19 Maggio 2020

La procedura di concordato preventivo è introdotta con la domanda di ammissione disciplinata dall'art. 161 l. fall. Perché possa essere presentata una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo è necessario che sussistano i presupposti previsti dall'art. 160 l. fall.: la qualità di imprenditore commerciale in capo al debitore e lo stato di crisi.

Inquadramento

Avvertenza – Bussola in aggiornamento.

La procedura di concordato preventivo è introdotta con la domanda di ammissione disciplinata dall'art. 161 l. fall.

Perché possa essere presentata una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo è necessario che sussistano i presupposti previsti dall'art. 160 l. fall.: la qualità di imprenditore commerciale in capo al debitore e lo stato di crisi.

Al fine di comprendere le problematiche inerenti la presentazione della domanda di concordato preventivo, occorre evidenziare che la finalità dell'istituto in oggetto non può limitarsi al perseguimento di un interesse meramente privato del debitore di essere sottratto alle conseguenze patrimoniali e personali derivanti dalla sottoposizione alla procedura fallimentare, ma tale procedura è volta a tutelare gli interessi dei creditori mediante il loro soddisfacimento nel rispetto della par condicio creditorum e dell'interesse pubblico alla conservazione dell'azienda fonte di produttività nazionale e di equilibrio nel mercato di riferimento.

Un maggior valore alla finalità di risanamento dell'impresa si evidenzia nelle successive riforme che hanno modificato la disciplina del concordato preventivo a discapito della tutela del ceto creditorio (RIVOLTA – PAJARDI in Codice del Fallimento, a cura di Bocchiola – Paluchowski, Milano, 2013, 1863 ss.), in seguito ridimensionata con l'ultimo intervento legislativo del 2015 (L. 6 agosto 2015, n. 132).

Gli aspetti privatistici del concordato sono evidenziati oggi dalla maggior duttilità della procedura nella quale il debitore e i creditori devono trovare l'accordo per la ristrutturazione poi sottoposto al controllo di legittimità del Tribunale (Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Milano, 2015, 69 ss.).

La domanda deve essere sottoscritta dal debitore e, per le società, deve essere approvata e sottoscritta ex art. 152 l. fall.

Dibattuta è stata la questione inerente la necessità o meno di rappresentanza tecnica.

La competenza territoriale è del Tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale richiamando quanto statuito dall'art. 9 l. fall.

La domanda di concordato deve essere accompagnata dal piano e dalla proposta ai creditori, da una specifica documentazione informativa e dall'attestazione del professionista.

Presupposti della domanda di ammissione

I presupposti per l'ammissione alla procedura di concordato e i suoi requisiti sono delineati rispettivamente dagli artt. 160 e 161 l. fall., così come modificati dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, dal D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 conv. con modificazioni in L. 7 agosto 2012, n. 134 , D.L. 21 giugno 2013, n. 69 conv. con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 e dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83 conv. con modificazioni in L. 6 agosto 2015, n. 132.

Prima di delineare i presupposti soggettivi ed oggettivi che devono sussistere per domandare l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, occorre evidenziare due c.d. limiti soggettivi esterni che escludono la possibilità di accedere alla suddetta procedura.

In primo luogo, non può accedere alla procedura di concordato l'imprenditore per il quale sia già stato dichiarato il fallimento. Tale concetto è di estrema importanza al fine di stabilire i confini e la consecutio tra le due procedure, fallimentare e concordataria, in caso di contemporanea pendenza. E' chiaro, dunque, che non vertendo in un caso previsto dalla legge di sospensione del procedimento (fallimentare), il favor legis per le procedure di risanamento e recupero dell'impresa, come dovrebbe essere il concordato, depone nel senso di valutare preventivamente l'ammissibilità della proposta di concordato e solo in caso di esito negativo procedere alla dichiarazione di fallimento, non più d'ufficio, ma su istanza dei creditori o del Pubblico Ministero. La questione pratica che si è posta in molti uffici giudiziari ha riguardato il “congelamento” della procedura prefallimentare pendente in contrasto con il contingentamento dei tempi voluti dal legislatore anche nelle recenti riforme. Una soluzione parrebbe la riunione atecnica delle due procedure al fine di determinare una pendenza giustificata dell'intera procedura di insolvenza.

In secondo luogo, non è ammesso l'abuso dello strumento concordatario finalizzato solo a paralizzare la dichiarazione di fallimento.

In evidenza: Cass., Sez. Un., 15 maggio 2015, n. 9935:

“…In conclusione, devono essere affermati i seguenti principi di diritto: 1) in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell'imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dalla L. Fall., artt. 162,173,179 e 180, e cioè, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l'ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all'esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure, non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell'esito negativo del concordato preventivo; 2) la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, ne' ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente soltanto la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dalla L. Fall., artt. 162,173,179 e 180; il procedimento, pertanto, può essere istruito e può concludersi con un decreto di rigetto; 3) tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39 c.p.c., comma 2, in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi; 4) la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti; 5) in tema di concordato preventivo, quando in conseguenza della ritenuta inammissibilità della domanda il tribunale dichiara il fallimento dell'imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento e l'impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo.

(cfr. anche Cass., sez. I, 7 marzo 2017, n. 5677)

Il presupposto soggettivo per accedere alla procedura di concordato preventivo è lo status di imprenditore commerciale assoggettabile a fallimento secondo quanto disposto dall'art. 1 l. fall.

Il presupposto oggettivo è lo stato di crisi da intendersi come situazione di difficoltà economica e finanziaria comprensiva anche dello stato di insolvenza (Maffei – Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1053). In particolare, occorre evidenziare che il concetto di crisi di impresa, non definito dal legislatore, deve attenersi ai criteri aziendalistici di squilibrio finanziario economico e patrimoniale che portano al rischio di insolvenza al fine di perseguire il corretto equilibrio tra prevenzione dello stato di insolvenza irreversibile e abuso del presupposto soggettivo di accesso al concordato preventivo comportando sostanzialmente il ribaltamento del rischio di impresa sul ceto creditorio (Marino-Carminati, Interpretazione estensiva del presupposto oggettivo di cui all'art. 160 l. fall. e prevenzione dell'insolvenza, in Ilcaso, 2015).

I requisiti della domanda di concordato riguardano la legittimazione, la competenza, la forma e il contenuto.

La legittimazione a presentare la domanda di concordato spetta al debitore il quale deve sottoscriverla.

Nel caso di società la domanda deve essere sottoscritta e approvata ai sensi dell'art. 152 l. fall.:

  • società di capitali → la fase deliberativa appartiene agli amministratori, mentre quella esecutiva (sottoscrizione della domanda) al legale rappresentante;
  • società di persone → la fase deliberativa è attribuita ai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, mentre quella esecutiva (sottoscrizione della domanda) al legale rappresentante.

In ogni caso le decisioni e deliberazioni delle società di capitali devono risultare da verbale redatto da notaio ed essere depositate e iscritte nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2436 c.c.

(Cass., sez. I, ord., 31 luglio 2017, n. 19009).

In evidenza: Cass., sez. I, 14 giugno 2016, n. 12273

Il potere di deliberare la proposta e le condizioni di concordato preventivo che l'art. 152 l.fall. riconosce agli amministratori non è automaticamente estensibile al liquidatore della società, il quale deve, pertanto, essere a ciò espressamente autorizzato dall'assemblea.

….Ne deriva che in materia di concordato preventivo, anche se liquidatorio, il potere dei liquidatori deve esser specificamente loro attribuito dall'assemblea, non potendosi esso considerare una sorta di naturalia negotii compreso nell'atto di nomina degli stessi, non potendo venire in rilievo la possibilità di estendere la previsione di cui all'art. 152 l.fall., che sicuramente sarebbe speciale e prevalente, ma invero riguardante i soli amministratori, avendo costoro altro e diverso statuto legale, come si è visto, naturalmente assai più ampio e predeterminato, rispetto a quello dei liquidatori.

L'assenza della delibera antecedente non comporta l'inammissibilità o improcedibilità del ricorso, ma la sua regolarizzazione secondo i principi generali sottesi all'art. 182 c.p.c. entro l'omologa (Cassandro, in Apice (a cura di), Trattato di diritto delle procedure concorsuali, Le altre procedure concorsuali, III, Torino, 2011; App. Firenze 31 agosto 2015 non ritiene applicabile l'art. 182 c.p.c. nel caso in cui il Tribunale abbia fissato un termine ex art. 162 co. 1 l. fall. per produrre la delibera).

La domanda di concordato, che sia o meno fatta "con riserva", ha natura di vero e proprio ricorso giurisdizionale, da ciò discende la necessità di applicare il principio generale di cui all'art. 82 c.p.c., secondo il quale le parti devono stare in giudizio con il ministero o con l'assistenza di un difensore, salvo che non sia espressamente disposto il contrario. I sostenitori di tale teoria, recentemente prevalente, hanno evidenziato che il ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato contiene la domanda giudiziale volta all'apertura della procedura e la decisione giudiziale, all'esito del procedimento camerale, incide su diritti (Maffei-Alberti, cit., 1077; Licacrdo, in Nigro Sandulli Santoro (a cura di), La legge fallimentare riformata, 3, Torino, 2010, 2051 ss.; Ferro, in Ferro (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2014).

L'orientamento ante riforma, allo stato minoritario, ritiene la difesa tecnica facoltativa essendo previsto dal legislatore, quale requisito imprescindibile, la sottoscrizione del debitore. In tale ottica, viene sottolineato che la difesa tecnica è richiesta espressamente per il procedimento di omologazione, mentre quello di ammissione è un procedimento di volontaria giurisdizione in cui è ammessa la difesa in proprio (Filocamo, Le condizioni di ammissibilità del concordato preventivo, itinerari della giurisprudenza, FALL., 2010, 1452; Rivolta-Pajardi, in Bocchiola Paluchowski (a cura di), Codice del fallimento, Milano, 2013).

La competenza

L'art. 161 comma 1 l. fall. sancisce la competenza del tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale.

Il concetto di "sede principale dell'impresa" viene inteso non come luogo di svolgimento dell'attività di produzione, la quale può essere svolta in diversi stabilimenti collocati in vari luoghi, bensì come centro di direzione e gestione dell'impresa societaria (Cass., ord. 11.3.2005, n. 5391). Ciò emerge chiaramente dall'esame della disciplina di rilievo comunitario in particolare l'art. 3 e il 13° considerando del Regolamento UE n. 1346/2000 il quale precisa, infatti, che "centro degli interessi principali si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi" con ciò individuando come sede principale il "center of main interests (COMI)".

Sul punto la Corte di Giustizia ha statuito che "Occorre tener conto del luogo di amministrazione principale della società: se esso si trova presso la sede statutaria, la presunzione a favore di quest'ultima non è superabile." (Corte Giustizia CE, 1° sezione, 20.10.2011 n. 396). Si ritiene, infatti, che l'intento del legislatore comunitario s'inveri nel dissuadere le parti dal trasferire i procedimenti giudiziari per ottenere una migliore situazione giuridica ovvero per fini dilatori, specificando, altresì, che il trasferimento di competenza contrasta anche con gli obiettivi di realizzare un funzionamento celere ed efficace delle procedure allungandone inevitabilmente i tempi (Corte di Giustizia sentenza del 17.1.2006 Staubitz –Schreiber; Trib. Napoli 27 aprile 2011).

Si ritiene, inoltre, che occorra coniugare il concetto di individuazione della sede principale dell'impresa con il sistema della pubblicità legale dell'iscrizione al Registro delle Imprese e con il relativo onere che potrebbe incombere sui terzi di accertamento della realtà fattuale con quella evincibile dal sistema di pubblicità legale.

La presunzione di coincidenza della sede legale con quella effettiva è volta, infatti, anche a evitare ai creditori l'onere eccessivo di dover "inseguire la società nei suoi spostamenti" (Cass. n. 8056/2010).

Su tali basi, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale costante che ritiene la presunzione fino a prova contraria della coincidenza tra sede legale e sede effettiva dell'impresa, nel senso che la coincidenza tra sede legale e sede effettiva può essere vinta solo dalla prova che la prima sia una sede meramente fittizia e formale (ex multis: Cass., Sez. Un., 6.2.2015, n. 2243; Trib. Mondovì 6.3.2008; Trib. S. Maria Capua Vetere 25.2.2005;) e che sancisce, così, la competenza della sede principale dell'impresa soprattutto nel caso di impresa con centri operativi dislocati su varie zone del territorio.

In evidenza: Cass., sez. I, 7 maggio 2012 n. 6886

"considerato che il consolidato orientamento di questa corte (ex multis: n. 5945/2005; n. 9070/2000; 11143/1994) è nel senso che: a) la competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento spetta al tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa, che si presume coincidente con la sede legale fino a quando non risulti dimostrato che la sede effettiva si trovi, ala data di presentazione dell'istanza di fallimento, ubicata altrove; b) per sede effettiva deve intendersi il centro dell'attività direttiva, amministrativa, organizzativa dell'impresa e di coordinamento dei fattori produttivi, senza che rilevi il luogo in cui l'impresa svolge l'attività di produzione, qualora non coincida con quello in cui si svolge l'attività organizzativa; che, alla stregua di tale orientamento, i rilievi ...omissis...circa l'ubicazione dell'attività sociale di produzione e commercializzazione di beni si mostrano in sè irrilevanti ai fini dell'individuazione della competenza territoriale,...omissis...tanto più che dalle circostanze di fatto specificamente indicate...omissis...emerge come le attività di direzione e organizzazione dell'impresa sociale si svolga in tale luogo, nel quale si è tenuta l'assemblea sociale che ha deliberato lo scioglimento volontario della società, e dal quale proviene ed indirizzata tutta la corrispondenza intrattenuta dal liquidatore...".

Si è posta la questione della determinazione della competenza nella non infrequente ipotesi della pendenza di una procedura prefallimentare innanzi a un Tribunale competente ex art. 9 l. fall. e del deposito della domanda di concordato presso altro Tribunale. In tal caso, è stato messo in evidenza il rapporto di continenza delle due procedure e la necessaria applicazione della disciplina generale di cui all'art. 39, comma 2, c.p.c. non ritenendo esclusivo il foro sancito dall'art. 161 l. fall.

In evidenza: Cass., ord. 15 luglio 2016 n. 14518

La domanda di concordato preventivo proposta dal debitore quando sia già pendente, a suo carico, un procedimento prefallimentare innanzi ad un diverso ufficio giudiziario competente a deciderlo, spetta alla cognizione di quest'ultimo, atteso che tra la prima e l'istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili ma dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza per specularità, sicché trovano applicazione le disposizioni dettate dall'art. 39, comma 2, c.p.c., non stabilendo, peraltro, l'art. 161 l.fall. l'inderogabilità della competenza territoriale ivi prevista per la domanda suddetta.

In evidenza: Cass., Sez. Un., 15 maggio 2015 n. 9935

Tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 cod. proc. civ., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39, secondo comma, cod. proc. civ. in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi.

Contenuto e documenti

La proposta di concordato consiste in una manifestazione di volontà del proponente con la quale egli esprime la propria volontà diretta a conseguire determinati effetti giuridici e una nuova regolamentazione dei rapporti coinvolti nell'insolvenza.

Il D.L. 27 giugno 2015 n. 83 convertito con modificazioni nella L. 6 agosto 2015 n. 132 ha previsto che la domanda di ammissione alla procedura debba “in ogni caso indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”. Tale statuizione determina quindi un contenuto minimo necessario che la proposta concordataria deve avere. La mancata indicazione di tali elementi da parte del proponente deve dunque portare a un vaglio di inammissibilità per indeterminatezza della proposta. Si osserva, altresì, che tale corredo informativo unitamente al piano e alla relazione del professionista è funzionale al voto consapevole dei creditori, pertanto, una carenza in tal senso determina un grave vulnus informativo.

La documentazione che deve essere allegata alla domanda di ammissione alla procedura di concordato è:

a) un'aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa: è una rappresentazione delle condizioni dell'impresa al momento di formulazione del piano. E' chiaro che tale relazione è deputata, insieme al piano, a contribuire all'informazione del ceto creditorio e come tale dovrà essere esaustiva dei dati di bilancio a cui fa riferimento il piano al fine di permettere una lettura completa della situazione di partenza dell'impresa, delle difficoltà e della proposta che viene rivolta ai creditori.

Non è più necessario indicare le cause della crisi, ma una ricostruzione storica del dissesto potrebbe essere utile al fine di apprezzare la convenienza della proposta da parte dei creditori.

SITUAZIONE PATRIMONIALE

SITUAZIONE ECONOMICA

SITUAZIONE FINANZIARIA

Analisi dello stato patrimoniale dell'impresa con particolare attenzione al volume d'affari, alle disponibilità liquide, ai debiti finanziari e alle condizioni o meno di equilibrio in relazione ai vari livelli di gestione.

Analisi del conto economico al fine di verificare l'attitudine dell'impresa a produrre un reddito sufficiente a coprire i costi, a generare profitti e a remunerare il capitale investito.

Analisi del flusso di cassa in un dato periodo individuando le aree che consumano le dotazioni monetarie.

b) stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione: tale documento risponde alla fondamentale esigenza di informare i creditori sulla consistenza e sul valore del patrimonio del debitore, da una parte, e, dall'altra, individuare i creditori concorsuali a cui deve essere rivolta la proposta concordataria con l'eventuale corretta formazione delle classi. In particolare, lo stato analitico ed estimativo delle attività esprime le effettive possibilità di realizzo dell'impresa dovendo indicare anche i crediti in contestazione e la loro eventuale svalutazione (DEMARCHI, in AMBROSINI-DEMARCHI, Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2005, 43 ss.). L'elenco nominativo dei creditori deve essere esaustivo e comprendere anche i crediti per tributi e contributi previdenziali per i quali venga proposta una transazione fiscale ex art. 182 ter l. fall.

c) elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore: questo documento completa il quadro informativo riferito al patrimonio esplicandone la qualità e consistenza, o meglio, l'utilizzabilità e alienabilità al netto dei pesi su di esso pendenti (FERRO, cit., 2167).

d) il valore dei beni e i creditori particolari di eventuali soci illimitatamente responsabili: tale informazione è volta a consentire ai creditori sociali la valutazione di convenienza del concordato rispetto al fallimento della società e a quello per estensione ai soci illimitatamente responsabili. Il documento in oggetto ha rilevanza in sede di omologazione ai fini del cram down previsto dall'art. 180 l. fall.

e) il piano: prima menzionato solo nell'ambito dell'art. 160 l. fall., a seguito della novella legislativa del 2012 (d.l. 22 giugno 2012, n. 83 conv. l. 7 agosto 2012 n. 134), è stato introdotto alla lettera e) tra i documenti che devono necessariamente essere allegati alla domanda ed è stato previsto che individui precisamente i tempi e le modalità di adempimento della proposta.

L'art. 160 comma 2 l. fall. evidenzia l'assoluta duttilità del piano concordatario che può prevedere forme di concordato preventivo liquidatorio tramite pagamento di una percentuale ai creditori o cessio bonorum o attraverso l'intervento di un assuntore, oppure, un piano di risanamento con nuove forme di ristrutturazione dei debiti tramite creazioni di newco o trasformazione societarie anche post omologa (Trib. La Spezia 5 novembre 2010).

La riforma del 2015 (d.l. 27 giugno 2015, n. 83 conv. In l. 6 agosto 2015, n. 132) ha, poi, introdotto all'art. 161 comma 2 lett. e) l. fall. un ulteriore requisito della proposta: “l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”. La relazione di accompagnamento precisa che la modifica ha “la finalità di evitare che possano essere presentate proposte…che lascino del tutto indeterminato e aleatorio il conseguimento di un'utilità specifica per i creditori”.

Tale requisito deve essere coordinato con quanto il sopra menzionato intervento legislativo ha disposto al successivo art. 160, comma 4 l.fall. introducendo la soglia minima di soddisfazione del 20% dell'ammontare dei crediti chirografari che la proposta deve “assicurare” nel caso di concordato liquidatorio.

L'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il debitore è tenuto a indicare nella proposta è un principio generale applicabile a tutte le tipologie di concordato; secondo tale principio il debitore si obbliga nei confronti dei creditori ed il suo impegno è vincolante (Trib. Milano, 8.11.2016), sì che il mancato raggiungimento delle utilità previste in sede di esecuzione potrebbe comportare la risoluzione del concordato. Invece, la percentuale minima riguarda solo il concordato liquidatorio e introduce, quale ulteriore requisito di ammissibilità della proposta, l'impegno del debitore a soddisfare almeno del 20% dei crediti chirografari (Trib. Rovigo, 01.08.2016).

Un'opinione giurisprudenza recente è nel segno di una particolare restrittività letterale:

In evidenza: Trib. Milano 07.04.2016

Il termine "pagamento" contenuto nel quarto comma dell'articolo 160 legge fall., introdotto dal d.L. 83/2015, deve essere interpretato nel senso che il debitore si deve obbligare al pagamento monetario dell'importo del 20% del complessivo ammontare dei crediti chirografari, non essendo consentita la loro soddisfazione in altro modo se non per quanto riguarda la eventuale eccedenza rispetto a detta percentuale che il debitore libero di offrire. Depone in favore di questa interpretazione il chiaro e per nulla ambiguo tenore letterale della disposizione, giacché il termine "pagamento" ha un suo significato tecnico preciso, in alcun modo equivalente al concetto di "soddisfacimento" e che riconduce senza incertezze al denaro il quale, ai sensi dell'articolo 1277 c.c., costituisce lo strumento normale di adempimento delle obbligazioni pecuniarie.

Queste modifiche legislative sono state introdotte con l'ultima riforma del 2015 per riequilibrare gli interessi dei creditori rispetto a quelli dell'imprenditore bilanciando il favor debitoris a base della riforma del 2012 con la necessaria funzione di soddisfacimento del ceto creditorio sostenuta in molte pronunce di merito.

Effetti della presentazione della domanda

La domanda di concordato depositata in cancelleria deve essere pubblicata nel registro delle imprese entro il giorno successivo a cura del cancelliere (art. 161, comma 5. l.fall.)

Il deposito de ricorso ex art. 161 l.fall. e la sua pubblicazione nel registro delle imprese quale pubblicità notizia, determina gli effetti protettivi sul patrimonio del debitore di cui all'art. 168 l.fall.

La norma è volta a sterilizzare gli effetti di quelle azioni o situazioni che potrebbero disgregare o, in ogni caso, incidere negativamente sul patrimonio del debitore destinato all'attuazione del concordato preventivo, nonché a garantire la parità di concorso tra i creditori in caso di esito infausto della domanda di concordato ed eventuale apertura della procedura di fallimento.

In particolare, il Legislatore ha previsto il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore al deposito del ricorso sul patrimonio del debitore a pena di nullità e fino alla definitività del decreto di omologazione. Quale logica conseguenza di tale previsione il Legislatore ha introdotto la sospensione della prescrizione, interrotta da tali azioni esecutive o cautelari, e non si verificano le decadenze. Inoltre, è stato sancito il divieto di acquistare diritti di prelazione con efficaci rispetto ai creditori concorrenti, salva autorizzazione del giudice, e l'inefficacia delle ipoteche giudiziale iscritte nei 90 gironi antecedenti alla data di pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso ex art. 161 l.fall. rispetto ai creditori anteriori al concordato.

In evidenza: Cass., sez. I, 6 giugno 2018, n. 14671

“L'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 168, comma 3, l.fall., - come novellato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in I. n. 134 del 2012 - opera esclusivamente con riferimento alla singola domanda di concordato ed in funzione del suo buon esito, sicché non può essere invocata nell'ambito dell'eventuale successiva domanda di concordato presentata dal medesimo debitore, non trovando applicazione il principio della cd. "consecuzione delle procedure" che opera soltanto nel caso di successione tra concordato preventivo e fallimento.”

L'art. 169 l.fall. estende, poi, alle procedure di concordato alcune norme disciplinanti gli effetti del fallimento per il fallito (impresa ammessa al concordato) e per i creditori.

La relazione del professionista

La relazione del professionista attestatore che deve accompagnare il piano e la documentazione allegata è un elemento di validità formale della domanda di concordato e rappresenta, almeno nella fase iniziale, l'unica garanzia per i creditori.

Sotto il profilo soggettivo, la relazione deve essere redatta da un professionista designato dal debitore e in possesso dei requisiti di cui all'art. 67 comma 3 lett. d)l. fall. (art. 161 comma 3 l. fall.).

Tale norma è stata recentemente novellata dall'art. 33 d.l. 22 giugno 2012 n. 83 conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134 (c.d. decreto sviluppo) prevedendo la designazione del professionista opera del debitore e specificando il requisito dell'indipendenza nonché il necessario possesso dei requisiti previsti dall'art. 2399 c.c.

Il professionista designato deve:

I) essere iscritto nel registro dei revisori legali;

II) possedere i requisiti previsti dall'art. 28 lettere a) e b) l. fall. (essere avvocato e/o dottore commercialista o ragioniere commercialista o uno studio associato);

III) essere imparziale e indipendente.

Nel nuovo testo normativo è posto in evidenza il requisito dell'indipendenza precisando che il professionista non deve avere alcun legame con l'impresa o con coloro che possono aver interesse all'operazione e non deve aver prestato attività lavorativa negli ultimi 5 anni in favore del debitore o partecipato agli organi di controllo. Si richiamano, inoltre, a garanzia dell'indipendenza del professionista le cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci delle società per azioni.

Sotto il profilo oggettivo la relazione del professionista deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato.

Per quanto riguarda l'attestazione della veridicità dei dati aziendali, sia la dottrina che la giurisprudenza concordano nel ritenere insufficiente una verifica limitata alla corrispondenza formale dei dati aziendali con quelli rappresentati nella proposta. E', invece, necessario un giudizio di asseverazione delle risultanze della contabilità dell'impresa (AUDINO, in “Commentario breve alla legge fallimentare”, MAFFEI ALBERTI a cura di, Padova, 2013, 1081 ss.; PATTI, in Fall., 2008, 1072; FERRO, in “La legge fallimentare commentario teorico pratico, FERRO a cura di, Padova, 2014, 2129). In particolare, il professionista deve riferire le fonti conoscitive e i controlli effettuati per giungere alle conclusioni rese nella relazione (Cass., sez. I, 12 agosto 2016, n. 17079).

Non si ritengono ammissibili i controlli a campione sui singoli dati contenuti nel piano dovendo, invece, essere effettuata un'attenta analisi di tutta la documentazione aziendale e un controllo di correttezza sostanziale dei dati forniti.

Quanto alla metodologia operativa, deve essere fatto riferimento ai principi di revisione nazionale e internazionale.

A livello europeo i principi di revisione sono gli ISAE (International Standards on Assurance Engagements) applicabili agli incarichi di attestazione. In particolare, il documento ISAE 3400 stabilisce gli standard di riferimento per il processo di verifica delle informazioni prospettiche finanziarie distinguendo tra informazioni prospettiche basate su eventi futuri e ragionevoli e desunte dall'analisi di elementi oggettivi (best estimate assumption) e informazioni basate su assunzioni ipotetiche connesse con nuove attività non supportate da dati storici (hypotetical assumption) (RIVA, L'applicazione del principio internazionale di auditing alle attestazioni del professionista previste dalla legge fallimentare”, in Fall.).

Il documento ISAE 3400 prevede, inoltre, la necessaria conoscenza da parte del revisore sul settore di attività dell'impresa e richiede che il revisore esprima un giudizio sull'accuratezza delle precedenti informative e sulla fondatezza dei dati storici posti alla base. Tale prescrizione evidenzia l'importanza funzionale della veridicità dei dati aziendali di partenza la fine di effettuare un coerente e idoneo giudizio sulla fattibilità del piano.

A sua volta, l'attestazione di fattibilità dovrà vagliare il contenuto del piano, le modalità con le quali il debitore intende ovviare alla crisi e gli obbiettivi che si prefigge al fine di verificare se le modalità di risoluzione della crisi scelte dal debitore siano idonee, rispetto alla situazione aziendale, a raggiungere quanto programmato nel piano (Trib. Firenze, 9 febbraio 2012).

La fattibilità del piano è un presupposto di ammissibilità della proposta e come tale deve sottostare al sindacato del giudice che deve accertare la tipologia di concordato (liquidatorio, con continuità diretta o indiretta, misto), la legalità o assenza di violazione di norme imperative e l'idoneità del piano a raggiungere lo scopo enunciato (Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass., sez. I, 23 maggio 2014, n. 11497).

In evidenza: Cass. Sez. Un. 23 gennaio 2013 n. 1521

In tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, e si attua verificandosene l'effettiva realizzabilità della causa concreta: quest'ultima, peraltro, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.

Il giudizio di fattibilità del professionista attestatore dovrà essere, pertanto, completo congruo e coerente con la situazione aziendale e il mercato di riferimento.

Intervento del P.M.

L'intervento del P.M. nella procedura di concordato preventivo è stato modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 che ha espunto dall'art. 162 l. fall. l'inciso “sentito il pubblico ministero” e ha aggiunto all'art. 161 l. fall. il comma 5 prevedendo la sola comunicazione della domanda di concordato.

Il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 conv. in l. 6 agosto 2015, n. 132 ha disposto che al P.M. sia, altresì, trasmessa la copia degli atti e della documentazione depositata con il ricorso e con il piano, nonché la relazione del professionista ex art. 172 l. fall.

Si ritiene che alla luce delle modifiche legislative intervenute l'intervento del P.M. nella procedura di concordato sia facoltativo e non più obbligatorio in linea con la privatizzazione della procedura di concordato preventivo (Cass., sez. I, 28 febbraio 2017, n. 5074).

Il P.M. deve essere messo nella condizione di partecipare alla fase di ammissione della proposta di concordato preventivo e di esercitare i poteri attribuiti dalla legge, ma tale intervento non è previsto a pena di nullità della procedura.

La trasmissione quindi della domanda e, ora, anche della documentazione con essa depositata nonché della relazione del professionista attestatore hanno la funzione di dare al pubblico ministero tutte le informazione necessarie per poter esercitare i poteri istruttori e partecipare anche all'audizione del debitore ex art. 162 l. fall. ed eventualmente instare per la dichiarazione di fallimento.

In realtà, la comunicazione della domanda di concordato al pubblico ministero ha la funzione di tutelare l'interesse pubblicistico comunque sotteso alla procedura di concordato preventivo, sebbene privatizzata, e consistente nella previsione di una continuazione dell'attività di impresa in fase critica.

La conoscibilità da parte del pubblico ministero della domanda di concordato e la sua possibilità di intervento in sede concorsuale mirano a tutelare tale interesse pubblicistico in assenza dell'officiosità della dichiarazione di fallimento e ad introdurre elementi istruttori qualificati nel procedimento finalizzato all'ammissibilità della domanda di concordato preventivo (FERRO, cit., 2133).

Il pubblico ministero, essendo parte del procedimento concordatario, può contraddire alla domanda di concordato preventivo, soprattutto se pendente un'istanza di fallimento ex art. 7 l. fall. (Trib. Milano, decr., 28 ottobre 2011). Può, inoltre, interloquire sulla fattibilità del piano e sulla relazione del professionista attestatore e richiedere la dichiarazione di fallimentoex art. 162 comma 2 l. fall. (Trib. Siracusa, 16 febbraio 2012). In tale ultimo caso, si ritiene che tale richiesta sia svincolata dai limiti previsti dall'art. 7 l. fall.

La legittimazione del P.M. alla richiesta della dichiarazione di fallimento dell'impresa permane anche nel caso in cui, a seguito dell'instaurazione del procedimento ex art. 173 l.fall., il debitore dichiari di rinunciare alla domanda di concordato, in quanto tale rinuncia non determina ex se al chiusura del procedimento in assenza di una previa dichiarazione di improcedibilità da parte del Tribunale ed essendo il potere di iniziativa del P.M. in sede di concordato, direttamente contemplato dalla legge (Cass., sez. I., 16 maggio 2018, n. 12010).

Il decreto “crescita (D.lgs. n. 147/2015) e le sopravvenienze attive nel concordato preventivo aspetti fiscali

L'impresa in concordato preventivo non ha un regime fiscale diverso da quello ordinario non essendoci l'effetto spossessamento tipico della procedura fallimentare.

Sulla scorta di tale dato si pongono alcune questioni di coordinamento tra i principi sottesi alle procedure concorsuali e quelli fiscali-contabili.

Con la legge finanziaria del 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244) è stata disposta la non applicabilità delle regole di determinazione dell'IRES (art. 88 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR) per la base imponibile IRAP. La base imponibile IRAP deve, quindi, essere stabilita esclusivamente sulla base della disciplina contenuta nel d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 5 (Cass., sez. V, 30 settembre 2015, n. 19418).

La questione riguarda le sopravvenienze attive da falcidia dei debiti concordataria e le plusvalenze derivanti da liquidazione concordatarie: invero, ai fini IRES, l'art. 88 comma 4 del TUIR stabilisce espressamente che la sopravvenienza attiva da falcidia concordataria non concorre a formare il reddito e, quindi, non è tassabile e l'art. 86 comma 5 TUIR parimenti prevede che le plusvalenze generate in capo al debitore sottoposto a procedura concordataria e derivanti dalla cessione dei beni sono escluse dalla formazione della base imponibile e, quindi, sono detassate.

Invece, tale disciplina non è prevista per l'IRAP alla quale non sono più applicabili le norme del TUIR per effetto della legge finanziaria del 2008.

IRAP: è l'imposta regionale sulle attività produttive disciplinata dal d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 modificato dalla l. 24 dicembre 2007, n. 244 con la funzione id rafforzare l'autonomia tributaria delle Regioni.

IRES: istituita con il d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 in sostituzione dell'IRPEG realizza il principio di imposizione generale sul reddito prodotto da società ed enti diversi.

PRINCIPIO DI COMPETENZA: tutte le componenti del reddito d'impresa, positive e negative, devono essere iscritte nel conto economico in funzione del momento in cui si verifica il fatto economico-gestionale da cui deriva la componente reddituale (TESAURO, Istituzione di Diritto Tributario, II, 2016, 98 ss.).

SOPRAVVENIENZE ATTIVE → il d.lgs. n. 446/1997 prevede due principi di determinazione dell'IRAP:

PRINCIPIO DI DERIVAZIONE: il punto di partenza del calcolo del reddito imponibile è il risultato del conto economico (TESAURO, Istituzione di Diritto Tributario, II, 2016, 98 ss.)

La sopravvenienza attiva derivante da falcidia concordataria (c.d. bonus da concordato):

  • sarebbe esclusa dalla base imponibile IRAP secondo il principio di derivazione in quanto iscritto in voci di conto economico non rilevante: i principi contabili OIC 5 e OIC 6 qualificano come straordinarie le sopravvenienze attive derivanti da falcidia concorsuale prevedendone l'iscrizione nella voce del conto economico proventi e oneri straordinari (E20);
  • sarebbe compresa secondo il principio di correlazione nel caso in cui rappresenti variazioni di componenti negativi di reddito che hanno concorso a formare la base imponibile in esercizi precedenti (Cass, sez. V, 28 luglio 2010, n. 17603).

L'Agenzia delle Entrate nella risposta agli interpelli 954-688/2013 e 904-211/2016 ha precisato che le sopravvenienze attive conseguenti alla riduzione concordataria dei debiti verso i creditori (c.d. bonus concordatario) sono irrilevanti ai fini IRAP. In particolare, ha evidenziato, nella risposta all'interpello del 2016, che il principio di correlazione in tal caso non opera, in quanto i componenti reddituali straordinari rettificano un debito o un credito concernete un aspetto meramente finanziario della prestazione e non economico.

In evidenza: Cass., sez. V, 20 maggio 2011, n. 11217

In tema di IRAP, le perdite su crediti, indeducibili ai sensi dell'art. 5, comma 3, del d.lgs 15 dicembre 1997, n. 446, sono quelle che si verificano quando il credito, già determinato, sia stato successivamente scontato o ridotto, ad esempio perché non pagato, e si distinguono, invece, da altre ipotesi di minor ricavo sul credito (da ritenersi "a contrario" deducibili) in cui il minor introito è conseguenza di una definizione pattizia nella quale, pur risultando il credito così definito inferiore a quanto unilateralmente preventivato dal creditore, è da escludersi qualsivoglia connotato abdicativo.

PLUSVALENZE → l'art. 5, comma 4, d.lgs. n. 446/1997 decodifica la natura della plusvalenza in correlazione con i costi dedotti o meglio con componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta precedenti o successivi.

Le plusvalenze rilevano per il calcolo della base imponibile se iscritte tra i ricavi ordinari del valore della produzione (voce A5 del conto economico); mentre se la componente è considerata di natura straordinaria (voce E20 del conto economico) ne deriva la completa esclusione.

In sintesi, sono componenti straordinari detassati la cessione di azienda (Circolare 27/E/2009) e le cessione in esecuzione di concordato (Risoluzione 29/E/2004); mentre sono componenti ordinarie e formano la base imponibile IRAP le cessioni di beni strumentali se correlati a precedenti periodi di imposta (Circolare 27/E/2009) e i beni immobili patrimonio, o meglio, beni non strumentali né merci ed estranei all'attività d'impresa (art. 5, comma 3 e 4, d.lgs. n. 446/1997).

La disciplina fiscale delle sopravvenienze attive da falcidia concordataria è stata modificata dal Decreto Competitività d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147

In evidenza: art. 13, co. 1, lett. a) d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147

Perdite su crediti

1. Al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell'articolo 88, il comma 4, e' sostituito dai seguenti: «4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle societa' e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci, ne' gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni.

4-bis. La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito e' assunto pari a zero. Nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa.

4-ter. Non si considerano, altresi', sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese o di procedure estere equivalenti a queste, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96. Ai fini del presente comma rilevano anche le perdite trasferite al consolidato nazionale di cui all'articolo 117 e non ancora utilizzate. Le disposizioni del presente comma si applicano anche per le operazioni di cui al comma 4-bis.»

Nella Relazione di accompagnamento emerge che il legislatore ha voluto introdurre: “criteri chiari e coerenti con la disciplina di redazione del bilancio, in particolare per determinare il momento del realizzo delle perdite su crediti, ed estensione del regime fiscale previsto per le procedure concorsuali anche ai nuovi istituti introdotti dalla riforma del diritto fallimentare e dalla normativa sul sovraindebitamento, nonché alle procedure similari previste negli ordinamenti di altri Stati…”.

In sintesi, la novella legislativa introduce una distinzione a seconda che le sopravvenienze attive da falcidia concordataria riguardino un concordato fallimentare/ preventivo liquidatorio oppure di risanamento: nel primo caso la sopravvenienza attiva conseguente alla riduzione del debito è totalmente detassata; mentre nella seconda ipotesi viene detassata solo fino a concorrenza delle perdite fiscali correnti o pregresse suscettibili di essere compensate, in analogia alla disciplina prevista per gli accordi di ristrutturazione e i piani attestati di risanamento e senza il limite dell'80 %.

Inoltre, per le sopravvenienze attive derivanti da rinunce dei crediti da parte dei soci il d.lgs. n. 147/2015 ha stabilito il limite del valore fiscale nel senso che non costituisce sopravvenienza attiva e, quindi, non è tassabile la rinuncia del credito entro il relativo valore fiscale, che deve essere comunicato dal socio con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in mancanza della quale il valore assunto è pari a zero.

L'applicazione di tali disposizioni è riferibile al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 7.10.2015 e, quindi, dal 1° gennaio 2016 per i contribuenti aventi l'esercizio coincidente con l'anno solare.

L'Agenzia delle Entrate nella risposta al quesito n. 85/2018 del 23 novembre 2018 ha precisato che la procedura di concordato con continuità aziendale ex art. 186-bis l.fall. è assimilabile a quella di risanamento previsto dall'art. 88 TUIR secondo capoverso e, pertanto, alla sopravvenienza da esdebitamento derivante dallo stralcio dei crediti non strategici si applicherà il secondo periodo dell'art. 88 co. 4 ter TUIR (“In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del citato regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, o di procedure estere a queste equivalenti, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, la deduzione di periodo e l'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96 del presente testo unico. Ai fini del presente comma rilevano anche le perdite trasferite al consolidato nazionale di cui all'articolo 117 e non ancora utilizzate. Le disposizioni del presente comma si applicano anche per le operazioni di cui al comma 4-bis”).

Cosa cambia con la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza L. n. 155/2017 e schema del decreto legislativo attuativo approvato in data 8.11.2018 dal Consiglio dei Ministri

La disciplina del concordato preventivo ha subito numerose modifiche legislative volte al potenziamento dell'istituto e al bilanciamento con il rischio di abuso dello strumento concordatario.

Nella ricca evoluzione normativa che ha caratterizzato l'istituto del concordato preventivo si registra una presa di coscienza da parte del Legislatore del principio secondo il quale la celere emersione della crisi di impresa permette, con rilevanti percentuali la sua riorganizzazione e re-immissione sul mercato anziché “la morte” dell'impresa. Invero, l'assenza di previsione di leggi deputate all'emersione tempestiva della crisi e, quindi, al compimento delle scelte più appropriate per la salvaguardia degli assets aziendali, ha sempre determinato il necessario coordinamento del modello di liquidazione riallocativa con la fase di pre-inolvency , nella quale si genera il maggior danno economico per l'impresa dovuto alla frequente tardività con cui sono presentate le istanze di fallimento e alla gestione azzardata dell'impresa svolta, in tale frangente, per evitare l'apertura di una procedura concorsuale.

I criteri generali dettati dal legislatore nella L. n 155/2017 in tema di procedure di composizione della crisi di impresa, evincibili dall'art. 1, lett. g) L. n. 155/2017, sono i seguenti:

  • priorità alle proposte volte al superamento della crisi assicurando la continuità aziendale anche tramite diverso imprenditore;
  • valutazione di convenienza come miglior soddisfacimento dei creditori a cui la proposta deve essere funzionale debitamente illustrata nel piano;
  • procedure di liquidazione giudiziali residuali solo in assenza di idonea proposta alternativa.

Tali criteri generali trovano il loro completamento e decodificazione nei principi dettati all'art. 6 della l. n. 155/2017 dove, in sintesi, il legislatore ha ribadito la centralità del principio per il quale i creditori devono trovare soddisfazione concreta nella procedura di concordato preventivo sia esso liquidatorio o in continuità, dando la preferenza a tale ultima tipologia e indicando delle linee guida al fine, da una parte, di evitare abusi dello strumento concordatario e, dall'altra, di facilitare l'accesso al concordato in continuità che da eccezione è diventata procedura ordinaria.

La relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo attuativo della L. n. 155/2017 evidenzia il favor per l'istituto del concordato con continuità sottolineando come le ipotesi liquidatorie, come il concordato con cessione dei beni, difficilmente possano rappresentare una valida alternativa al fallimento per i creditori.

I principi sottesi al concordato con continuità aziendale sono: la salvaguardia dell'attività aziendale e del suo valore anche in termini di conservazione dei livelli occupazionali e il miglior soddisfacimento dei creditori.

Lo schema del decreto legislativo attuativo della disciplina il concordato preventivo, nel testo lievemente modificato e attualmente assegnato in data 14.11.2018 alle Commissioni competenti delle Camere con proroga dell'esercizio della delega di 60 giorni e dunque con scadenza al 13.1.2019, individua tre tipologie di concordato:

  • Concordato con continuità aziendale diretta
  • Concordato con continuità aziendale indiretta
  • Concordato con liquidazione del patrimonio

Nello spirito della riforma viene sottolineata la principale finalità del concordato preventivo come misura volta ad assicurare il ripristino dell'equilibrio economico finanziario dell'impresa nel prioritario interesse dei creditori per il loro miglior soddisfacimento.

Il concetto di continuità, affermato dal legislatore in senso oggettivo, viene individuato sulla scorta di due presupposti: a) la soddisfazione dei creditori in misura prevalente con il ricavato prodotto dalla continuità aziendale; b) il mantenimento o la riassunzione di almeno la metà della media dei dipendenti presenti al momento del deposito del ricorso (presunzione di sussistenza anche del primo requisito) (art. 84 schiema decreto).

Il presupposto oggettivo è individuato nello “stato di crisi o di insolvenza” (art. 85 schema decreto).

Si evidenzia che l'art. 2 dello schema del decreto ha ora distinto in due definizioni separate lo stato di crisi e quello di insolvenza.

Il contenuto della proposta è libero quanto alle modalità di soddisfacimento die creditori prevedendo espressamente anche la possibilità di attribuire a un assuntore l'attività d'impresa e che si possano costituire assuntori anche creditori o società da queste partecipate.

Altri presupposti per l'accesso alla procedura sono:

  • Il piano che deve essere allegato alla proposta di concordato deve avere ad oggetto le concrete possibilità di realizzazione sia in termini economici che giuridici, profili adesso pacificamente sottoposti all'esame del tribunale. Il piano può prevedere la moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno e ipoteca, salva la previsione di liquidazione dei beni sui quali sussista la causa di prelazione. Tale moratoria incide poi sul diritto di voto dei creditori interessati (art. 86 schema decreto);
  • La formazione obbligatoria delle classi per: - i creditori titolari di crediti previdenziali o fiscali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento; - i creditori titolari di garanzie prestate da terzi; - creditori soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro; - creditori proponenti il concordato e per la parti ad essi correlate. Tale scelta è funzionale alla distinzione in sede di voto in considerazione della peculiarità deli interessi di tale tipologia di creditori.

Documentazione da allegare (artt. 87 e 39 schema decreto):

  • le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell'attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi. La finalità è quella di consentire al tribunale di disporre del più ampio e completo corredo informativo;
  • una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata;
  • uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto;
  • un'idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi. La disciplina è prevista dagli artt. 363 e 365 schema decreto e, in attesa della loro operatività, dovrà essere effettuata dalla Cancelleria tramite acquisizione presso i competenti uffici;
  • una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore. Tale termine coincide con quello di prescrizione dell'azione revocatoria ordinaria;
  • piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta il cui contenuto minimo è delineato nell'art. 87 schema decreto e, tra l'altro, prevede per il concordato in continuità i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, nonché le eventuali azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili specificando quelle proponibili nel caso di procedura di liquidazione giudiziale e le prospettive di recupero e, infine, una puntuale indicazione delle tempistiche necessarie a compiere le attività funzionali agli obiettivi pianificati e le eventuali iniziative correttive da adottare in caso di scostamento considerando anche, in caso di prosecuzione dell'attività di impresa, l'analitica individuazione dei costi e dei ricavi da essa derivanti. Tali informazioni sono state ritenute necessarie dal legislatore per permettere ai creditori di esprimere un voto consapevole sulla convenienza della proposta sia in relazione al loro miglior soddisfacimento, sia in termini di certezza e concretezza degli obiettivi proposti;
  • relazione del professionista indipendente che attesti la veridicità die dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di prosecuzione dell'attività di impresa, attestazione della sua funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori. Si evidenzia che il rischio connesso alla scelta di continuare l'attività di impresa deve essere strettamente collegato e giustificato al miglior soddisfacimento dei creditori.

Effetti:

  • decorrono dalla data di presentazione della domanda e fino all'omologazione del concordato;
  • spossessamento attenuato del debitore;
  • inefficacia degli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza previa autorizzazione del tribunale;
  • necessità di procedura competitiva per l'alienazione o l'affitto di azienda, rami di azienda o beni specifici, salva autorizzazione del tribunale per i casi di urgenza;
  • conservazione dei contratti in corso;
  • prosecuzione dei contratti pubblici in corso, previa attestazione del professionista indipendente in ordine alla capacità di adempimento;
  • possibilità di partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici previa autorizzazione del tribunale, con possibilità anche di partecipare ad ATI senza rivestire la qualifica di mandataria.

Riferimenti

Normativi

  • Artt. 160, 161, 162 l. fall.
  • Art. 67, comma 3, lett d) l. fall.
  • Art. 2339 c.c.
  • Art. 13 d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147
  • Art. 88 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
  • Art. 5 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446
  • L. 19 ottobre 2017, n. 155

Giurisprudenza

  • Tribunale di Pistoia 29 ottobre 2015
  • Tribunale di Milano 7 aprile 2016
  • Cass., Sez. V, 20 maggio 2011, n. 21217
  • Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521
  • Cass., Sez. Un., 15 maggio 2015, n. 9935
  • Cass., Sez. I, 14 giugno 2016, n. 12273
  • Cass., sez. I, 7 marzo 2017, n. 5677
  • Cass., sez. I, ord., 31 luglio 2017, n. 19009
  • Cass., sez. I, 28 febbraio 2017, n. 5074
  • Cass., sez. I, 6 giugno 2018, n. 14671
  • Cass., sez. I., 16 maggio 2018, n. 12010
Sommario