Lia Campione
26 Agosto 2019

Uno dei principi cardine su cui si fonda il fallimento è il principio di universalità soggettiva, che trova il suo fondamento normativo negli artt. 51 e 52 l. fall. e che, ai fini della piena realizzazione del concorso, comporta, da un lato, il divieto di azioni individuali esecutive o cautelari e, dall'altro, la soggezione dei creditori alle norme specifiche della formazione dello stato passivo. Nello specifico, il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito e impone l'esclusività della procedura di accertamento del passivo fallimentare: una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, l'unica possibile forma di esecuzione sul patrimonio del fallito è, in linea di principio, quella concorsuale, in forza del divieto di azioni individuali, e i crediti devono essere necessariamente accertati nelle forme previste dalla legge fallimentare.

Inquadramento

Uno dei principi cardine su cui si fonda il fallimento è il principio di universalità soggettiva, che trova il suo fondamento normativo negli artt. 51 e 52 l. fall. e che, ai fini della piena realizzazione del concorso, comporta, da un lato, il divieto di azioni individuali esecutive o cautelari e, dall'altro, la soggezione dei creditori alle norme specifiche della formazione dello stato passivo. Il principio dell'universalità soggettiva costituisce un elemento essenziale per realizzare gli obiettivi della procedura concorsuale.

Nello specifico, il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito e impone l'esclusività della procedura di accertamento del passivo fallimentare: una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, l'unica possibile forma di esecuzione sul patrimonio del fallito è, in linea di principio, quella concorsuale, in forza del divieto di azioni individuali (art. 51 l. fall.), e i crediti devono essere necessariamente accertati (art. 52 l. fall.) nelle forme previste dalla legge fallimentare (capo V l. fall.).

Il concorso dei creditori assume una duplice valenza: concorso “formale”, inteso come assoggettamento dei crediti vantati nei confronti del fallito alle regole e alle forme prescritte per l'accertamento e la ripartizione dell'attivo; concorso “sostanziale”, inteso come regola sostanziale di ripartizione concorsuale dell'attivo in forza della quale l'attivo stesso deve essere distribuito equamente pro quota (infatti, nelle procedure concorsuali, trova piena attuazione il principio della par condicio creditorum, in base al quale “I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione” ex art. 2741 c.c.).

Divieto di azioni individuali

Art. 51 l. fall. (divieto di azioni esecutive e cautelari individuali)

Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.

L'esecuzione concorsuale è, in linea di principio, incompatibile con la conservazione della possibilità di azioni esecutive individuali: infatti, è necessario impedire che il patrimonio fallimentare sia oggetto di aggressioni da parte dei creditori e che tutto l'attivo disponibile soggiaccia solamente alle scelte liquidatorie degli organi della procedura. La norma attiene al «principio generale della sottrazione del patrimonio vincolato a qualsivoglia iniziativa depauperatoria rispondente ad interessi particolari e suscettibile di alterazione della par condicio creditorum» (Cass. Civ. - Sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2481, sent.). Al fine di non alterare la par condicio creditorum, viene dunque privilegiata la liquidazione collettiva del patrimonio del fallito, a scapito della liquidazione parcellizzata che conseguirebbe se le singole iniziative potessero proseguire (M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, Milano, 2014, 477).

Ambito di applicazione del divieto

Sul piano dell'applicazione temporale, si ritiene che il divieto di azioni esecutive (M.R. Grossi, Sub art. 51, in La riforma della legge fallimentare, Milano, 2008, 442) abbia effetto dal giorno della dichiarazione del fallimento, assumendo efficacia dalle ore zero del giorno in cui viene pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento (Corte App. Torino, 21 marzo 2011; Trib. Catania, 09 ottobre 1997) ovvero, secondo altra giurisprudenza, dal giorno del deposito della sentenza stessa (Trib. Padova, 02 agosto 2001).

In termini di ambito di applicazione soggettiva, tale divieto si estende a tutti i crediti vantati nei confronti dei beni compresi nel fallimento («natura obiettiva» del divieto ex art. 51 l. fall.) (M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 477), non solo ai crediti anteriori al fallimento, ma anche a quelli maturati durante la procedura: ciò si desume chiaramente dalla Relazione ministeriale alla riforma del 2006, che specifica che «l'articolo è stato opportunamente modificato al fine di contenere un espresso riferimento ai crediti in prededuzione ovvero quelli maturati durante il fallimento in relazione al divieto di azioni esecutive individuali o cautelari nel corso della procedura concorsuale». Ne consegue che anche i creditori c.d. prededucibili, pur essendo sottratti al concorso sostanziale, non possono in ogni caso tutelare individualmente il loro credito nei confronti del fallito e devono sottostare al divieto di cui all'art. 51 al pari dei creditori concorrenti: in particolare, il divieto è applicabile anche alle spese che trovano titolo nell'amministrazione della procedura (cfr. Cass. Civ. - Sez. I, 09 gennaio 2013,. n. 339, sent. in tema di liquidazione coatta amministrativa; cfr. M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 478).

In evidenza: deroghe al divieto e, in particolare, il credito fondiario (art. 41 T.U.B.)

L'inciso «salvo diversa disposizione di legge», fa salve le deroghe (tassative) stabilite da diverse disposizioni di legge. Tali deroghe hanno, tuttavia, una natura strettamente processuale e non incidono, pertanto, sulla par condicio creditorum né sull'ordine dei privilegi e rimangono soggette alla normativa fallimentare per quanto attiene alla distribuzione finale del realizzo della vendita. Unico vantaggio dei creditori esenti dal divieto è, dunque, di riscuotere anzitempo le somme spettanti.

A titolo di esempio, deroga all'art. 51 l. fall. il credito fondiario (art. 41 T.U.B.) che conserva la legittimazione a proseguire o iniziare, anche dopo la dichiarazione di fallimento, l'esecuzione speciale sui beni ipotecati a garanzia del finanziamento, con facoltà del curatore di intervenire in tale esecuzione al fine di ottenere l'attribuzione al fallimento della parte del ricavato della vendita forzata eccedente il valore del credito fondiario. Il privilegio processuale consiste nella possibilità, oltre che di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale, anche di conseguire l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito, fermo restando che il giudice dell'esecuzione deve attribuire l'eventuale eccedenza al fallimento, tenendo conto degli eventuali crediti prededucibili e di rango superiore rispetto a quelli dell'istituto (Cass. Civ. - Sez. I,19 febbraio 1999, n. 1395, sent.).

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione oggettiva del divieto, l'art. 51 l. fall. fa riferimento alle «azioni individuali esecutive e cautelari», perciò l'ambito di applicazione è alquanto ampio e comprende tutte le azioni che possano influire direttamente o indirettamente sulla determinazione dell'attivo e del passivo fallimentare, ivi comprese, a titolo di esempio:

  • ogni forma di esecuzione forzata: non solo l'espropriazione forzata, ma anche l'esecuzione per consegna di beni mobili o per rilascio di beni immobili posseduti dal fallito, l'esecuzione di obblighi di fare o non fare, l'ingiunzione fiscale, l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto (cfr. Cass. Civ. - Sez. I, 15 dicembre 2011, n. 27093, sent. con riferimento all'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c.; M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 478; F. Cuomo Ulloa, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il diritto fallimentare riformato, a cura di G. Schiano Di Pepe, Padova, 2006, 158, con riferimento all'esecuzione di obblighi di fare o non fare: «se è certamente proponibile e proseguibile l'azione esecutiva diretta ad ottenere la distruzione di un'opera compiuta in violazione di un obbligo di non fare del fallito, e così pure la costruzione di un'opera da questi non eseguita, tuttavia non sarà possibile, in pendenza del fallimento, ottenere ciò a spese del debitore (o del fallimento) dovendo invece il credito corrispondente […] essere trattato al pari di un credito concorsuale e come tale essere […] insinuato al passivo, onde concorrere nella distribuzione fallimentare»);
  • le azioni cautelari, per esplicita previsione di legge, data la loro funzione propedeutica e strumentale al procedimento esecutivo, quali il sequestro conservativo (in quanto propedeutico ad un'esecuzione individuale nei confronti del debitore), il ricorso per provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. e le azioni possessorie (attesa la loro natura cautelare nella fase sommaria) (P. Soldini, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di A. Calafa - S. Romeo, Padova, 2014, 222);
  • azione di simulazione proposta da un creditore rispetto ad un atto dispositivo del fallito (cfr. Trib. Nola, 01 febbraio 2011; Corte App. Milano, 04 dicembre 2008; Cass. Civ. - Sez. I, 28 aprile 1981, n. 2564, sent.);
  • azione revocatoria ordinaria proposta da un creditore per far dichiarare inopponibile a sé un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal fallito (Cass. Civ. - S.U., 17 dicembre 2008, n. 29420, sent.); d'altro canto, se la domanda ex art. 2901 c.c. promossa dal creditore dell'alienante è stata trascritta anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'acquirente e tale domanda viene accolta, la sentenza costituirà titolo per partecipare al riparto (si tratta, infatti, di azione di cognizione e non di azione esecutiva), in base al quale il creditore dell'alienante potrà soddisfarsi in via prioritaria sulla somma derivante dalla vendita del bene, avvenuta in sede di fallimento dell'acquirente, fino a concorrenza del suo credito verso l'alienante (cfr. Cass. Civ. - Sez. I, 2 dicembre 2011, n. 25850, sent.; Cass. Civ. - Sez. II, 08 luglio 2010, n. 16160, sent.).

Profili processuali

Sul piano processuale, la conseguenza immediata dell'operatività del divieto di azioni individuali è la perdita di legittimazione processuale in capo ai creditori, i quali possono esclusivamente proporre domanda di insinuazione del credito al passivo fallimentare, con conseguente partecipazione alle ripartizioni dell'eventuale attivo fallimentare. Pertanto, tutte le azioni esecutive individuali ordinarie, che devono, quindi, essere dichiarate processualmente improcedibili o improponibili, risultano assorbite nell'esecuzione concorsuale fallimentare (M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 477).

In linea con la natura processuale della preclusione derivante dal divieto ex art. 51 l. fall., anche il privilegio spettante agli istituti di credito fondiario, esenti dal divieto, ha natura esclusivamente processuale, ma non sostanziale (come reso esplicito dall'art. 52, comma 3, l. fall., che estende le disposizioni del capo V l. fall., in tema di accertamento del passivo, anche ai «crediti esentati dal divieto di cui all'articolo 51»). Ne consegue che le eventuali contestazioni del curatore sull' an e/o sul quantum di tali crediti devono essere sollevate in sede di verificazione del passivo [P. Soldini, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, cit., 224].

In ogni caso, il privilegio spettante agli istituti di credito fondiario non preclude al giudice delegato al fallimento di disporre la vendita dei beni ipotecati, dovendo il concorso dei due procedimenti espropriativi risolversi in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita (cfr. Cass. Civ. - Sez. I, 8 settembre 2011, n. 18436, sent.; Cass. Civ. - Sez. I, 28 gennaio 1993, n. 1025, sent.).

Concorso sostanziale e concorso formale

Art. 52 l. fall. (concorso dei creditori)

  • Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito;
  • Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell'art. 111, comma 1, n. 1), l. fall. nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge;
  • Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all'art. 51.

Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Nel diritto fallimentare, il «concorso» assume una valenza duplice, in quanto i creditori del fallito sono soggetti, in primo luogo, alle regole ed alle forme prescritte per l'accertamento del passivo («concorso formale»), nonché, in secondo luogo, alla regola sostanziale di ripartizione concorsuale dell'attivo in forza della quale lo stesso deve essere distribuito equamente pro quota («concorso sostanziale») (F. Cuomo Ulloa, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il diritto fallimentare riformato, cit., 148).

L'imposizione di un'unica procedura di accertamento risponde all'esigenza di intervenire con norme specifiche per ridefinire, in via autonoma, il diritto di chi vanti pretese di concorrere sul ricavato della liquidazione: in altre parole, il principio del concorso sancito nella norma in esame è dettato dall'esigenza di sottoporre le pretese creditorie ad una verifica endoconcorsuale che consenta, almeno potenzialmente, un contraddittorio con gli altri creditori, "controinteressati" a che non vengano ammessi al concorso crediti inesistenti o inopponibili (Trib. Milano, 26 settembre 2013). Trattandosi di norme, dunque, collegate ad un problema connaturato al carattere concorsuale dell'esecuzione fallimentare, si ritiene logico che tale accertamento esaurisca la propria rilevanza nell'ambito della procedura fallimentare (G. Guizzi, Considerazioni generali: il divieto dell'esecuzione individuale, in AA.VV., Diritto fallimentare (Manuale breve), Milano, 2008, 277), come emerge, del resto, anche dall'inciso di cui all'art. 96, ultimo comma, l. fall., secondo il quale a seguito della chiusura del fallimento, «il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all'esito dei giudizi di cui all'art. 99 producono effetti solo ai fini del concorso» (cui si aggiunge, d'altro canto, la precisazione di cui all'art. 120 l. fall., secondo il quale «il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all'art. 634 c.p.c.», per l'ottenimento di un decreto ingiuntivo).

A titolo di esempio, sono improponibili o diventano improcedibili ex art. 52 l. fall., a seguito della dichiarazione di fallimento:

  • l'azione di mero accertamento, salvo che il creditore non dichiari espressamente di voler utilizzare il titolo così ottenuto contro il fallito solo dopo il suo ritorno in bonis (Cass. Civ. - Sez. I, 18 ottobre 1991, n. 11038, sent.);
  • l'azione di ripetizione dell'indebito proposta nei confronti del fallimento (M. Fabiani- G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 490);
  • la domanda di accertamento di un credito verso il fallimento proposta con ricorso per ingiunzione (Cass. Civ.- Sez. I, 12 gennaio 2001, n. 388, sent.).

Ambito di applicazione

Sebbene la legge preveda ancora delle eccezioni (ossia categorie di crediti non soggetti alle norme del capo V, l. fall.), con l'attuale formulazione dell'art. 52 si è verificato un progressivo ampliamento dell'ambito di applicazione di tale norma: oltre che ai crediti concorsuali (i.e. sorti anteriormente rispetto alla dichiarazione di fallimento), ivi compresi i crediti muniti di cause di prelazione, tale norma si applica anche ai crediti da soddisfare in prededuzioneex art. 111, comma 1, l. fall., nonché ai diritti reali o personali, sia mobiliari che immobiliari (in base al comma 2 della norma in esame, così modificata dalla riforma del 2006), nonché ai crediti esenti dal divieto di azioni individuali ex art. 51 (in base al comma 3 della norma in esame, aggiunto dal decreto correttivo del 2007).

Concorso e crediti prededucibili

Qualora sorga contestazione in merito a un credito da trattare in prededuzione, tale credito deve essere accertato nel fallimento secondo le regole previste per il concorso dei creditori. Qualora si tratti, invece, di crediti prededucibili liquidi, esigibili e non contestati né per collocazione, né per ammontare (anche se sorti durante l'esercizio provvisorio ovvero sorti a seguito di procedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell'art. 25, l. fall, ossia le persone la cui opera è stata richiesta dal curatore nell'interesse del fallimento), il curatore potrà procedere direttamente al pagamento in favore del creditore (art. 111-bis, comma 1, l. fall.), previa autorizzazione del comitato dei creditori. In tal caso, infatti, non sorgendo contestazioni in merito, non è necessario sottoporre i crediti in questione all'accertamento di cui al capo V, l. fall.

Concorso e diritti reali e personali su cose mobili o immobili possedute dal fallito

Nell'ambito dell'accertamento del passivo di cui al capo V, l. fall., sono ricomprese anche le pretese che abbiano ad oggetto diritti reali e personali, sia mobiliari che immobiliari, soppressa ormai ogni distinzione tra domande di insinuazione dei crediti e domande di rivendica o restituzione di beni, siano essi, appunto, mobili o immobili (F. Marelli, Sub art. 52, in A. Jorio-M. Fabiani (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006-2007, 770).

C oncorso e crediti esenti dal divieto di azioni individuali ex art. 51 l. fall.

Come già menzionato, le eccezioni al divieto sancito dall'art. 51 l. fall. hanno natura esclusivamente processuale. Con specifico riferimento agli istituti di credito fondiario, le disposizioni eccezionali derogano, dunque, solamente alle norme in tema di liquidazione dei beni del debitore fallito, rimanendo, invece, applicabili quelle in tema di accertamento del passivo (vedi art. 52, comma 3, l. fall.): di conseguenza, all'assegnazione della somma disposta nell'ambito della procedura individuale deve riconoscersi carattere di provvisorietà, essendo onere dell'istituto di credito fondiario di insinuarsi al passivo nel fallimento, per rendere l'assegnazione definitiva, in tal modo consentendo la graduazione dei crediti, cui è finalizzata la procedura concorsuale. Ne consegue che, qualora l'istituto di credito ometta di insinuarsi al passivo o se il curatore invochi l'incapienza del ricavato dalla vendita a coprire i crediti prededucibili ovvero i crediti aventi rango superiore rispetto a quello della banca, il curatore ha il diritto di chiedere all'istituto di credito la restituzione della somma assegnata (Cass. Civ. - Sez. I, 9 luglio 2014, n. 15606, sent.). D'altro canto, se tale insinuazione è già avvenuta e il curatore richiede la restituzione in tutto o in parte di quanto assegnato all'istituto, spetta al curatore stesso l'onere dimostrare che la graduazione dei crediti ha avuto luogo e che il credito dell'istituto è risultato, in tutto o in parte, incapiente (M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, cit., 478 ss.).

Profili processuali

Ogni pretesa creditoria è soggetta al regime del concorso, pertanto, se proposto nelle forme ordinarie, dovrà essere dichiarata inammissibile, improcedibile o improponibile in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. Civ. - sez. III, 12 gennaio 2005, n. 453, sent.). Se già iniziata, dunque, l'azione diviene improcedibile e non può essere riassunta davanti al giudice ordinario, ma deve essere trasferita nella sede prevista per la formazione del passivo fallimentare, ossia davanti al tribunale fallimentare. Si può dunque concludere che la partecipazione alla procedura concorsuale, tramite domanda di insinuazione al passivo, sostituisce non solo l'esercizio delle azioni esecutive individuali (vedi art. 51, l. fall.), ma anche le azioni di accertamento e di condanna che competono al creditore verso il debitore fallito. La sentenza eventualmente ottenuta dal creditore in sede extraconcorsuale è inefficace nei confronti della massa dei creditori (ma è efficace nei confronti del fallito, una volta chiuso il fallimento, salvo che sia intervenuta l'esdebitazione).

Le modifiche introdotte dal D.lgs 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza conferma il principio di universalità soggettiva, che trova ora il suo fondamento normativo negli artt. 150 e 151 c.c.i.

L'art. 150 c.c.i. disciplina il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali e ripropone, con i necessari adattamenti lessicali, la disposizione dell'art. 51 l. fall.; allo stesso modo, l'art. 151 c.c.i., nel disciplinare il concorso dei creditori, si limita a riproporre la disciplina attualmente vigente (art. 52 l. fall.), fatti salvi i necessari adattamenti lessicali e di richiamo testuale.

Riferimenti

Normativi

  • art. 51 l. fall.
  • art. 52 l. fall.
  • art. 25 l. fall
  • art. 111 l. fall.
  • art. 111-bis l. fall.
  • art. 2741 c.c.
  • art. 41 T.U.B.

Giurisprudenza

  • Cass. Civ. - Sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2481,sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 09 gennaio 2013,. n. 339, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I,19 febbraio 1999, n. 1395, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 15 dicembre 2011, n. 27093, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 28 aprile 1981, n. 2564, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 9 luglio 2014, n. 15606, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 2 dicembre 2011, n. 25850, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. II, 08 luglio 2010, n. 16160, sent.
  • Cass. Civ. - Sez. I, 08 settembre 2011, n. 18436, sent
  • Cass. Civ. - Sez. I, 28 gennaio 1993, n. 1025, sent.
  • Cass. Civ. - S.U., 17 dicembre 2008, n. 29420, sent.
  • Cass. Civ. - sez. III, 12 gennaio 2005, n. 453, sent.

Dottrina

  • M. Fabiani - G.B. Nardecchia, Legge fallimentare, Milano, 2014
  • M.R. Grossi, Sub art. 51, in La riforma della legge fallimentare, Milano, 2008
  • F. Cuomo Ulloa, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il diritto fallimentare riformato, a cura di G. Schiano Di Pepe, Padova, 2006
  • P. Soldini, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di A. Calafa - S. Romeo, Padova, 2014
  • G. Guizzi, Considerazioni generali: il divieto dell'esecuzione individuale, in AA.VV., Diritto fallimentare (Manuale breve), Milano, 2008, 277
  • F. Marelli, Sub art. 52, in A. Jorio-M. Fabiani (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006-2007, 770
Sommario