Pierpaolo Ceroli
03 Febbraio 2016

Il diritto del contribuente al rimborso IVA è sancito dall'art. 30, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La norma dispone infatti che il contribuente che presenta la dichiarazione annuale IVA, dalla quale emerge un credito a suo favore, può computare l'importo di tale eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero, a particolari e ristrette condizioni, e comunque in caso di cessazione dell'attività, può chiederne il rimborso. In particolare il comma 2 dell'art. 30, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, riconosce la possibilità per il contribuente di chiedere il rimborso dell'IVA risultante a credito solo se: indicata all'atto di presentazione della dichiarazione iva annuale; tale importo è di ammontare superiore ad euro 2.582,28; ed in casi dettagliatamente indicati dalla norma. In specifici casi, il rimborso IVA per un importo superiore a € 30.000 (limite modificato dal D.L. n. 193/2016) potrebbe essere subordinato alla prestazione di garanzia da parte del contribuente.
Inquadramento

Il rimborso dell'IVA risultante dalla dichiarazione annuale è disciplinato dall'articolo 30, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Il suddetto articolo sancisce la possibilità per il contribuente di utilizzare l'importo a credito risultante dalla dichiarazione IVA annuale regolarmente presenta, riportandolo all'esercizio successivo al fine di effettuare la compensazione:

  • verticale (o interna) ovvero con la medesima imposta;
  • orizzontale (o esterna) utilizzandolo per il pagamento di altre imposte;
  • chiedere, al verificarsi di determinate condizioni, il rimborso totale dell'imposta a credito.

Tra le possibilità di compensazione sopra elencate quella maggiormente utilizzata, ed anche quella di più facile utilizzo, è la compensazione verticale in quanto consente, ove il credito risulti dalla dichiarazione annuale regolarmente presentata, oppure risulti dall'istanza da cui emerge il credito (come prevede il nuovo art. 3 comma 2 lettera a) del D.L. 50/2017), di utilizzare lo stesso per il pagamento dell'IVA risultante a debito dalle liquidazioni successive.

In riferimento alla compensazione orizzontale essa è invece prevista per permettere al contribuente di compensare l'IVA a credito con qualsiasi altro tributo che abbia un codice tributo necessario al fine del versamento con modello F24.

Il contribuente in fase di presentazione della dichiarazione annuale IVA dovrà quindi solamente indicare la scelta in riferimento all'utilizzo del credito in compensazione ovvero il rimborso, non essendo tenuto a specificare se l'eventuale compensazione sia interna o esterna.

Utilizzo della compensazione del credito tramite F24

In evidenza: compensazione

Con il termine “compensazione” si intende la possibilità in fase di versamento di tributi e contributi di utilizzare i crediti vantati dal contribuente in luogo del pagamento del debito tributario o contributivo con denaro.

La compensazione può essere utilizzata in due modi:

  • compensazione totale con la quale il credito disponibile viene utilizzato interamente per azzerare il relativo debito del contribuente dando origine ad un F24 “a zero”;
  • compensazione parziale con la quale il credito disponibile copre solo parzialmente il debito del contribuente regolando in denaro la residua differenza (diversa da zero).

In evidenza: regolazione in denaro per compensazione parziale

In caso di compensazione parziale, il regolamento in denaro differisce a seconda che il contribuente sia titolare o meno di partita IVA; in particolare tale importo dovrà essere pagato:

  • tramite addebito diretto sul c/c del contribuente;
  • tramite poste;
  • presso gli sportelli di Equitalia.

Qualora il contribuente opti per la compensazione verticale non dovrà presentare nessun modello F24, ma tale “riporto” dovrà essere rilevato all'interno della contabilità e nei relativi registri IVA.

Qualora invece si opti per la compensazione orizzontale dell'IVA in riferimento ad altri tributi a debito, il contribuente è obbligato a presentare il modello F24 con l'indicazione del relativo debito associato al corrispondete codice tributo e parallelamente si dovrà indicare il relativo credito residuo in modo da portare tale utilizzo del credito a conoscenza dell'Agenzia.

I soggetti titolari di partita IVA che intendono compensare crediti di qualsiasi natura (anche IVA) sono tenuti, per effetto delle modifiche apportate dall'art. 3, co. 3 del D.L. n. 50/2017, ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dell'Agenzia delle Entrate, senza poter più ricorrere quindi al home banking.

A seguito di tale modifica sono stati individuati, con la Risoluzione n. 68/E/2017, dei codici tributo il cui utilizzo in compensazione necessita, per i soli soggetti titolari di partita IVA, dell'utilizzo dei servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate. L'elenco dei relativi codici tributo è riportato nell'allegato della medesima Risoluzione.

Il contribuente, quindi, in fase di compilazione della dichiarazione annuale IVA dovrà solamente indicare la scelta tra utilizzo del credito in compensazione(sia verticale che orizzontale) ovvero il rimborso.

In riferimento agli importi chiesti a credito, di notevole rilevanza sono le due disposizioni previste dal Legislatore quando l'importo è superiore a determinate soglie; ovvero:

  • qualora l'importo del credito IVA sia superiore ad euro 5.000,00, esso potrà essere utilizzato in compensazione solo a decorrere dal decimo giorno successivo (termine modificato dall'art. 3 comma 4 bis lettera a) del D.L. 50/2017 in sede di conversione nella L. n. 96/2017) a quello di presentazione della dichiarazione IVA annuale dell'istanza da cui emerge il credito (come prevede il nuovo art. 3 comma 2 lettera a) del D.L. 50/2017
  • quando l'importo del credito sia superiore ad euro 15.000,00, è richiesta l'ulteriore “garanzia” della necessaria apposizione (sulla dichiarazione IVA annuale presentata) del visto di conformità da parte del professionista intermediario al fine di “confermare” che i dati inseriti nella dichiarazione, e dai quali scaturisce tale credito, siano direttamente connessi alle operazioni contabili effettuate nell'attività del contribuente. La manovra correttiva (D.L. n. 50/2017, art. 3) modifica tale limite; pertanto, dalle dichiarazioni presentate dal 24 aprile 2017 (Risoluzione n. 57/E/2017) il visto di conformità o la sottoscrizione dell'organo di controllo dovranno essere apposti qualora il contribuente intenda utilizzare in compensazione un credito per un importo superiore a 5.000 euro.

Al fine di evitare ulteriormente frodi da crediti IVA, è stato posto il divieto della compensazione del credito IVA fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore ad euro 1.500,00 iscritti a ruolo per imposte erariali ed iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, per i quali è scaduto il termine di pagamento.

Richiesta a rimborso del credito IVA

L'ipotesi del rimborso del credito IVA è disciplinata dal co. 3 dell'art. 30, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dove si dispone che il contribuente ha diritto di richiedere il rimborso:

  1. quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell'art. 17, co. 5 e 7 e dell'art. 17-ter (split-payment);
  2. quando effettua operazioni non imponibili di cui agli artt 8, 8-bis e 9 per un ammontare superiore al 25% dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;
  3. limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;
  4. quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all'imposta per effetto dell'articolo da 7 a 7-septies;
  5. quando si trova nelle condizioni previste dal terzo comma dell'art. 17.

Di notevole interesse è la possibilità di cedere a terzi l'eccedenza a credito chiesta a rimborso al fine di realizzare immediatamente liquidità, oltre alla previsione della insussistenza delle sopra citate limitazioni qualora il rimborso dell'IVA a credito venga richiesto in sede di cessazione dell'attività.

Indipendentemente dalla modalità di utilizzo del credito IVA da parte del contribuente, è di fondamentale importanza non incorrere nell'errore molto comune di utilizzare il credito in compensazione e successivamente riportare tale importo nelle liquidazioni successive, generando una seconda (ed indebita) riduzione del debito del contribuente che, in fase di controllo verrà disconosciuto dall'Agenzia con l'applicazione delle relative sanzioni ed interessi in percentuale sull'importo già utilizzato in compensazione.

In evidenza: novità sullo split payment dopo la Manovra del D.L. n. 50/2017
Dal 1° luglio 2017 sono in vigore delle nuove regole in relazione alle operazioni per le quali è emessa fattura con il meccanismo dello split payment. La Manovra correttiva di cui al D.L. n. 50/2017 ha esteso lo split payment anche alle operazioni effettuate nei confronti di:
  • società controllate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri;
  • società controllate da regioni, province, città metropolitane, comuni o unioni di comuni;
  • società controllate dalle società precedenti;
  • società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Inoltre, lo split payment trova applicazione anche per i compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito. Il Ministero dell'Economia e delle finanze ha individuato le modalità attuative delle nuove regole con D.M. 27 giugno 2017 che ha ritoccato la formulazione del D.M. 23 giugno 2015 In particolare, per quanto concerne l'individuazione delle Pubbliche Amministrazioni, in sede di prima applicazione, per le operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017 e fino al 31 dicembre 2017, il meccanismo dello split payment si applica alle PA inserite nel conto economico consolidato, individuate dall'ISTAT, ai sensi dell'art. 1, comma 3, L. n. 196/2009, come da elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2016. Per le fatture emesse dal 1° gennaio 2018 e negli anni successivi, il meccanismo dello split payment si applica alle PA inserite nel conto economico consolidato, individuate dall'ISTAT, ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L. n. 196/2009, come da elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre dell'anno precedente. Con D.M. 13 luglio 2017, è stato chiarito che lo split payment si applica alle Pubbliche Amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria

In evidenza: Rimborsi IVA prioritari per chi opta alla trasmissione telematica dei dati fattura
Per i soggetti che si avvalgono dell'opzione di cui all'articolo 1, comma 3, del D.Lgs. n. 127/2015, vale a dire l'opzione per la trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse e ricevute, sono state previsti delle agevolazioni connesse ad alcuni adempimenti tributari ai fini IVA. L'art. 3 comma 1 lett. c del Decreto 127 infatti stabilisce che i rimborsi di cui all'articolo 30 del Decreto n. 633/1972 sono eseguiti in via prioritaria, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale, anche in assenza dei requisiti di cui al predetto articolo 30, secondo comma, lettere a), b), c), d) ed e).
Esecuzione dei rimborsi

L'art. 38-bis, DPR n. 633/1972 delinea la disciplina dell'esecuzione dei rimborsi, individuando quei casi in cui è necessaria la prestazione di garanzia.

I rimborsi previsti dall'art. 30 del Decreto IVA sono eseguiti entro 3 mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale, se nella stessa ne è stata fatta espressa richiesta. Il contribuente può ottenere il rimborso anche per periodi infrannuali e, in questi casi, è necessario presentare il modello IVA TR.

Gli adempimenti a carico del contribuente per l'ottenimento del rimborso variano a seconda che l'importo richiesto sia inferiore o superiore a euro 30.000; il limite deve intendersi per l'intero periodo di imposta, non alla singola richiesta. Prima delle modifiche apportate dal Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, il predetto limite era pari a 15.000 euro.

Comunque, per i rimborsi IVA fino a 30.000 euro non sono richiesti particolari oneri, in quanto è sufficiente la presentazione della richiesta tramite la dichiarazione annuale o il modello IVA TR.

Per quanto riguarda i rimborsi IVA per un importo superiore € 30.000, è necessario che:

  • nella dichiarazione sia apposto il visto di conformità o la sottoscrizione dell'organo di controllo;
  • venga allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti le condizioni di cui al comma 3 dell'art. 38-bis, cioè quanto segue:
    - il patrimonio netto non sia di oltre il 40%; la consistenza degli immobili non si è ridotta di oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell'attività esercitata; l'attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
    - non siano state cedute da società non quotate in mercati regolamentati più del 50% delle azioni/quote rappresentanti il capitale sociale;
    - siano stati versati i contributi previdenziali e assicurativi dovuti.

Nei casi previsti dal comma 4 dell'art. 38-bis, i rimborsi IVA per importi superiori a € 30.000 sono eseguiti previa prestazione di garanzia. In particolare, la garanzia è dovuta dai soggetti considerati a rischio e quindi da soggetti passivi che:

  • esercitano un'attività d'impresa da meno di due anni che non siano però delle start-up innovative;
  • nei due anni precedenti la richiesta di rimborso, hanno ricevuto avvisi di accertamento o di rettifica;

Importi degli avvisi di accertamento

Gli avvisi di accertamento o di rettifica, ai fini della prestazione della garanzia, devono contestare, per ogni anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell'imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:

  • al 10% degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro;
  • al 5% degli importi dichiarati se questi superano 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro;
  • all'1% degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro.
  • non presentano la dichiarazione con il visto di conformità, la sottoscrizione dell'organo di controllo o la dichiarazione sostitutiva di atto notorio;
  • richiedono il rimborso dell'eccedenza detraibile risultante all'atto della cessazione dell'attività.

La garanzia deve essere prestata per un periodo di tre anni dall'esecuzione del rimborso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero di fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che a giudizio dell'Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria rilasciata da un'impresa di assicurazione.

Va ricordato che l'art. 8 della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) stabilisce che l'Amministrazione finanziaria deve rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi qualora, con sentenza definitiva, sia accertato che l'imposta non era dovuta oppure era dovuta in misura minore.

La Sentenza 19751 del 28 agosto 2013 della Corte di Cassazione ha rafforzato questo concetto affermando che l'art. 8 della L. 212/2000 è una norma precettiva e non programmatica, in quanto tale, quindi, è immediatamente applicabile. Ciò sta a significare che il diritto al rimborso della fideiussione scaturisce in maniera automatica nel momento in cui si forma il giudicato.

Sempre la Cassazione, con l'ordinanza n. 20657/2017, ha precisato che la fideiussione di cui all'articolo 38-bis, D.P.R. n 633/1972 (richiesta ai contribuenti nei casi di rimborso, in forma accelerata, delle eccedenze IVA, derivanti dalla dichiarazione, in assenza di prodromico riscontro circa la sussistenza dei requisiti di legge per la spettanza delle eccedenze stesse), consistente nell'onere, in capo al soggetto garante, di riversare gli importi richiesti dall'ufficio (salvo assolvimento da parte del garantito), è un contratto di garanzia il quale, a differenza dello schema tipico della fideiussione, è caratterizzato dall'autonomia e distinzione tra obbligazione di garanzia e obbligazione garantita.La Corte spiega che il sistema dei rimborsi IVA in forma accelerata risulta contraddistinto dall'anticipato rimborso, a cui segue il riscontro circa la spettanza dello stesso, il cui rovescio della medaglia è costituito, per l'appunto, dalla richiesta di presentazione di apposita polizza fidejussoria. Pertanto, l'omessa esecuzione del rimborso in argomento non costituisce avveramento di condizione sospensiva del contratto ma può rappresentare il contenuto di eccezione, posta dal soggetto garante, di inesistenza del rapporto giuridico principale.

In evidenza: nuovo modello di polizza fideiussoria per rimborso IVA

Grazie al D.Lgs. n. 175/2014 sono stati accelerati i tempi previsti per il rimborso dell'eccedenza dell'IVA e per la costituzione del deposito vincolato in titoli di Stato.

In particolare grazie al Provv. dell'Agenzia delle Entrate 26 giugno 2015 è stato approvato il modello di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria previsto per la richiesta del rimborso dell'eccedenza dell'IVA e per i crediti vantati dall'Amministrazione finanziaria in riferimento alle annualità precedenti che sono stati accertati o che comunque sono stati richiesti nel periodo coperto dalla garanzia fideiussoria prevista dall'art. 38-bis, co. 5, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Il suddetto modello, reperibile sul sito www.agenziaentrate.gov.it ed utilizzabile dal 27 giugno 2015, sostituisce quello approvato con Provv. dell'Agenzia delle Entrate 10 giugno 2004 che può comunque essere alternativamente utilizzato fino al 31 dicembre 2015.

In linea con le modifiche apportate al modello di polizza fideiussoria, sono state apportate modifiche in riferimento al computo degli interessi da considerare per il calcolo dell'ammortamento garantito previsti nel modello da utilizzare per la costituzione del deposito vincolato in titoli di Stato o garantiti dallo Stato per il rimborso dell'IVA approvato con il Provv. dell'Agenzia delle Entrate 31 dicembre 2014 ed anch'essoutilizzabile fino al 31 dicembre 2015.

A seguito della Circolare 22 luglio 2016, n. 33/E sono stati forniti importanti chiarimenti in riferimento alla possibilità di richiedere di rimborso dell'IVA risultante a credito.

In particolare, per le società che presentano i requisiti per essere considerate “di comodo”, è stata prevista una procedura di interpello probatorio che prevede la possibilità di richiedere l'erogazione del rimborso IVA, a cui l'Agenzia deve dare risposta entro 120 giorni pena il riconoscimento del silenzio-assenso, oppure mediante autovalutazione della sussistenza delle “oggettive situazioni”, di cui deve essere data indicazione in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, come anche nel caso di presentazione di interpello ove deve essere indicato il relativo esito dello stesso.

Quanto sopra premesso ha comportato anche la previsione di nuove disposizioni in riferimento alle relative sanzioni per dichiarazioni non veritiere dei soggetti del punto precedente in riferimento alla sussistenza della condizioni previste per usufruire del rimborso IVA.

E' stata inoltre prevista la possibilità di sospendere temporaneamente il credito IVA erogato in presenza di notificazione di atti di accertamento, ancorché non definitivi, in riferimento a tributi, sanzioni ed interessi, recapitati durante il periodo intercorrente la richiesta di rimborso e la liquidazione della predetta imposta con la possibilità di disporne la compensazione una volta che l'atto sia divenuto definitivo qualora il contribuente non presti adeguata fideiusione a tempo indeterminato.

In linea con i nuovi strumenti collaborativi previsti per migliorare le posizioni tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria, sono stati previsti avvisi di irregolarità che inviano preventivamente il contribuente a “sanare” la propria posizione irregolare, evidenziata dall'amministrazione nella relativa comunicazione, con il fine di evitarne l'iscrizione a ruolo e la rateizzazione che si consolida solo dopo trenta giorni dall'avvenuta notifica qualora il contribuente non richieda assistenza ovvero l'ufficio confermi l'esito della comunicazione senza che sia avvenuto il pagamento “spontaneo” da parte del contribuente.

Ulteriori casi di decadenza dal rimborso dell'IVA risultante a credito sono stati previsti, previa attenta analisi della situazione concreta da parte dell'Agenzia, in tutti i casi nei quali viene ravvisato un pericolo nella riscossione, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, della relativa imposta dovuta dal contribuente, come, ad esempio, nei casi di decadenza del contribuente da rateizzazioni richieste sia nei confronti dell'Agenzia delle Entrate che all'Agente della Riscossione.

In evidenza: dichiarazione omessa e utilizzo credito IVA: Cass. civ., S.U., 8 settembre 2016, n. 17757

A seguito della Sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. 8 settembre 2016, n. 17757, è stata confermata, ancora una volta, la possibilità per il contribuente di portare in detrazione il credito IVA derivante da una dichiarazione omessa se effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo periodo successivo a quello in cui il diritto è sorto.

Il contribuente avrà quindi la possibilità di utilizzare il credito IVA direttamente in compensazione ovvero richiederlo a rimborso. Qualora l'Agenzia contesti successivamente il predetto utilizzo da parte del contribuente, quest'ultimo potrà dimostrare la sussistenza dei requisiti sostanziali in sede di contraddittorio e/o di contenzioso sulla cartella.

In evidenza: fatture generiche ed incomplete, possibilità di detrazione qualora siano fornite informazione complementari dal soggetto passivo.

Sentenza della Corte di Giustizia del 15 settembre 2016, causa c-516/14

Importanti novità sono state disposte dalla sentenza della Corte di Giustizia del 15 settembre 2016, causa c-516/14 in riferimento alla legittimità della richiesta di rimborso IVA in presenza di fatture passive incomplete e generiche qualora siano fornite, a richiesta dell'Agenzia, documenti che provino i requisiti sostanziali che legittimino il predetto diritto.

Quanto sopra premesso, l'Agenzia non potrà quindi limitarsi all'analisi della sola fattura risultante incompleta e generica, quindi non rispondente ai criteri fissati dall'art. 226 della Direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, ma dovrà verificare tutta la documentazione complementare a sostegno del diritto medesimo fornita dal soggetto passivo prima di negare il diritto alla detrazione dell'IVA.

In evidenza: reato di omesso versamento IVA, necessaria presentazione della dichiarazione.

Sentenza della Cassazione 16 settembre 2016, n. 38487

A seguito della sentenza n. 38487 del 16 settembre 2016 della sezione penale della Corte di Cassazione, è stata confermata l'assenza di reato ai sensi dell'art. 10-ter, D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74 in riferimento all'omesso versamento IVA qualora non sia stata presentata la relativa dichiarazione dal contribuente. In quest'ultimo caso si configurerebbe, infatti, il reato in riferimento all'omessa dichiarazione disposto dall'art. 5, D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74.

Quanto sopra premesso, in caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente che abbia omesso il versamento dell'IVA risultante a debito, la punizione del reato “slitterebbe” da quella prevista (ex art. 10-ter, D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74) nella “reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versa entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro 250.000 per ciascun periodo d'imposta” a quella prevista (ex art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) nella “reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni per chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro 50.000”

Dal 1° gennaio 2018, inoltre, i rimborsi da conto fiscale (ovvero da conto su cui sono registrati i versamenti e i rimborsi relativi alle imposte sui redditi e all'imposta sul valore aggiunto, espressamente contenuti nell'art. 78 della L. 413/1991, richiamata dal comma 4 bis dell'art. 1 del D.L. 50/2017), verranno pagati direttamente ai contribuenti dalla struttura di gestione individuata dal Decreto del 22 maggio 1998, n. 183 nel Ministero delle Finanze, dipartimento delle entrate, direzione centrale per la riscossione, a valere sulle risorse finanziarie disponibili sulla contabilità speciale tenuta dall'Agenzia delle Entrate.

Per effetto di questa disposizione viene pertanto eliminato un passaggio nella procedura del rimborso delle imposta, compresa l'IVA. Attualmente, infatti, è la struttura di gestione che effettua l'accreditamento agli Agenti della riscossione delle somme necessarie all'erogazione dei rimborsi in conto fiscale e, solo successivamente, gli Agenti della riscossione effettuano l'accredito al soggetto passivo. Con la nuova norma i rimborsi saranno effettuati direttamente dalla struttura di gestione, semplificando la procedura e, si spera, riducendo le tempistiche.

L'attuazione della misura è demandata a un Decreto del Mef da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del D.L. 50/2017.

In evidenza: niente rimborso IVA sugli acquisti immobiliari per le società che svolgono attività di locazione

Gli acquisti immobiliari delle attività di locazione di beni immobili non sono soggetti a rimborso dell'IVA, in quanto non si possono quantificare come beni ammortizzabili. Lo chiarisce la Sentenza della Corte di Cassazione n. 6196 del 10 marzo 2017. In questo caso, il contribuente ha tentato di resistere al ricorso proposto dalle Entrate, richiedendo l'annullamento integrale di un avviso di accertamento ricevuto riguardo ad un credito IVA, relativo all'acquisto di immobili ammortizzabili, considerato indebitamente rimborsato.

La Cassazione ha accolto le ragioni dell'Agenzia delle Entrate concernenti la violazione degli artt. 30 e 38-bis del D.P.R. n. 633/72, che "consente al soggetto passivo di richiedere all'atto della dichiarazione, se di importo superiore ad euro 2.582,20, limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni ammortizzabili, deve avere ad oggetto beni destinati ad essere utilizzati nell'attività di impresa, e perciò inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui siano inseriti, beni che debbono rientrare, in quanto ammortizzabili, tra i beni costituenti immobilizzazioni materiali o immateriali, da identificarsi con quelli di uso durevole la cui vita non si esaurisca nell'arco di un esercizio contabile e dei quali l'imprenditore possa disporre in quanto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento” (Cass. n. 24779/2015).

Di fatto, l'attività principale della società ricorrente rientrava nella locazione di immobili, pertanto gli immobili oggetto dell'attività della società sono da considerarsi idonei alla produzione di reddito autonomo e, di conseguenza, beni suscettibili di essere impiegati autonomamente e non inseriti nel ciclo produttivo dell'impresa.

Utilizzo IVA infrannuale e Modello TR

Il contribuente che intende utilizzare in compensazione e/o chiedere il rimborso dell'IVA a credito, risultante dalla liquidazione infrannuale, può utilizzare il Modello TR messo a disposizione nel sito dell'Agenzia delle Entrate.

Il predetto Modello, approvato con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate 21 marzo 2016, sostituisce il precedente Modello approvato con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 20 marzo 2015, e può essere utilizzato dai contribuenti che hanno realizzato nel trimestre, un'eccedenza d'imposta detraibile di importo superiore ad €2.582,28 e che rispettano determinati requisiti indicati dall'art. 30, co. 3, lett. a), b), c), d), e), D.P.R. n. 633/1972.

La predetta modifica del precedente Modello è stata necessaria a seguito delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 in riferimento alle percentuali di compensazione per le cessioni di latte, bovini e suini, attuato con il D.M. 26 gennaio 2016

Il nuovo Modello TR, da utilizzare entro l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento (ex art. 8, D.P.R. n. 542/1999), è utilizzabile esclusivamente in via telematica direttamente dal contribuente ovvero tramite intermediario abilitato.

Con il Provvedimento 28 marzo 2017, l'Agenzia delle Entrate ha modificato le istruzioni del modello IVA TR per aggiornarle con le modifiche apportate dal Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193 (per tener conto del nuovo limite di 30.000 euro per la prestazione di garanzia). Il modello da utilizzare continua ad essere quello approvato con il Provvedimento 21 marzo 2016.

Comunicazione liquidazioni IVA, spesometro trimestrale e dichiarazione IVA 2017

In riferimento alle novità fiscali previste per fronteggiare la lotta all'evasione, sono state previste importanti novità a seguito del Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 225, in vigore dal 3 dicembre, tra cui, in particolare, è stata disposta la soppressione dello spesometro annuale in sostituzione delle comunicazioni IVA trimestrali c.d. “spesometro trimestrale” (che solo per il 2017 saranno previste con cadenza semestrale) e delle comunicazioni delle liquidazioni IVA trimestrali.

In particolare, infatti, dovranno essere comunicati all'Agenzia delle Entrate i dati di tutte le fatture emesse e ricevute con cadenza semestrale per il 2017 (e trimestrale dal 2018) oltre alle liquidazioni IVA da inviare anche qualora non risulti nessun importo da pagare.

Quanto sopra premesso evidenzia il notevolmente incremento degli adempimenti fiscali in capo ai contribuenti, ovvero agli intermediari abilitati, che dovranno predisporre ed inviare telematicamente in Agenzia lo spesometro con cadenza semestrale (trimestrale dal 2018) e le liquidazioni IVA con cadenza trimestrale da inviare telematicamente in Agenzia entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre.

In riferimento alle liquidazioni IVA trimestrali è stato espressamente previsto che la comunicazione dovrà interessare i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre di riferimento, e di quelle ricevute e registrate ai sensi dell'art. 25, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ivi comprese le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni con scadenza entro l'ultimo giorno di febbraio per la comunicazione relativa all'ultimo trimestre.

I contribuenti esonerati dalle comunicazioni IVA trimestrali sono i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA o all'effettuazione delle liquidazioni periodiche qualora nel corso dell'anno d'imposta non vengano meno le predette condizioni di esonero.

Le suddette novità previste per il 2017 si aggiungono a quanto già previsto in riferimento all'introduzione dell'obbligo di dichiarazione IVA in forma autonoma da predisporre ed inviare entro il 28 febbraio in sostituzione della “vecchia” comunicazione dati IVA.

Fallimento e rimborso IVA

In sede fallimentare, il soggetto autorizzato a richiedere il rimborso IVA è il curatore che agisce nell'interesse di tutti i creditori ammessi al passivo.

Tuttavia, qualora venga richiesto il rimborso IVA dalla curatela in riferimento ad un credito soggetto a fermo amministrativo da parte dell'Agenzia, lo stesso non può essere richiesto a rimborso, ma può eventualmente essere richiesto in compensazione con il relativo credito erariale ammesso al passivo fallimentare.

Quanto premesso è stato disposto dalla sentenza della Corte di Cassazione 29 settembre 2016, n. 19335, la quale ha stabilito che il predetto fermo amministrativo non viola il principio espresso dall'art. 51 della Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) con la quale vengono vietate le azioni esecutive e cautelari in sede fallimentare.

La Corte di Cassazione, in riferimento all'incompatibilità del provvedimento di fermo amministrativo di cui (ex art. 69, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440), con l'art. 51 della Legge Fallimentare, ha ritenuto che il provvedimento, e la relativa sospensione del rimborso del credito IVA “costituisce espressione di un potere di autotutela della Pubblica Amministrazione, a salvaguardia dell'eventuale compensazione legale dell'altrui credito con quello, anche se attualmente illiquido, che l'amministrazione abbia o pretenda di avere nei confronti del suo creditore”, disconoscendo la natura cautelare alprovvedimento di fermo in oggetto in quanto strettamente strumentale alla futura possibile compensazione.

Riferimenti

Normativi

  • D.M. 13 luglio 2017
  • D.M. 27 giugno 2017
  • Art. 3 comma 1 lett. c) del D.Lgs. n. 127/2015
  • Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50 (Manovra correttiva), convertito con modificazioni dalla L. 96/2017
  • Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 225
  • D.M. 26 gennaio 2016
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento direttoriale 21 marzo 2016
  • Legge 28 dicembre 2015, n. 208
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento direttoriale 26 giugno 2015
  • D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento direttoriale 31 dicembre 2014
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento direttoriale 10 giugno 2004
  • Art. 10-ter, D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74
  • Art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
  • Art. 8, L. 212/2000
  • Art. 8, D.P.R. 1999, n. 542
  • Art. 35, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241
  • D.L. 27 aprile 1990, n. 90
  • Art. 19, D.P.R. 633/1972
  • Art. 26, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633
  • Art. 30, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
  • Art. 38-bis, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
  • Art. 110, R.D. 16 marzo 1942, n. 267
  • Art. 16, R.D. 16 marzo 1942, n. 267
  • Art. 51, R.D. 16 marzo 1942, n. 267
  • Art. 69, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440

Giurisprudenza

  • Cass. civ., sez. VI, n. 20657/2017
  • Cass. civ., sez. trib., 10 marzo 2017, n. 6196
  • Cass. civ., sez. trib., 28 agosto 2013, n. 19751
  • Cass. civ., 29 settembre 2016, n. 19335
  • Cass. pen., 16 settembre 2016, n. 38487
  • Corte di Giustizia, 15 settembre 2016, C-516/14
  • Cass. civ., S.U., 8 settembre 2016, n. 17757
  • Corte di Giustizia, 28 luglio 2011, C-274/10
  • Cass. civ., sez. trib., 15 dicembre 2010, n. 25318
  • Cass. civ., sez. trib., 10 aprile 2009, n. 8790
  • Cass. civ., sez. trib., 10 gennaio 2004, n. 194
  • Cass. civ., sez. trib., 27 giugno 2003, n. 10227
  • Cass. civ., sez. trib., 12 maggio 2003, n. 7254
  • Cass. civ., sez. trib., 24 aprile 2003, n. 6560

    Prassi

    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 9 giugno 2017, n. 68/E
    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 4 maggio 2017, n. 57/E
    • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 28 marzo 2017, prot. n. 59279
    • Agenzia delle Entrate, Circolare 22 luglio 2016, n. 33/E
    • Agenzia delle Entrate, Circolare 18 maggio 2016, n. 20/E
    • Agenzia delle Entrate, Circolare 25 settembre 2014, n. 28/E
    • Agenzia delle Entrate, Circolare 27 ottobre 2015, n. 35/E
    • Agenzia delle Entrate, Circolare 30 dicembre 2014, n. 32/E
    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 13 dicembre 2011, n 122/E
    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 11 maggio 2011, n 56/E
    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 22 febbraio 2011, n 20/E
    • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 9 giugno 2009, n 147/E
    Sommario