03 Aprile 2017

L'art. 173, comma 1, l.fall. contempla cinque categorie di atti in frode: l'occultamento e la dissimulazione di parte dell'attivo, la dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, l'esposizione di passività inesistenti e la categoria residuale degli “altri atti di frode”, che possono essere compiuti anteriormente oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo.
Inquadramento

L'art. 173, comma 1, l.fall. contempla cinque categorie di atti in frode: l'occultamento e la dissimulazione di parte dell'attivo, la dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, l'esposizione di passività inesistenti e la categoria residuale degli “altri atti di frode”, che possono essere compiuti anteriormente oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo.

Sotto il profilo soggettivo, le condotte rilevanti ai fini della configurabilità degli atti di frode sono caratterizzate dal dolo, vale a dire dalla cosciente volontà del debitore di occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e tali che – ove conosciute – avrebbero presumibilmente comportato una valutazione negativa della proposta concordataria.

Sotto il profilo oggettivo, le condotte indicate dall'art. 173, comma 1, l.fall. si caratterizzano per la loro valenza decettiva, vale a dire per la loro idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori circale reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione.La condotta decettiva deve essere valutata solo con riferimento alla proposta di concordato ed ai suoi allegati, essendo irrilevante la relativa annotazione sulle scritture contabili.

Gli atti di frode, inoltre, devono essere “accertati” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperti”, essendo prima ignorati dagli organi della procedura e dai creditori, fermo restando che l'articolo 173, comma 1 non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma ricomprende anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto in sede di proposta di concordato ed allegati, che quindi può dirsi “accertato” dal commissario, in quanto individuato nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione dei creditori.

L'accertamento da parte del commissario giudiziale degli atti di frode ai sensi dell'art. 173 l.fall. determina la revoca dell'ammissione al concordato, indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e, quindi, anche nell'ipotesi in cui questi ultimi siano stati resi edotti di quell'accertamento e, ciononostante, abbiano votato a favore della proposta concordataria. Tale circostanza non consente, tuttavia, di affermare che in tal modo troverebbe ingresso la valutazione di meritevolezza del proponente il concordato, pacificamente espunta dai requisiti normativi per l'accesso a tale procedura concorsuale.

Pur eliminato ogni giudizio di meritevolezza, la piena disclosure da parte del debitore circa il compimento di atti fraudolenti e pregiudizievoli per i creditori potrebbe comunque non bastare ad escludere la possibilità di configurare un'ipotesi di abuso dello strumento concordatario, ove sia dimostrabile che il debitore ha intenzionalmente posto in essere tali atti in previsione e funzione della domanda di concordato.

Gli atti in frode di cui all'art. 173 l.fall.

L'art. 173, comma 1, l.fall. contempla cinque categorie di atti in frode coevi o anteriori all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo:

  • occultamento di parte dell'attivo, consistente nel nascondimento materiale dei beni, assimilabile al medesimo concetto penalistico di cui all'art. 216 l.fall. (G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2015, pp. 511 – 512);
  • dissimulazione di parte dell'attivo, consistente nel nascondimento giuridico dei beni effettuato mediante atti simulati (A. Audino, sub art. 173, in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2014).

Entrambe le condotte sono perpetrabili attraverso l'infedele redazione dello stato analitico ed estimativo delle attività ovvero attraverso l'alterazione delle scritture contabili;

In evidenza: Cass. 6 marzo 2017, n. 5508

La menzione tra i crediti non realizzabili di crediti fittizi documentati da fatture emesse per operazioni inesistenti vale a nascondere ai creditori la reale consistenza delle attività e delle passività patrimoniali del debitore ammesso al concordato preventivo.

Non assume rilevanza la circostanza che, in concreto, i fatti taciuti siano ininfluenti rispetto alla soluzione prospettata nella domanda di concordato, atteso che l'omissione inficia ab origine ed in misura non verificabile la veridicità dei dati economici illustrati nella proposta, impedendo ai creditori di valutarne l'effettiva convenienza e, pertanto, di esprimere una regolare e consapevole accettazione della stessa.

L'accertato compimento di un atto di frode costituisce presupposto della revoca, ai sensi dell'articolo 173 L. Fall., a nulla rilevando la circostanza che tale atto sia valso a dissimulare l'esistenza di una posta attiva eventualmente recuperabile al di fuori della procedura.

  • dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, consistente nella sottostima del fabbisogno concordatario;
  • esposizione di passività inesistenti, finalizzata a realizzare distrazioni dell'attivo a favore di chi non è creditore oppure ad assicurare il miglior trattamento di determinati creditori. La condotta rilevante può anche tradursi nell'omessa denuncia di un credito contestato od incerto, nel celare una causa di prelazione o nell'affermarne l'esistenza in mancanza del presupposto.

Tali ipotesi di atti in frode (i.e. dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti e esposizione di passività inesistenti) si concretizzano nella volontaria alterazione delle scritture contabili, cosicché pare corretto affermare che omissioni o errori involontari o inconsapevoli, rispetto ai quali sia riconoscibile la buona fede del debitore non possano integrare le fattispecie in oggetto.

Alle quattro fattispecie sopra indicate, si aggiunge la categoria residuale degli “altri atti di frode”, che siano stati compiuti anteriormente oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo. Tali atti non coincidono con quelli di natura civilistica, come i contratti in frode alla legge con causa o motivo illecito, né con gli atti in frode sotto il profilo penale, si tratta, bensì, di atti volti a frodare le ragioni dei creditori, inficiandone l'iter di formazione della volontà.

In evidenza: Cass. 23 giugno 2011, n. 13818

Il legislatore enuncia espressamente alcuni dei possibili comportamenti rilevanti (occultamento o dissimulazione di parte dell'attivo, dolosa omissione dell'esistenza di crediti, esposizione di passività inesistenti) e con una evidente disposizione di chiusura integra tale elencazione, indicativa e non tassativa, con il richiamo ad "altri atti di frode". Non pare contestabile, stante l'utilizzo dell'aggettivo "altri", che abbia inteso creare un collegamento con la precedente elencazione nel senso che i comportamenti espressamente indicati sono atti di frode e che nella stessa categoria rientrano quegli altri comportamenti che hanno le stesse caratteristiche distintive.

In evidenza: Cass. 4 giugno 2014, n. 12533

Costituiscono mere irregolarità contabili irrilevanti ai sensi dell'art. 173 l.fall., le irregolarità consistenti:

  • nel ritardato o omesso deposito dei bilanci ovvero nella mancata approvazione degli stessi;
  • nella irregolare tenuta dei registri IVA, del registro degli acquisti, del registro dei corrispettivi e del registro riepilogativo;
  • nella vendita all'ingrosso sottocosto delle rimanenze di magazzino senza fatturazione;
  • nella mancata adozione dei provvedimenti conseguenti alla riduzione del capitale sociale al disotto del limite legale,
  • rispetto alle quali non venga evidenziata in modo puntuale una valenza decettiva per il ceto creditorio.

In evidenza: Tribunale di Padova, 23 ottobre 2014

Rilevano ai sensi dell'art. 173, comma 1, l.fall. la potenziale azione di responsabilità nei confronti dell'esperto contabile e dell'amministratore per una perizia gravemente negligente in sede di trasformazione e la potenziale azione di responsabilità ancora nei confronti dell'amministratore per l'aggravamento del passivo dopo la perdita integrale del capitale. Tali circostanze, infatti, integrano voci attive che devono essere indicate in piano, in quanto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e ad influenzarne il voto. L'obbligo di disclosure relativamente a tali circostanze non viene meno neppure ove si tratti di mere prospettive di azione e non di diritti di credito già accertati.

Elemento soggettivo

Sotto il profilo soggettivo, le condotte rilevanti relative alle categorie di atti in frode tipizzate nonché alla categoria residuale degli “altri atti di frode” sono caratterizzate dal dolo. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che il concetto di frode non ricomprende qualunque comportamento volontario idoneo a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento dei creditori, ma rilevano le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e tali che – ove conosciute – avrebbero presumibilmente comportato una valutazione negativa della proposta concordataria. Si tratta, in altri termini di comportamenti consapevolmente ispirati alla finalità frodatoria, volontariamente rivolti a tacere nella proposta circostanze rilevanti ai fini dell'informazione dei creditori e dunque a pregiudicare la possibilità che i creditori possano compiere le valutazioni di competenza avendo presente l'effettiva consistenza e la reale situazione giuridica degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell'impresa (Cass. 6 marzo 2017, n. 5508; Cass. 2 febbraio 2017, n. 2773; Cass. 29 novembre 2016 n. 24288; Cass. 23 giugno 2011, n. 13818; Cass. 24 aprile 2014, n. 9271; P. Bosticco, La resurrezione giurisprudenziale dell'art. 173 L.F. e la difficile distinzione tra atti in frode e sopravvenienze attese, in Fall., 2007; A. Penta, Le condotte distrattive poste in essere prima della domanda di ammissione alla procedura di concordato, in Fall., 2014).

Tale elemento caratterizzante sotto il profilo soggettivo è desumibile:

  • dall'interpretazione letterale dell'art. 173, comma 1, l.fall., che esige che l'atto di frode, per avere rilievo ai fini della revoca dell'ammissione, debba essere “accertato” dal commissario giudiziale e quindi dallo stesso scoperto, essendo prima ignorato dai creditori e dagli organi della procedura;
  • dalla circostanza che il minimo comune denominatore degli atti di frode indicati all'art. 173 l.fall. è dato dalla loro attitudine ad ingannare i creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, sottacendo l'esistenza di parte dell'attivo o aumentando artatamente il passivo in modo da far apparire la proposta concordataria maggiormente conveniente rispetto alla liquidazione fallimentare;
  • da considerazioni di ordine sistematico, poiché dopo la riforma il tribunale non deve esprimere un giudizio di convenienza sulla proposta – che è riservato solo ai creditori, salvo che nel caso di opposizione all'omologazione previsto dall'art. 180, comma 4, l.fall. – ma deve garantire, oltre alla regolarità del procedimento, la messa a disposizione dei creditori di tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della proposta e che questa venga effettuata con modalità tali da rispecchiare l'effettiva volontà dei creditori, con la conseguenza che assumono rilevanza ai fini della revoca dell'ammissione al concordato tutti i comportamenti del debitore che siano tali da pregiudicare il consenso informato dei creditori.

In evidenza: Cass. 24 aprile 2014, n. 9271

Dopo che la riforma ha escluso il rilievo della meritevolezza nelle valutazioni affidate al tribunale, gli atti di frode esigono una condotta del debitore volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, cioè situazioni che, se conosciute, comporterebbero presumibilmente una valutazione diversa e negativa della proposta.

La divergenza tra la situazione patrimoniale dell'impresa prospettata con la proposta di concordato e quella effettivamente riscontrata dal commissario giudiziale può essere inquadrata tra gli atti di frode soltanto se ha carattere doloso, non essendo concepibile un atto fraudolento, che non sia sorretto da una precisa intenzione di compierlo (Cass. 5 agosto 2011, n. 17038)

La dolosa divergenza tra la situazione prospettata e quella accertata non può, poi, essere ricondotta tra le circostanze riservate alla valutazione dei creditori sotto il profilo della convenienza della proposta di concordato e della fattibilità del piano o sotto il profilo della meritevolezza. Di una tale valutazione, infatti, si può parlare soltanto se il debitore non ha nascosto ai creditori le circostanze che su di essa incidono.

Dalle considerazioni che precedono, discende che:

  • non possono essere considerati “atti in frode” ai sensi dell'articolo 173, l.fall. gli atti non sorretti dal chiaro intento di frodare le ragioni dei creditori, quali la mera sopravvalutazione dell'attivo o la semplice sottovalutazione del passivo;
  • non possono assumere rilievo ai fini del procedimento di revoca ai sensi dell'art. 173 l.fall. gli altri atti di mala gestio che non siano contraddistinti dal carattere di volontarietà del fatto;
  • pur in presenza di una rilevata divergenza tra le condizioni della proposta e quelle in concreto realizzabili, ove difetti il requisito soggettivo in parola, non può essere attivato il procedimento di revoca e deve essere affidata ai creditori (dopo un'adeguata e completa informazione) la scelta – da esprimersi attraverso il voto – tra il preferire la soluzione concordataria ed il decidere di non coltivarla, eventualmente sollecitando la dichiarazione di fallimento.

Va precisato che, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, ai fini della revoca dell'ammissione al concordato, la fraudolenza degli atti posti in essere dal debitore non assume rilievo, solo ove l'inganno dei creditori si sia effettivamente realizzato e si possa quindi dimostrare che, in concreto, i creditori hanno espresso il loro voto in base ad una falsa rappresentazione della realtà. Quel che rileva, infatti, non è l'effettiva consumazione della frode ma il comportamento fraudolento del debitore, rispetto al quale – come vedremo anche nel prosieguo – non assume alcuna efficacia sanante neppure il voto favorevole dei creditori, sebbene resi edotti della frode e disposti ugualmente ad approvare la proposta concordataria.

In evidenza: Cass. 29 novembre 2016, n. 24288

La fraudolenza degli atti posti in essere dal debitore, se implica, come già detto, una loro potenzialità decettiva nei riguardi dei creditori, non per questo assume rilievo, ai fini della revoca dell'ammissione al concordato, solo ove l'inganno dei creditori si sia effettivamente realizzato e si possa quindi dimostrare che, in concreto, i creditori medesimi hanno espresso il loro voto in base ad una falsa rappresentazione della realtà. Quel che rileva è il comportamento fraudolento del debitore, non l'effettiva consumazione della frode. Se così non fosse, se cioè l'accertamento degli atti fraudolenti ad opera del commissario potesse essere superato dal voto dei creditori, preventivamente resi edotti della frode e disposti ugualmente ad approvare la proposta concordataria, non si capirebbe perché il legislatore ricollega invece immediatamente alla scoperta degli atti in frode il potere-dovere del giudice di revocare l'ammissione al concordato. E ciò senza la necessità di alcuna presa di posizione sul punto dei creditori, ormai resi edotti della realtà della situazione venuta alla luce, e senza dare spazio alcuno a possibili successive loro valutazioni in proposito (come, sul piano sistematico, risulta oggi confermato anche dall'applicabilità dell'istituto della revoca per atti fraudolenti sin dalla fase ancora embrionale della procedura, in caso di domanda di concordato con riserva di successiva presentazione della proposta e del piano, a norma della l.fall., art. 161, comma 6, novellato dal D.L. n. 69 del 2013, art. 82, comma 1, lett. b, convertito con L. n. 98 del 2013). Ciò porta a concludere che il legislatore ha inteso sbarrare la via del concordato al debitore il quale abbia posto dolosamente in essere gli atti contemplati dal citato art. 173, individuando in essi una ragione di radicale non affidabilità del debitore medesimo e quindi, nel loro accertamento, un ostacolo obiettivo ed insuperabile allo svolgimento ulteriore della procedura.

Attitudine decettiva degli atti di frode nei confronti dei creditori e disclosure

Come anticipato nel paragrafo che precede, sotto il profilo oggettivo, le condotte rilevanti ai sensi dell'art. 173, comma 1, l.fall. si caratterizzano per la loro valenza decettiva, vale a dire per la relativa attitudine ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, con conseguente pregiudizio del consenso informato dei creditori stessi circa le reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione.

In evidenza: Cass. 29 luglio 2014, n. 17191

Gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l'idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purché siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta.

La Corte di Cassazione (Cass. 15 ottobre 2013 n. 23837) ha poi avuto modo di precisare che la condotta decettiva deve essere valutata solo con riferimento alla proposta di concordato ed ai suoi allegati essendo irrilevante la relativa annotazione sulle scritture contabili. Infatti, ai sensi degli artt. 160 e 161, l.fall. le scritture contabili non devono essere obbligatoriamente depositate con la proposta di concordato e sono estranee ai documenti con i quali il debitore illustra al tribunale e soprattutto ai creditori la sua proposta di concordato. Invero, sebbene l'art. 163 l.fall. preveda la consegna al commissario giudiziale delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e nonostante gli artt. 170 e 171 facciano riferimento a tali scritture, la relativa messa a disposizione del commissario giudiziale ha la funzione di consentire a quest'ultimo di procedere alle verifiche ed agli accertamenti di sua competenza, verificando, in particolare, i fatti esposti nella domanda di concordato e nei suoi allegati, nel piano e nella relazione del professionista. Le scritture contabili, pertanto, anche in considerazione della loro possibile complessità, non rappresentano lo strumento con il quale il debitore porta a conoscenza dei creditori tutti gli elementi rilevanti ai fini della espressione del loro consenso sulla proposta di concordato, ma rappresentano l'oggetto dell'attività di verifica ed accertamento che il commissario giudiziale deve svolgere sui dati risultanti dalla proposta e dai suoi allegati. Pertanto, il silenzio della proposta su fatti e circostanze non può essere reso irrilevante dalla relativa annotazione sulle scritture contabili.

Ciò, tuttavia, non consente di giungere alla conclusione per cui si configurerebbe un atto di frode in ogni caso di silenzio della proposta di concordato e dei suoi allegati su una qualsiasi circostanza risultante dalle scritture contabili, in quanto deve essere effettuata un'accurata disclosure solo circa le operazioni suscettibili di assumere diverso rilievo, ai fini del soddisfacimento dei creditori, in caso di fallimento e in caso di concordato preventivo.

Come sopra anticipato, gli atti di frode rilevanti ai sensi dell'art. 173 l.fall., inoltre, devono essere “accertati” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperti”, essendo prima ignorati dagli organi della procedura e dai creditori.

Sul punto, vale sottolineare che nell'interpretazione letterale e sistematica del riferimento agli atti accertati dal commissario, l'art. 173, comma 1, non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma ricomprende anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto in sede di proposta di concordato ed allegati, che quindi può dirsi solo successivamente “accertato” dal commissario, in quanto individuato nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione dei creditori.

In evidenza: Cass. 28 febbraio 2017, n. 5073

Nell'ambito dei fatti accertati dal commissario giudiziale rientrano, oltre ai fatti “scoperti” perché del tutto ignoti nella loro materialità, anche i fatti non adeguatamente e compiutamente esposti in sede di proposta di concordato e nei suoi allegati... i quali, pertanto, possono dirsi “accertati” in quanto individuati nella loro completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione dei creditori solo successivamente (Cass. 9050/2014, 17191/2014, 24288/2016).

Come chiarito in giurisprudenza,l'accertamento da parte del commissario giudiziale degli atti di frode ai sensi dell'art. 173 l.fall. determina la revoca dell'ammissione al concordato, indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e, quindi, anche nell'ipotesi in cui questi ultimi siano stati resi edotti di quell'accertamento e, ciononostante abbiano espresso un voto favorevole alla proposta concordataria.

Infatti, come ribadito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1521 del 2013, i connotati di natura negoziale riscontrabili nella disciplina dell'istituto del concordato preventivo non escludono “evidenti manifestazioni di riflessi pubblicistici, … attuati mediante la fissazione di una serie di regole processuali inderogabili, finalizzate alla corretta formazione dell'accordo tra debitore e creditori, nonché con il potenziamento dei margini di intervento del giudice in chiave di garanzia”. Proprio tra gli interventi del giudice in chiave di garanzia si iscrive la revoca dell'ammissione al concordato conseguente all'occultamento o dissimulazione di parte dell'attivo, alla dolosa omissione di uno o più crediti, all'esposizione di passività insussistenti o al compimento di altri atti di frode, ai sensi dell'art. 173 l.fall., revoca connotata da carattere ufficioso e non riducibile ad una dialettica di tipo meramente negoziale.

Ne discende che, l'accertamento degli atti fraudolenti ad opera del commissario non può essere superato dal voto dei creditori, preventivamente resi edotti della frode e disposti ugualmente ad approvare la proposta concordataria: il voto dei creditori successivo all'accertamento del commissario giudiziale non vale a risolvere qualsiasi originaria asimmetria informativa e non assume una funzione sanante della condotta fraudolenta “scoperta”. Infatti, l'art. 173 l.fall. ricollega il potere-dovere del giudice di revocare l'ammissione al concordato alla scoperta degli atti in frode senza la necessità di alcuna presa di posizione sul punto dei creditori e senza dare spazio a possibili successive loro valutazioni in proposito.

Né può affermarsi che in tal modo troverebbe ingresso la valutazione di meritevolezza del proponente il concordato, pacificamente espunta dai requisiti normativi per l'accesso a tale procedura concorsuale, in quanto – come sottolineato dalla Suprema Corte – la meritevolezza “era un requisito positivo di carattere generale, che implicava la necessità di un apprezzamento favorevole della pregressa condotta dell'imprenditore (sfortunato, ma onesto), nell'ottica di una procedura prevalentemente concepita come beneficio premiale. Era, quindi, nozione ben più ampia dell'assenza di atti di frode, non solo genericamente pregiudizievoli, ma direttamente finalizzati, in esecuzione di un disegno preordinato, a trarre in inganno i creditori in vista dell'accesso alla procedura concordataria”.

In evidenza: Cass. 26 giugno 2014, n. 14552

L'accertamento, ad opera del commissario giudiziale, di atti di occultamento o di dissimulazione dell'attivo, della dolosa omissione della denuncia di uno o più crediti, dell'esposizione di passività insussistenti o della commissione di altri atti di frode da parte del debitore determina la revoca dell'ammissione al concordato, a norma dell'art. 173 l.fall., indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e, quindi, anche nell'ipotesi in cui questi ultimi siano stati resi edotti di quell'accertamento.

Esclusa qualsiasi rilevanza della meritevolezza del debitore per l'accesso alla procedura di concordato preventivo, ove l'imprenditore compia piena disclosure circa la propria reale situazione patrimoniale, ogni valutazione di convenienza circa la soluzione proposta resta affidata al voto dei creditori (puntualmente informati), non essendovi chiaramente alcuno spazio di intervento per gli organi della procedura ai sensi dell'art. 173 l.fall. Va, tuttavia, considerato che – come chiarito dalla Suprema Corte – un “limite implicito” è dato dall'abuso dello strumento concordatario, ravvisabile in ogni caso in cui il debitore abbia posto in essere comportamenti fraudolenti e pregiudizievoli per i creditori, che seppur svelati nella proposta di concordato, debbano ritenersi intenzionalmente eseguiti in previsione e funzione della domanda di concordato, in ragione della prossimità temporale al suo deposito e alla loro natura gravemente depauperativa del patrimonio, così da influire sulla misura di soddisfacimento dei creditori.

Riferimenti

Dottrina

  • A. Audino, sub art. 173, in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2014
  • F. S. Filocamo, sub art. 173, in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, a cura di M. Ferro, Padova. 2014
  • G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2015, pp. 511 – 512
  • P. Bosticco, La resurrezione giurisprudenziale dell'art. 173 l.fall. e la difficile distinzione tra atti in frode e sopravvenienze attese, in Fall., 2007
  • A. Penta, Le condotte distrattive poste in essere prima della domanda di ammissione alla procedura di concordato, in Fall., 2014

Giurisprudenza

  • Cass. 6 marzo 2017, n. 5508
  • Cass. 28 febbraio 2017, n. 5073
  • Cass. 2 febbraio 2017, n. 2773
  • Cass. 29 novembre 2016, n. 24288
  • Cass. 29 luglio 2014, n. 17191
  • Cass. 26 giugno 2014, n. 14552
  • Cass. 4 giugno 2014, n. 12533
  • Cass. 24 aprile 2014, n. 9271
  • Cass. 18 aprile 2014, n. 9050
  • Cass. 15 ottobre 2013 n. 23837
  • Cass. 5 agosto 2011, n. 17038
  • Cass. 23 giugno 2011, n. 13818
  • Tribunale di Padova, 23 ottobre 2014
Sommario