Crediti postergati (l. fall.)

27 Aprile 2016

I creditori postergati sono creditori “speciali”, poiché, in ragione del titolo originario da cui discendono le loro pretese, possono vantare diritti verso il debitore solo all'esito della liquidazione e nel caso in cui residui un importo da distribuire, con la conseguenza che non è possibile riconoscere loro i medesimi diritti e prerogative riconosciuti agli altri creditori nel concordato preventivo, tra cui il diritto di voto.La postergazione legale trova disciplina nell'art. 2467 c.c., che dispone che i finanziamenti effettuati dai soci di società a responsabilità limitata a favore della società quando, “anche in considerazione del tipo di attività esercitata, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto” o “una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.L'art. 2497 quinquies c.c. disciplina i rapporti infra-gruppo, disponendo l'applicazione estensiva dell'art. 2467 c.c. anche a questa tipologia di finanziamenti.La postergazione volontaria invece ha base pattizia, poiché trova origine in accordi, in base ai quali alcuni creditori accettano di essere soddisfatti solo dopo il soddisfacimento di altri.

Inquadramento

I creditori postergati sono creditori “speciali”, poiché, in ragione del titolo originario da cui discendono le loro pretese, possono vantare diritti verso il debitore solo all'esito della liquidazione e nel caso in cui residui un importo da distribuire, con la conseguenza che non è possibile riconoscere loro i medesimi diritti e prerogative riconosciuti agli altri creditori nel concordato preventivo, tra cui il diritto di voto.

La postergazione legale trova disciplina nell'art. 2467 c.c., che dispone che i finanziamenti effettuati dai soci di società a responsabilità limitata a favore della società quando, “anche in considerazione del tipo di attività esercitata, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto” o “una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

L'art. 2497 quinquies c.c. disciplina i rapporti infra-gruppo, disponendo l'applicazione estensiva dell'art. 2467 c.c. anche a questa tipologia di finanziamenti.

La postergazione volontaria invece ha base pattizia, poiché trova origine in accordi, in base ai quali alcuni creditori accettano di essere soddisfatti solo dopo il soddisfacimento di altri.

Nell'ambito di una proposta di concordato preventivo e fermo il principio di non obbligatorietà della formazione delle classi, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la formazione di un'autonoma classe di creditori postergati sia coerente con il principio di omogeneità delle posizioni giuridiche di cui all'art. 160, comma 2, l. fall., poiché la posizione giuridica di questi creditori è differente da quella dei creditori privilegiati o chirografari; e ciò con la precisazione che nel caso in cui la proposta di concordato non preveda alcun soddisfacimento dei crediti postergati, la relativa classe ha valore meramente descrittivo, atteso il carattere solo apparente della stessa.

Quanto al riconoscimento del diritto di voto ai creditori postergati nell'ambito del concordato preventivo e secondo una parte della giurisprudenza, non è possibile escludere il creditore postergato dall'ammissione al voto, potendo, almeno in linea teorica, trarre una certa qual soddisfazione dal concordato preventivo. Secondo un diverso e preferibile orientamento giurisprudenziale, è corretta l'esclusione dal voto dei creditori postergati, nel caso in cui non siano destinatari di alcun pagamento, poiché la loro posizione non è influenzata dall'esito, qualunque esso sia, del concordato preventivo. In linea con questa giurisprudenza, deve quindi essere riconosciuto ai creditori postergati il diritto di voto nel concordato preventivo solo nel caso in cui la proposta di concordato preveda una qualche soddisfazione, anche parziale, del loro credito.

La postergazione: in generale

L'istituto della postergazione, legale o volontaria, comporta la limitazione del diritto dei relativi creditori al soddisfacimento delle proprie pretese creditorie solo all'esito della liquidazione e nel caso in cui residui un importo da distribuire, con la conseguenza che non è possibile riconoscere loro i diritti e prerogative riconosciuti agli altri creditori nel concordato preventivo.

Segue: La postergazione legale

La postergazione legale trova disciplina nell'art. 2467 c.c., che detta una speciale regolazione della sorte dei crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai soci di società a responsabilità limitata a favore della medesima società quando, “anche in considerazione del tipo di attività esercitata, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto” o “una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

La norma stabilisce che, al ricorrere delle predette situazioni di squilibrio economico-finanziario dell'impresa, il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.

Questa previsione normativa ha una valenza antielusiva, poiché mira a soddisfare le esigenze di tutela dei creditori, essendo espressione di un principio generale, volto ad evitare uno spostamento del rischio di impresa sui creditori; si tratta, quindi, di un principio generale esplicitato dal legislatore solo per le società a responsabilità limitata, quali società tendenzialmente più esposte al rischio di sottocapitalizzazione in danno dei creditori.

In evidenza: Cass., 7 luglio 2015, n. 14056, in Ilsocietario.it, con nota di Papini

Secondo i giudici di legittimità, la ratio ispiratrice dell'articolo 2467 c.c. (relativo alla postergazione dei finanziamenti dei soci) è quella di regolare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale in società "chiuse", fenomeni determinati dalla convenienza dei soci a ridurre l'esposizione al rischio d'impresa, ponendo i capitali a disposizione della società nella forma del finanziamento anziché in quella del conferimento, come accade anche nelle imprese di modeste dimensioni, con compagini sociali familiari o comunque ristrette, le quali possono essere comunque esercitate nella forma della società per azioni.”

Quanto al campo applicativo della norma in esame, si evidenzia che la disciplina dei finanziamenti dei soci di società a responsabilità limitata non trova corrispondenza nelle disposizioni concernenti le società per azioni.

La dottrina e la giurisprudenza (maggioritaria) hanno colmato questa lacuna legislativa, ritenendo applicabile in via analogica la disciplina della postergazione anche alle società per azioni, alla condizione che in queste società ricorrano i requisiti nel seguito meglio descritti.

La giurisprudenza maggioritaria ha, infatti, ritenuto che il problema dell'applicabilità dell'art. 2467 c.c. alle società per azioni deve essere risolto in concreto, guardando alla conformazione effettiva di ciascuna specifica compagine sociale, onde verificare se una determinata società esprima un assetto di rapporti sociali idoneo a giustificarne l'applicazione della disciplina in esame.

In evidenza: Cass., 7 luglio 2015, n. 14056, in Ilsocietario.it 2015, cit.

“Il riferimento al "tipo" di società non può essere di per sé ostativo all'applicazione della norma dettata dall'art. 2467 c.c. ma occorre verificare in concreto se una determinata società esprima un assetto dei rapporti sociali idoneo a giustificarne l'applicazione.”.

Più in particolare, i presupposti applicativi della citata disposizione sono stati individuati (i) in una base azionaria familiare o comunque ristretta della società; (ii) nella coincidenza tra le figure dei soci e quelle degli amministratori; (iii) nella connessa possibilità del socio di conoscere e valutare la situazione di adeguata o meno capitalizzazione della società.

In considerazione di quanto precede la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina dell'art. 2647 c.c. alle società per azioni, a condizione che siano in concreto esistenti gli anzidetti requisiti.

In evidenza: Trib. Milano, 28 luglio 2015, in IlSocietario.it

La disciplina della postergazione è espressionedi un principio generale esplicitato dal legislatore solo per le società a responsabilità limitata, quali società tendenzialmente e ontologicamente più esposte al rischio di sottocapitalizzazione in danno dei creditori, ma non per questo inapplicabile anche a società costituite in forma di società per azioni, laddove le stesse presentino, in concreto, situazioni organizzative che riecheggino quelle tipiche delle prime e, in particolare siano connotate da una base azionaria familiare o comunque ristretta; dalla coincidenza tra le figure dei soci e quelle degli amministratori; dalla connessa possibilità per il socio di apprezzare compiutamente (analogamente al socio di S.r.l. tipicamente dotato di poteri di controllo ex art. 2476, comma 2, c.c.) la situazione di adeguata capitalizzazione della società.”.

Per completezza espositiva, si segnala che secondo altra parte della dottrina e giurisprudenza (minoritaria), la norma in esame non sarebbe applicabile alle società per azioni, poiché, tra l'altro, (i) non vi sono previsioni normative che estendano espressamente questa disciplina, (ii) l'art. 2467 c.c. è applicabile solamente in modelli societari caratterizzati dalla partecipazione personale del socio, mentre nelle società per azioni la posizione del socio è rigidamente legata alla quantità di azioni sottoscritte, senza che la partecipazione personale abbia in sé rilevanza, e (iii) l'art. 2411 c.c. - consentendo di postergare volontariamente il credito degli obbligazionisti al soddisfacimento di altri creditori sociali – sembra, al contrario, escludere la possibilità di una postergazione ex lege.

In evidenza: Trib. Tolmezzo, 29 dicembre 2011

Nonostante la questione sia ampiamente dibattuta, non sembra possibile estendere l'area di applicazione dell'art. 2467 c.c. alle società per azioni. Ne consegue che un credito da finanziamento in una s.p.a. non debba essere postergato, in conformità con quanto stabilito dalla Cassazione (sent. n. 16393/2007) e, altresì, in mancanza di espressi richiami normativi. Infatti, un tale modello legale può essere preteso ed imposto solo in tipi societari ben precisi, e cioè ove la posizione del socio abbia un peso individuale non commisurato alla quota di capitale sottoscritta (come nelle s.p.a.), ma solo alla sua partecipazione personale (come avviene nelle s.r.l. o per le capogruppo).”.

La norma in esame è richiamata dall'art. 2497-quinquies c.c., con conseguente applicazione estensiva anche ai finanziamenti infragruppo.

Passando all'esame dei presupposti della postergazione, l'art. 2467 c.c. dispone espressamente che i finanziamenti effettuati dai soci sono postergati unicamente al ricorrere di una delle due condizioni previste dal secondo comma, vale a dire: (i) in presenza di un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto; e (ii) al ricorrere di una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

In linea generale, questi presupposti, pur potendo consistere in situazioni diverse e più variegate, identificano, in primo luogo, una situazione d'insolvenza o di crisi della società finanziata, nel senso previsto dall'art. 160, ultimo comma, l. fall.

In evidenza: Trib. Milano, 4 febbraio 2015

Come puntualmente rilevato dalla Corte ambrosiana, la disciplina dei presupposti di cui all'articolo 2467 cc in tema di postergazione – l'eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio e la situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento – deve essere interpretata in modo estensivo, in quanto il legislatore ha voluto individuare una nozione unitaria di crisi, che finisce per coincidere con il rischio di insolvenza, idoneo a fondare una sorta di “concorso potenziale” tra tutti i creditori della società. (…) Questa lettura interpretativa appare del resto conforme ai principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale con l'articolo 2467 c.c. "è stato introdotto, per le imprese che non siano entrate o stiano per entrare in una situazione di crisi, un principio di corretto finanziamento la cui violazione comporta una riqualificazione imperativa del prestito in prestito postergato rispetto alla soddisfazione dei creditori (Cass. 16393/2007)”.”.

Più nel dettaglio ed al fine di verificare il primo presupposto, occorre, in linea generale e secondo l'opinione generalmente condivisa, prendere in considerazione i consueti indici di bilancio, quali strumenti di valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria della società; così pure potranno essere utilizzati i criteri che le scienze aziendali hanno fornito, al fine di verificare quando tali indici possono porre in rilievo una situazione di squilibrio e quale sia la gravità della stessa.

Per determinare la sussistenza di questo requisito, è quindi necessario verificare se, nel momento in cui è stato erogato il finanziamento da parte dei soci, il rapporto tra patrimonio netto e debiti potesse essere considerato eccessivamente squilibrato, anche in considerazione all'attività esercitata.

È necessario prendere a prestito i risultati degli studi di finanza aziendale secondo i quali, quando il risultato del rapporto tra patrimonio netto e indebitamento è inferiore a 0,3-0,35, la società di trova in una situazione finanziaria di squilibrio.

Alcuni parametri presi in considerazione dalla dottrina e dalla giurisprudenza ai fini della valutazione della sussistenza o meno dell'equilibrio patrimoniale-finanziario della società sono: (i) leverage ratio: debiti totali/totale attivo; (ii) rapporto debt/equity; (iii) grado di copertura degli oneri finanziari: EBITDA / debiti finanziari; e (iv) capitale circolante netto / capitale investito.

In evidenza: Trib. Venezia, 14 aprile 2011

“l'indicatore dell'eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto ex art. 2467 c.c., è rappresentato dal ‘‘leverage'', ossia il rapporto tra il totale delle fonti di finanziamento e i mezzi propri. Tale indice, tuttavia, deve essere confortato da ulteriori elementi probatori e valutato unitamente a questi. A tale riguardo, occorre tenere in considerazione innanzitutto la struttura del debito, e in particolare l'eventuale scadenza a breve termine dei finanziamenti erogati da terzi.”.

In evidenza: Trib. Venezia, 21 aprile 2011

“al fine di valutare la presenza o meno di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto della società finanziata, ovvero di una situazione finanziaria che avrebbe ragionevolmente giustificato un conferimento, non è sufficiente considerare il rapporto tra il totale delle fonti di finanziamento e i mezzi propri (c.d. indice di leverage), dovendo altresì procedere ad un'analisi della concreta struttura del debito; in tale ambito è destinata ad incidere in misura maggiore sullo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto la prevalenza di una componente di debito a breve termine, posto che, in tale eventualità, i finanziamenti erogati da terzi devono essere necessariamente utilizzati per pagare altri debiti di imminente scadenza e non per finanziare gli investimenti.”.

In evidenza: App. Milano, 18 aprile 2014

non ricorre il requisito dell'eccessiva sproporzione nel rapporto tra indebitamento e patrimonio netto di cui all'articolo 2467 c.c. qualora l'indice di liquidità dell'impresa (e cioè il raffronto della posizione di liquidità a breve termine dell'azienda con l'ammontare delle passività correnti) sia di poco inferiore, uguale o superiore a 1.”.

Quanto al secondo presupposto della postergazione, questo si riferisce alla sussistenza di una situazione finanziaria a fronte della quale sarebbe stato “più ragionevole” effettuare un conferimento, e non un finanziamento.

Tale presupposto, pur essendo previsto dalla norma come alternativo, in sostanza si affianca alla condizione relativa all'eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto, costituendone un ulteriore inquadramento definitorio.

L'utilizzo da parte del legislatore della formulazione “finanziamenti concessi in qualsiasi forma” a favore della società, consente di ritenere che la disciplina della postergazione legale si applichi a tutte le tipologie di operazioni attraverso le quali i soci raggiungono, anche indirettamente, il risultato di dotare la società di somme di denaro che dovranno essere loro restituite, indipendentemente dalla schema giuridico adottato.

In evidenza: Cass. 23 febbraio 2012, n. 2758

Secondo la Suprema Corte, per stabilire “quando si è in presenza di un versamento in conto capitale di rischio e quando, invece, le somme versate dai soci alla società configurano un vero e proprio rapporto di mutuo, o a questo comunque assimilabile, occorre naturalmente rifarsi alla volontà negoziale delle parti, e quindi al modo in cui essa si è manifestata, desumibile anche, in difetto di altro, dalla qualificazione della relativa posta nel bilancio d'esercizio approvato con il voto dello stesso socio conferente. Ma la prova che il versamento operato dal socio sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione – prova della quale è onerato il medesimo socio – dev'essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.”.

In tal senso ed a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, si ritiene, anche sulla base dell'esperienza giurisprudenziale, che costituiscano fonte di finanziamento rilevanti ai sensi dell'art. 2467 c.c. le somme erogate a titolo di mutuo; l'apertura di credito; le dilazioni di pagamento; il leasing finanziario; lo sconto; il factoring e l'acquisto pro solvendo di crediti della società verso terzi in quanto operazioni utilizzate nella prassi per garantire liquidità alla società; gli apporti, non imputati a capitale, consistenti nel trasferimento di beni in natura; i versamenti in conto futuro aumento di capitale (solo) dal momento in cui la relativa deliberazione di aumento, alla scadenza del termine fissato, non sia stata adottata; gli atti di concessione di garanzie a favore della società (solo) dal momento in cui, scaduta l'obbligazione della società e rimasta inadempiuta, il terzo finanziatore abbia escusso la garanzia facendo sorgere in capo al socio la posizione di creditore (in regresso); e, nei rapporti infragruppo, le forniture di beni o di servizi, le erogazioni di altre utilità, quali, ad esempio, i pagamenti effettuati a creditori della società controllata o i costi sostenuti nell'interesse della stessa, nel caso in cui abbiano assolto – sotto il profilo finanziario – alla stessa funzione della dazione di denaro.

Di contro, si ritiene che non configurino “finanziamenti” da parte del socio, ad esempio, i versamenti “a fondo perduto”, utilizzati nella prassi per ricapitalizzare la società, stante l'assenza dell'obbligo di restituzione, ed i versamenti “atipici” destinati a far parte del patrimonio della società a titolo di riserva.

Segue. La postergazione volontaria

La proposta di concordato può essere accompagnata da una dichiarazione con la quale uno o più creditori, anche diversi dai soci, accettano di postergare il soddisfacimento dei loro diritti a quello di altri creditori, subordinando il pagamento dei loro crediti all'esistenza di un eventuale residuo disponibile.

Il ricorso all'istituto della postergazione volontaria è sempre più frequente nella pratica del concordato, poiché consente al debitore in procedura di ridurre il passivo concorsuale, incrementando le possibilità di successo della procedura concordataria.

La postergazione si realizza con una dichiarazione con cui il creditore accetta che il soddisfacimento del credito avvenga, in via eventuale, solo dopo il soddisfacimento degli altri creditori.

Questa dichiarazione deve essere formalizzata in modo che risulti inequivocabilmente la volontà del creditore di postergare il credito e la consapevolezza degli effetti che questa dichiarazione produrrà nell'ambito del concordato preventivo.

La dichiarazione deve quindi essere allegata alla proposta di concordato, quale atto funzionalmente collegato e parte integrante della proposta stessa; e ciò al fine di consentire ai creditori non postergati di poter valutare correttamente la medesima proposta, verificando gli effetti della postergazione in termini di riduzione del passivo concordatario e capacità dell'attivo di soddisfare le obbligazioni concorsuali.

La formazione delle classi nel concordato preventivo

In presenza di creditori postergati, che per loro stessa natura hanno posizione giuridica diversa da quella degli altri creditori, si pone, innanzitutto, il problema se è necessario includere questi creditori in un'apposita classe.

Ai sensi dell'art. 160, comma 1, lett. c) l. fall. la proposta di concordato può prevedere la formazione di classi di creditori secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei.

In materia di formazione delle classi nell'ambito di una proposta di concordato preventivo, vige il principio generale della non obbligatorietà della formazione delle classi.

La legge, infatti, non impone espressamente al debitore di formare le classi dei creditori e la scelta di procedere in questo senso costituisce espressione dell'autonomia del proponente il concordato, ancorché la stessa sia sottoposta al sindacato del Tribunale che è tenuto a verificare che la formazione delle classi sia coerente con il principio di omogeneità degli interessi dei creditori appartenenti a ciascuna classe, nonché al giudizio dei medesimi creditori, i quali possono poi censurare la scelta del debitore, votando per il rigetto della proposta di concordato preventivo.

A tal riguardo, si osserva che il principio di non obbligatorietà delle classi vige anche nel caso in cui, tra i creditori concorsuali, vi siano dei creditori postergati.

In altre parole, è possibile ma non obbligatorio includere in un'apposita classe i crediti derivanti dai finanziamenti dei soci a favore della società, poiché, in quanto postergati al soddisfacimento degli altri creditori ai sensi dell'art. 2467 c.c., hanno una posizione giuridica differente rispetto a quella dei creditori privilegiati o dei creditori chirografari.

In evidenza: Trib. Mantova, 11 aprile 2013

Nel concordato preventivo, nella formazione delle classi, è corretta la costituzione di autonoma classe composta dai crediti dei soci per il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore della società, postergati, ai sensi dell'art. 2467 c.c., rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, essendo diversa la loro posizione giuridica, differente sia dai privilegiati che dai chirografari, posto che la citata norma ne prevede il rimborso solo dopo il soddisfacimento degli altri creditori”.

Deve osservarsi che, nel caso in cui la proposta di concordato non preveda alcun soddisfacimento dei crediti postergati, la relativa classe ha valore meramente descrittivo, atteso il carattere solo apparente della stessa.

In evidenza: Trib. Milano, 29 settembre 2011, in questo portale, con nota di Mandrioli

Nell'ambito della procedura di concordato preventivo i creditori postergati in forza del disposto dell'art. 2467 c.c. ovvero di un accordo di postergazione volontaria sono privi del diritto di voto, sicché la classe dagli stessi formata è dotata di carattere meramente apparente, potendo essere considerata tale esclusivamente sotto il profilo descrittivo.”.

Si ricorda, infine, che la circostanza che il credito sia assistito da privilegio su bene specifico non incide sulla natura postergata del credito, potendo detto privilegio specifico farsi valere esclusivamente nell'ambito della graduazione tra più creditori postergati.

In evidenza: Trib. Vicenza, 13 luglio 2015, in questo portale, con nota di Varrasi, Finanziamento soci e conflitto d'interesse nelle votazioni del socio (anche) creditore nelle procedure concorsuali

“Sulla natura postergata del credito ed il conseguente trattamento previsto dall'articolo 2467 c.c. non incide la circostanza che il credito postergato sia assistito da garanzia ipotecaria, potendo detta garanzia farsi valere esclusivamente nell'ambito della graduazione tra più creditori postergati.”.

Il trattamento dei creditori postergati

I creditori postergati, come anticipato, sono creditori “speciali”, poiché, in ragione del titolo originario da cui discendono le loro pretese, possono vantare diritti economici verso il debitore solo all'esito della liquidazione e nel caso in cui residui un importo da distribuire.

Questa disciplina pone la questione se sia ammissibile o meno un concordato preventivo, che preveda un trattamento anche solo parzialmente satisfattivo di crediti per rimborso di finanziamenti di soci, a fronte di una soddisfazione non integrale dei creditori chirografari.

Occorre, infatti, osservare che, in mancanza di classi, la coerenza con la posizione giuridica sembrerebbe esigere, in via preliminare, l'intero pagamento ai chirografi anteriori e, solo a condizione di questo, il successivo pagamento dei creditori postergati.

In tal senso, la giurisprudenza di merito ha rilevato che nel caso in cui la proposta di concordato preventivo preveda il soddisfacimento percentuale dei crediti chirografari, allora nulla potrà essere riconosciuto ai creditori postergati, poiché il tenore letterale dell'art. 2467 c.c. impone che le ragioni creditorie dei soci finanziatori possano trarre un qualche riconoscimento solo a seguito degli altri creditori.

In evidenza: Trib. Messina, 30 dicembre 2005, in Giur. it. 2006, 8-9, 1635

Ove la proposta di concordato preventivo preveda il pagamento in percentuale dei creditori chirografari, nulla è dovuto ai soci finanziatori di società a responsabilità limitata, che sono postergati agli stessi creditori chirografari.”.

Questa linea di pensiero può subire tuttavia una deroga nel caso di concordato preventivo con classi, nel quale i creditori postergati vengono collocati in una classe diversa rispetto agli altri creditori.

In questo caso, infatti, la giurisprudenza ammette che il debitore possa prevedere il soddisfacimento delle pretese dei creditori postergati, anche in caso di pagamento percentuale dei crediti chirografari, dovendo individuarsi nel diritto di voto di ciascuna classe l'istituto che consente ai creditori di aderire o meno a questa ipotesi.

Questa impostazione è stata confermata anche dalla Suprema Corte di Cassazione secondo cui la deroga al principio della postergazione è possibile, ma solo previa inclusione dei postergati in un'apposita classe, stante la disomogeneità di interesse economico rispetto ai chirografi, e con il consenso della maggioranza di tutte le classi.

In evidenza: Cass., 4 febbraio 2009 n. 2706

Per i giudici di legittimità, “i crediti di rimborso dei soci per finanziamenti a favore della società - in quanto postergati rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, se i finanziamenti sono stati effettuati verso una società in eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto o in una situazione che avrebbe giustificato un conferimento di capitale, e da restituire, se percepiti nell'anno anteriore all'eventuale fallimento, ai sensi dell'art. 2467, comma 1, c.c. - non possono essere inseriti in un piano di cui facciano parte anche altri creditori chirografari, violando tale collocazione la necessaria omogeneità degli interessi economici alla cui stregua, ex art. 160, comma 1, lett. c, l. fall., vanno formate le classi. Tuttavia, trattandosi pur sempre di creditori, da soddisfare dopo l'estinzione degli altri crediti, è ammessa la deroga al principio della postergazione, se risulta il consenso della maggioranza di ciascuna classe e non già il solo consenso della maggioranza assoluta del totale dei crediti chirografari.”.

La dottrina è sostanzialmente allineata con l'anzidetta posizione giurisprudenziale, poiché nega la possibilità, in assenza di classi, di riconoscere ai creditori postergati il soddisfacimento, ancorché percentuale, del loro credito nel caso in cui non siano stati integralmente saldati i debiti chirografari; e ciò ammettendo tuttavia che, nel caso di concordato preventivo con classi, è ammissibile in linea di principio la possibilità di deroga all'art. 2467 c.c. mediante la formazione di un'apposita classe di soci finanziatori postergati.

A tal riguardo, la dottrina ha correttamente puntualizzato che, nel caso in cui si ammetta una classe di soci finanziatori postergati, questa avrebbe una rilevanza ai fini dell'eventuale giudizio di cram down, poiché, nel caso dell'alternativa fallimentare, le risorse destinata al soddisfacimento della classe dei postergati verrebbero destinate a beneficio degli altri creditori (Panzani L. Il decreto correttivo della riforma delle procedure concorsuali (prima parte), Q. gur. n. 11/0/2007, 685).

Il diritto di voto dei creditori postergati

Quanto al riconoscimento del diritto di voto ai creditori postergati, si registrano diversi orientamenti giurisprudenziali.

Secondo una parte della giurisprudenza, non è possibile negare ai creditori postergati il diritto di voto, poiché la postergazione non implica la rinuncia alle ragioni di credito, ma il semplice diritto di farle valere dopo quelle degli altri creditori concorsuali.

In evidenza: Trib. Bergamo, 29 novembre 2012

“I creditori [postergati] (…) sarebbero legittimati al voto in quanto la postergazione non implica rinuncia definitiva al credito; essi sono senz'altro creditori concorsuali e non sono indifferenti all'esito concorsuale, in quanto, come rilevato da alcuni commentatori, potrebbero, in definitiva, preferire in luogo del trattamento falcidiato, l'aspettativa di un pagamento integrale post concordatario, magari contando sui beni futuri del debitore, ex art. 2740 c.c.”

Secondo una diversa parte della giurisprudenza, invece, i creditori postergati non hanno diritto di voto e non possono essere presi in considerazione nel computo delle maggioranze, poiché, pur essendo creditori concorsuali, non sono creditori concorrenti e non risentono degli effetti del concordato preventivo.

In evidenza: Trib. Firenze, 26 aprile 2010

I postergati ex lege non possano essere presi in considerazione nel computo delle maggioranze. La loro posizione deve essere evidenziata ed enucleata nel corpo di una domanda di concordato, essendo creditori concorsuali, ma gli stessi non hanno diritto di voto, non essendo creditori concorrenti. Questo perché la loro posizione, seppur genericamente qualificabile come "creditoria", ha, nella sostanza, il significato di partecipazione al capitale di rischio.”.

Vi è chi individua nell'art. 182-quater l. fall., che prevede l'esclusione dal voto dei crediti derivanti da finanziamenti effettuati da soci o dalla società controllante in esecuzione del concordato preventivo, un elemento valido, ancorchè mediante un'applicazione estensiva, a sostenere l'esclusione, in generale, del diritto di voto dei creditori postergati.

A tal riguardo, non ci si può esimere dall'evidenziare che quest'interpretazione non pare attinente al caso dei creditori postergati volontariamente od ai sensi dell'art. 2467 c.c., poiché non tiene conto che l'art. 182-quater l. fall. fa riferimento ai finanziamenti esecutivi del concordato preventivo e quindi a crediti che nascono in un momento successivo all'apertura del concorso e che questa previsione opera solamente nel caso di concordato con esito negativo e successiva apertura della procedura fallimentare (M. Ferro, La legge fallimentare – commentario teorico-pratico, Milano, 2011).

Un'ultima parte della giurisprudenza pone correttamente l'attenzione al grado di soddisfacimento delle pretese dei postergati nell'ambito della proposta di concordato, ammettendoli al voto nel solo caso in cui questi non siano destinatari di un qualche pagamento.

In evidenza: Trib. Padova, 12 novembre 2015

“I creditori presi in considerazione dall'articolo 160 legge fall., così come quelli che in base all'articolo 177 legge fall. hanno diritto di voto sulla proposta di concordato preventivo, sono quei creditori contemplati nella proposta stessa come destinatari di una previsione di soddisfazione anche parziale del loro credito.”. In altre parole, “ai creditori postergati non può essere riconosciuto il diritto di voto nel concordato preventivo se non nelle limitate ipotesi in cui sia loro riservata una qualche soddisfazione.”.

Riferimenti

Normativi

  • Art. 2467 c.c.
  • Art. 2411 c.c.
  • Art. 2497-quinquies c.c.
  • Art. 160 l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass. n. 14056, 7 luglio 2015
  • Cass. n. 2758, 23 febbraio 2012
  • Cass. n. 2706, 4 febbraio 2009
  • Cass. n. 16393, 24 luglio 2007
  • Trib. Milano, 28 luglio 2015
  • Trib. Vicenza, 13 luglio 2015
  • Trib. Milano, 4 febbraio 2015