aveva ritenuto ammissibile modifiche della proposta anche successivamente all'adunanza e sino all'omologazione, purchè “migliorative”.

A seguito delle modifiche introdotte dal citato decreto legge, il limite temporale alla modifica della proposta è ora contenuto nell'art. 172 l. fall., secondo cui “Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori”.

Il sopra citato orientamento giurisprudenziale, sull'ammissibilità delle modifiche “migliorative” sino all'omologazione, non pare applicabile nel nuovo regime; e ciò anche alla luce dell'introduzione dell'istituto delle proposte concorrenti. Ed infatti - pur in assenza, ad oggi, di precedenti specifici sul punto che abbiano affrontato la questione dell'ammissibilità di eventuali modifiche migliorative “oltre il termine” dei 15 giorni anteriori all'adunanza – si può ragionevolmente escludere che, in presenza di proposte concorrenti, il debitore possa avanzare modifiche, ancorché migliorative della proposta originaria, oltre il predetto termine, in quanto, in tal caso, anche i creditori-proponenti dovrebbero avere la possibilità di migliorare le rispettive proposte e questa “gara al rilancio” finirebbe per ridurre il termine a disposizione del commissario giudiziale per valutare la proposta originaria e quelle concorrenti ed operare la comparazione richiesta dalla legge nella propria relazione ai sensi dell'art. 172 l. fall.

Dal punto di vista dei limiti “procedurali”, si segnala un orientamento giurisprudenziale sviluppatosi nel regime anteriore all'entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, che ha ritenuto precluse le modifiche alla proposta ante-adunanza qualora, nel frattempo, fosse stato aperto un procedimento di revoca ex art. 173 l. fall. Ad oggi, non ci risultano precedenti giurisprudenziali che si siano pronunciati in maniera analoga nel regime introdotto dal D.L.. n. 83/2015.

Infine, si evidenzia come i limiti alla modificabilità della proposta non vengano in considerazione, laddove ad essere modificata non sia per l'appunto, la proposta, ma il piano di concordato. In tale ultimo caso, secondo la recente giurisprudenza, il commissario giudiziale dovrà fare applicazione dell'art. 179, comma 2, l. fall., e, conseguentemente, darne avviso ai creditori, al fine di consentire loro di costituirsi nel giudizio di omologazione e modificare il voto già espresso in sede di adunanza.

La modifica della proposta di concordato preventivo: nozione e differenze rispetto alla nuova proposta - sintetici cenni e rimando

Preliminarmente occorre domandarsi quali sono i presupposti della “modifica” della proposta concordataria, in contrapposizione ad una vera e propria “nuova proposta” di concordato.

La definizione di “modifica” può essere data “in negativo”, partendo dalla definizione di “nuova proposta”: in altri termini, tutte quelle modifiche alla proposta che non configurano una “nuova” proposta, almeno tendenzialmente costituiscono una semplice “modifica”.

A tale proposito, pur nella diversità delle declinazioni date dalla giurisprudenza e dalla dottrina al concetto di “nuova proposta”, si può sostenere che le modifiche integrino una nuova proposta in due ordini di casi:

(i) allorquando mutino la natura dell'accordo proposto ai creditori (o meglio, mutino “la logica di superamento della situazione di crisi o di insolvenza nella quale versa la società”; cfr. Tribunale Monza, 5 agosto 2010), tanto da rendere necessario un nuovo controllo di ammissibilità da parte del Tribunale, una rinnovazione dell'attività di valutazione dell'attestatore, una nuova votazione da parte dei creditori, i quali – alla luce delle modifiche introdotte – non possono più fare affidamento sull'assetto originario, per essere cambiate le caratteristiche fondamentali della proposta;

(ii) e/o – secondo un certo orientamento - allorquandomutino elementi della proposta che vadano ad incidere sull'impianto “satisfattorio” del ceto creditorio, quali, inter alia: il numero e la composizione delle classi, la percentuale riconosciuta ai chirografari, la previsione di nuova finanza (per un approfondimento di dottrina e giurisprudenza sulla distinzione tra “nuova proposta” e “modifica della proposta”, si rimanda alla voce “Nuova proposta di concordato preventivo”).

Termini e modalità della modifica alla proposta di concordato: fino a quando il debitore può modificare la proposta di concordato? Quali sono le conseguenze della modifica?

Il termine entro cui il debitore può apportare modifiche alla proposta di concordato è espressamente stabilito dalla legge. Nel regime anteriore all'entrata in vigore del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132 - e, conseguentemente, per tutte quelle procedure attualmente pendenti per cui il predetto regime risulta applicabile - il termine in questione è contenuto nell'art. 175, comma 2, l. fall., in forza del quale “La proposta di concordato non può più essere modificata dopo l'inizio delle operazioni di voto”.

La ratio della regola è quella di evitare che il calcolo delle maggioranze necessarie per l'approvazione del concordato si fondi su voti espressi con riguardo ad una proposta diversa da quella che è destinata ad essere sottoposta al vaglio del tribunale ai fini dell'omologazione e ad essere attuata nella fase esecutiva.

Nel regime introdotto dal citato decreto legge, il termine è quello di 15 (quindici) giorni antecedenti all'adunanza dei creditori ex art. 172 comma 2 l. fall. (“Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori”); e ciò, a maggior ragione, vale laddove, oltre alla proposta del debitore, vi siano proposte concorrenti dei creditori.

Il fatto di anticipare la “cristallizzazione” della proposta ad una fase antecedente all'adunanza dei creditori risponde all'esigenza di consentire al commissario giudiziale di esprimere un motivato parere sulla proposta originaria e di svolgere una comparizione tra questa e le eventuali proposte concorrenti.

Ciò detto, nel regime ante D.L. 83/2015, una parte della giurisprudenza di merito era dell'avviso che le modifiche alla proposta concordataria potessero intervenire anche in una fase successiva all'inizio delle operazioni di voto, purchè si trattasse di proposte “migliorative” (i.e. essenzialmente la corresponsione di una percentuale di soddisfacimento maggiore dei creditori). Restava fermo, però, che tali modifiche - non potendo, comunque, spiegare effetti nell'ambito dell'iter concordatario, stante la regola imposta dall'art. 175, comma 2, l. fall. – integravano delle mere “obbligazioni naturali” a carico della società proponente, la quale poteva, per l'appunto, adempiere, al di fuori della procedura concordataria, a tali obbligazioni naturali, identificabili, essenzialmente, nella corresponsione di una percentuale maggiore di quella offerta ai creditori in base alla proposta approvata ed omologata, senza poter ripetere quanto eventualmente a tale titolo corrisposto (così Tribunale Novara, 7 marzo 2013, Tribunale Mantova, 5 marzo 2009; Tribunale Bari, 22 aprile 1982; Cass. 18 giugno 1992 n. 7557; in dottrina, per l'ammissibilità della modifica sino all'omologa, cfr. Fabiani, Il concordato preventivo, 272; Ferrara jr-Borgioli, Il Fallimento, Milano 1995, 211; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, IV, 2239; Rago, Il concordato preventivo dalla domanda all'omologazione, Padova, 1998, 367).

Diversa la posizione della Corte di legittimità, che, in vari arresti, tra cui uno assai recente, ha escluso la facoltà del debitore proponente di apportare modifiche alla proposta successivamente all'inizio delle operazioni di voto, e ciò quand'anche si tratti di modifiche c.d. “migliorative” (così, Cass. 28 aprile 2015, n. 8575: In tema di modifiche alla proposta di concordato preventivo, l'art. 175, comma 2, l. fall. nel riconoscere espressamente tale facoltà, ne ha rigorosamente limitato l'ambito temporale di esercizio alla fase anteriore all'inizio delle operazioni di voto, senza distinguere tra modifiche migliorative e peggiorative, al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito”; nello stesso senso, ex multis, Cass. 4 dicembre 1999, n. 13582).

Infine, e per completezza, si segnala una terza posizione giurisprudenziale e dottrinale, rimasta minoritaria, che ammetteva modifiche sino all'omologa, sia “migliorative”, sia “peggiorative”, purché in questo secondo caso venisse convocata nuovamente l'adunanza dei creditori (così, Tribunale Udine, 21 ottobre 1983; in dottrina, Vaselli, voce Concordato preventivo, in ED, Milano. 1961, III, 508 e ss.).

Ciò detto, con riferimento alla disciplina attualmente in vigore, come prevista dall'art. 172, comma 2, l. fall. - pur in assenza di precedenti specifici sul punto che abbiano affrontato la questione dell'ammissibilità di eventuali modifiche migliorative “oltre il termine” – si può ragionevolmente escludere che, in presenza di proposte concorrenti, il debitore possa avanzare modifiche, ancorchè migliorative, della proposta originaria oltre il termine prescritto dalla legge. E ciò in quanto, in tal caso, anche i creditori-proponenti dovrebbero avere la possibilità di migliorare le rispettive proposte e questa “gara al rilancio” finirebbe per ridurre il termine a disposizione del commissario giudiziale per valutare la proposta originaria e quelle concorrenti ed operare la comparazione richiesta dalla legge nella propria relazione ex art. 172 l. fall.

Termine per la modifica: ORIENTAMENTI A CONFRONTO (regime ante D.L. N. 83/2015)

Entro l'adunanza dei creditori

Sino al termine dell'omologazione (purchè la modifica sia “migliorativa”)

Sino al termine dell'omologazione (sia in caso di modifica “migliorativa”, che “peggiorativa”, purchè con nuova adunanza)

Cass. 28 aprile 2015, n. 8575

Tribunale Novara, 7 marzo 2013

Tribunale Udine, 21 ottobre 1983

Cass. 4 dicembre 1999, n. 13582

Tribunale Mantova, 5 marzo 2009

Vaselli

Cass. 5 luglio 1966, n. 1733

Tribunale Sulmona, 5 dicembre 2007

Cass. 12 novembre 1985, n. 5528

Tribunale Bari, 22 aprile 1982

Cass. 29 luglio 1987, n. 6549

Cass. 18 giugno 1992, n. 7557

Fabiani, Ferrara jr. – Borgioli, Provinciali, Rago

Venendo alle conseguenze, a livello di procedura, dell'introduzione di modifiche alla proposta di concordato, segnaliamo come la modifica, diversamente dalla nuova proposta, si esplica nel contesto di una procedura già instaurata, con la conseguenza che non è necessaria l'emanazione di un nuovo decreto di ammissione, né si assiste alla designazione di un nuovo commissario giudiziale. Secondo una tesi, potrebbe, invece, risultare necessario disporre il rinvio dell'adunanza dei creditori in modo da consentire al commissario di aggiornare la propria relazione ex art. 172 l. fall., qualora il temine dei 15 giorni non fosse sufficiente (cfr., seppur con riguardo al regime ante D.L. n. 83/2015, Ambrosini – Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, 4 maggio 2014, in ilcaso.it; Frascaroli-Santi, Limiti di modificabilità della proposta di concordato preventivo, variazione delle classi dei creditori e soci finanziatori postergati, in Fallimento, 7/2013, 887 ss.).

Con riguardo alla necessità o meno di una nuova attestazione, si ritiene che anche in caso di modifica tale nuova attestazione sia necessaria, ma solo laddove le variazioni riguardino uno dei profili in cui si articola la domanda (il piano e/o la proposta); e ciò in considerazione del disposto dell'art. 161, comma 3, l. fall. come modificato dal D.L. n. 83/2012, il quale prescrive che ogni modifica sostanziale del piano o della proposta debbono essere accompagnate dalla relazione dell'esperto.

In altri termini, il supplemento di attestazione è richiesto soltanto laddove la modifica sia “sostanziale”, ovverosia - se è il piano ad essere modificato - qualora vi siano variazioni della struttura del piano medesimo (es. passaggio da un'ipotesi di continuità “pura” a quella di continuità c.d. indiretta, emersione della disponibilità o del diniego di terzi a concedere nuova finanza; introduzione o, al contrario, cancellazione di elementi caratterizzanti la soluzione della crisi proposta dal debitore; si pensi alla presenza o meno di un assuntore) e - se è la proposta ad essere modificata – qualora si tratti di modifiche idonee ad incidere in maniera apprezzabile sul trattamento riservato ai creditori (introduzione o eliminazione della suddivisione in classi; modifica rilevante delle percentuali di soddisfacimento dei chirografari; introduzione della falcidia dei privilegiati).

Al contrario, non è richiesta una nuova attestazione laddove la modifica riguardi aspetti marginali o meramente contabili ovvero si limiti a chiarificazioni dell'originaria proposta, e come tali siano inidonee ad incidere sulla sostanza dell'operazione concordataria (così, tra gli altri, Ambrosini – Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, cit.; sulla non necessarietà di una nuova relazione in caso di modifiche di carattere esecutivo o meramente migliorativo della precedente proposta, si è espressa la Corte d'appello Firenze, 18 febbraio 2014 n. 262, in questo portale, con nota di Iucci, Controllo giudiziale sulla fattibilità giuridica e integrazioni della proposta di concordato).

Limiti alla modifica della proposta di concordato

La giurisprudenza sviluppatasi nel regime anteriore all'entrata in vigore del D.L. n. 83/2015 si è domandata se sussistessero dei limiti alla modifica della proposta ulteriori rispetto a quello “temporale” previsto dall'art. 175, comma 2, l. fall. vigente pro tempore. In altri termini, ci si è domandati se, anche nel periodo anteriore all'inizio delle operazioni di voto, vi fossero delle situazioni in cui il debitore fosse impossibilitato a modificare la proposta.

Una prima ipotesi di circostanza “preclusiva” alla modifica – con conseguente inammissibilità della stessa - è stata individuata, da alcuni arresti, nell'apertura di un sub-procedimento ex art. 173 l. fall.; e ciò sul presupposto che il procedimento di revoca ha un'autonomia strutturale – rafforzata dal richiamo all'art. 15 l.fall. – incompatibile con la possibilità di modifica della proposta, dato lo stato di limbo nel quale si trova il procedimento concordatario e la natura indisponibile della fase processuale di revoca. Tra le pronunce che hanno affermato questo principio citiamo inter alia: Corte d'appello Milano, 29 giugno 2011 n. 1955, secondo cui “l'inizio della procedura ex art. 173 l. fall. rende inoperante la procedura di concordato preventivo e conseguentemente non possono essere introdotte modifiche a proposta che riguardano una procedura che non è in corso”; Tribunale Napoli 4 dicembre 2012, secondo cui: “Prima dell'inizio delle operazioni di voto la proposta concordataria può essere modificata sempre che non sia stato in precedenza attivato il procedimento di revoca ex art. 173 l.fall. Una volta attivato il procedimento ex art. 173 l.fall. la procedura di concordato entra, infatti, in una fase di "limbo" durante la quale non possono essere invocate le norme che quella procedura caratterizzano”; Tribunale di Parma 2 ottobre 2012; Tribunale di Latina 30 luglio 2012; Tribunale Vicenza, 6 luglio 2009; Tribunale S.M. Capua Vetere, 26 luglio 2005.

E' doveroso segnalare che, in senso contrario a questa impostazione, si è espressa parte della dottrina sottolineando come “rientra nella fisiologica dialettica tra l'imprenditore in crisi e il commissario giudiziale la circostanza che i rilievi del secondo (a fortiori quando si traducano nella prospettazione della revoca dell'ammissione) inducano il primo a modificare la proposta, se necessario migliorandola, allo scopo di ripristinare le condizioni del regolare incedere del concordato” (così, Ambrosini – Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, cit.). Del resto, il fatto di presentare una modifica alla proposta non comporta necessariamente la definizione del sub-procedimento di revoca, dovendo il tribunale verificare se le variazioni siano idonee a porre rimedio alle circostanze che hanno determinato l'apertura del procedimento da parte del commissario.

Resta fermo – e su questo c'è unanimità di vedute – che la modifica è in ogni caso inammissibile in presenza di vizi rilevanti ex art. 173 l. fall. che siano insuscettibili di correzione postuma: al riguardo, la dottrina cita, a titolo esemplificativo, l'ipotesi in cui il ricorrente abbia esposto dati aziendali non veritieri o abbia dolosamente taciuto una circostanza idonea ad incidere sul consenso dei creditori, evidenziando come, in tutti questi casi, il fatto che, a seguito della segnalazione del commissario, il debitore effettui una piena disclosure di tali informazioni, non sia idoneo a superare le ragioni della revoca (così, Ambrosini – Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, cit.). Dello stesso avviso è anche la giurisprudenza. A tale riguardo, si cita un recente arresto del Tribunale di Rovigo, 8 luglio 2014, secondo cui: “La modifica della proposta di concordato non è idonea, anche se presentata congiuntamente ad una eventuale rinuncia, ad escludere l'illiceità della condotta che porta alla revoca del concordato ai sensi dell'articolo 173 l. fall.”.

Modifica della proposta o modifica del piano di concordato?

Inapplicabilità dell'art. 179 l. fall. alla modifica della proposta

Occorre domandarsi se ed in che termini la modifica della proposta di concordato si differenzi dalla modifica del piano.

Questa seconda ipotesi viene richiamata nell'art. 179, comma 2, l. fall., che stabilisce: “Quando il commissario giudiziario rileva, dopo l'approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all'udienza di cui all'articolo 180 per modificare il voto”.

La fattispecie di cui alla norma citata è quella di una proposta di concordato già approvata – rispetto a cui, pertanto, non sono ammesse modifiche (ovvero, se si aderisce ad un certo orientamento, solo modifiche migliorative, sino all'omologazione) il cui piano subisce delle modifiche perché, ad esempio, il proponente incorpora le indicazioni /suggerimenti nel commissario giudiziale contenuti nella relazione ex art. 172 l. fall., mentre la proposta rimane la medesima. Del resto, un conto è il trattamento economico che il debitore offre ai propri creditori (i.e. la proposta di concordato); altro conto sono le modalità con cui il debitore ottiene le risorse necessarie per poter adempiere a quanto ha promesso ai propri creditori.

La distinzione tra modifica della proposta e modifica del piano è stata oggetto di un recente arresto della Corte di appello di Firenze (cfr. Corte d'appello Firenze, 18 febbraio 2014, cit.) in cui è stato affermato che la modifica del piano allegato al corredo documentale della proposta concordataria è ammissibile e rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 179, comma 2, l. fall. . Peraltro, nel caso all'esame della Corte d'appello fiorentina, la proposta concordataria era stata approvata dai creditori ed era rimasta immutata; le modifiche del piano introdotte successivamente all'adunanza dei creditori erano migliorative e recepivano i suggerimenti dati dal commissario giudiziale.

La valutazione della riconducibilità o meno delle singole fattispecie concrete all'art. 179, comma 2, l. fall. presuppone “a monte” la corretta distinzione tra piano e proposta di concordato, o meglio la corretta “declinazione” di tale distinzione; e ciò, visto che concettualmente la distinzione tra “piano” (la strumento operativo ed organizzativo per formulare la proposta) e “proposta” (la proposta negoziale che il debitore formula ai propri creditori) è abbastanza semplice. ,

Riferimenti

Normativi

  • art. 161, comma 6, l. fall.
  • art. 172 l. fall.
  • art. 173 l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass. 28 aprile 2015, n. 8575;
  • Cass. 4 dicembre 1999, n. 13582;
  • Corte d'appello Firenze, 10 febbraio 2014;
  • Tribunale Novara, 7 marzo 2013;
  • Tribunale Mantova, 5 marzo 2009.

Bibliografia

  • Frascaroli-Santi, Limiti di modificabilità della proposta di concordato preventivo, variazione delle classi dei creditori e soci finanziatori postergati, in Fallimento, 7/2013, p. 887;
  • Rago, Il concordato preventivo dalla domanda all'omologazione, Padova, 1998, 367;
  • Ferrara jr-Borgioli, Il Fallimento, Milano 1995, 211;
  • Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, IV, 2239.
Sommario