Curatore fallimentare (nella l. fall. e nel CCII)

Daniele Fico
10 Luglio 2019

Il curatore è uno degli organi preposti al fallimento. A lui compete soprattutto l'amministrazione e la gestione del patrimonio fallimentare. Tale funzione, che si estrinseca sotto i diversi aspetti dell'acquisizione del patrimonio, della sua conservazione e, da ultimo, della sua liquidazione, è svolta sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni allo stesso attribuite (art. 31 l. fall.). Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio (per le quali, ai sensi dell'art. 30 l. fall., è pubblico ufficiale), ma può sia delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del comitato dei creditori, sia essere autorizzato dal comitato dei creditori medesimo a farsi coadiuvare da tecnici o da altri soggetti retribuiti, sotto la sua responsabilità.

Inquadramento

Il curatore è uno degli organi preposti al fallimento. A lui compete soprattutto l'amministrazione e la gestione del patrimonio fallimentare.

Tale funzione, che si estrinseca sotto i diversi aspetti dell'acquisizione del patrimonio, della sua conservazione e, da ultimo, della sua liquidazione, è svolta sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni allo stesso attribuite (art. 31 l. fall.).

Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio (per le quali, ai sensi dell'art. 30 l. fall., è pubblico ufficiale), ma può sia delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del comitato dei creditori, sia essere autorizzato dal comitato dei creditori medesimo a farsi coadiuvare da tecnici o da altri soggetti retribuiti, sotto la sua responsabilità.

Per l'attività svolta, il curatore fallimentare ha diritto ad un compenso liquidato (su istanza dello stesso, con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato) in misura percentuale sull'attivo realizzato e passivo accertato.

Il tribunale ha la facoltà di concedere acconti al curatore sul compenso finale a condizione che ogni acconto sia preceduto da un riparto. In presenza di giustificati motivi, debitamente esposti dalla curatela e soggetti alla valutazione del tribunale, tuttavia, la domanda intesa ad ottenere la liquidazione di un acconto sul compenso finale potrà prescindere da tale adempimento (art. 39, comma 3, l. fall.).

La nomina del curatore

Ai sensi dell'art. 27 l. fall. Il curatore è nominato con la sentenza dichiarativa di fallimento o, in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale.

Il successivo art. 28, comma 1, stabilisce, a sua volta, che le funzioni di curatore fallimentare possono essere svolte da:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti (rectius esperti contabili);

b) studi professionali associati o società tra professionisti, a condizione che i soci delle medesime abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale ipotesi, all'atto dell'accettazione dell'incarico deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura fallimentare;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in s.p.a., dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e sempre che non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

In ogni caso, non possono rivestire tale carica il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con la procedura (art. 28, comma 3, l. fall.).

Il citato terzo comma dell'art. 28 l. fall., nel testo innovato dall'art. 5 D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modifiche in L. 21 agosto 2015, n. 132, prevede altresì un'incompatibilità perpetua per chiunque - professionista o uno dei professionisti facenti parte dell'associazione professionale o di società tra professionisti in astratto individuabili per lo svolgimento della funzione di curatore - abbia partecipato al dissesto dell'impresa. La ratio di tale disposizione - applicabile alle procedure fallimentari aperte dopo la data di pubblicazione del D.L. 83/2015 - è quella di configurare un generico divieto di nomina nelle funzioni di curatore verso chiunque abbia concorso al dissesto dell'impresa, con la chiara intenzione di colpire tutti quei soggetti che abbiano rivestito poteri di gestione formale o di fatto o che abbiano contribuito in modo causalmente effettivo alla determinazione dell'insolvenza (sul tema, cfr. F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista, Milano, 2015, 77; R. Guidotti, Misure urgenti in materia fallimentare (D.L. 27 giugno 2015, n. 83): le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti, in ilcaso.it, 24 luglio 2015).

In evidenza: L'incompatibilità tra la carica di commissario giudiziale e curatore

Il testo originario dell'art. 5 D.L. 83/2015 prevedeva l'impossibilità a nomina di curatore di colui che avesse svolto la funzione di commissario giudiziale con riferimento a procedura di concordato preventivo per il medesimo debitore, nonché chi sia unito in associazione professionale con chi abbia svolto tale funzione. In sede di conversione, tuttavia, è stata eliminata l'incompatibilità sistemica tra la carica di commissario giudiziale e quella di curatore; incompatibilità, tuttavia, destinata ad acquisire nuovamente cittadinanza nel nostro ordinamento dal momento che l'art. 7, comma 1, dello schema di disegno di legge delega recante “Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza” elaborato dalla Commissione istituita dal Ministero della Giustizia con Decreto del 28/01/2015, presieduta dal Pres. Aggiunto della S. Corte dr. R. Rordorf, stabilisce che il Governo debba adottare misure dirette a rendere più efficace la funzione del curatore “integrando la disciplina sulle incompatibilità tra gli incarichi assunti nel succedersi delle procedure”.

La nomina del curatore deve essere effettuata tenuto conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi previsti dall'art. 33, comma 5, l. fall. (art. 28, comma 4, l. fall., nel testo innovato dal sopra menzionato art. 5 D.L. 83/2015). Al riguardo, si può discutere sul significato e sulla portata pratica di tale disposizione, nella convinzione che, evidentemente, il legislatore non possa fare riferimento alle relazioni semestrali relative alla stessa procedura, temporalmente successive rispetto al momento della nomina.

Secondo la dottrina, la ratio della previsione dovrebbe individuarsi nella volontà di invitare il Tribunale a tenere conto dei rapporti riepilogativi depositati dai professionisti in altri fallimenti, al fine di dar rilievo ai risultati della liquidazione che gli stessi abbiano dimostrato di poter conseguire in altre procedure e così, indirettamente, alle loro capacità professionali, in modo da alimentare un circolo virtuoso e trasparente nel procedimento di affidamento del delicato incarico di curatore. Lo scopo sarebbe, cioè, di privilegiare criteri di nomina ancorati a parametri di efficacia ed efficienza, che tengano conto delle performance pregresse dei professionisti, evitando così l'affidamento di incarichi secondo procedimenti automatici, attraverso criteri rotativi che tengano conto esclusivamente dell'idoneità a svolgere la funzione (F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, cit., 80). In tale ottica, è stato affermato che il riferimento ai rapporti riepilogativi dovrebbe configurare una esemplificazione dei parametri - di efficacia ed efficienza - da porre alla base del procedimento di nomina dei curatori dai tribunali (così Circolare Tribunale di Bergamo n. 4/2015, in IlFallimentarista.it).

L'ultimo comma dell'art. 28 l.fall. (introdotto, al pari del precedente, con il predetto art. 5 D.L. 83/2015), infine, prevede l'istituzione presso il Ministero della giustizia di un registro nazionale nel quale confluiranno i provvedimenti di nomina dei curatori (nonché dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali) ed in cui annotare i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse. Sul punto, la relazione alla legge di conversione precisa che “tale registro, che è accessibile al pubblico, garantirebbe quella trasparenza che è imposta a chiunque riceva incarichi pubblici, come di fatto sono gli incarichi giudiziari, e assicurerebbe la possibilità di valutare la correttezza della gestione delle procedure concorsuali” (per S. Ambrosini, Il diritto della crisi d'impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma in www.ilcaso.it , 30 novembre 2015, tale disposizione rappresenta “la maggiore novità del riformato art. 28”, stante il commendevole perseguimento dell'obiettivo della trasparenza delle procedure di nomina e, implicitamente, della rotazione degli incarichi. Secondo G. Bozza, Brevi considerazioni su alcune norme della ultima riforma, in www.Fallimentiesocietà.it, 2015, al contrario, la 'istituzione di un registro nazionale pubblico degli incarichi preluderebbe ad una rotazione quasi automatica, basata sulla statistica, che mal si coniugherebbe con l'efficienza. Per tale ragione, sarebbe stato più agevole rafforzare i registri degli incarichi attualmente presenti presso ciascun ufficio, in modo da consentire ai Presidenti di intervenire con il dovuto buon senso e conoscenza della realtà concreta).

Sostituzione e revoca del curatore

Il curatore fallimentare può essere soggetto sia a sostituzione, sia a revoca, con decreto del tribunale che, ai sensi del già citato art. 27 l. fall., provvede altresì alla nomina del nuovo curatore.

La sostituzione del curatore

Una prima fattispecie di sostituzione prevista specificamente dalla legge è rappresentata dal mancato deposito della propria accettazione entro i due giorni successivi alla notifica della nomina. In presenza di tale inadempimento, infatti, l'art. 29, comma 2, l. fall., dispone che il tribunale, in camera di consiglio, provveda d'urgenza alla nomina di altro curatore.

Il curatore può essere altresì sostituito in presenza di espressa richiesta da parte della maggioranza dei creditori ammessi. Ai sensi dell'art. 37-bis l. fall., difatti, terminata l'adunanza dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività del medesimo da parte del giudice delegato, i creditori presenti - personalmente o tramite delega - che rappresentano la maggioranza dei creditori ammessi (con esclusione di coloro che si trovino in conflitto di interessi) possono richiedere la sostituzione del curatore indicando i motivi ed un nuovo nominativo. In questa circostanza, il tribunale, valutate le ragioni della suddetta richiesta, provvede alla nomina del soggetto indicato dai creditori, salvo che non siano rispettati i criteri di cui al sopra menzionato art. 28 l. fall. L'indicazione del nominativo può, pertanto, essere disattesa soltanto se il soggetto indicato dai creditori non sia in possesso dei requisiti previsti dal citato art. 28.

La Legittimazione a formulare la predetta richiesta compete esclusivamente ai creditori ammessi, in tutto o in parte, siano essi privilegiati, chirografari o prededucibili, ancorché con riserva, analogamente a quanto previsto dall'art. 127, comma 1, l. fall. in tema di voto nel concordato fallimentare. Sono esclusi i creditori tardivi, in quanto estranei all'adunanza, nonché i soggetti titolari di istanze di restituzione o di rivendicazione di beni (sul tema v. L. Stanghellini, Il curatore, una figura in transizione, in Fallimento, 2007, 1000 ss.; L. Abete Commento art. 37 bis, in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di A. Jorio, Bologna, 2006, 621).

Ulteriori fattispecie di sostituzione, infine, sono rappresentate dalle dimissioni e dal decesso del curatore.

La revoca del curatore

L'art. 37, comma 1, l. fall., concede la facoltà al tribunale, in qualsiasi momento, di revocare d'ufficio, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori, il curatore fallimentare, a condizione che vi sia un giustificato motivo, vale a dire l'esistenza di una causa tale da pregiudicare gli interessi della procedura.

Al riguardo, una parte della dottrina ha osservato che il curatore, ancorché conservi la veste di pubblico ufficiale, svolge la sua attività nell'interesse dei creditori (soggetti privati), facendone derivare che, nel caso di revoca disposta in assenza di giustificati motivi, avrebbe diritto al risarcimento dei danni, diritto da cui sorgerebbe un credito prededucibile, al pari del credito inerente al compenso ed alle spese (così G. D'Attorre, Commento art. 37, in La riforma della legge fallimentare, a cura di A. NIgro, M. Sandulli, Torino, 2006, 231 s. In senso analogo, L. Abete, Commento art. 37, in Il nuovo diritto fallimentare, cit., 618).

In termini generali, il curatore può essere revocato qualora abbia, con dolo o con colpa, in violazione dei doveri che afferiscono al proprio ufficio, posto in essere una condotta, anche omissiva, da cui sia scaturito un pregiudizio per il patrimonio fallimentare (sul tema, v. Trib. Milano 13 giugno 2006, in Il Fallimento, 2006, 1455). A tal fine, l'art. 38, comma 2, l. fall., stabilisce che, durante il fallimento, l'azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori (per Cass. 4 ottobre 1996, n. 8716, la legittimazione a far valere la responsabilità del curatore, sopravvenuta la chiusura del fallimento, spetta all'imprenditore ritornato in bonis).

Per Trib. Forlì 29 gennaio 2015 (in www.ilcaso.it), integrano violazione dei doveri connessi all'ufficio di curatore - come tali legittimanti la revoca dell'incarico - sia il ritardo nelle operazioni di stima degli immobili appresi al fallimento (nel caso di specie, operazioni non ancora ultimate a distanza di due anni dall'apertura della procedura), sia il mancato riparto ai creditori, da effettuarsi ogni quattro mesi ex art. art. 110 l. fall., delle somme già facenti parte dell'attivo, risultando in tal modo compromesso l'interesse dei medesimi a conseguire quanto prima la liquidazione dell'attivo.

Costituiscono, in ogni caso, “giusta causa di revoca del curatore”:

  • Il mancato deposito delle somme riscosse sul conto corrente (bancario o postale) intestato alla procedura entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione (art. 34 l. fall.);
  • il mancato deposito del programma di liquidazione nel termine di centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, “senza giustificato motivo”. Pertanto, la predisposizione del programma decorsi centottanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, ove non preceduta da autorizzazione del giudice delegato o quantomeno da una successiva ratifica, oltre a rappresentare elemento di giudizio negativo dell'operato del curatore, potrà configurare, nei casi più gravi, motivo per la richiesta della sua revoca (art. 104-ter, comma 1, secondo periodo, l. fall., nel testo novellato dall'art. 6, comma 1, D.L. 83/2015);
  • il mancato rispetto del termine di realizzazione dell'attività di liquidazione. Al riguardo, giova considerare che Il D.L. 83/2015 non è intervenuto soltanto sul termine di redazione del programma di liquidazione ma, in modo più ampio, anche sulla durata stessa prevista per il compimento della fase della liquidazione. La nuova lettera f) dell'art. 104-ter l.fall. dispone, infatti, che il programma debba specificare “il termine entro il quale sarà completata la liquidazione dell'attivo”. Il terzo comma di tale articolo, anch'esso di nuova introduzione, a sua volta stabilisce che il predetto termine non può essere superiore a due anni d al deposito della sentenza di fallimento . Tale termine può essere derogato nell'ipotesi in cui, limitatamente a determinati cespiti, il curatore reputi necessario un termine maggiore,a condizione che motivi specificamente le ragioni del previsto ritardo per le quali propone la deroga. Al curatore incombe l'obbligo di motivare specificamente le ragioni del ritardo tali da giustificare la deroga già al momento della redazione del programma di liquidazione. Sulla bontà delle ragioni – e pertanto sulla eventuale pretestuosità delle medesime – vi sarà quindi l'immediato sindacato del comitato dei creditori e del giudice delegato, con tutte le eventuali conseguenze del caso. Per contro, deve ritenersi ammissibile che eventuali ritardi dovuti ad oggettivi motivi non prevedibili al momento della redazione del programma di liquidazione possano giustificare il mancato rispetto del termine biennale - o di quello diverso indicato nel programma stesso - da parte del curatore, a prescindere dalla mancata previsione delle difficoltà di vendita all'interno dello stesso (cfr. M. Vitiello, Atti del convegno Le nuove modalità e i tempi della liquidazione dell'attivo, Milano, 23 novembre 2015);
  • il mancato rispetto, in presenza di somme disponibili per la ripartizione, dell'obbligo di presentare un prospetto di tali somme ed un progetto di ripartizione delle stesse ogni quattro mesi a partire dalla data di esecutività dello stato passivo o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato ex art. 110, comma 1, l. fall. (art. 104-ter, comma 10, secondo periodo, aggiunto dal D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla L. 30 giugno 2016, n. 119).

Il procedimento di revoca si svolge dinanzi al tribunale secondo le forme di cui agli art. 737 ss. c.p.c. e quindi seguendo le disposizioni relative ai procedimenti in camera di consiglio. Il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti sia il curatore, che il comitato dei creditori. Avverso tale decreto è esperibile - ai sensi dell'art. 37, comma 3, l. fall. - reclamo alla corte di appello ai sensi dell'art 26 l. fall.

L'accoglimento da parte della corte d'appello del reclamo determina la reintegrazione nella carica del curatore in precedenza destituito e, conseguentemente, l'automatica cessazione della nomina del nuovo curatore medio tempore decretata dal tribunale (secondo App. Lecce, Sez. distaccata Taranto, 29 giugno 2015, in IlFallimentarista.it, non sarebbe ammissibile il reclamo avverso il decreto adottato dal tribunale fallimentare di revoca dell'incarico di curatore fallimentare, trattandosi di provvedimento non decisorio, bensì di natura amministrativa e ordinatoria, privo di portata decisoria su posizioni di diritto soggettive. La nomina del curatore e il mantenimento dell'ufficio attengono all'esigenza del corretto svolgimento della procedura e non è dunque configurabile una posizione soggettiva giuridicamente rilevante del curatore).

In evidenza: Cass. 13 marzo 2015, n. 5094

Per i giudici di legittimità, il provvedimento di revoca non sarebbe reclamabile in cassazione, dal momento che il curatore non è portatore di un proprio interesse alla conservazione dell'incarico, ma esercita un munus publicum. In particolare, per la S.C. “la nomina a curatore del fallimento ed il mantenimento dell'incarico rispondono all'esigenza, super individuale e non riconducibile al mero rapporto con i creditori, del corretto svolgimento e del buon esito della procedura, non essendo configurabile una posizione giuridicamente rilevante del curatore alla quale corrisponde la natura meramente ordinatoria e non decisoria tanto del decreto di accoglimento o di rigetto dell'istanza di revoca dall'ufficio, quanto del provvedimento, di conferma o di riforma del decreto emesso dalla corte di appello in sede di reclamo”.

Adempimenti e doveri del curatore fallimentare

Il curatore fallimentare, dopo aver provveduto al deposito dell'accettazione della carica (entro il termine sopra menzionato), deve:

  • entro dieci giorni dalla nomina, comunicare al registro Imprese l'indirizzo pec della procedura (art. 17, comma 2-bis, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221);
  • entro i quindici giorni successivi all'accettazione, comunicare al registro imprese, tramite la procedura “Comunica”, i dati identificativi del fallimento (art. 29, comma 6, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in 30 luglio 2010, n. 122);
  • entro trenta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, fornire indicazioni al Giudice Delegato (di seguito G.D.) in merito alla nomina del Comitato dei Creditori (di seguito CdC).

In particolare, deve segnalare i nominativi dei creditori, o altri soggetti da questi designati, che avessero dato disponibilità a ricoprire l'incarico, nonché di tutti gli altri creditori risultanti tali allo stato, con indicazione, se possibile, dei relativi crediti (art. 40, comma 1, l. fall.) e, immediatamente dopo la nomina del comitato dei creditori, deve convocare i componenti di tale organo affinché si riuniscano entro dieci giorni al fine di accettare la carica e designare il Presidente (art. 40, comma 3, l. fall.).

Nel caso in cui, tuttavia, non fosse possibile formare il CdC - perché nessuno dei creditori abbia dato la propria disponibilità, oppure perché quelli nominati non abbiano accettato o per altri motivi - dovrà depositare istanza al G.D. di sostituzione ai sensi dell'art. 41, comma 4, l. fall.;

  • nel più breve termine possibile, rimuovere i sigilli (ove apposti) e redigere l'inventario unitamente al cancelliere ed eventualmente allo stimatore designato (art. 87, comma 2, l. fall.). Prima di chiudere l'inventario, dovrà altresì chiedere al fallito o al rappresentante legale della società fallita se esistono altri beni, avvertendoli delle pene previste in caso di falsa dichiarazione (art. 220 l. fall.). Al riguardo, giova far presente che l'inventario deve essere redatto anche se negativo, al fine di ottenere dal fallito (rappresentante legale della società fallita) la dichiarazione di cui sopra;
  • notificare, in presenza di beni immobili, una copia autentica dell'estratto della sentenza alla competente Conservatoria (art. 88 l. fall.).

L'accertamento del passivo

Il curatore fallimentare deve, senza indugio, tramite pec (se il relativo indirizzo del destinatario risulta dal registro delle imprese ovvero dall'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti e, in ogni altro caso, a mezzo lettera raccomandata o telefax presso la sede dell'impresa o la residenza del creditore), comunicare ai creditori ed ai titolari di diritti reali o personali sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito risultanti tali dalle scritture o comunque risultanti da altre informazioni, la data fissata per l'esame dello stato passivo, nonché il termine e le modalità per presentare le domande d'ammissione al passivo (artt. 92 e 93 l. fall.).

La curatela dovrà altresì valutare l'opportunità di ricorrere al procedimento di cui all'art. 102 l. fall., ai sensi del quale, come noto, Il tribunale - con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza della curatela depositata almeno venti giorni prima dell'udienza medesima, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito - dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura (sul tema, v. App. Torino 16 aprile 2014, in www.ilcaso.it).

Il curatore, ricevute tramite pec le istanze di insinuazione da parte dei creditori, dovrà predisporre il progetto di stato passivo -cioè l'elenco dei creditori nonché l'elenco dei titolari di diritti su beni mobili ed immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno una motivata conclusione sulla domanda (art. 95, comma 1, l. fall.). Tale progetto dovrà essere:

  • depositato in cancelleria, tramite PCT, almeno 15 giorni prima dell'udienza per la verifica dello stato passivo, unitamente alle relative domande;
  • trasmesso a mezzo pec ai creditori ed ai titolari di diritti almeno 15 giorni prima dell'udienza per la verifica dello stato passivo (art. 95, comma 2, l. fall.).

Dovrà, inoltre, partecipare all'esame dello stato passivo e, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività del medesimo, comunicare tramite pec l'esecutività e trasmettere copia dello stesso a tutti i ricorrenti informando ogni creditore del diritto di proporre opposizione nel caso di mancato accoglimento della domanda (art. 97 l. fall.).

Tale procedimento si applica in modo analogo anche alle domande di insinuazione tardiva, intendendosi con questa espressione le istanze presentate oltre i trenta giorni antecedenti la data di udienza dello stato passivo ed entro dodici mesi (diciotto mesi nel caso di procedure particolarmente complesse ed a condizione che tale proroga sia prevista nella sentenza dichiarativa di fallimento) dal deposito del decreto di esecutorietà dello stato passivo (art. 101, comma 1, l. fall.); termine, quello di dodici (o diciotto mesi), soggetto alla sospensione feriale di trenta giorni (Cass. 3 dicembre 2012, n. 21596, IlFallimentarista.it).

Le domande di insinuazione c.d. supertardive - cioè le istanze presentate decorso il temine previsto per quelle tardive (dodici o diciotto mesi, oltre la sospensione feriale) e, comunque, fino a quando non sia esaurita la ripartizione dell'attivo fallimentare, a loro volta, sono considerate ammissibili, sempre che l'istante provi che il ritardo è dipeso da “causa a lui non imputabile” (art. 101, comma 4, l. fall.) (per Cass. 1 ottobre 2015, n. , n. 19679, la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità. Secondo Trib. Torino 29 ottobre 2013, in www.ilcaso.it, l'omessa tempestiva comunicazione da parte del curatore dell'avviso di cui all'art. 92 l. fall. non è sufficiente ad integrare una causa non imputabile di ritardo nella presentazione della domanda di ammissione al passivo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 l. fall. qualora il curatore abbia allegato l'esistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti tali da portare a considerare come verosimile la pregressa conoscenza o la conoscibilità del fallimento da parte del creditore. In tale ipotesi, sarà onere di quest'ultimo allegare e provare l'esistenza di altri fatti tali da mettere in discussione la gravità, precisione e la concordanza delle predette presunzioni. Contra, Trib. Modena 20 marzo 2009, in Il Fallimento 2009, 1242, secondo cui il mancato invio dell'avviso ex art. 92 l. fall. costituisce presunzione iuris tantum di mancata conoscenza della pendenza del fallimento sicché, in assenza di prova contraria, costituisce “causa non imputabile” del ritardo ai fini della insinuazione supertardiva. Conforme, Cass. 19 marzo 2012, n. 4310, secondo cui compete al curatore provare, ai fini dell'ammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione del suddetto avviso).

Le relazioni ex art. 33 l. fall.

Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al G.D. (con copia da trasmettere al pubblico ministero) una relazione particolareggiatasulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell'esercizio dell'impresa, sulla responsabilità del fallito stesso o di altri anche ai fini dell'istruttoria penale (art. 33, comma 1, l. fall.).

Tale relazione dovrà altresì contenere l'indicazione degli atti già impugnati dai creditori o di quelli che intende impugnare la curatela (art. 33, comma 2), nonché, nell'ipotesi di fallimento di società, l'esposizione dei fatti accertati e delle informazione raccolte in merito alla responsabilità dell'organo amministrativo e di controllo, dei soci e, eventualmente, di soggetti estranei alla società (art. 33, comma 3; disposizione quest'ultima da correlare al disposto di cui all'art. 146, comma 2, l. fall., in tema di esercizio di azione di responsabilità verso i predetti soggetti).

L'anzidetto termine di sessanta giorni, in assenza di una espressa connotazione in questo senso, non è considerato a carattere perentorio, bensì ordinatorio, suscettibile, quindi, sulla scorta dell'art. 154 c.p.c. di proroga, prima della scadenza, da parte del G.D. (in questo senso, L. Abete, Commento art. 33, in Codice Commentato del Fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, 411).

Ai sensi del quinto comma dell'art. 33 l. fall. il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui sopra, deve altresì redigere un rapporto riepilogativo delle attività svolte, nel quale indicare tutte le informazioni raccolte successivamente alla prima relazione, nonché il conto della sua gestione, da redigersi secondo i criteri di cui all'art. 116, comma 1, l. fall.

Copia di tale relazione semestrale deve essere trasmessa al CdC che, congiuntamente, o tramite ciascuno dei suoi componenti, può formulare osservazioni scritte da depositare in cancelleria. Altra copia, unitamente alle eventuali osservazioni, deve essere trasmessa - entro quindici giornidalla scadenza del termine per il deposito delle predette osservazioni - telematicamente al registro delle imprese e tramite pec ai creditori ammessi ed ai titolari di diritti sui beni.

Il programma di liquidazione

Il curatore, ai sensi dell'art. 104-ter l. fall., entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario e, comunque, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, deve predisporre il programma di liquidazione, che rappresenta l'atto fondamentale di pianificazione ed indirizzo dell'attività liquidatoria da parte del curatore, annoverato peraltro dall'art. 32 l. fall. tra gli atti non delegabili a terzi.

Tale documento, da sottoporre all'approvazione del CdC ed alla successiva comunicazione al G.D. - che autorizza l'esecuzione degli atti allo stesso conformi - deve contemplare tutte le attività volte alla realizzazione dell'attivo inerenti alla vendita di beni mobili e immobili, all'esercizio di diritti, al recupero dei crediti ed a qualsiasi altra azione che conduca al realizzo di risorse finanziarie. Ognuna di queste attività liquidatorie/recuperatorie dovrà essere descritta analiticamente nelle modalità, tempistiche e prospettive di attuazione all'interno del programma di liquidazione medesimo.

Il rendiconto ed il piano di riparto finale

Ultimata la liquidazione dell'attivo, e comunque nel caso di cessazione dalle sue funzioni, il curatore deve presentare al G.D. il conto della propria attività, cioè l'esposizione analitica delle operazioni contabili e della attività gestoria della procedura fallimentare (art. 116, comma 1, l. fall.). Soltanto con il rendiconto, il curatore avrà la tranquillità di aver provato che l'incarico è stato svolto sia in conformità della legge, sia nell'osservanza della diligenza prescritta (Cass. 23 maggio 1985, n. 277, in Dir. fall.,1985, 977).

Il giudice delegato, a sua volta, ne ordina il deposito in cancelleria, fissando altresì l'udienza che, in ogni caso, non può essere tenuta prima che siano trascorsi quindici giorni dalla comunicazione del rendiconto a tutti i creditori. Al riguardo, il terzo comma dell'art. 116 l. fall. impone al curatore di comunicare (anche al fallito), tramite pec, l'avvenuto deposito del rendiconto e la fissazione dell'udienza, facendo altresì presente che eventuali osservazioni o contestazioni potranno essere presentate fino a cinque giorni antecedenti alla predetta udienza.

Il rendiconto è approvato dal G.D. - con decreto - qualora alla predetta udienza non sorgano contestazioni o sulle stesse venga raggiunto un accordo; in caso contrario, il giudice fissa l'udienza da tenersi dinanzi al collegio, che provvederà in camera di consiglio (art. 116, comma 4, l. fall.).

Il curatore è chiamato, inoltre, ogni quattro mesidecorrenti dalla data di esecutorietà dello stato passivo o dal diverso termine stabilito dal G.D., a presentare un progetto di riparto parziale, cioè un documento costituito da:

  • un prospetto delle somme disponibili (con dettaglio delle entrate ed uscite della procedura);
  • un prospetto di ripartizioni delle stesse tra i creditori (art. 110, comma 1, l. fall.).

Il G.D. deve ordinarne il deposito in cancelleria disponendo che copia di tale progetto sia inviata tramite pec a tutti i creditori i quali, nel termine perentorio di quindi giorni dalla ricezione della comunicazione, potranno presentare reclamo ai sensi dell'art. 36 l. fall. (per Trib. Venezia 22 gennaio 2009, in Il Fallimento, 2010, 479, devono ritenersi legittimati a proporre reclamo anche i creditori non ammessi al passivo che abbiano proposto opposizione). Decorso tale termine, il giudice, su richiesta della curatela, dichiara esecutivo il progetto di riparto.

In ogni caso, approvato il rendiconto e liquidato il compenso, il curatore dovrà depositare un progetto di riparto finale, il cui procedimento è analogo a quello previsto dall'art. 110 l. fall. in merito ai riparti parziali (art. 117 l. fall.)

La disciplina tributaria

Infine, con specifico riferimento agli adempimenti fiscali, il curatore dovrà:

  • entro trenta giorni dalla notifica della propria nomina,comunicare all'Agenzia delle Entrate la dichiarazione di fallimento con modello di variazione dati (art. 35 d.p.r. 633/1972);
  • entro novanta giorni dalla nomina, nel caso in cui vi siano beni immobili,presentare al Comune di ubicazione degli immobili medesimi una dichiarazione ai fini IMU attestante l'avvio della procedura (art. 9, comma 7, D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, che richiama l'art. 10, comma 6, D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504);
  • entro quattro mesi dal fallimento, redigere e presentare, tramite il servizio telematico Entratel, la dichiarazione IVA modello 74 bis per il periodo intercorrente tra l'inizio del periodo d'imposta e la data del fallimento (art. 74-bis d.p.r. 633/1972 e art. 8, comma 4, d.p.r. 322/1998);
  • entro nove mesi successivi alla nomina, redigere e presentare, tramite il servizio telematico Entratel, il Modello Unico Società di Capitali per il periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la sentenza dichiarativa di fallimento (art. 183 d.p.r. 917/1986 ed art. 5, comma 4, d.p.r. 322/1998) nonché la dichiarazione IRAP per il medesimo periodo;
  • entro il 30 settembre di ciascun anno redigere e presentare telematicamente, tramite il servizio telematico Entratel, la dichiarazione iva annuale;
  • entro il 30 aprile di ciascun anno comunicare in via telematica, tramite il servizio Entratel, le cessioni di beni e le prestazioni di servi rese e ricevute (c.d. spesometro);
  • mensilmente (o trimestralmente in presenza di opzione) effettuare la liquidazione dell'IVA e, nei termini ordinari, versare l'eventuale iva dovuta;
  • entro il 16 del mese successivo a quello di effettuazione dei pagamenti versare le ritenute di acconto operate sui redditi di lavoro autonomo, dipendente ed eventuali altri redditi;
  • entro il 28 febbraio di ciascun anno rilasciare a tutti i percipienti le certificazioni previste dall'art. 4, comma 6 ter, d.p.r. 322/1998 ed entro il successivo 7 marzo redigere e presentare, tramite il servizio telematico Entratel, la Certificazione Unica;
  • entro il 31 luglio di ciascun anno redigere e presentare, tramite il servizio telematico Entratel, il modello 770/semplificato inerente alle ritenute di acconto operate quale sostituto d'imposta;
  • entro trenta giorni dalla chiusura (o dalla revoca del fallimento), presentare la dichiarazione di variazione dati all'Agenzia delle Entrate (art. 35 d.p.r. 633/1972);
  • entro nove mesi successivi alla chiusura (o alla revoca del fallimento), presentare il Modello Unico SC per il periodo fallimentare (art. 5, comma 4, d.p.r. 322/1998).

Non è invece necessaria la presentazione della dichiarazione IRAP, salvo l'ipotesi nella quale vi sia stato esercizio provvisorio. Sulla base del combinato disposto di cui agli artt. 8, commi 3 e 4, d.p.r. 332/1998 e 19, comma 6, D.Lgs. 446/1997, infatti, soltanto in tale circostanza il curatore sarà tenuto a presentare la dichiarazione Irap, dal momento che, per effetto dell'esercizio provvisorio, la continuazione dell'attività d'impresa produrrà un valore della produzione netta, che determina la base imponibile.

Per quanto attiene, infine, alla redazione e presentazione delle dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d'imposta inerenti all'anno precedente alla dichiarazione di fallimento, prevale l'opinione in base alla quale tali adempimenti continuino a gravare sul soggetto fallito (cfr. per tutti, in giurisprudenza: Cass. 19 gennaio 2011, n. 1549; in dottrina, E. Stasi, Obblighi fiscali del curatore, in Il Fallimento, 2007, 115 ss. Contra Ris. Agenzia Entrate 2 febbraio 2007, n. 18/E, secondo cui i suddetti adempimenti sono a carico del curatore ove alla data di apertura della procedura i termini di presentazione delle medesime non siano ancora decorsi).

Ruolo e funzioni del curatore nel Codice della Crisi di impresa e dell'insolvenza

Il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza – di seguito CCI), pubblicato sulla G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019, supplemento ordinario n. 6, ha innovato la disciplina inerente alla figura ed alle funzioni del curatore fallimentare.

Sul tema, preliminarmente, è importante far presente che le disposizioni contenute nel citato D.Lgs. 14/2019 - tra le quali quelli inerenti al curatore - entreranno in vigore il 15 agosto 2020 (diciotto mesi dalla pubblicazione del medesimo in G.U.), salvo le eccezioni di cui al secondo e terzo comma dell'art. 389.

Relativamente alla figura del curatore, una novità di rilievo è sicuramente rappresentata dalla istituzione presso il Ministero della giustizia – che esercita altresì la vigilanza sull'attività dei soggetti iscritti – di un albo di coloro, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere le funzioni di curatore fallimentare, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure contenute nel codice della crisi e dell'insolvenza (le cui modalità di funzionamento sono disciplinate dall'art. 357 CCI).

Hanno diritto ad ottenere l'iscrizione all'anzidetto albo coloro che sono in possesso dei requisiti previsti dall'art. 358, comma 1, lett. a), b) e c), CCI, quindi:

a) gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro, a condizione - relativamente a questi ultimi - che siano in corso rapporti di lavoro subordinato al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale, del deposito del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o al momento della sua omologazione (art. 358, comma 3, lett. d);

b) gli studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse siano in possesso dei requisiti professionali di cui alla lettera a) e, in tale circostanza, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale;

se dimostrano di aver assolto gli obblighi di formazione di cui al decreto Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202 e successive modificazioni; costituendo, comunque, condizione per il mantenimento dell'iscrizione l'acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale, ai sensi di tale decreto ministeriale. A tal fine, è prevista l'elaborazione da parte della Scuola superiore della magistratura delle linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e di aggiornamento.

A ben vedere, l'elencazione proposta richiama pressoché fedelmente le condizioni previste dal vigente art. 28 l. fall. – che regola i requisiti per la nomina del curatore e, per rinvio, del commissario giudiziale e del liquidatore giudiziale nel caso di concordato preventivo con cessione dei beni – con le seguenti precisazioni semantiche: da un lato, nell'ottica di valorizzare la professionalità richiesta alla lettera a), si è sostituita la mera indicazione delle professioni di avvocato, dottore commercialista o ragioniere o ragioniere commercialista con l'appartenenza ai rispettivi albi professionali, quale ulteriore garanzia di qualità ed esteso la possibilità di iscrizione ai consulenti del lavoro, limitatamente, però, per quelle procedure per le quali, al momento dell'apertura, siano in corso rapporti di lavoro subordinato; dall'altro, preso atto dell'evoluzione dei modelli societari di riferimento, l'esperienza maturata nelle società per azioni indicata alla lettera c) viene estesa a tutte le società di capitali, nonché alle società cooperative; infine, il lessico viene adeguato alla nuova definizione del Codice, sostituendo il termine “fallimento” alla moderna “liquidazione giudiziale”.

Ai sensi dell'art. 136, comma 1, CCI, il curatore deve tenere un registro informatico, consultabile telematicamente, oltre che dal giudice delegato, da ciascuno dei componenti del comitato dei creditori in cui annotare giorno per giorno le operazioni inerenti alla sua amministrazione.

Al riguardo è previsto che, a cadenza mensile, il curatore firmi digitalmente il registro e vi apponga la marca temporale, in conformità alle regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici.

Novità sono altresì previste in relazione al compenso (art. 137 CCII); rispetto al vigente art. 39 l. fall. è infatti prevista:

a) un'integrazione del compenso per l'attività svolta fino al termine dei giudizi e delle altre operazioni di chiusura della procedura;

b) la ripartizione del compenso tra il curatore e gli esperti nominati ai sensi dell'art. 49, comma 3, lett. b), CCI.

Ulteriori innovazioni, infine, sono previste relativamente agli obblighi informativi.

(segue) Le relazioni ed i rapporti riepilogativi

L'art. 130 CCI, rispetto a quanto previsto dal vigente art. 33 l. fall., prevede, in primo luogo, che il curatore entro trenta giorni dall'apertura della procedura, presenti al giudice delegato una relazione contenente l'informazione sugli accertamenti compiuti e gli elementi acquisiti circa le cause dell'insolvenza e l'eventuale responsabilità del debitore, degli amministratori o degli organi di controllo della società soggetta a liquidazione giudiziale.

Sono altresì previsti nuovi obblighi informativi in capo al curatore, quali la segnalazione al pubblico ministero laddove il debitore non depositi copia dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie; nonché dell'elenco dei creditori, oppure se le scritture prodotte sono incomplete o inattendibili.

Ai sensi del secondo comma dell'art. 130 CCI, il curatore ha la facoltà di accedere alle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in mancanza di collaborazione da parte del debitore, deve reperire la documentazione idonea a ricostruire la situazione economica e finanziaria dell'imprenditore acquisendo, con l'autorizzazione del giudice delegato, tutti i dati, le informazioni e la documentazione indicati in tale comma dell'art. 130 CCI.

E' inoltre prevista la predisposizione di una ulteriore relazione, oltre a quella di cui sopra, entro sessanta giorni dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (centottanta giorni dall'apertura della liquidazione giudiziale nel caso di mancato accertamento del passivo), in ordine alla sussistenza della responsabilità del debitore o di terzi, con evidenziazione di tutti gli elementi informativi acquisiti e rilevanti ai fini delle indagini preliminari in sede penale (art. 130, comma 4, CCI). Nell'ipotesi in cui il debitore sia costituito sotto forma societaria, il curatore dovrà altresì riferire in merito ad eventuali profili di responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo e, quando l'impresa fallita appartiene ad un gruppo, dovrà prendere in esame la natura dei rapporti infragruppo e la sussistenza di eventuali responsabilità di società del gruppo in relazione alla natura dei rapporti economici e contrattuali con le altre imprese del gruppo (comma 5).

Il curatore, al pari di quanto disposto dall'attuale normativa, deve presentare semestralmente il rapporto riepilogativo delle attività svolte e delle informazioni raccolte dopo le precedenti relazioni. A tal fine, è previsto che il primo rapporto riepilogativo deve essere presentato entro quattro mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo ed i successivi ogni sei mesi. Copia del rapporto e dei documenti allegati è trasmessa al comitato dei creditori che, nel termine di quindici giorni, può formulare osservazioni scritte. Nei successivi quindici giorni copia del rapporto, unitamente alle eventuali osservazioni, omesse le parti secretate, è trasmessa per mezzo della posta elettronica certificata al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni (art. 130, comma 9, CCI).

(segue) Il programma di liquidazione: forma e contenuto

L'art. 213, comma 1, CCI, analogamente a quanto previsto dal vigente primo comma dell'art. 104-ter l. fall., individua quale termine per la predisposizione del programma di liquidazione i sessanta giorni successivi alla redazione dell'inventario; termine che, in ogni caso, non può eccedere i centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa dell'apertura della liquidazione giudiziale. Al riguardo, viene ribadito che il mancato rispetto, senza giustificato motivo, di tale secondo termine rappresenta giusta causa di revoca del curatore.

Il secondo comma dell'art. 213 CCI, al pari di quanto disposto dal vigente art. 104-ter , comma 8, l. fall., consente alla curatela - previa autorizzazione del comitato dei creditori - di non acquisire all'attivo o di rinunciare a liquidare uno o più beni, ove l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In tale ipotesi, il curatore dà apposita comunicazione ai creditori i quali, in deroga al blocco delle azioni esecutive e cautelari (previsto nell'art. 150 C.C.I., analogamente all'attuale art. 51 l. fall.), potranno intraprendere tali azioni sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.

Quale elemento di novità rispetto alla disciplina attuale, va segnalata una presunzione di manifesta non convenienzain presenza di sei tentativi di vendita risultati deserti, salvo che il giudice delegato autorizzi la prosecuzione dell'attività liquidatoria, corredandola di giustificati motivi.

In merito al contenuto, il terzo comma dell'art. 213 CCI richiede la suddivisione documentale del programma di liquidazione in sezioni, nelle quali sono evidenziati separatamente i criteri e le modalità di alienazione dei beni immobili e di altri beni, di riscossione dei crediti, con segnalazione dei costi da sostenere e dei tempi di realizzo. Il programma di liquidazione dovrà altresì contenere informazioni circa le azioni giudiziarie di qualsiasi natura da intraprendere e delle controversie pendenti nelle quali si intende subentrare, con i costi relativi al primo grado di giudizio.

Un‘ulteriore importante innovazione è contenuta nel quinto comma dell'art. 213 CCI che richiede l'indicazione nel programma di liquidazione, oltre che del termine di presumibile completamento della liquidazione, di quello entro il quale la relativa attività avrà inizio. Al riguardo, è espressamente richiesto che entro il termine di dodici mesi dall'apertura della procedura deve essere effettuato il primo esperimento di vendita dei beni e dell'attività di recupero dei crediti, salvo che il giudice delegato, con decreto motivato, non abbia autorizzato un differimento.

Il termine per il completamento della liquidazione non potrà, comunque, eccedere i cinque anni dal deposito della sentenza di apertura della procedura; termine che potrà essere allungato a sette anni dal giudice delegato in presenza di procedure caratterizzate da “eccezionale complessità”.

Riferimenti

Normativi

  • D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14
  • Art. 27 l. fall.
  • Art. 28 l. fall.
  • Art. 29 l. fall.
  • Art. 33 l. fall.
  • Art. 37 l. fall.
  • Art. 40 l. fall.
  • Artt. 92 e 93 l. fall.
  • Art. 104-ter l. fall.
  • D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modifiche in L. 21 agosto 2015, n. 132

Giurisprudenza

  • Cass. 1 ottobre 2015, n. 19679
  • Cass. 13 marzo 2015, n. 5094
  • Trib. Forlì 29 gennaio 2015
  • Trib. Milano 13 giugno 2006

Bibliografia

  • F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista, Milano, 2015, 77;
  • L. Stanghellini, Il curatore, una figura in transizione, in Fallimento, 2007, 1000 ss.
  • L. Abete, Commento art. 37 bis, in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di A. Jorio;
  • Id., Commento art. 33, in Codice Commentato del Fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, 411;
  • G. D'Attorre, Commento art. 37, in La riforma della legge fallimentare, a cura di A. NIgro, M. Sandulli, Torino, 2006.
Sommario