La nomina del liquidatore nel concordato misto

Lia Campione
20 Settembre 2016

L'esecuzione del concordato in continuità aziendale, anche quando abbia ad oggetto la liquidazione di alcuni beni non funzionali alla prosecuzione dell'attività di impresa, non presuppone necessariamente la nomina di un liquidatore, ma comporta che l'attività prosegua, anche relativamente alla liquidazione, in capo agli amministratori e sotto il controllo del Commissario giudiziale.
Massima

L'esecuzione del concordato in continuità aziendale, anche quando abbia ad oggetto la liquidazione di alcuni beni non funzionali alla prosecuzione dell'attività di impresa, non presuppone necessariamente la nomina di un liquidatore, ma comporta che l'attività prosegua, anche relativamente alla liquidazione, in capo agli amministratori e sotto il controllo del Commissario Giudiziale.

Nel concordato con cessione dei beni ex art. 182 l. fall., stante la natura prevalentemente contrattuale che ha assunto la procedura dopo le riforme, è possibile derogare alla regola che prevede la nomina del liquidatore (se il concordato…non dispone diversamente) qualora i creditori, debitamente informati, abbiano espresso il loro consenso.

Il caso

Il Tribunale di Roma, con decreto del 31 Luglio 2015, ha omologato un concordato preventivo con continuità aziendale ex art. 186-bis, l. fall., nominando contestualmente un liquidatore giudiziale poiché il piano prevedeva la liquidazione di alcuni beni non ritenuti funzionali. Il piano di tale concordato prevedeva, da un lato, la piena continuità aziendale della società, vale a dire la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del debitore senza alcuna cessione della stessa a terzi e, dall'altro, la liquidazione di alcuni beni non funzionali alla continuità stessa, come previsto dall'art. 186-bis l. fall. Tale liquidazione sarebbe stata curata, sempre secondo quanto previsto dalla proposta, dalla stessa società debitrice. Tuttavia, nonostante la proposta concordataria, che come detto non prevedeva la nomina di un liquidatore, fosse stata approvata dai creditori ed avesse ottenuto precedentemente il parere favorevole del Commissario Giudiziale, il Tribunale, omologando la proposta di concordato, ha ritenuto comunque necessario procedere alla nomina di un liquidatore giudiziale.

Tale scelta è stata motivata in base alla qualificazione del concordato come di natura mista, poiché fondato sia sulla prosecuzione dell'attività d'impresa sia sulla vendita a terzi dei beni non funzionali a tale prosecuzione, come previsto dall'art. 186-bis, l. fall.; riprendendo la soluzione di una questione simile precedentemente affrontata (Trib. di Roma, 22 aprile 2015, n. 2051, ord.), il Tribunale ha sottolineato come, nonostante la prosecuzione dell'attività d'impresa, in tutti i casi in cui il piano di concordato poggi sull'offerta ai creditori anche solo di una parte del patrimonio attraverso una successiva alienazione a soggetti indeterminati, “la sua qualificazione (o riqualificazione, comunque di competenza del Tribunale), non può che essere in termini di concordato con cessione ai creditori, ossia di messa a disposizione di uno o più beni in favore dei creditori perché venga liquidato con procedura necessariamente competitiva”.

Il concordato in continuità aziendale e il concordato con cessione dei beni (artt. 186-bis e 182 l. fall.), secondo il Tribunale, sono regolati da due discipline del tutto compatibili; la nomina del liquidatore, inoltre, tutelerebbe gli interessi dei creditori: questi, nonostante non abbiano approvato la nomina del liquidatore (perché non prevista dalla proposta), dovrebbero comunque essere considerati titolari di un interesse ad una piena ottimizzazione della fase liquidatoria, che verrebbe, grazie al liquidatore, ottimizzata (per un'analisi in dettaglio del citato decreto del Trib. di Roma, 31 luglio 2015, si rimanda a: Campione, Concordato in continuità con cessione dei beni: è necessario nominare un liquidatore giudiziale?, in questo portale).

Avverso tale decreto la società proponente ha presentato reclamo alla Corte d'Appello di Roma - limitatamente alla parte del provvedimento concernente la nomina del liquidatore giudiziale. La società ricorrente ha chiesto la revoca di tale nomina e conseguentemente l'affidamento a sé medesima delle operazioni relative alla liquidazione dei beni non funzionali e i pagamenti da effettuare in favore dei creditori concorsuali.

Il reclamo è stato accolto.

La questione

All'attenzione della Corte d'Appello viene posta la questione della necessità o meno della nomina del liquidatore giudiziale in caso di concordato preventivo in continuità aziendale con cessione dei beni ritenuti non funzionali. In questo caso, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale in primo grado, la Corte d'Appello perviene ad una risposta negativa, concordando quindi con quell'orientamento della giurisprudenza (prevalente) che ritiene la nomina del liquidatore giudiziale necessaria unicamente nel caso di concordato preventivo con cessione dei beni ex art. 182 l. fall.

Il concordato in continuità prevede anche la liquidazione dei beni non funzionali alla continuità aziendale: innanzitutto la Corte evidenzia come la nomina del liquidatore, in questo tipo di concordato, non sia prevista dalla legge: l'art. 186-bis l. fall. infatti nulla dice riguardo alla possibilità di nomina di un liquidatore giudiziale, e nemmeno richiama l'art. 182 l. fall – non potendo peraltro tale richiamo ritenersi implicito.

Inoltre, prosegue la Corte, anche a voler ritenere che in caso di concordatomisto”, per la parte liquidatoria della proposta, sia applicabile l'art. 182 l. fall., questo prevede comunque la derogabilità della nomina del liquidatore, deroga che nella specie è avvenuta. La qualificazione giuridica di concordato “misto” è peraltro dibattuta in dottrina: è stato, per esempio, ritenuto che “se il debitore può continuare a disporre dei suoi beni, è del tutto naturale che poi possa provvedere di sua iniziativa alla vendita di singoli cespiti, che non vengono quindi resi oggetto di cessione ai creditori (ipotesi che presuppone l'operare di un mandato a vendere in senso lato), ma vengono liquidati nell'esercizio di una facoltà dispositiva connessa e coessenziale alla stessa causa di tale forma di concordato promissorio.

Di conseguenza, per l'attuazione di tali modalità liquidative ha senso che sia il commissario giudiziale ad esercitare la sua consueta vigilanza, ma non avrebbe senso nominare un liquidatore giudiziale, che esplica una funzione gestoria compatibile solo con il concordato per cessione dei beni (tanto che non a caso la sua nomina è prevista esclusivamente per tale ipotesi dall'art. 182 l. fall.)” (così, Lamanna, Che cos'è e quando è configurabile il cd. Concordato “misto”?, in questo portale).

Vi è inoltre da aggiungere che l'art. 186-bis l. fall. contiene una descrizione molto dettagliata della fattispecie e mentre menziona esplicitamente la possibilità che il piano possa prevedere la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa, non prevede la possibilità della nomina di un liquidatore giudiziale. Si può quindi affermare (senza neanche azzardare troppo) che, se la procedura di liquidazione dei beni non funzionali fosse da espletare tramite un liquidatore giudiziale, la norma l'avrebbe quantomeno previsto attraverso un rinvio all'art. 182 l. fall.

Le soluzioni giuridiche

La tutela dei creditori

il Tribunale, nella pronuncia di primo grado, aveva ritenuto che la nomina di un liquidatore giudiziale si rendeva necessaria anche per gestire e ottimizzare la fase liquidatoria nel principale interesse dei creditori: se è vero che la società debitrice nella proposta di concordato presentata si era assunta determinati obblighi di soddisfacimento dei creditori, la nomina di un liquidatore giudiziale che gestisca la fase liquidatoria non potrebbe che giovare agli interessi di tali creditori, nell'ottica di una procedura competitiva che dovrebbe per forza di cose massimizzare il loro profitto.

La Corte d'Appello, nel decreto in esame, è di tutt'altro avviso: ritiene infatti che i creditori siano già tutelati, in quanto la società debitrice, nella proposta di piano di concordato presentata, si è assunta determinati obblighi di soddisfacimento dei creditori; e tali obblighi, secondo la Corte, “consistono in obbligazioni di risultato e non di mezzi, essendone stato garantito il soddisfacimento in percentuale fissa, invariabile e vincolante e non già tramite il ricavo della vendita dei beni”. La Corte prosegue affermando che in caso di inadempimento il concordato verrà risolto e si darà ingresso al fallimento: per tale motivo è interesse della società debitrice ottimizzare la vendita dei beni e rispettare gli impegni assunti.

Da ciò si evince la non necessità della nomina di un liquidatore giudiziale che conduca la procedura di liquidazione, in quanto il piano di concordato proposto dal debitore e approvato dai creditori prevede già impegni del debitore e conseguenze, in caso di inadempimento, ben definiti. In altri termini, la tutela dei creditori è già data dal contenuto inderogabile della proposta e dagli impegni, altrettanto inderogabili, assunti dal debitore.

Differenze tra concordato preventivo con cessione dei beni e con continuità aziendale

La pronuncia in esame si inscrive in quel filone giurisprudenziale (cfr. Trib. Milano, 1 marzo 2014, Trib. Monza, 13 febbraio 2015, Trib. Trento, 1 luglio 2014) secondo il quale in caso di concordato con continuità aziendale il proponente è tenuto ad indicare una esatta percentuale di soddisfazione che si impegna a corrispondere ai creditori concorsuali in sede di esecuzione della proposta assumendo un'obbligazione di risultato e non di mezzi (come sarebbe stata se si fosse trattato di concordato con cessione dei beni). E' quindi nella differenza insanabile della ratio delle due figure di concordato che si trova il punto dirimente della questione che ha portato la Corte d'appello di Roma ad escludere l'applicazione della disciplina del concordato con cessione dei beni. Le ragioni che la Corte elenca a favore della qualificazione del concordato con continuità aziendale come obbligazione di risultato sono costituite, da un lato, dalla necessità di rendere effettiva la previsione di cui all'art. 186-bis l. fall., che impone all'attestatore di certificare la convenienza della continuità aziendale rispetto all'alternativa liquidatoria, ma soprattutto dal fatto che in questo tipo di concordato il debitore rimane nella piena disponibilità del proprio patrimonio ed i creditori non possono soddisfarsi con proventi derivanti dalla liquidazione dello stesso; così si rende necessaria l'indicazione, da parte del debitore, della specifica percentuale di soddisfazione che si obbliga a garantire, con risoluzione del concordato in caso di inadempimento.

La qualificazione in termini di obbligazione di risultato, implicando che l'adempimento coincide con il raggiungimento del risultato prefissato, non libera il debitore fino a tale momento; non vi è quindi bisogno di un organo esterno – come può essere il liquidatore giudiziale – che conduca la fase di liquidazione dei beni non funzionali a garanzia del soddisfacimento dei creditori, in quanto questi – i creditori - devono essere comunque soddisfatti, pena la risoluzione del concordato e l'avvio della procedura di fallimento.

Non si vede inoltre perché, se il debitore può continuare a disporre dei propri beni, non possa poi procedere di sua iniziativa alla vendita di questi. L'art. 182 l. fall. infatti prevede la nomina del liquidatore giudiziale in un caso del tutto differente, ovvero quando la disponibilità dei beni viene persa dal debitore ed occorre quindi che tali beni siano liquidati attraverso l'attività di un soggetto esterno ed imparziale, come il liquidatore giudiziale.

Osservazioni

La Corte d'Appello, nel caso in esame, applica le disposizioni normative in un modo coerente al loro dettato. Evita l'applicazione di un istituto che, effettivamente, nel dettato normativo non è previsto, come quello del “concordato misto” – figura legittimata dal principio di aticipità del piano concordatario di cui all'art. 160 l. fall. e di creazione prettamente giurisprudenziale (cfr. tra le altre, Trib. Roma, 22 aprile 2015), ma che non trova il consenso unanime della dottrina – specialmente nel caso, come quello in esame, di concordato con continuità aziendale “diretta” o “pura”, allorché sia prevista nel piano anche la liquidazione di beni non strategici, ovvero non funzionali. Facendo ciò si evita anche la sovrapposizione delle due discipline di cui agli artt. 182 e 186-bis l. fall.; tali norme, infatti, non contengono espliciti richiami l'una all'altra che giustifichino l'applicazione dell'una alla fattispecie disciplinata dall'altra. E' innegabile quindi come la decisione della Corte doni al sistema una coerenza e linearità che la decisione del Tribunale in primo grado aveva in parte offuscato.

Non si può inoltre non notare nel merito della vicenda come la decisione di revocare la nomina del liquidatore comporta, da un lato, un ragguardevole risparmio di costi (ovvero il compenso del liquidatore) e, dall'altro, rende più veloce e vantaggiosa la vendita dei beni non funzionali non imbrigliandola in una procedura sicuramente più lenta e farraginosa (rispetto alla vendita in autonomia da parte del debitore) come quella della liquidazione giudiziale. Risparmio a fronte di un auspicabile maggior guadagno!

In altri termini la Corte d'Appello di Roma ha inteso tutelare i creditori attraverso una maggiore responsabilizzazione del debitore che dovrà occuparsi di vendere i beni in tempi brevi e cercando di ottenere il miglior risultato economico possibile.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Le norme di più immediato riferimento sono gli artt. 182 e 186-bis L. Fall.

Per la giurisprudenza cfr. Cass. n. 21860 del 25 ottobre 2010; Cass. n. 1521 del 23 gennaio 2013; Cass. n. 6022 del 14 marzo 2014; Trib. Milano, 1 marzo 2014; Trib. Monza, 13 febbraio 2015; Trib. Trento, 1 luglio 2014.

In dottrina si rimanda a CAMPIONE, Concordato in continuità con cessione dei beni: è necessario nominare un liquidatore giudiziale?, in questo portale, e ai riferimenti ivi contenuti tra i quali LAMANNA, Che cos'è e quando è configurabile il cd. concordato “misto”?, in queso portale.

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