Concordato di gruppo e fattibilità giuridica della proposta

Remo Tarolli
Laura Riondato
29 Dicembre 2016

Il concordato cd. di gruppo non è ammissibile in assenza di una disciplina positiva che lo regoli, nemmeno qualora sia stata demandata al giudice la decisione sull'opportunità della separazione dei procedimenti concernenti le singole società.
Massima

Il concordato cd. di gruppo non è ammissibile in assenza di una disciplina positiva che lo regoli, nemmeno qualora sia stata demandata al giudice la decisione sull'opportunità della separazione dei procedimenti concernenti le singole società; sicché il concordato può essere proposto unicamente da ciascuna delle società appartenenti al gruppo, senza possibilità di confusione delle masse attive e passive dei diversi soggetti.

La fattibilità giuridica della proposta - anche in sede di omologazione - deve essere intesa come prognosi di concreta realizzabilità del piano concordatario, implicando un giudizio in ordine alla compatibilità delle relative modalità di attuazione con norme inderogabili e con la causa concreta del concordato. Essa deve formare oggetto di attestazione ad opera del professionista attestatore, sorretta da una motivazione congrua e logica e dalla documentazione prodotta.

Il caso

Il decreto annotato interessa il tema - che si affaccia ciclicamente all'attenzione degli interpreti - dell'ammissibilità o meno del cd. concordato preventivo di gruppo. Nel caso di specie, due società operanti nel campo delle costruzioni immobiliari, l'una totalmente partecipata dall'altra, hanno presentato presso il Tribunale di Alessandria una proposta di concordato unitaria, cui ha fatto seguito il deposito di due ulteriori diverse proposte a modifica di quella originaria.

In estrema sintesi, la proposta concordataria così formulata era diretta al superamento della crisi di gruppo tramite la continuità aziendale, la fusione delle due società, il completamento delle operazioni immobiliari rimaste incompiute e la successiva liquidazione della società risultante dalla fusione. A fronte della richiesta al Tribunale - da parte delle ricorrenti - di valutare l'opportunità di un'eventuale separazione dei procedimenti, il Collegio giudicante ha rigettato la domanda di omologa, rilevando essenzialmente la irrimediabile confusione tra le masse attive e passive delle società conseguente, tra l'altro: (i) all'imputazione alla sola società debitrice principale di tutti i debiti bancari garantiti da fideiussioni rilasciate dall'altra, operazione contabile che ha peraltro falsato l'indicazione dell'ammontare del passivo delle società e, per l'effetto, il successivo calcolo delle maggioranze; (ii) al riconoscimento in favore di una delle due società della proprietà degli immobili da edificarsi sui terreni dell'altra, senza costituzione in favore della stessa del diritto di superficie; (iii) al conferimento ad una società del corrispettivo dovuto da un terzo all'altra in forza di un contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato con quest'ultima; (iv) all'inserimento nel passivo di una sola società delle spese di procedura, salvo parziale rimborso dilazionato delle stesse da parte dell'altra.

La questione

L'articolata fattispecie sottoposta al vaglio del Tribunale piemontese (ri)solleva una questione di ordine generale attinente all'ammissibilità nel nostro attuale ordinamento giuridico del concordato di gruppo, e cioè di un'unica procedura ai sensi degli artt. 160 e ss. l. fall. da parte di più società che compongono un gruppo in stato di crisi.

La proposta “di gruppo” è tesa al riconoscimento della legittimità di operazioni che potrebbero trovare giustificazione solo in una logica economica unitaria, determinando per certi aspetti una confusione tra le attività e le passività proprie delle società singolarmente intese. A tale tema di carattere generale si legano ulteriori questioni di carattere speciale, relative, da un lato, all'imputazione dei debiti garantiti da fideiussioni e delle spese della procedura al passivo di una sola società e, dall'altro, alla ripartizione dei proventi delle operazioni immobiliari ancora in fieri secondo criteri che si discostano da quello della effettiva titolarità del credito.

Le soluzioni giuridiche

Il decreto in commento si pone in perfetta continuità con la decisione della Corte di Cassazione 13 ottobre 2015, n. 20559, secondo la quale il concordato di gruppo non è proponibile in carenza di una solida base normativa, fermo in ogni caso il principio secondo il quale la proposta riferita a ciascuna società non deve generare confusione tra le rispettive masse attive e passive, falsando il calcolo delle maggioranze dei creditori. L'orientamento espresso dal Tribunale di Alessandria si pone in antitesi rispetto all'indirizzo maggioritario della giurisprudenza. Le corti di merito, infatti - pur con non trascurabili distinguo -, sono state sinora generalmente più inclini ad ammettere concordati di gruppo, guardando al superiore interesse dei creditori. Nell'accogliere favorevolmente tale forma di concordato, taluni tribunali hanno mantenuto comunque fermo il limite della necessaria separazione di attività e passività delle società coinvolte, ovvero della sostanziale autonomia tra le proposte concordatarie delle società. In altre pronunce, invece, è stata ritenuta ammissibile la presentazione di un ricorso congiunto da parte di una pluralità di società, previo conferimento delle rispettive masse attive e passive in un'unica società di persone (è quest'ultimo, peraltro, il caso sottoposto alla S.C. di Cassazione, che ha formato oggetto della decisione sopra richiamata).

A fronte dell'espressa domanda di separazione dei procedimenti avanzata dalle ricorrenti, il Tribunale di Alessandria ha condotto una serrata indagine sull'ammissibilità del concordato sotto il profilo sostanziale, seguendo il dettato della pronuncia della Corte di Cassazione già citata; in particolare, il Collegio giudicante ha riscontrato elementi di commistione tra le masse attive e passive delle società, che - secondo il principio espresso nella suddetta decisione di legittimità - avrebbero precluso, anche in ipotesi di separazione dei procedimenti, una dichiarazione di ammissibilità del concordato (e, a fortiori, l'omologa dello stesso). Nello specifico, la parte motiva della decisione in commento evidenzia: (i) la mancata registrazione nel passivo della società fideiubente dei debiti bancari dalla stessa garantiti in favore dell'altra, richiamando la giurisprudenza di legittimità statuente l'obbligo di collocare tra i debiti oggetto della procedura concordataria anche quelli condizionali; (ii) l'insanabile contraddizione tra il riconoscimento della proprietà dei terreni spettante ad una società e quello della titolarità del corrispettivo di vendita degli immobili edificandi attribuita all'altra seppur in assenza di alcun diritto di superficie, in aperta violazione della norma inderogabile di cui all'art. 934 c.c.; (iii) la immotivata (e immotivabile) destinazione del corrispettivo dovuto da un terzo in forza di un contratto preliminare di compravendita immobiliare a società diversa dalla parte sostanziale dell'accordo contrattuale; (iv) l'accollo da parte di una società delle spese di procedura riferite ad entrambe le società, a conferma della insanabile confusione tra masse attive e passive di ciascuna di esse. Tanto considerato, anche un'eventuale formale separazione dei procedimenti non sarebbe valsa a riportare la proposta concordataria entro i limiti di ammissibilità del concordato fissati dalla Suprema Corte. La separazione dei procedimenti si sarebbe peraltro - come puntualmente annotato dal Collegio - rivelata impercorribile, nel caso concreto, alla luce della fusione già deliberata dalle due società, condizionatamente all'omologa del concordato.

I plurimi rilievi posti a fondamento del rigetto della domanda di omologazione sono stati ricondotti ad unità dal Tribunale di Alessandria nell'ambito della valutazione negativa circa la fattibilità giuridica del concordato di gruppo, nella forma così come nella sostanza. Richiamando anche sul punto i noti precedenti della Corte di Cassazione, il decreto annotato, infatti, ripropone un'ampia definizione di fattibilità giuridica estesa alla compatibilità delle previsioni e delle modalità di attuazione del concordato con (i) le norme inderogabili e (ii) la causa concreta dell'accordo con i creditori sociali, ovvero con le finalità di superamento della crisi e di riconoscimento in favore dei creditori stessi di almeno parte dei loro crediti in tempi ragionevolmente contenuti.

Osservazioni

La fattibilità giuridica ed il contiguo concetto di causa concreta rappresentano - anche alla luce di quanto poc'anzi evidenziato - il leitmotiv della pronuncia giurisprudenziale in commento e, in definitiva, il nucleo essenziale sul quale è fondata la dichiarazione di inammissibilità del concordato di gruppo nel vigente sistema di regolamentazione della crisi d'impresa. Con un modus operandi non innovativo in ambito concorsuale, anche nel caso concreto i giudici di merito hanno impiegato la causa concreta per arginare i tentativi delle società in difficoltà di approntare strumenti di soluzione della crisi “su misura” (nella specie, attraverso il concordato di gruppo).

Siffatta tendenza stride a ben vedere con l'apertura legislativa verso forme negoziali di superamento della crisi ed il conseguente riconoscimento di una (seppur circoscritta) autonomia nella definizione dei contenuti delle stesse, in raccordo con la più generale autonomia negoziale di cui all'art. 1322 c.c. Peraltro, con specifico riferimento allo strumento in rilievo, va menzionato l'intervento dell'Unione Europea nella disciplina dell'insolvenza di gruppo di cui al Regolamento 848/2015. Nel solco delle linee tracciate in ambito comunitario, è pertanto fortemente auspicabile che il progetto di riforma “concepito” dalla Commissione Rordorf arrivi presto a colmare il vuoto legislativo italiano (anche) in tema di concordato di gruppo.

Guida all'approfondimento

In giurisprudenza: Trib. Teramo 5 gennaio 2016, in Leggi d'Italia, 2016; Cass. 13 ottobre 2015, n. 20559; Trib. Ravenna 22 maggio 2014, in Fall., 2016; Trib. Rovigo 5 novembre 2013, in ilcaso.it, 2013; Trib. La Spezia 2 maggio 2011, ivi, 2011; Trib. Roma 7 marzo 2011, ivi, 2011.

In dottrina: S. Poli, Ammissibilità e tecniche di proposizione del “concordato di gruppo” dopo l'intervento della S.C., in Fall., 2016; A. Di Majo, Concordato preventivo - il fenomeno del concordato c.d. di gruppo e il diniego espresso dalla Corte di Cassazione, in Giur. it., 2016; L. Panzani, La disciplina della crisi di gruppo tra proposte di riforma e modelli internazionali, in Fall., 2016.

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