Cause di prelazione (l. fall.)

Luca Jeantet
Paola Vallino
03 Maggio 2016

L'art. 2740 c.c. sancisce il principio secondo cui tutto il patrimonio del debitore costituisce la garanzia generica del creditore. Ai sensi del successivo art. 2741 c.c. tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause di legittime prelazione. L'art. 160, comma 2, l. fall., come modificato dalla riforma di cui al d.lgs. n. 169/2007 (c.d. Decreto Correttivo), sancisce la possibilità, nell'ambito del concordato preventivo, di stralcio dei crediti privilegiati.

Inquadramento

L' art. 2740 c.c. sancisce il principio secondo cui tutto il patrimonio del debitore costituisce la garanzia generica del creditore. Ai sensi del successivo art. 2741 c.c. tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause di legittime prelazione.

L' art. 160, comma 2, l. fall., come modificato dalla riforma di cui al d.lgs. n. 169/2007 (c.d. Decreto Correttivo), sancisce la possibilità, nell'ambito del concordato preventivo, di stralcio dei crediti privilegiati.

Nella materia fallimentare vige il divieto di alterazione dell'ordine legale delle cause di prelazione, in forza del quale non è possibile procedere ad alcun pagamento del grado inferiore di privilegi, fintanto che quello superiore sia stato soddisfatto integralmente.

Questo divieto si riferisce esclusivamente alle risorse che provengono dal patrimonio del debitore in concordato, essendo invece liberamente disponibili le risorse liberate da terzi ai fini del buon esito della procedura concordataria.

Nel concordato preventivo non esiste, a differenza che nel fallimento, una fase endoprocessuale di accertamento e verifica dei crediti, essendo rimessa al debitore la corretta quantificazione e qualificazione del credito. Le questioni relative all'esistenza, all'ammontare ed al rango dei crediti devono essere risolte fuori dalla procedura di concordato preventivo, mediante un ordinario processo di cognizione, che può essere instaurato anche a seguito della definitività del decreto di omologazione.

L' articolo 177, comma 3, L. fall. disciplina la legittimazione al voto dei creditori privilegiati, prevedendo che quest'ultimi partecipino al voto, solo nel caso in cui la proposta di concordato preveda una falcidia delle rispettive pretese.

Ai fini del soddisfacimento del credito privilegiato, occorre valutare l'ammontare del credito comprensivo degli interessi maturati in corso di procedura e sino al relativo pagamento.

La legge fallimentare e la giurisprudenza, ancorché in assenza di espressa previsione normativa, hanno disciplinato o ammesso alcune ipotesi di deroga al divieto di alterare l'ordine legale delle cause di prelazione.

Il concorso dei creditori e le cause di prelazione

L' art. 2740 c.c. “Responsabilità patrimoniale” sancisce il principio secondo cui tutto il patrimonio del debitore costituisce la garanzia generica del creditore.

Ai sensi del successivo art. 2741 c.c. tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause di legittime prelazione. Questa norma è espressione del principio della par condicio creditorum, che trova piena applicazione, in caso d'insolvenza soltanto nei confronti del debitore che sia imprenditore commerciale, poiché la procedura concordataria coinvolge necessariamente tutti i creditori, che non possono, ai sensi e per gli effetti dell' art. 168 l. fall ., far valere individualmente i loro crediti.

Il principio in esame subisce una deroga nel caso in cui un credito sia assistito da cause di prelazione, vale a dire da privilegio generale o speciale ai sensi degli artt. 2745 e s s. c.c. , pegno ai sensi dell' art. 2784 c.c. e ipoteca ai sensi dell' art. 2808 c.c.

In questo caso, i creditori titolari di cause di prelazione hanno diritto, derogando al principio secondo il quale i beni del debitore sono la generica garanzia dei creditori e chiunque ha uguale diritto di essere soddisfatto su di essi, ad essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri creditori sul ricavato del bene su cui grava la prelazione.

A tal riguardo, la riforma di cui al d.lgs. n. 169/2007 (c.d. Decreto Correttivo) ha modificato l' art. 160 l. fall ., sancendo la possibilità, nell'ambito del concordato preventivo, di pagare in percentuale il ceto creditorio privilegiato.

La possibilità di stralcio del credito privilegiato è subordinato al deposito, unitamente alla proposta ed al piano di concordato, di una relazione giurata, predisposta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'

art. 67, comma 3, lett. d), l. fall ., avente ad oggetto la stima del valore di mercato attribuibile ai beni oggetto della prelazione, riferito all'epoca di presunto realizzo secondo le modalità ed i tempi prospettati dal piano di concordato, e quindi, tenendo conto, a seconda dei casi, della prospettiva di continuazione dell'impresa o di quella della liquidazione.

Il divieto di alterazione dell'ordine legale delle cause di prelazione

Nella materia fallimentare vige il divieto di alterazione dell'ordine legale delle cause di prelazione, in forza del quale non è possibile procedere ad alcun pagamento del grado inferiore di privilegi fintanto che quello superiore non sia stato soddisfatto integralmente.

Dottrina e giurisprudenza sono sostanzialmente allineate nel ritenere che questo divieto si riferisca esclusivamente alle risorse che provengono dal patrimonio del debitore in concordato.

In altre parole, la natura privilegiata del credito non può estendersi così tanto da intercettare risorse che pervengono al patrimonio del debitore nell'ambito della procedura concordataria, poiché trasferite da terzi a sostegno del buon esito del concordato preventivo.

Questo limite trova applicazione nei limiti in cui le risorse che pervengono nel concordato preventivo da parte di terzi siano neutrali rispetto al patrimonio della società in crisi, vale a dire rappresentino apporti cui non corrisponda un obbligo restitutorio.

In evidenza

Cass. 8 giugno 2012, n. 9373

Per i giudici di legittimità “nel concordato preventivo il principio del divieto di alterazione delle cause di prelazione nella proposta di pagamento formulata dal debitore può essere derogato in caso di risorse provenienti da terzi”. Tuttavia, come precisato dalla stessa Corte di Cassazione e da numerose successive pronunce, la condizione imprescindibile è data dalla circostanza che “l'apporto risulti neutrale sia perché non comporti un diretto incremento dello stato patrimoniale dell'impresa, sia perché non determini un aggravio della massa passiva con il riconoscimento di un credito a favore del terzo”.

L'accertamento del credito nel concordato preventivo

Nel concordato preventivo, come nella procedura fallimentare, si pone l'esigenza di determinare l'ammontare ed il rango dei crediti alla cui soddisfazione, ancorché percentuale, il piano deve essere finalizzato, e ciò anche al fine di individuare i soggetti legittimati a votare la proposta concordataria, nonché di quantificare le maggioranze necessarie per l'approvazione del concordato preventivo da parte dei creditori.

Tuttavia, durante la procedura di concordato preventivo non esiste, a differenza che nel fallimento, una fase endoprocessuale di accertamento e verifica dei crediti, essendo rimessa al debitore la corretta quantificazione e qualificazione del credito, con successiva sua verifica, ai fini dell'ammissione al voto, da parte del commissario giudiziale.

In altre parole, le questioni relative all'esistenza, all'ammontare ed al rango dei crediti devono essere risolte fuori dalla procedura di concordato preventivo, mediante un ordinario processo di cognizione, che può essere instaurato anche a seguito della definitività del decreto di omologazione.

In evidenza

Trib. Siracusa, 11 novembre 2011

“Nel procedimento di concordato preventivo non è prevista alcuna procedura di accertamento dei crediti, i quali, ai sensi dell'

articolo 176, legge fallimentare

vengono esaminati dal giudice delegato esclusivamente ai fini del voto. Ne deriva che qualsiasi controversia avente per oggetto l'accertamento dell'esistenza o del rango dei crediti, così come la eventuale loro prescrizione, deve aver luogo nell'ambito di un giudizio ordinario, in contraddittorio tra creditore e debitore ed altresì, in ipotesi di concordato con cessione dei beni, del liquidatore giudiziale.”.

Peraltro, la giurisprudenza ha correttamente ritenuto che l'inclusione nell'elenco formulato dal commissario giudiziale ai sensi dell'

art. 171 l. fall., non attribuisce alcuna certezza o diritto al creditore, restando impregiudicato l'eventuale accertamento per le vie ordinarie dell'entità e del rango del credito.

In evidenza

Trib. Ravenna, 25 novembre 2015

Nel concordato preventivo “si parla, solitamente, di verifica amministrativa dei crediti concorsuali, effettuata dal Commissari Giudiziale ai soli fini di stabilire la legittimazione al voto ed il calcolo delle maggioranze utili per l'approvazione della proposta concordataria. Eventuali contrasti circa l'ammissione al voto di alcuni creditori (ad esempio perché contestata dal debitore o da altri creditori nella misura o nel grado) o circa la mancata o insufficiente ammissione di altri creditori vengono risolti dal giudice delegato – in maniera sommaria e sulla scorta delle risultanze documentali – ai soli fini dell'ammissione al voto: cioè ai fini del solo calcolo delle maggioranze.”.

Le contestazioni su entità e rango del credito non possono neppure essere sollevate con l'opposizione all'omologazione del concordato preventivo, essendo questo accertamento escluso dai poteri del giudice delegato, poiché di competenza del giudice ordinario.

In evidenza

Trib. Firenze, 9 maggio 2012

“In sede di opposizione all'omologazione del concordato preventivo, devono ritenersi inammissibili contestazioni volte ad ottenere l'appostazione in previlegio piuttosto che in chirografo di determinati crediti; dette questioni sono infatti decise dal giudice delegato esclusivamente ai fini del voto, posto che la natura privilegiata o meno del credito ai fini della sua effettiva soddisfazione deve essere valutata dal liquidatore ed eventualmente trattata in apposito giudizio avanti al giudice ordinario.”.

Il diritto di voto dei creditori privilegiati nel concordato preventivo

L' art. 177 l. fall. “Maggioranza per l'approvazione del concordato” introduce una regola generale, secondo cui non hanno diritto di voto i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento.

La ragione di questa esclusione dal voto è da ravvisarsi prevalentemente nella mancanza di interesse, e quindi nell'indifferenza dei creditori privilegiati, non potendosi configurare per essi alcun sacrificio, neppure di semplice carattere temporale.

In evidenza

Cass., n. 6901, 22 marzo 2010

il mancato riconoscimento del diritto di voto alla categoria dei creditori privilegiati non può trovare altra giustificazione che nella corrispondente assenza di un qualunque interesse all'esito della domanda di concordato nel senso che il trattamento dei crediti in questione non può subire alcuna conseguenza giuridicamente apprezzabile dall'eventuale accoglimento della proposta che per i creditori privilegiati è quindi indifferente, sussistendo diversamente una possibile compromissione del diritto soggettivo di credito dei medesimi senza il consenso, sia pure a maggioranza, della categoria”.

La norma riconosce, al contrario, diritto di voto ai creditori privilegiati non destinatari di un pagamento integrale sia nel caso in cui questi abbiano rinunciato volontariamente in tutto o una parte al diritto di prelazione, sia nel caso in cui il piano di concordato ne preveda una soddisfazione non integrale ai sensi dell'

art. 160, comma 2, l. fall

In questo caso, la legittimazione al voto dei creditori privilegiati “declassati” è limitata alla quota di credito “declassata”, e non dell'intera pretesa creditoria originaria.

Gli effetti del “declassamento” volontario per rinuncia espressa al privilegio sono sostanzialmente analoghi a quelli prodotti dal “declassamento” coattivo del titolo di prelazione per incapienza dei beni o dei diritti vincolati ai sensi dell'art. 160, comma 2, l. fall.

In particolare, il creditore privilegiato che ha rinunciato volontariamente al proprio privilegio avrà diritto di voto della proposta analogo a quello riconosciuto ai creditori chirografari, essendo destinatario del medesimo trattamento.

Data questa regola generale, occorre svolgere alcune specifiche considerazioni relativamente al diritto al voto da parte di (i) creditori privilegiati assoggettati alla moratoria annuale di cui all'

art. 186-bis l. fall., (ii) creditori privilegiati pagati, integralmente, ma con notevole dilazione di tempo, e (iii) creditori privilegiati soddisfatti con utilità diversa dal denaro.

Quanto al diritto di voto dei creditori privilegiati assoggettati alla moratoria annuale di cui all'art. 186-bis l. fall., si esclude che i medesimi abbiano diritto di essere ammessi al voto, poiché la semplice dilazione di un pagamento, che resta comunque sempre integrale perlomeno nei limiti dell' art. 160, comma 2, l. fall., non è ritenuta sufficiente a fare concorrere i creditori privilegiati con quelli chirografari nel determinare le sorti della proposta di concordato (Maffei, Commentario breve alla Legge Fallimentare , Cian – Trabucchi (a cura di), 2013, 1329).

Quanto al diritto di voto dei creditori pagati, integralmente, ma con notevole dilazione di tempo, si rileva che quest'ipotesi non è una soluzione ininfluente per il creditore privilegiato e non è neppure assimilabile al pagamento immediato o effettuato entro una minima dilazione, dovendo quindi verificarsi il “pregiudizio” arrecato alle ragioni di questi creditori in conseguenza della notevole dilazione di tempo ed i termini in cui questi debbano essere ammessi al voto.

A tal riguardo e come evidenziato da attenta giurisprudenza, questa verifica non può che essere svolta in concreto e tenuto conto delle peculiarità di ciascuna fattispecie, poiché non esiste all'interno della normativa fallimentare alcuna norma che identifichi un principio generale ed astratto da applicarsi per identificare se e come ammettere al voto del concordato preventivo questi creditori.

In evidenza

Trib. Padova, 4 dicembre 2013

sarebbe necessaria una norma espressa (…) che precisasse altresì per quale importo il creditore privilegiato dovrebbe esercitare il diritto di voto, diversamente lasciando l'interprete nella più assoluta discrezionalità, soluzione evidentemente inaccettabile nel contesto così delicato e decisivo quale quello delle operazioni di voto”

Occorre, quindi, identificare in concreto ed alla luce delle circostanze fattuali, la perdita economica subita in conseguenza del ritardo rispetto ai tempi “normali” con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme ad essi spettanti.

Sul tema, la casistica giurisprudenziale è abbastanza varia e le opinioni non sono sempre concordi.

A titolo esemplificativo, la giurisprudenza di merito ha ammesso i creditori al voto secondo le seguenti regole: la parte del credito per la quale sono stati ammessi a votare è stata determinata tenuto conto del danno derivante dalla mancata disponibilità immediata delle somme; il danno è stato così quantificato in via equitativa (nella misura del 5 % annuo), tenuto conto della differenza tra il possibile tasso di interesse applicabile al sistema bancario in ipotesi di ricorso al credito e l'interesse legale che sarebbe stato corrisposto dalla procedura concordataria.

In evidenza

Trib. Mantova, 16 settembre 2010

Debbono essere qualificati come creditori privilegiati non soddisfatti integralmente, ai sensi dell'art. 177, comma 2, l. fall., quei creditori muniti di diritto di prelazione per i quali la proposta di concordato preventivo preveda il pagamento integrale ma notevolmente dilazionato del credito e ciò nonostante venga loro offerto, per il periodo della dilazione, il pagamento degli interessi nella misura legale. La parte residua del credito per la quale detti creditori debbono essere ammessi al voto può essere determinata quantificando equitativamente il danno causato dal ritardato pagamento nella differenza tra il tasso di interesse applicato dal sistema bancario in ipotesi di ricorso al credito e l'interesse legale che sarà corrisposto alla luce della proposta.”.

Quanto, infine, ai creditori privilegiati soddisfatti con utilità diversa dal denaro,

la giurisprudenza ha statuito che questo creditore non può considerarsi privo del diritto di voto in quanto privilegiato, ma deve essergli riconosciuto il diritto di voto e deve essere collocato in un'apposita classe.

In evidenza

Trib. Cuneo, 31 luglio 2014

Al creditore privilegiato al quale sia proposta una soddisfazione con utilità diverse dal denaro deve essere riconosciuto il diritto di voto con collocamento in apposita classe.”.

Così operando, il creditore potrà, esprimendo il proprio voto, far valere il proprio eventuale dissenso alla proposta, non solo in sede di adunanza dei creditori, ma anche in sede di giudizio di omologazione, sottoponendo al giudice il profilo della convenienza del concordato, sicché il sacrificio del suo diritto deriverà, tuttalpiù, dalla valutazione del tribunale e non solo dalla volontà espressa dalla maggioranza dei creditori.

La disciplina degli interessi su crediti privilegiati

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 169, 54 e 55 l. fall., il decorso degli interessi sui crediti assistiti da ipoteca, pegno o privilegio cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche se parzialmente.

Per quanto interessa questa sede, ci si limita a ricordare che, ai fini del soddisfacimento del credito privilegiato, occorre valutare l'ammontare del credito comprensivo degli interessi maturati in corso di procedura e sino al relativo pagamento, potendo tuttavia questi interessi essere assoggettati a stralcio, anche mediante la formazione di un'apposita classe.

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Trib. Milano, 14 gennaio 2015

Nell'ambito del concordato preventivo, gli interessi sui crediti privilegiati continuano a maturare anche in corso di procedura, per cui, con riferimento ai titolari di tali crediti, non può parlarsi di pagamento integrale qualora in esso non siano compresi gli interessi fino all'adempimento”.

Alcune deroghe all'ordine legale delle cause di prelazione

Avendo delineato, nei precedenti paragrafi, la disciplina ed il trattamento dei crediti privilegiati nell'ambito del concordato preventivo, passiamo, a questo punto, ad analizzare alcune ipotesi di deroga al divieto di alterare l'ordine legale delle cause di prelazione previste dalla legge fallimentare o ammesse, ancorché in assenza di espressa previsione normativa, dalla giurisprudenza.

I crediti per prestazioni essenziali ex art . 182- quinquies , comma 5 , l. f all .

L' art. 182- quinquies, comma 5, l. fall. dispone che il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell'art. 186-bis l. fall., può chiedere al tribunale l'autorizzazione a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all' art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

Questa norma, nell'introdurre un'evidente deroga al principio della par condicio creditorum, risponde all'esigenza di consentire al debitore di adeguarsi all'eventuale pretesa dei c.d. fornitori strategici di essere soddisfatti con modalità diverse rispetto agli altri creditori concorsuali e quindi di riuscire ad ottenere la fornitura di beni o servizi indispensabili alla continuazione dell'attività di impresa e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori.

In evidenza

Trib. Modena, 6 agosto 2015

“la prospettiva dell'immediato e, se richiesto, integrale pagamento serve a convincere chi potrebbe legittimamente rifiutarsi di cooperare e non a ricondurre alla ragione chi illegittimamente rifiuta la prestazione dovuta, pena, diversamente interpretando, un'ingiustificabile caduta etica del legislatore che incoraggerebbe il cedimento ad una pretesa illegittima premiando il portatore della stessa.”.

Le condizioni alle quali è possibile autorizzare, in deroga al principio della par condicio creditorum, il pagamento di crediti anteriori ai sensi dell'art. 182-quinquies, comma 4, l. fall., sono tre: (i) l'essenzialità e la conseguente infungibilità della prestazione soggetta a remunerazione al di fuori del concorso, (ii) la funzionalità del pagamento alla miglior soddisfazione dei creditori concordatari, anche in forma di cram down rispetto a soluzioni differenti da quella che contempla l'esecuzione di pagamenti a beneficio di creditori chirografari anteriori, e (iii) il rispetto delle cause di prelazione nel senso che sia possibile, secondo un giudizio di prognosi ed alla luce dei flussi di cassa prospettici, la soddisfazione integrale del ceto creditorio privilegiato.

Come osservato da recente giurisprudenza, ulteriore presupposto è che i creditori abbiano piena libertà di decidere se eseguire o meno la prestazione richiesta loro dalla società in concordato preventivo, non essendo dunque vincolati all'adempimento da un rapporto obbligatorio.

La ratio della norma, come osservato dalla giurisprudenza, sarebbe quella che la facoltà di pagamento dei debiti anteriori non può essere invocata dal debitore in concordato preventivo per cedere, sostanzialmente, ad un “ricatto” posto in essere da un proprio creditore.

In evidenza

Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016

“Presupposto essenziale per l'ammissibilità della richiesta è la circostanza che i fornitori in questione abbiano piena libertà di fornire o no la loro prestazione e non siano invece vincolati da un rapporto contrattuale in essere; se questo infatti vi fosse, il loro obbligo deriverebbe dal contratto e per l'adempimento non sarebbe necessaria la prospettiva di alcun particolare beneficio. Né, può sostenersi che anche la minaccia del fornitore di non adempiere al contratto o di risolverlo sarebbe sufficiente a consentire il pagamento immediato e integrale dei crediti pregressi in quanto è impensabile che il legislatore abbia potuto prevedere la possibilità di fronteggiare il rischio di una condotta illegittima (inadempimento contrattuale) di una delle parti del contratto autorizzando l'altra parte (il debitore in concordato) a derogare ad uno dei principi cardine delle procedure concorsuali e cioè il rispetto della par condicio creditorum. Nessuna violazione per così dire etica, invece, se questa deroga serve ad indurre al compimento di un atto legittimo che potrebbe rifiutare di compierlo se ciò è funzionale e necessario alla continuità aziendale che il legislatore ha fermamente perseguito.”.

In applicazione di questo principio, la giurisprudenza ha ritenuto inammissibile la richiesta di autorizzazione al pagamento dei canoni scaduti di un contratto di sale and lease back avente ad oggetto un noto marchio aziendale (

Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016), oppure il pagamento di prestazioni a favore di un agente (Trib. Modena, 6 agosto 2015), rilevando come, in questi casi, i contratti sottostanti la richiesta di pagamento fossero contratti pendenti al momento dell'avvio della procedura di concordato preventivo in continuità, con conseguente inefficacia ai sensi e per gli effetti dell'art. 186-bis, comma 3, l. fall., delle clausole di risoluzione del rapporto contrattuale in caso di avvio di una procedura concorsuale.

In questo senso, la dottrina ha tuttavia osservato che le clausole di risoluzione del contratto possono essere validamente attivate nel caso in cui il contraente in concordato non adempia alle proprie obbligazioni contrattuali nel periodo successivo all'avvio della procedura concordataria.

In altre parole, “se l'istanza a cui ha riguardo l'art. 169-bis, co. 1, non viene presentata (ovvero, qualora se ne ritenga possibile la proposizione in un momento successivo a quello del deposito del ricorso

ex art. 161 l. fall. , finché non viene presentata), il rapporto contrattuale prosegue secondo il programma originario delle parti e ad esso si applica la disciplina ordinaria dei contratti a prestazioni corrispettive. Dunque, se una delle parti non adempie regolarmente, l'altra può rifiutare l'adempimento della propria prestazione (c.d. eccezione di inadempimento), oppure invocare la clausola risolutiva espressa eventualmente inserita nel testo contrattuale

” (Scognamiglio G., Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, in judicium.it).

Definiti i presupposti applicativi della norma in esame, occorre, a questo punto, osservare che la preferenzialità di pagamento conseguente alla disciplina dell'art. 182-quinquies l. fall. non implica anche l'integrità del pagamento.

Come osservato in un precedente contributo dottrinale, il debitore in concordato potrà, infatti, essere alternativamente autorizzato a procedere al “(i) pagamento anticipato di un creditore strategico privilegiato in misura integrale, con conseguente preferenza rispetto agli altri creditori privilegiati solo in ottica temporale; (ii) pagamento anticipato di un creditore strategico chirografario in misura pari alla percentuale prevista a favore degli altri creditori chirografari, con conseguente preferenza rispetto agli altri creditori, chirografari o privilegiati, solo in ottica temporale; e (iii) pagamento anticipato di un creditore strategico chirografario in misura parziale o totale che sia differente rispetto alla percentuale prevista a favore degli altri creditori chirografari in ottica temporale, senza che però, in questo caso, possa essergli riconosciuto un trattamento migliore rispetto a quello riservato ai creditori privilegiati” (Jeantet L. Pagamento dei crediti anteriori e condizioni di deroga alla par condicio creditorum, in questo portale, 17 aprile 2014).

In altre parole, il debitore può essere autorizzato a pagare subito e per intero un creditore chirografario strategico a condizione che sia in grado di dimostrare, secondo una ragionevole prognosi e sulla base dei flussi di cassa attesi dall'attività aziendale, di poter soddisfare integralmente i creditori privilegiati, salvo solo il caso in cui non ricorrano le condizioni di cui all' art. 160, comma 2, l. fall. oppure, alternativamente, il pagamento avvenga tramite finanza esterna al patrimonio del debitore.

Il credito derivante dal canone di locazione immobiliare

Un ulteriore tema d'indagine, che frequentemente ricorre in sede concordataria, è costituito dalla possibilità di destinare al creditore titolare di ipoteca i canoni percepiti in forza della locazione avente ad oggetto l'immobile ipotecato, quali frutti civili dell'immobile, con conseguente riduzione, proporzionale e progressiva, del relativo credito ipotecario.

In altre parole, ci si chiede se è possibile applicare, nell'ambito del concordato preventivo, la disciplina di cui all' art. 2865 c.c. secondo cui i frutti dell'immobile sono destinati al creditore a partire dal giorno in cui è stato eseguito il pignoramento.

Il fondamento della norma è quello di tutelare il creditore, onde evitare che egli sia pregiudicato a causa delle lungaggini del procedimento esecutivo.

Al fine di verificare la possibilità di applicazione estensiva di questa norma, si osserva, in primo luogo, che non esiste nella disciplina fallimentare alcuna previsione che disciplini l'ipotesi di pagamento anticipato e mediante i frutti civili dell'immobile.

Sul punto, la giurisprudenza è divisa tra chi ritiene che, in assenza di un richiamo esplicito nella legge fallimentare , la disciplina dell' art. 2865 c.c. non sia applicabile in sede fallimentare, e chi, invece, rinviene degli artt. 54 e 107 l. fall. i riferimenti necessari all'estensione del campo applicativo della norma in esame.

La parte della giurisprudenza che nega l'applicabilità al fallimento dell'

art. 2865 c.c., muove dall'assunto che non è contemplata, nella disciplina dell'esecuzione concorsuale, una previsione compatibile con l'interpretazione estensiva della norma, non potendosi neppure far riferimento all'

art. 54 l. fall., poiché quest'ultimo è funzionale al diverso obiettivo di derogare al principio generale di cristallizzazione dei crediti per interessi alla data della dichiarazione di fallimento.

Secondo la Suprema Corte, invece, l'applicazione dell' art. 2865 c.c. deve intendersi estesa al creditore concorsuale ammesso al passivo del fallimento e, quindi, al creditore ipotecario concorsuale, con riferimento ai canoni di locazione prodotti dall'immobile ipotecato.

In evidenza

Cass., 9 maggio 2013, n. 11025

“nulla osta a che le norme in tema di esecuzione singolare possano trovare applicazione nella procedura fallimentare; la quale, come è noto, non è che una complessa forma di esecuzione, regolata da norme che costituiscono bensì un sistema autonomo e tendenzialmente completo ed autosufficiente, ma tuttavia non tale da potersi isolare rispetto al resto dell'ordinamento e da non poter mutuare da questo norme e principi che non contrastino con la natura dell'esecuzione collettiva. Deve anzi affermarsi che, oltre alle norme espressamente richiamate (come, ad esempio, quelle concernenti le vendite mobiliari ed immobiliari, v. L. Fall., art. 105 ), trovano applicazione nell'esecuzione fallimentare quelle norme dell'esecuzione individuale che non siano incompatibili, con i caratteri propri della prima e che non concernano materia che hanno nella legge fallimentare e nel suo sistema una disciplina particolare, sia pure implicita (cfr. Cass. 15 maggio 1978, n. 2355)”.

Secondo la Cassazione, l'applicazione estensiva della disciplina di cui all'

art. 2865 c.c.

muove dalla considerazione che, nella disciplina dell'esecuzione concorsuale, non vi è alcun elemento ostativo o previsione contraria od incompatibile con l'applicazione estensiva della disciplina di cui all'art. 2865 c.c..

Accolto, secondo la giurisprudenza della Cassazione, il principio dell'applicazione estensiva dell'art. 2865 c.c. al contesto fallimentare, occorre, a questo punto, verificare l'applicabilità del medesimo articolo al concordato preventivo.

Sul tema, la giurisprudenza è divisa.

La giurisprudenza più rigorosa nega la possibilità di applicazione estensiva, poiché l' art. 169 l. fall.  non richiama l' art. 54 l. fall., con conseguente impossibilità di estendere la linea di pensiero della Suprema Corte anche al concordato preventivo.

In evidenza

Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016

La disposizione dell'articolo 2865 c.c., secondo la quale i canoni di locazione sono considerati frutti civili dell'immobile, non è applicabile al concordato preventivo, in quanto l' articolo 54 legge fall. non è richiamato dall' articolo 169 legge fall”.

Altra parte della giurisprudenza, invece ed in termini

maggiormente condivisibili, ammette l'applicazione estensiva della disciplina di cui all'

art. 2685 c.c.

anche al caso del concordato preventivo, per due principali ragioni: (i) la disciplina che regola il concorso dei creditori nell'esecuzione, così come nel fallimento, deve ritenersi applicabile, in assenza di espressa deroga, in sede concordataria, e (ii) il vincolo costituito dal privilegio sul bene sul quale insiste, comporta il riconoscimento di una “preferenza” del creditore privilegiato non solo sul medesimo bene, ma anche sui frutti derivanti da quest'ultimo, tanto che una lesione di questa “preferenza” violerebbe l'ordine delle cause di legittima prelazione.

In evidenza

Trib. Pordenone, 13 ottobre 2015

La disciplina “che regola il concorso dei creditori nell'esecuzione, e così nel fallimento (…) si deve ritenere, in assenza di qualsiasi disciplina derogatoria, [applicabile] pure nel concordato”. Peraltro, “la natura imperativa del vincolo costituito dall'ordine delle cause legittime di prelazione è espressione del principio di responsabilità patrimoniale delineato dagli artt. 2740 e 2741 c.c. e, in un caso come quello in esame, comporta la destinazione con preferenza al creditore avente diritto di prelazione di quanto ricavato dalla liquidazione del bene che della prelazione è oggetto e, quindi, la destinazione al creditore ipotecario di quanto ricavato dalla locazione del bene ipotecato fino alla vendita del medesimo”. In conclusione, la medesima giurisprudenza afferma che “viola l'ordine delle cause di legittima prelazione di cui all'articolo 160, comma 2, legge fall. la proposta di concordato preventivo che non preveda la destinazione con preferenza al creditore ipotecario di quanto ricavato dalla locazione del bene oggetto del diritto di prelazione fino alla vendita del bene medesimo”.

Il credito in escrow

Il contratto di escrow è una particolare figura negoziale elaborata dalla prassi commerciale anglosassone, con cui le parti, di regola nel contesto di un operazione di merge and acquisition, costituiscono un patrimonio separato rispetto ai loro patrimoni personali, nel quale vengono segregati specifici beni (quali, a titolo esemplificativo, documenti, azioni, somme di denaro, beni mobili o immobili), che vengono depositati presso un soggetto terzo ed indipendente, escrow agent, fino a quanto non si avveri la condizione di rilascio pattuita a favore dell'una o dell'altra parte.

Occorre interrogarsi sulla sorte del contratto di escrow in caso di fallimento del conferente e dunque sulla possibilità del beneficiario di vedersi attribuire i beni segregati, qualora la dichiarazione di fallimento intervenga prima dell'avveramento della condizione di rilascio dei beni segregati; tutto ciò sull'assunto che il contratto di escrow sia pendente al momento dell'apertura del concorso, valido, efficace ed opponibile nella prospettiva segregativa.

Al riguardo, può escludersi che il contratto di escrow sia assimilabile ad un pegno irregolare e che attribuisca al beneficiario l'azione di rivendica, con conseguente diritto reale di restituzione sui beni costituiti in escrow.

Questa interpretazione è condivisibile poiché difettano, nel caso in esame, i presupposti giuridici in forza dei quali è possibile esperire un'azione di rivendica: i beni segregati sono in possesso di un soggetto terzo (i.e. escrow agent); ed il beneficiario non può disporre di questi beni prima dell'avveramento della condizione sospensiva di rilascio.

In evidenza

Trib. Livorno, 16 giugno 2015, inedito.

pur nell'incertezza della qualificazione del contratto intercorso tra le parti, non sembra ipotizzabile alcun diritto di proprietà in capo all'istante della somma depositata (…). D'altra parte il contratto posto in essere non appare assimilabile al pegno irregolare, per cui sarebbe, secondo la Cass. 26154/2006, ipotizzabile la rivendica (essendo la somma in possesso di un terzo e non essendovi la possibilità da parte del creditore di disporre della cosa)”.

Sotto altro profilo, non può negarsi che, con il contratto di escrow, le parti abbiano voluto costituire un patrimonio riservato sottoposto a vincolo di destinazione, dal quale deriva il diritto a che i beni segregati, a seguito dell'avveramento della condizione di riferimento, vengano rilasciati dall'escrow agent a favore di chi ne sia beneficiario.

In evidenza

Trib. Livorno, 16 giugno 2015, inedito.

“la particolare destinazione data alla somma dalle parti con il contratto di escrow, esclude che possa essere ritenuta la sussistenza di un mero diritto di credito – da ammettersi al chirografo – in capo all'istante, dato che le parti hanno previsto un vincolo rigido su detta somma, che potrebbe essere riconsegnata all'una o all'altra parte solo in conseguenza di un accordo tra le stesse o all'esito di pronuncia giurisdizionale”.

Guardando dunque alla volontà delle parti, emerge un diritto di credito del beneficiario a vedersi assegnare i beni segregati nell'escrow dal conferente.

Quanto al rango di questo credito, non è condivisibile la tesi che riconosce il rango chirografario, poiché, come osservato da una parte della giurisprudenza, il vincolo di destinazione originato dal contratto di escrow è assimilabile al vincolo derivante dal pegno su crediti ai sensi dell' art. 2800 c.c., con conseguente riconoscimento al beneficiario, in caso di fallimento del conferente, del diritto di insinuarsi al passivo del fallimento, chiedendo il riconoscimento del privilegio speciale sui beni in escrow, con conseguente assegnazione dei medesimi o del ricavato della loro liquidazione.

In evidenza

Trib. Livorno, 16 giugno 2015, inedito.

pur nell'incertezza dovuta alla complessa assimilazione nell'ordinamento interno del contratto di escrow di diritto anglosassone, l'unica soluzione che salvaguardi la reale volontà delle parti appare quella di riconoscere il credito in privilegio, assimilandolo al credito pignoratizio ex art. 2800 c.c.”.

Riferimenti

Normativi:

  • Art. 2740 c.c.

  • Art. 2741 c.c.

  • Art. 2784 c.c.

  • Art. 2808 c.c.

  • Art. 2865 c.c.

  • Art. 67 l. fall

    .

  • Art. 160 l. fall

    .

  • Art. 161 l. fall

    .

  • Art. 168 l. fall

    .

  • Art. 171 l. fall

    .

  • Art. 177 l. fall

    .

  • Art. 182-

    quinquies

    l. fall

    .

  • Art. 186-

    bis

    l. fall

    .

Giurisprudenza:

  • Cass., 22 marzo 2010

    ,

    n. 6901

  • Cass. 8 giugno 2012, n. 9373

  • Cass., 9 maggio 2013, n. 11025

  • Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016

  • Trib. Cuneo, 31 luglio 2014

  • Trib. Firenze, 9 maggio 2012

  • Trib. Livorno, 16 giugno 2015

  • Trib. Massa

    Carrara, 4 febbraio 2016

  • Trib. Milano, 14 gennaio 2015

  • Trib. Mantova, 16 settembre 2010

  • Trib. Modena, 6 agosto 2015

  • Trib. Padova, 4 dicembre 2013

  • T

    rib. Pordenone, 13 ottobre 2015

  • Trib. Ravenna, 25 novembre 2015

  • Trib. Siracusa, 11 novembre 2011

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