Codice Civile art. 1129 - Nomina, revoca ed obblighi dell'amministratore (1).

Antonio Scarpa

Nomina, revoca ed obblighi dell'amministratore (1).

[I]. Quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario.

[II]. Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

[III]. L'assemblea può subordinare la nomina dell'amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato.

[IV]. L'amministratore è tenuto altresì ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l'assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento non deve essere inferiore all'importo di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all'inizio dei lavori. Nel caso in cui l'amministratore sia coperto da una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale generale per l'intera attività da lui svolta, tale polizza deve essere integrata con una dichiarazione dell'impresa di assicurazione che garantisca le condizioni previste dal periodo precedente per lo specifico condominio.

[V]. Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore.

[VI]. In mancanza dell'amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore.

[VII]. L'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell'amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

[VIII]. Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.

[IX]. Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.

[X]. L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.

[XI]. La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.

[XII]. Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità:

1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;

2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea;

3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;

4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini;

5) l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;

6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva;

7) l'inottemperanza agli obblighi di cui all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);

8) l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.

[XIII]. In caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato.

[XIV]. L'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta.

[XV]. Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV.

[XVI]. Il presente articolo si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica.

(1) Articolo modificato dall'art. 9, l. 11 dicembre 2012, n. 220. La modifica è entrata in vigore il 18 giugno 2013. Il testo precedente recitava: «Nomina e revoca dell'amministratore - [I]. Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini. [II]. L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea. [III]. Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità. [IV]. La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio sono annotate in apposito registro».

Inquadramento

Il testo del nuovo art. 1129, conseguente alla Riforma del condominio introdotta con la l. n. 220/2012, definisce espressamente il rapporto tra amministratore-condomini in termini di contratto di mandato: la disciplina approvata, tuttavia, evidenzia più i profili di responsabilità gestoria dell'amministratore che quelli di sua cooperazione con i condomini. In particolare, il riformato art. 1129, ai commi 3 e 11, parla testualmente di atti compiuti dall'amministratore nell'“esercizio del mandato” e di revoca del “mandato”. Ancora più esplicito si rivela l'art. 1129, comma 15: “Per quanto non disciplinato dal medesimo articolo, si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV” del codice civile, appunto in tema di mandato. Occorre notare, tuttavia, come tale norma limita il richiamo alla disciplina del mandato a quanto non disciplinato dal medesimo art. art. 1129, e, quindi, non ai fini delle attribuzioni e della rappresentanza dell'amministratore, regolate dagli articoli successivi del Codice Civile, ma soltanto in ordine alla nomina, alla revoca ed agli obblighi dello stesso.

Natura dell'incarico di amministratore

La giurisprudenza ribadisce costantemente che l'amministratore del condominio riveste un ufficio di diritto privato, orientato alla tutela degli interessi individuali e diretto a realizzare una cooperazione con i singoli condomini, assimilabile, come tale, al mandato con rappresentanza. Preservate le specificità di disciplina inerenti alle modalità di costituzione e al contenuto della gestione, conseguenza inevitabile di questa dominante assimilazione è la ritenuta applicabilità, nelle relazioni tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle comuni disposizioni sul mandato (Cass. II, n. 10815/2000).

La l. n. 220/2012 sembra dunque opporsi inequivocamente alla ricostruzione secondo cui l'amministratore, per lo meno nei condomini con più di otto membri (requisito numerico dovuto sempre alla Riforma del 2012, perché dapprima erano quattro), sarebbe non un mandatario ma un organo. I giudici di legittimità (v. Cass. VI, n. 3636/2014) hanno definito l'amministratore “necessario rappresentante della collettività dei condomini”, sia nella fase di assunzione di obbligazioni per la conservazione delle cose oggetto di proprietà comune, sia, all'interno della medesima collettività, quale unico referente dei relativi pagamenti. L'amministratore si presenta, allora, come “rappresentante legale” (argomentando dall'art. 65, comma 1, disp. att.) di interessi e non di volontà, officiato di un “munus” espresso da una disciplina inderogabile a tutela dei terzi, ed investito altresì di una legittimazione processuale passiva che sottende una potestà assoluta di difesa “necessaria” delle parti comuni.

La l. n. 220/2012 ha ritenuto, invero, di imputare all'amministratore una responsabilità pressoché illimitata quale conseguenza delle relazioni giuridiche tra il condominio ed i terzi. L'idea della centralità della responsabilità di gestione dell'amministratore e della irresponsabilità del gruppo dei condomini, ovvero dell'assemblea, caratteristiche della disciplina delle società, permea il nuovo assetto della disciplina condominiale. L'amministrazione condominiale è inoltre ormai incarico professionale, e l'obbligo di diligenza da osservare è quello qualificato, stabilito dall'art. 1176, comma 2, ragguagliato, cioè, alla “natura dell'attività esercitata”. Pure l'art. 71-bis disp. att., introdotto dalla Riforma del 2012, nel fissare i requisiti necessari per lo svolgimento dell'incarico di amministratore di condominio, prescrive, tra l'altro, standards di qualificazione professionale del soggetto che l'assemblea può scegliere. 

La nomina assembleare

Il riformulato comma 1 dell'art. 1129 impone l'obbligo di nomina dell'amministratore quando i condomini sono più di otto. L'obbligo sorge a carico dei condomini, ovvero dell'assemblea, quando venga integrato tale requisito numerico, ridefinito da quattro a otto dalla l. n. 220/2012; quando, cioè, i condomini, intesi come proprietari esclusivi, pro indiviso, di una parte dell'edificio medesimo, in conseguenza di acquisto per atto tra vivi, o di divisione o anche di successione mortis causa, divengono più di otto. La norma non esclude, ovviamente, la possibilità di nomina di un amministratore quando i condomini siano otto o meno di otto.

Instaurandosi, invero, il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali e riscontrandosi la medesima situazione nel condominio cd. "minimo", ne discende che anche rispetto a quest'ultimo trova applicazione, sia per l'organizzazione interna dell'assemblea che per le situazioni soggettive dei partecipanti, la disciplina di cui agli artt. 1117 e ss. c.c., potendo pertanto in tal caso i condomini, in applicazione del principio maggioritario ed anche se in numero non superiore, rispettivamente, a otto e dieci, nominare un amministratore ed approvare un regolamento (Cass. VI, n. 10847/2020; Cass. VI, n. 20071/2017).

La nomina dell'amministratore acquista efficacia nei confronti dei terzi dal momento della relativa deliberazione dell'assemblea nelle forme di cui all'art. 1129. A tal fine, non assume significato, ad esempio, la diversa data in cui sia stato sottoscritto il verbale di consegna della documentazione dal vecchio al nuovo amministratore (Cass. II, n. 14599/2012).

In virtù degli obblighi di informazione, di trasparenza e di completezza, cui è ora vincolato l'amministratore al momento stesso del conferimento dell'incarico, non sembra più sostenibile che la relativa nomina possa risultare, indipendentemente da una formale investitura assembleare e dall'annotazione nello speciale registro, pure dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli effetti. Il condominio di edificio agisce in giudizio, di regola, nell'ambito delle cose comuni a mezzo della persona dell'amministratore, purché ovviamente questo esista: nell'ipotesi, perciò, di mancata nomina dell'amministratore del condominio, la domanda giudiziaria riguardante beni comuni deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, sussistendo una situazione di litisconsorzio necessario. Altrimenti, soccorre l'art. 65, comma 1, disp. att., ad avviso del quale quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei condomini, chi intende iniziare o promuovere una lite contro i partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 80 c.p.c.

Il riformato art. 1129, comma 13, vieta all'assemblea di nominare nuovamente l'amministratore revocato da parte dell'autorità giudiziaria: “In caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato”.

All'assemblea è, cioè, impedito di porre nel nulla la revoca giudiziale, deliberando, sia pure con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, la riconferma dell'amministratore rimosso dal Tribunale e ciò anche se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca. All'amministratore revocato, pertanto, non rimarrà che avvalersi della tutela giurisdizionale piena in un ordinario giudizio contenzioso a fini risarcitori.

Deve desumersi la nullità della deliberazione che disponga nuovamente la nomina dell'amministratore revocato dal Tribunale, in quanto contraria a norma imperativa di ordine pubblico.

Sembra tuttavia da intendere che il divieto di nomina dell'amministratore revocato dal Tribunale sia temporaneo, nel senso che non possa più operare per la designazione assembleare non immediatamente successiva al decreto di rimozione reso dall'autorità giudiziaria, purché, ovviamente, si tratti di persona in possesso dei requisiti di cui all'art. 71-bis disp. att.

I requisiti soggettivi per la nomina e lo svolgimento dell'incarico

L'art. 71-bis disp. att. elenca i requisiti soggettivi per lo svolgimento dell'incarico di amministratore di condominio: a) godimento dei diritti civili; b) inesistenza di condanne per determinati delitti; c) mancata sottoposizione a misure di prevenzione definitive, per le quali non sia intervenuta la riabilitazione; d) non soggezione a interdizione o inabilitazione; e) mancata annotazione nell'elenco dei protesti cambiari; f) conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) previa frequentazione di un corso di formazione iniziale e svolgimento di attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

Si può prescindere dal diploma scolastico e dall'obbligo di formazione professionale preventivo e periodico soltanto allorché si tratti di amministratore nominato tra i condomini dello stabile.

Dai requisiti del titolo di studio e della formazione iniziale sono esentati pure coloro che abbiano svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della l. n. 220/2012, fermo restando per gli stessi, però, l'obbligo di formazione periodica.

L'art. 1, comma 9, lett. a), del d.l. n. 145/2013 (conv., con modif., dalla l. n. 9/2014) ha rimesso ad un Regolamento del Ministro della Giustizia la determinazione dei requisiti necessari per esercitare l'attività di formazione degli amministratori di condominio, nonché i criteri, i contenuti e le modalità delle attività di formazione professionale. Tale Regolamento è stato quindi adottato con d.m. giustizia 13 agosto 2014, n. 140.

Quando sia nominata amministratore di condominio una società, i requisiti dovranno essere posseduti da tutti i soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti della società incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini.

In caso di perdita di alcuno dei primi cinque requisiti prima elencati, si determina la cessazione dall'incarico, legittimandosi ciascun condomino a convocare “senza formalità” l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

Viene comunque enfatizzato, quale ragione fondante del nuovo art. 71-bis disp. att., il bisogno di professionalità e di responsabilizzazione dell'amministratore di condominio.

Sembra corretto affermare che l'art. 71-bis, comma 1, disp. att., con cui sono stati fissati i requisiti di onorabilità e di qualificazione professionale del soggetto che l'assemblea possa scegliere come amministratore di condominio, sia norma di ordine pubblico, per la sua incidenza su interessi generali della collettività, e, in quanto tale, abbia carattere imperativo, con la conseguenza che la relativa violazione dovrebbe determinare la nullità della deliberazione di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato con il soggetto designato.

È prevista pure una causa di decadenza che colpisce l'eventuale incapacità sopravvenuta dell'amministratore, il quale perda uno dei prescritti requisiti.

La nomina giudiziale

La nomina dell'amministratore da parte del Tribunale costituisce attività di carattere amministrativo e non giurisdizionale, ed è volta ad assicurare al condominio composto da un numero di condomini superiore a otto l'esistenza dell'organo necessario per l'espletamento delle incombenze a esso demandate dalla legge. La funzione del procedimento giudiziale di nomina dell'amministratore è, quindi, soltanto quella di evitare che, per la mancanza di un rappresentante indispensabile alla sua gestione, il condominio rimanga nell'impossibilità di agire. In tale procedimento non è perciò ammesso di risolvere l'eventuale esistenza di conflitti, sia all'interno del condominio (da parte di quei condomini che ritengano che l'amministratore sia stato già eletto, o che neghino addirittura la stessa configurabilità di una situazione di condominio edilizio), sia all'esterno (da parte di chi sostenga di essere già stato investito validamente dell'ufficio di amministratore). Laddove tali conflitti sussistano e non vengano risolti dall'assemblea, lo strumento per risolverli è quello giurisdizionale.

Il Tribunale, nel giudizio in sede volontaria ex art. 1129, deve soltanto verificare i due presupposti essenziali per il ricorso al procedimento e, cioè:

- la mancata adozione del provvedimento assembleare di nomina dell'amministratore,

- l'inutile convocazione dell'assemblea per deliberare sulla nomina.

Il singolo condomino è, quindi, legittimato a rivolgersi all'autorità giudiziaria soltanto dopo aver provocato l'adunanza assembleare e riscontrato la mancata formazione di una volontà di designazione dell'amministratore; se, invece, sia stata comunque adottata una deliberazione di nomina, il condomino deve impugnare la stessa in via contenziosa. L'intervento giudiziale, secondo la regola generale in materia di comunione, riveste, quindi, natura sussidiaria.

La Riforma ha attribuito anche all'amministratore uscente dimissionario (il quale può pure non essere un condomino) la legittimazione a proporre il ricorso al Tribunale, in sede di volontaria giurisdizione, affinché provveda alla nomina di un nuovo amministratore.

Non è specificato nell'art. 1129, comma 1, che, al pari dell'assemblea, pure l'autorità giudiziaria sia vincolata a scegliere l'amministratore previo riscontro delle condizioni soggettive elencate nell'art. 71-bis disp. att. Non di meno, pare massimamente opportuno, se non inevitabile, che altresì il tribunale ritenga in tal senso limitata la propria scelta: coloro i quali non offrono i requisiti di onorabilità e professionalità ivi elencati, non “possono svolgere l'incarico di amministratore”, sicché anche la perdita di alcuni di essi in corso di rapporto comporta la cessazione automatica dello stesso.

Anche l'amministratore nominato dall'autorità giudiziaria deve specificare analiticamente all'assemblea, a pena di nullità, l'importo a lui dovuto a titolo di compenso. Il decreto emesso ai sensi dell'art. 1129, comma 1, ha ad oggetto esclusivamente la nomina dell'amministratore da parte del tribunale, in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, senza che però muti la posizione dell'amministratore stesso, il quale, benché designato dal tribunale, instaura il proprio rapporto di incarico con i condomini e non riveste la qualifica di ausiliario del giudice (Cass. II, n. 16698/2014). La richiesta del compenso e del rimborso delle spese dell'amministratore di nomina giudiziale non può, quindi, essere avanzata se non nei confronti dell'assemblea dei condomini e, in caso di contrasto, ogni questione deve essere definita in sede contenziosa.

Si è sostenuto che l'amministratore nominato dal tribunale, in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, sebbene non rivesta la qualità di ausiliario del giudice ma instauri, con i condomini, un rapporto di mandato, non può essere equiparato all'amministratore nominato dall'assemblea; pertanto, il termine di un anno previsto dall'art.1129 non costituisce il limite minimo di durata del suo incarico ma piuttosto il limite massimo di durata dell'ufficio, il quale può cessare anche prima se vengono meno le ragioni presiedenti la nomina (Cass. III, n. 11717/2021).

La durata dell'incarico

Mentre nel corso dell'iter parlamentare della Riforma della disciplina del condominio si era proposto “il raddoppio da uno a due anni della durata in carica dell'amministratore”, il testo approvato, all'art. 1129, comma 10, stabilisce che l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore; e, al comma 11, che la revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.

Il dettato normativo non è affatto di piana interpretazione. La lettura preferibile induce, tuttavia, a concludere che, nel disegno della Riforma, ad ogni incarico annuale formalmente deliberato dall'assemblea consegua ex lege, in assenza di revoca o di dimissioni dell'amministratore, un rinnovo tacito per uguale durata. Il rinnovo, però, consegue al precedente incarico, e non anche ad un precedente rinnovo, sicché è fatta salva la dimensione annuale della gestione condominiale, nonché del correlato impegno di spesa per il compenso dell'amministratore (il cui importo va infatti, a pena di nullità, rideterminato di anno in anno). Alla scadenza della proroga annuale, l'assemblea dovrà, allora, attivarsi per deliberare un nuovo incarico esplicito all'amministratore, il quale, nell'attesa, è da intendersi in prorogatio, con i limitati diritti e poteri (nonché doveri) di cui al comma 8 dell'art. 1129. Il rinnovo annuale opera, quindi, eccezionalmente per favorire una maggiore stabilità iniziale del rapporto di amministrazione unicamente alla scadenza del primo anno di mandato.

La conferma

L'art. 1135, n. 1), non modificato dalla l. n. 220/2012, dispone che l'assemblea provvede altresì alla conferma dell'amministratore. Il dubbio è se, per la nomina dell'amministratore già in carica, al termine del biennio di durata dell'incarico dato dal meccanismo di cui al comma 10 dell'art. 1129, sia sufficiente la maggioranza semplice di cui al comma 2 dell'art. 1136, ovvero occorra la maggioranza qualificata di cui al comma 4 del medesimo art. 1136 (il quale, invero, prevede espressamente la necessità sempre della maggioranza degli intervenuti, pari ad almeno la metà del valore dell'edificio, per le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore). Appare in realtà difficile contestare che, tanto più nel ridisegnato sistema di durata e di rinnovo dell'incarico di amministratore, gli stessi presupposti di validità (e dunque pure gli stessi quorum) che condizionano la nomina dell'amministratore debbano vincolare altresì la conferma dell'amministratore dopo la scadenza dell'iniziale mandato, rivelando le due deliberazioni contenuto ed effetti giuridici eguali, e differendo soltanto nella circostanza che la conferma riguarda persona già in carica, mentre la nomina riguarda una persona nuova.

L'amministratore in proroga

La Riforma, al comma 8 del novellato art. 1129, vincola l'amministratore, alla cessazione dell'incarico, oltre che a consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini” (il che complica la possibilità pratica per l'amministratore uscente di effettuare il rendiconto, o di ripartire le spese e incassare i contributi, o di convocare l'assemblea per farla deliberare conseguentemente su beni e servizi comuni), e a eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto a ulteriori compensi. L'obbligo gestorio dell'amministratore uscente non abbraccia più, pertanto, tutti i poteri previsti dall'art. 1130, ma viene delimitato con riguardo a quelle sole attività che, valutate secondo il criterio del bonus pater familias, rivelino il carattere dell'urgenza ai fini della conservazione delle cose comuni. L'art. 1129, comma 8. risulta, quindi, norma limitativa delle attribuzioni dell'amministratore nel periodo di proroga; deve, pertanto, affermarsi che i compiti di gestione dell'amministratore uscente siano circoscritti, in tale periodo, agli atti di amministrazione indifferibile. La disposizione del comma 8 dell'art. 1129 chiarisce altresì che l'amministratore cessato non ha “diritto a ulteriori compensi” per le “attività urgenti” eseguite. Anche per conseguenza dell'art. 1129, comma 14, secondo cui “l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta”, l'amministratore non può, dunque, esigere il corrispettivo delle mansioni adempiute in regime di prorogatio.

Le informazioni dovute dall'amministratore nominato

È stato previsto in sede di Riforma che l'amministratore, “contestualmente all'accettazione della nomina e a ogni rinnovo dell'incarico” deve comunicare “i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell'amministratore e il registro di contabilità, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata” (art. 1129, comma 2). L'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore deve, inoltre, essere “affissa sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, agevolmente raggiungibile pure dai terzi” (art. 1129, comma 5).

In mancanza di amministratore nominato, ad analoga affissione pubblicitaria, relativa a dati anagrafici e recapiti, è soggetta la “persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore” (art. 1129, comma 6). L'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati indicati costituisce “grave irregolarità” sanzionata con la revoca dell'amministratore (art. 1129, comma 12, n. 8).

Tale dovere di informazione ex lege è esigibile contestualmente all'accettazione della nomina o del rinnovo, e quindi già in fase esecutiva del mandato.

La mancata informazione, elevata a causa di revoca dell'amministratore, viene presuntivamente intesa come condotta che possa pregiudicare o porre in pericolo l'integrità dei beni comuni.

Il compenso

L'art. 1129, comma 14, stabilisce che l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta. Alla presunzione di onerosità del mandato, prevista dall'art. 1709 (qui applicabile in forza del penultimo comma dell'art. 1129), va affiancato il disposto dell'art. 1135, n. 1, il quale prevede come “eventuale” la retribuzione dell'amministratore. L'assemblea o il regolamento possono, quindi, espressamente determinarsi per la gratuità dell'incarico. È ora imposto dalla Riforma che l'amministratore debba stabilire, in sede di nomina e poi in sede di rinnovo, e a pena di nullità, quale sia il suo compenso. Il compenso così fissato sarà corrispettivo di tutte le attribuzioni riguardanti l'amministratore del condominio.

La mancata specificazione del compenso preteso dall'amministratore è causa di nullità della nomina. In assenza di determinazione del compenso, l'invalidità investe totalmente il contratto di mandato tra amministratore e condominio, e non soltanto la pattuizione relativa al corrispettivo (Cass. VI-2, n. 12927/2022).

La polizza per la responsabilità civile

L'art. 1129, comma 3, prevede che l'assemblea può subordinare la nomina dell'amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato, aggiungendo, al comma 4 che, allorché l'assemblea deliberi lavori straordinari, l'amministratore in carica è tenuto altresì, contestualmente all'inizio dei lavori, ad “adeguare i massimali della polizza”, in misura non inferiore all'importo di spesa deliberato, e che, nel caso in cui l'amministratore sia coperto da una “polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale generale” per l'intera attività da lui svolta, tale polizza va integrata con una dichiarazione dell'assicuratore che garantisca la copertura negli indicati massimali per lo specifico condominio. Non è quindi predeterminato, ma lasciato alle libere decisioni dell'assemblea, un riferimento quantitativo vincolante per l'oggetto della copertura assicurativa (per esempio, avendo riguardo all'importo dell'ultimo consuntivo). La mancata presentazione della polizza per la responsabilità civile, richiesta dall'assemblea, non è stata elevata dalla Riforma a motivo di nullità della nomina dell'amministratore, né a causa tipica di sua revoca, facendosi quindi comunque salva la regolare costituzione del rapporto di amministrazione. Il legislatore ha, piuttosto, disposto che l'assemblea possa “subordinare la nomina dell'amministratore” alla presentazione della polizza.

La revoca assembleare

La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con l'identica maggioranza prevista per la sua nomina, ovvero secondo le diverse modalità previste dal regolamento di condominio.

Sarà la stessa assemblea convocata per la revoca a procedere, altresì, alla nomina del nuovo amministratore.

Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o risulti non aperto o utilizzato il conto corrente, intestato al condominio, su cui l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute e quelle erogate per conto del condominio, i condomini, anche individualmente, devono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore, potendosi per tali inadempienze rivolgere all'autorità giudiziaria soltanto in caso di mancata revoca da parte dell'assemblea.

Ove poi sia accolta la domanda, il ricorrente ha titolo di rivalsa per le spese legali nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato (art. 1129, comma 11).

La revoca assembleare dell'amministratore, pur rimanendo fissata in un anno la durata dell'incarico, può avvenire in qualsiasi tempo e non richiede la menzione o la sussistenza di una giusta causa, dato che il rapporto tra amministratore e assemblea riposa esclusivamente sulla fiducia che i partecipanti al condominio nutrono nei suoi confronti.

Ove, tuttavia, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, sia stato previsto analiticamente un importo dovuto all'amministratore a titolo di compenso per l'attività svolta, se la revoca interviene prima della scadenza annuale dell'incarico, l'amministratore avrà diritto, in sede di cognizione ordinaria, alla tutela risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento dell'anticipata estinzione del rapporto revoca (art. 1725, comma 1).

All'amministratore anticipatamente revocato non spetta il pagamento dell'integrale compenso stabilito per la normale durata annuale dell'incarico, ma la minor somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato.

L'amministratore revocato dall'assemblea potrà, inoltre, conseguire il soddisfacimento dei crediti che gli sono attribuiti degli artt. 1719 e 1720.

L'amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall'assemblea prima della scadenza del termine previsto nell'atto di nomina, ha diritto, oltre al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, anche al risarcimento dei danni, in applicazione dell'art. 1725, comma 1, salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico (Cass. II, n. 7874/2021).

La revoca giudiziale

La revoca dell'amministratore può, invece, essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino: a) nel caso previsto dal comma 4 dell'art. 1131: ovvero se l'amministratore contravvenga all'obbligo, sancito dal comma 3 dello stesso articolo, di informare tempestivamente l'assemblea di essere stato convenuto in giudizio per fatti esorbitanti dalle sue attribuzioni.

Trattasi di obbligo di comunicazione rilevante solo all'interno del rapporto fra la collettività dei condomini e l'amministratore, sebbene si sia ritenuto che l'amministratore, pur potendosi costituire in giudizio per difendersi dalla domanda eccedente dalle sue funzioni e impugnare la sentenza sfavorevole senza preventiva autorizzazione, debba, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione; b) se non rende il conto della gestione. La Riforma ha, dunque, previsto la revocabilità dell'amministratore di condominio in caso di assoluta mancanza di resa del conto anche per il singolo anno, dando il giusto rilevo all'ordinaria dimensione annuale della gestione condominiale. L'obbligo può dirsi adempiuto purché l'amministratore abbia presentato il rendiconto in assemblea, o comunque sottoposto ai condomini una relazione contabile evidenziante, mediante indicazione delle entrate e uscite, una chiara situazione della gestione condominiale. A tal fine, si ricordi come l'amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni, sicché un'approvazione intempestiva, quand'anche all'unanimità, da parte dell'assemblea, semmai appositamente convocata dall'amministratore per porre rimedio all'iniziativa giudiziale già avanzata da un condomino, non vale quale automatica sanatoria dell'inadempimento, né fa cessare la materia del contendere del procedimento di revoca ormai pendente; c) in caso di gravi irregolarità. Il legislatore del 2012, all'interno del comma 12 dell'art. 1129, ha provveduto poi a indicare determinate ipotesi che possono costituire, “tra le altre, gravi irregolarità”.

Il decreto del tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio, ai sensi degli artt. 1129 e 64 disp. att., costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione. Pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini e amministratore, il decreto di revoca non ha, pertanto, carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, relativa al diritto su cui il provvedimento incide.

È da confermare allora, anche dopo le modifiche volute dalla Riforma, la mancanza di attitudine al giudicato del provvedimento con cui il tribunale pone termine ante tempus al rapporto tra amministratore e condomini, seppur ora questo principio subisca un importante temperamento nel comma 13 dell'art. 1129, in forza del quale, come si è visto in precedenza, “in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato”.

È perciò inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio; tale ricorso è, invece, ammissibile avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (da ultimo, Cass. VI-2, n. 15995/2020). Poiché, peraltro, il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio dà luogo ad un procedimento camerale plurilaterale tipico, nel quale l'intervento del giudice è diretto all'attività di gestione di interessi e non culmina in un provvedimento avente efficacia decisoria, in quanto non incide su situazioni sostanziali di diritti o di "status", non è indispensabile il patrocinio di un difensore legalmente esercente, ai sensi dell'art. 82, comma 3, c.p.c. (Cass. VI-2, n. 15706/2017).

senza ripudiare l'utilizzo della clausola generale delle “gravi irregolarità” (le quali, tuttavia, dovranno non più essere “sospettate”, quanto provate), la Riforma abbina a essa una normativa di tipo regolamentare, la quale dettaglia la nozione generica ed elastica mediante ricorso a una serie di previsioni specifiche e circostanziate.

Si è in presenza, comunque, di un'elencazione non tassativa, ma meramente esemplificativa, dei casi di revoca dell'amministratore.

Non si rende necessaria la partecipazione al giudizio del condominio o degli altri condomini.

Il giudizio è improntato a rapidità, informalità e ufficiosità, potendo, peraltro, il provvedimento essere adottato “sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente” (art. 64, comma 1 disp. att.).

Nel procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore promosso da uno o da alcuni condomini, legittimato a contraddire è il solo l'amministratore e non anche il condominio; né sussiste litisconsorzio degli altri condomini (Cass. IV-2, n. 4696/2020).

Ai sensi dell'art. 64, comma 2 disp. att., “contro il decreto motivato reso dal tribunale può essere proposto reclamo alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione” ( a norma dell'art. 27, d.lgs.  n. 116/2017,  il citato comma 2 è sostituito dal seguente: «Contro il provvedimento del giudice di pace può essere proposto reclamo in tribunale entro dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.»;  tale disposizione, entrerà in vigore il 31 ottobre 2025) .

Il provvedimento statuente la revoca dell'amministratore del condominio ha, quindi, efficacia, ai sensi dell'art. 741 c.p.c., dalla data dell'inutile spirare di tale termine per il reclamo avverso di esso.

Pertanto, gli atti compiuti dall'amministratore anteriormente al momento in cui tale revoca diviene efficace non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio (Cass. II, n. 454/2017).

Bibliografia

AA. VV., Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2013; Basile, Regime condominiale ed esigenze abitative, Milano, 1979; Caruso, Gli obblighi dei condomini, in Il Condominio a cura di C.M. Bianca, Torino, 2007; Celeste - Salciarini L., Il regolamento di condominio e le tabelle millesimali, Milano, 2006; Celeste - Scarpa, La Riforma del Condominio, Milano, 2012; Colonna, Sulla natura delle obbligazioni del condominio. in Foro it. 1997, I, 872; Corona, Il regime di ripartizione delle spese nel condominio, in Studi economico-giuridici, Milano, 1969; Corona, Contributo alla teoria del condominio negli edifici, Milano, 1974; Peretti Griva, Il condominio di case divise in parti, Torino, 1960; Scarpa, “Condominio (Riforma del)”, Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, Appendice di aggiornamento VIII, Torino, 2013; Terzago G. - Terzago P., La ripartizione delle spese nel condominio, Milano, 1994; Triola, Il condominio, Milano, 2007.

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