Impugnazione dei crediti ammessi nel fallimento

Federica Commisso
30 Maggio 2016

L'impugnazione dei crediti ammessi è il mezzo di gravame, previsto dal nuovo art. 98 l. fall., con il quale il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili possono contestare l'accoglimento della domanda di un creditore. Rispetto al sistema previgente, la riforma ha previsto: a) la legittimazione attiva del curatore e non solo la sua partecipazione al giudizio; b) la possibilità che oggetto dell'impugnazione possa essere anche la statuizione relativa a diritti reali e personali su beni immobili oltre alle statuizioni relative ai crediti o ai diritti reali e personali su beni mobili; c) un procedimento uniforme per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo (opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione).

Inquadramento

L'impugnazione dei crediti ammessi è il mezzo di gravame, previsto dal nuovo art. 98 l. fall., con il quale il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili possono contestare l'accoglimento della domanda di un creditore.

Rispetto al sistema previgente, la riforma ha previsto: a) la legittimazione attiva del curatore e non solo la sua partecipazione al giudizio; b) la possibilità che oggetto dell'impugnazione possa essere anche la statuizione relativa a diritti reali e personali su beni immobili oltre alle statuizioni relative ai crediti o ai diritti reali e personali su beni mobili; c) un procedimento uniforme per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo (opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione).

L'impugnazione si propone con ricorso avanti il tribunale fallimentare entro 30 giorni dal deposito dello stato passivo per il curatore, o dal ricevimento dell'avviso ex art. 97 l. fall. per il creditore.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza di comparizione e il procedimento è disciplinato dall'art. 99 l. fall.

Il collegio, o il giudice relatore delegato dal presidente, provvede all'ammissione e all'espletamento dei mezzi istruttori.

Il tribunale provvede in via definitiva sull'impugnazione con decreto motivato, ricorribile per Cassazione nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del testo integrale da parte della cancelleria.

Legittimazione

Legittimati attivi nel giudizio d'impugnazione del provvedimento di accoglimento della domanda di un creditore sono: il curatore, il creditore o il titolare di diritti sui beni mobili o immobili.

La legittimazione attiva del curatore è stata introdotta dalla riforma e trova giustificazione nel fatto che,con la nuova disciplina della verifica dei crediti, il curatore ha assunto la qualità di “parte”. Di conseguenza il curatore, per impugnare un credito ammesso, non ha bisogno dell'autorizzazione del giudice delegato.

Il suo potere d'impugnazione è legato alla regola della soccombenza. Egli pertanto non potrà proporre impugnazione se in sede di verifica non aveva contestato l'ammissione del credito.

La legittimazione attiva dei creditori è pacificamente riconosciuta in capo ai creditori ammessi, a quelli ammessi con riserva e a quelli non ammessi purché da questi ultimi venga proposta contemporaneamente anche l'opposizione (in tal caso dovrà essere disposta la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. del giudizio di impugnazione, a causa della pregiudizialità del giudizio di opposizione).

Per quanto riguarda i creditori tardivi, essi possono impugnare solo i crediti ammessi posteriormente o contemporaneamente all'ammissione degli stessi.

La legittimazione ad impugnare va riconosciuta anche al cessionario del credito ammesso, qualora siano state adempiute le formalità previste dall'art. 115, comma 2, l. fall.

Il creditore è legittimato a proporre impugnazione anche se in sede di verifica non aveva sollevato eccezioni contro l'ammissione di creditori concorrenti e/o l'accoglimento di pretese restitutorie o reali.

L'interesse del creditore ad impugnare va sostanzialmente individuato nella tutela individuale del proprio credito.

L'impugnazione può riguardare anche la contestazione della collocazione in via privilegiata poziore o concorrente del credito.

L'interesse all'impugnazione da parte dei titolari di diritti su beni mobili o immobili la cui domanda sia stata accolta, sussiste solo nell'ipotesi di trasformazione della pretesa restitutoria in creditoria, il che può accadere quando il curatore perde il possesso della cosa rivendicata.

Il fallito non è legittimato ad impugnare i crediti ammessi, salvo il caso in cui sia stato ammesso un credito non dichiarato per cui possa derivargli un'imputazione di bancarotta.

In evidenza: Cass. 7 gennaio 2016, n. 119

La Corte di cassazione, con la recente sentenza n. 119 del 7 gennaio 2016, ha affermato che il fideiussore dell'imprenditore fallito non è attivamente legittimato alle impugnazioni avverso lo stato passivo di cui all'art. 98 l. fall., atteso che, da un lato, la sua posizione è accessoria a quella del debitore principale, a sua volta privo di interesse a veder ridotta la consistenza del proprio passivo, essendo stata la relativa legittimazione attribuita, in sua vece, al curatore fallimentare, e, dall'altro, è estraneo alle ragioni sottostanti all'ammissione dei crediti e, quindi, alla stessa formazione dello stato passivo.

Legittimati passivi nel giudizio di impugnazione sono: il creditore ammesso, il creditore ammesso con riserva, il creditore ammesso tardivamente e il creditore della massa collocato in prededuzione.

Nel caso in cui l'impugnazione non sia stata proposta dal curatore, quest'ultimo partecipa al giudizio come parte necessaria.

Nel giudizio di impugnazione può intervenire qualunque interessato (altri creditori o il fallito), ma l'intervento non può comportare l'estensione dei limiti oggettivi del giudizio.

Motivi di impugnazione

L'impugnazione dei crediti ammessi tende a far modificare la decisione assunta dal giudice in sede di verifica e quindi ad ottenere una pronuncia che determini l'esclusione del credito già ammesso al passivo del fallimento. I motivi di impugnazione, però, sono diversi a seconda che a proporla sia il curatore ovvero un creditore.

Per quanto riguarda il curatore del fallimento, l'impugnazione trova giustificazione nel fatto che il giudice delegato non abbia accolto le prospettazioni di fatto o di diritto formulate dallo stesso curatore nel corso della verifica dei crediti.

Il creditore, invece,può impugnare lo stato passivo, indipendentemente dal fatto che egli abbia sollevato o meno contestazioni in fase di verifica dei crediti, qualora ravvisi nell'ammissione di un altro creditore una lesione riflessa del proprio diritto al riparto. L'interesse del creditore deve essere concreto e quindi non potranno essere accolte impugnazioni il cui esito non apporti alcun vantaggio al reclamante. In particolare, il creditore potrà sollevare tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore (quali l'insussistenza del credito o l'estinzione per avvenuta prescrizione), potrà denunciare la simulazione, potrà contestare l'anteriorità rispetto alla dichiarazione di fallimento della data della scrittura privata in base alla quale il credito impugnato è stato ammesso e potrà far valere l'eccezione di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.

E' ammissibile anche l'impugnazione parziale del credito ammesso.

Procedimento

Il novellato art. 99 l. fall. ha disposto una disciplina uniforme del procedimento per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo: opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione. Si tratta di un modello camerale che, però, assicura cognizione piena e contradditorio pieno.

Il termine per proporre l'impugnazione dei crediti ammessi è di 30 giorni e decorre, per il creditore, dalla comunicazione di cui all'art. 97 l. fall. Nel caso di mancata comunicazione al creditore dell'avvenuto deposito dello stato passivo si applica, in via analogica, la disciplina dell'art. 327 c.p.c. e quindi l'impugnazione va proposta entro sei mesi dal deposito dello stato passivo in cancelleria.

Il termine per il curatore, invece, nel silenzio della legge, deve ritenersi decorrere dalla data del deposito dello stato passivo in cancelleria.

Il termine è prentorio, ma ad esso è applicabile l'istituto della sospensione della decorrenza dei termini nel periodo feriale.

Si discute se l'onere della prova della tempestività della proposizione grava o meno sul ricorrente; nel vigore della vecchia disciplina, in tema di opposizione, vi erano pronunce contrastanti al riguardo.

Onere della prova della tempestività della proposizione dell'impugnazione a carico del ricorrente: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Orientamento contrario

Orientamento favorevole

Cass. 22 ottobre 2013, n. 23991

Cass. 13 settembre 2013, n. 21021

Cass. 4 maggio 2012, n. 6799

Cass. 7 settembre 2005, n. 17829

L'impugnazione di crediti ammessi si propone con ricorso avanti al tribunale fallimentare, che ha una comptenza funzionale e quindi inderogabile. Il tribunale provvede in formazione collegiale ed il giudice delegato al fallimento (che abbia provveduto anteriormente all'ammissione; se si tratti invece di un giudice nominato ex novo in sostituzione del primo, l'incompatibilità deve ritenesi non sussistente) non può far parte del collegio. Al riguardo si veda la recente Cass. 4 dicembre 2015, n. 24718 (in questo portale, con nota di Giordano, Decreto di esecutività dello stato passivo e opposizione: incompatibilità del giudice), resa in tema di opposizione allo stato passivo, secondo cui l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione, non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, ove la parte interessata non abbia proposto istanza di ricusazione, nelle forme e nei termini di cui all'art. 52 c.p.c.

Nel giudizio di impugnazione valgono le regole generali in tema di rappresentanza ed assistenza processuale e quindi le parti (ricorrente, resistenti e intervenuti) devono stare in giudizio con l'ausilio di un difensore. In considerazione di ciò, il ricorso sottoscritto dal solo creditore o dal curatore deve ritenersi inesistente. Il curatore però, a norma dell'art. 31 l. fall., non ha bisogno dell'autorizzazione del giudice delegato per promuovere o per costituirsi nel giudizio di impugnazione. Per quanto riguarda il creditore, la procura speciale rilasciata per presentare una domanda di insinuazione legittima il difensore alla proposizione dell'impugnazione solo se la procura menziona anche possibili fasi o gradi del medesimo procedimento. E' pacifico, invece, che la procura speciale rilasciata per presentare istanza di fallimento non sia valida per il giudizio di impugnazione.

A norma dell'art. 99 l. fall., il ricorso deve contenere:

  1. l'indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
  2. le generalità dell'impugnante e l'elezione di domicilio nel comune ove ha sede il tribunale che ha dichiarato il fallimento;
  3. l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui cui si basa l'impugnazione e le relative conclusioni;
  4. a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

La mancata indicazione delle generalità comporta la nullità del ricorso, sanabile ai sensi dell'art. 164 c.p.c., mentre l'omessa elezione di domicilio non incide sulla valità dell'atto, ma comporta che le successive notifiche vengano fatte in cancelleria.

Nel ricorso devono essere indicati gli elementi costitutivi della fattispecie sulla quale il ricorrente ritiene di fondare l'impugnazione, ma non è necessario formulare specifici motivi di gravame a pena di inammissibilità, mancando nell'art. 99 l. fall. un espresso richiamo alla diciplina dell'appello. L'omessa o inadeguata redazione dei motivi, però, può nuocere alla possibilità di accoglimento del gravame, dato che non è prevista una devoluzione piena ed automatica al tribunale e dato che sono previste specifiche preclusioni iniziali. Il ricorso deve comunque contenere la formulazione delle conclusioni.

Le preclusioni riguardanti la formulazione di eccezioni, le deduzioni istruttorie e le produzioni trovano giustificazione nell'esigenza di celerità della verificazione del passivo. Le eccezioni di merito posso riguardare sia circostanze estintive che impeditive del credito contestato. La preclusione riguardante le sole eccezioni non rilevabili d'ufficio consente di proporre in un secondo momento le eccezioni in senso lato e le mere difese, vale a dire le contestazioni relative a fatti allegati da controparte. L'onere di indicazione dei mezzi di prova a pena di decadenza (sia per il ricorrente che per i resistenti o gli intervenuti) non riguarda eventuali preclusioni istruttorie maturate nella fase avanti al giudice delegato.

In giurisprudenza i giudici di legittimità hanno recentemente affermato (Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110) che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all'art. 345 c.p.c. in materia di jus novorum, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell'opposizione, se esclude un mutamento del thema disputandum e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all'esame del giudice delegato, dovendosi escludere che il mancato esercizio di tale facoltà comporti il prodursi di preclusioni, attesa appunto la non equiparabilità del suddetto giudizio a quello d'appello. Sempre in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, si veda Cass. 25 febbraio 2011, n. 4708, nel senso che il termine preclusivo per l'articolazione dei mezzi istruttori e la produzione dei documenti è solo quello degli atti introduttivi ex artt. 98 e 99 l. fall..

Secondo altra recente pronuncia, resa in tema di opposizione allo stato passivo, non sarebbe obbligatoria l'allegazione da parte del ricorrente di copia del provvedimento impugnato e della domanda di ammissione al passivo, anche se la produzione sembra comunque opportuna (cfr. Cass. 5 ottobre 2015, n. 19802).

Una volta depositato il ricorso, il presidente, nei cinque giorni successivi, designa il relatore, al quale può delegare la trattazione del procedimento, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso. La cancelleria comunica al ricorrente il decreto di fissazione dell'udienza.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore (se non impugnante) e all'eventuale controinteressato entro dieci giorni (termine non perentorio) dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine (calcolato a ritroso secondo gli ordinari criteri) non minore di trenta giorni. L'inosservanza del termine ha rilievo solo qualora comporti la violazione del termine minimo di comparizione, che determina a sua volta la nullità dell'atto introduttivo, ma è comunque suscettibile di sanatoria (cfr. Cass. 4 dicembre 2015, n. 24722).

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza (termine non libero, da computarsi a ritroso secondo le regole generali), eleggendo il domicilio nel Comune in cui ha sede il tribunale fallimentare.

La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. Qualora i resistenti non intendano proporre eccezioni in senso stretto, chiedere l'ammissione di mezzi di prova o produrre documenti, potranno quindi costituirsi direttamente all'udienza di comparizione. Si dubita che il creditore impugnato possa apportare modifiche all'originaria domanda e certamente non sono esperibili domande riconvenzionali da parte del resistente.

E' ammessa, invece, la possibilità per il resistente di proporre gravame incidentale, nel senso che il creditore impugnato potrà in via incidentale impugnare a propria volta l'ammissione al passivo del creditore ricorrente, ovvero proporre opposizione allo stato passivo avverso l'esclusione parziale nel caso in cui l'ammissione parziale sia stata impugnata dal curatore. L'impugnazione incidentale va proposta, a pena di decadenza, nell'atto di costituzione.

Nel giudizio di impugnazione è ammesso l'intervento di qualunque interessato. L'intervento non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste e quindi dieci giorni prima dell'udienza di comparizione, mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. L'istituto trova scarsa applicazione pratica, in quanto è difficile che un soggetto non destinatario dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione possa venire a conoscenza della proposizione del gravame e della fissazione dell'udienza. E' comunque ipotizzabile che un creditore interessato all'esclusione di un concorrente dallo stato passivo abbia interesse ad intervenire nel giudizio di impugnazione promosso da altro creditore.

All'udienza di comparizione delle parti, il collegio (o il giudice relatore delegato dal presidente) provvede all'ammissione e all'espletamento dei mezzi istruttori. Per l'ipotesi in cui sia il giudice relatore a disporre l'istruzione, il collegio avrà comunque modo di esercitare il proprio controllo al momento della decisione della causa.

Il legislatore della riforma aveva inizialmente attribuito al tribunale un potere di iniziativa ufficiosa, legittimandolo ad "assumere informazioni" e ad autorizzare la produzione "di ulteriori documenti", facoltà che però sono state eliminate dal decreto correttivo n. 169/2007.

Con riguardo all'onere della prova, occorre precisare che il creditore ammesso al passivo contro il quale è proposto il gravame non è tenuto a fornire nuovamente prova del proprio credito, mentre spetta al creditore impugnante provare la fondatezza della propria contestazione.

Non essendovi alcun riferimento ad esigenze di speditezza, al procedimento in oggetto si applicano le regole generali sui mezzi di prova non documentali e dunque sono ammissibili anche prove di lunga indagine.

La Cassazione ha di recente sancito che nel caso in cui il tribunale, adito in sede di opposizione ex art. 99 l. fall., non disponga della domanda di ammissione al passivo e non sia in grado di ricostruirne il tenore, alla stregua dei documenti in atti, deve disporre l'acquisizione d'ufficio, non trattandosi di documento, ma di domanda giudiziale che il cancelliere, che forma il fascicolo dell'opposizione, deve inserire in copia all'interno dello stesso (cfr. Cass. 9 febbraio 2016, n. 2561 e Cass. 12 febbraio 2014, n. 3164).

Terminata l'istruttoria, il collegio provvede in via definitiva sull'impugnazione con decreto motivato entro 60 giorni dall'udienza o dalla scadenza del termine eventualmente assegnato per il deposito di memorie. Le decisioni rese hanno efficacia soltanto endoconcorsuale.

Ricorso per Cassazione

Il legislatore, con la riforma, si è prefisso lo scopo di abbreviare i tempi della procedura endofallimentare e a tal fine ha soppresso la facoltà di proporre appello all'esito del giudizio di impugnazione. Pertanto, tale giudizio oggi si articola in un unico grado di cognizione di merito.

Il decreto del tribunale, infatti, è solo ricorribile per cassazione nei 30 giorni successivi alla comunicazione effettuata dalla cancelleria alle parti.

A tutela del diritto di difesa, la comunicazione deve avere ad oggetto il testo integrale del decreto e non un semplice estratto.

Al ricorso per cassazione si applica la disciplina prevista dagli artt. 360 ss. c.p.c., ma il termine per la proposizione, così come prima della riforma, è dimezzato rispetto a quello ordinario.

Riferimenti

Normativi

  • Art. 98 l. fall.
  • Art. 99 l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass. 9 febbraio 2016, n. 2561
  • Cass. 7 gennaio 2016, n. 119
  • Cass. 5 ottobre 2015, n. 19802
  • Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110
  • Cass. 22 ottobre 2013, n. 23991