Miglioramenti alla cosa locata

Massimo Falabella
03 Agosto 2017

Il conduttore ha diritto alla corresponsione di un indennizzo per i miglioramenti apportati alla cosa locata, ma solo nel caso in cui il locatore abbia prestato il proprio consenso all'esecuzione degli interventi migliorativi: consenso che può espresso o tacito, ma non semplicemente desunto dal suo silenzio. In mancanza dell'autorizzazione all'esecuzione delle innovazioni, il conduttore può poi compensare il valore dei miglioramenti coi deterioramenti che si sono verificati senza sua colpa grave. È dubbio se il locatore, a fronte dell'esecuzione di migliorie non consentite, possa pretendere la rimessione in pristino.
Inquadramento

In tema di miglioramenti, la norma di riferimento è l'art. 1592 c.c. che tuttavia non ne precisa la definizione. Sul punto la giurisprudenza ha convenuto che essi si concretino in quelle opere che con trasformazioni o sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno ad incorporarsi (Cass. civ., sez. III, 14 maggio 1998, n. 4871; Cass. civ., sez. I, 19 aprile 1996, n. 3738). L'incremento di valore del bene va rapportato non alla situazione esistente al momento della conclusione del contratto, ma allo stato che l'immobile presenta alla fine del rapporto, in ragione dello scadimento naturale dipendente dal prolungato godimento.

L'art. 1592 c.c. rappresenta una novità rispetto al codice abrogato, che non regolava le innovazioni migliorative della cosa locata: in assenza di dettato normativo, le controversie erano risolte dalla giurisprudenza facendo applicazione della disciplina che reprimeva l'ingiustificato arricchimento. La legge vigente nel regolamentare questo aspetto del rapporto locatizio ha stabilito che, salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti alla cosa locata, salvo che non vi sia stato il consenso del locatore; questi, in presenza del prestato consenso, è invece tenuto a pagare un'indennità corrispondente alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna. Nelle ipotesi in cui il conduttore non abbia diritto all'indennità, il valore dei miglioramenti può comunque compensare i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore.

Esulano dalla disciplina dettata dall'art. 1592 c.c. gli interventi che trasformino radicalmente la cosa locata, comportandone alterazioni strutturali profonde, e che abbiano come conseguenza la trasformazione, anche di una parte soltanto della stessa (Cass. civ, sez. III, 24 ottobre 1988, n. 5747). Tali interventi sono vietati al conduttore, pena l'applicazione delle norme sull'inadempimento.

Sul piano casistico, costituiscono miglioramento, ad esempio, la collocazione di alberi nel giardino d'uso esclusivo, l'installazione dell'impianto di condizionamento, come pure della caldaia a metano, la messa in opera di una porta blindata, la sostituzione del pavimento in linoleum con il parquet.

In evidenza

E' importante distinguere le riparazioni dai miglioramenti. Così, la Corte di legittimità ha precisato che la sostituzione del bruciatore dell'impianto di riscaldamento di un edificio condominiale, nei casi in cui il bruciatore sostituito era guasto o obsoleto, deve considerarsi atto di straordinaria manutenzione, in quanto diretto a ripristinare la funzionalità dell'impianto senza alcuna modifica sostanziale e funzionale dello stesso, mentre deve essere ricondotta alle modifiche migliorative, e non alle innovazioni, se ha lo scopo di consentire l'utilizzazione di una fonte di energia più redditizia, più economica o meno inquinante (Cass. civ., sez. III, 18 maggio 1994, n. 4831).

Il consenso del locatore

Come sopra accennato, il consenso prestato dal locatore all'esecuzione delle migliorie è condizione necessaria affinché il conduttore maturi il diritto al compenso, salve le ipotesi in cui tale diritto scaturisca da specifiche previsioni di legge o dagli usi. Il consenso di cui all'art. 1592 c.c. si identifica in una manifestazione di volontà da inquadrare nella categoria generale degli atti c.d. di autorizzazione, cioè negozi unilaterali con i quali viene ampliata la sfera dei poteri giuridici di un soggetto o vengono eliminati limiti preesistenti.

Come è stato spiegato dalla più autorevole dottrina, una caratteristica di tali categorie di atti è che l'effetto che ne deriva è prefissato dalla legge; nel caso di specie, dall'atto di consenso nasce esclusivamente l'obbligo di corrispondere la «minor somma tra l'importo della spesa ed il valore del risultato utile al tempo della riconsegna» (art. 1592, comma 1, seconda parte, c.c.).

Il consenso richiesto dall'art. 1592 c.c. ha, dunque, la funzione di regolare l'acquisto del diritto all'indennità limitandolo a quelle sole ipotesi in cui il locatore, per avere autorizzato il conduttore all'effettuazione delle opere, abbia evidentemente avuto modo di apprezzare la natura, l'estensione e la consistenza, anche economica, degli interventi: sicché, in definitiva, quel consenso trova la propria ragion d'essere nell'esigenza di contemperare, nel modo più efficace, gli interessi che si contrappongono nel caso di esecuzione di interventi migliorativi.

L'atto autorizzatorio può risolversi in una dichiarazione espressa o tacita, ma si tende ad escludere che il silenzio del locatore, che pure sia venuto a conoscenza dell'attività del conduttore, sia idoneo ad esprimerlo.

Si osserva, in particolare, in giurisprudenza, che il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c. che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell'entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni, così che la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell'indennizzo (Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2494; Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2012, n. 5541).

L'onere della prova circa la prestazione del consenso grava, ovviamente, sul conduttore, giacché essa costituisce un fatto costitutivo del diritto fatto valere (Cass. civ. sez. III, 22 agosto 2007, n. 17861; Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2017, n. 14).

La prova dell'autorizzazione può fornirsi con ogni mezzo, salva diversa previsione convenzionale: è frequente, infatti, che nel contratto di locazione sia previsto che il consenso del locatore debba risultare da apposita dichiarazione scritta; in tal caso l'assenza di consenso scritto deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, venendo in questione un'eccezione in senso lato, in quanto afferente un elemento costitutivo della domanda (Cass. civ., sez. III, 26 novembre 1997, n. 11874).

Si è detto che il consenso di cui all'art. 1592 c.c. si concreta in un atto unilaterale di contenuto autorizzatorio che promana dal locatore: ma il consenso all'esecuzione delle migliorie può avere titolo anche in specifiche pattuizioni, contenute nel contratto di locazione, o successive alla stipula, che attribuiscano al conduttore la facoltà di porre in essere le opere. Pure in presenza di tali accordi spetterà, come è evidente, il diritto all'indennità (sempre che le parti non lo escludano, come pure sovente accade).

Occorre infine osservare che al consenso preventivo è sicuramente equiparabile la ratifica, e cioè l'atto con cui il locatore (anche tacitamente, ma univocamente), approvi, dopo la loro esecuzione, le migliorie poste in atto (Pret. Eboli 7 febbraio 1990).

In ipotesi di miglioramenti non consentiti si tende ad escludere che il locatore possa contestare al conduttore un inadempimento: beninteso, si deve trattare di veri e propri miglioramenti, e cioè di interventi che apportino all'immobile un incremento di valore, senza alterare l'identità del bene o modificarne la destinazione d'uso. In presenza di innovazioni migliorative, dunque, il locatore non potrà, nel corso del rapporto, agire per la loro eliminazione, per la risoluzione del contratto o per il risarcimento del danno. Il carattere migliorativo delle opere realizzate, come pure la removibilità di queste, non precluderà, però, la risoluzione del contratto ove in questo sia inserita una clausola risolutiva espressa per il caso di innovazioni di qualsiasi natura (Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 1981, n. 351).

Diverse conclusioni si impongono se si guarda al momento in cui deve darsi esecuzione all'obbligazione di restituzione della cosa locata: si ritiene, infatti, che il locatore possa pretendere la rimozione dei miglioramenti al termine del rapporto, allorquando la cosa gli debba essere riconsegnata. Così, la Suprema Corte, giudicando dell'affermazione, contenuta nella sentenza di appello impugnata, secondo cui l'esecuzione di migliorie senza il consenso del locatore non faceva nascere alcun obbligo di ripristino in capo al conduttore, ha ritenuto legittimo il rifiuto del primo, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., di accettare la restituzione della cosa locata sino a quando il locatario non l'avesse rimessa in pristino stato, rendendosi altrimenti costui inadempiente all'obbligazione di cui all'art. 1590, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2009, n. 7992).

L'indennizzo

L'art. 1592 c.c. prevede che l'obbligazione del locatore abbia ad oggetto «un'indennità corrispondente alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna».

La prestazione dovuta va quindi determinata con un criterio analogo a quello operante nell'ipotesi di ingiustificato arricchimento. In definitiva, come è stato precisato in dottrina, la prestazione non ha l'essenza della reintegrazione patrimoniale, ma ha carattere indennitario e risarcitorio; ciò, nel senso che il rimborso è dovuto in relazione all'aumento di valore della cosa e solo per quella parte che costituisca una depauperazione per il conduttore e un incremento patrimoniale del locatore.

Il giudizio comparativo tra l'ammontare della spesa e l'incremento di valore della cosa deve aver luogo al momento della riconsegna di questa: prima di allora il conduttore nulla potrà pretendere a titolo di miglioramenti. Ciò si spiega facilmente: la valorizzazione che il bene abbia conseguito allorquando le opere furono eseguite può sopravanzare l'apprezzamento che emerga quando la cosa sia restituita (perché nell'arco di tempo intercorrente tra la realizzazione delle migliorie e la riconsegna della res locata le opere possono perdere di valore: per vetustà o normale degrado, o perché il conduttore prima della riconsegna decide di rimuovere le innovazioni apportate, ripristinando lo status quo ante).

In tal senso si è affermato che la facoltà del conduttore di richiedere l'indennità va necessariamente esercitata, quoad tempus, al momento della riconsegna dell'immobile al locatore, potendo solo in tale occasione operarsi una utile comparazione tra l'importo delle spese sostenute dal conduttore e l'incremento di valore conseguito dall'immobile (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1998, n. 11551): sicché l'azione del conduttore volta ad ottenere, ai sensi dell'art. 1592 c.c., l'indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata non può essere proposta prima dell'avvenuta riconsegna del bene locato al locatore (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2777). Che nel sistema normativo delineato dall'art. 1592 c.c., la riconsegna della cosa da parte del locatario vada intesa quale condizione di proponibilità della domanda di indennità per i miglioramenti è stato tuttavia in seguito escluso, essendosi chiarito che tale atto opera, piuttosto, quale presupposto per un provvedimento favorevole o sfavorevole sulla domanda stessa, vale a dire per una pronuncia nel merito (Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, n. 17861).

RESTITUZIONE DEL BENE E DIRITTO ALL'INDENNIZZO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La riconsegna come condizione di proponibilità dell'azione

In base all'art.1590, comma 1, c.c., il conduttore è obbligato, al momento della restituzione della cosa locatagli, a restituirla nello stesso stato in cui l'ha ricevuta e non anche in uno stato migliore. Pertanto, se il locatore ha prestato il suo consenso per i miglioramenti, non deve locupletarne il valore (art. 1592, comma 1, seconda parte, c.c.). Inoltre ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1592 c.c., i deterioramenti verificatisi potrebbero esser compensati con i miglioramenti, ancorché non consentiti. Dal contesto di tali disposizioni emerge che anche sotto il profilo attuativo il ragguaglio alla minor somma tra le spese affrontate dal conduttore e il valore del migliorato, o l'eventuale compensazione tra deterioramenti e miglioramenti, sono operazioni che possono esser effettuate, come la norma dispone, soltanto «al tempo della riconsegna» del bene locato, e quindi prima di tale momento la domanda è improponibile (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2777).

La riconsegna non è una condizione di proponibilità dell'azione

L'art. 1592, comma 1, c.c., stabilisce, quanto ai miglioramenti apportati dal conduttore alla cosa locata con il consenso del locatore, il principio che quest'ultimo è tenuto a pagare al primo un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa ed il valore del risultato utile al tempo della riconsegna, ma quest'ultima circostanza non può essere assunta quale condizione di proponibilità della domanda, che deve necessariamente sussistere al momento della proposizione della domanda stessa. In effetti, il legislatore ha voluto semplicemente, attraverso quel riferimento cronologico, assicurarsi che la liquidazione dell'indennità de qua venga determinata in concreto non prima del momento in cui cessi la disponibilità dell'immobile da parte del conduttore e la riacquisti invece il locatore, e con riferimento esclusivo ad esso, e non importa che la domanda relativa sia stata proposta anteriormente a tale momento. In altri termini, nel sistema normativo delineato dall'art. 1592 c.c. la riconsegna della cosa da parte del locatario non va intesa quale condizione di proponibilità della relativa domanda, ma quale presupposto perché si abbia un provvedimento favorevole o sfavorevole sulla domanda stessa, vale a dire una pronuncia nel merito (Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, n. 17861).

L'apprezzamento, rimesso al giudice, circa la spettanza e l'entità dell'indennizzo impone, anzitutto, che il conduttore dimostri, attraverso il raffronto dello stato dei luoghi tra i due momenti dell'inizio e della cessazione del rapporto, se e quali migliorie siano state realizzate (Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 1983, n. 1266). Una volta dimostrata l'esistenza delle migliorie, il giudice avrà poi l'obbligo di considerare la possibilità di utilizzazione delle opere da parte del locatore, la loro qualificazione come miglioramenti (o addizioni) e la loro adeguatezza a conferire al conduttore il diritto all'indennità (Cass. civ., sez. III, 8 aprile 1981, n. 1990).

Se la comparazione tra l'ammontare della spesa e l'incremento di valore del bene va operato, secondo quanto si è avvertito, al momento della consegna, va tuttavia precisato che nella determinazione della indennità per i miglioramenti apportati dal conduttore alla cosa locata il risultato utile va calcolato avendo riguardo non solo alla differenza tra il valore delle opere e quello residuo al termine della locazione, ma anche con riferimento al valore della cosa locata prima della esecuzione delle opere stesse (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 1972, n. 2476).

Il debito relativo all'indennità per i miglioramenti è pacificamente un debito di valore, in quanto è tale quello in cui l'obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta come elemento succedaneo o sostitutivo in luogo di una attività o di una cosa diversa dal denaro. Il riferimento alla aestimatio rei, contenuto nell'art. 1592, comma 1, c.c., secondo cui per i miglioramenti apportati dal conduttore alla cosa locata con il consenso del locatore questi è tenuto a pagare una indennità corrispondente alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna, come termine di raffronto per il calcolo dell'indennità costituisce di per sé un elemento decisivo per qualificare la relativa obbligazione come debito di valore (Cass. civ., sez. III, 28 aprile 1971, n. 1258).

E' utile ricordare, anche se l'arresto della Cassazione è assai datato, che la rivalutazione opera anche nel caso in cui le parti abbiano indicato in cifra la somma di denaro rappresentante il limite massimo dell'obbligazione indennitaria (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1959, n. 2173).

Inoltre, l'obbligazione non muta la natura che gli conferisce la legge anche se le parti, nella loro autonomia contrattuale, derogando alla disciplina legale prevista dagli artt. 1592 e 1593 c.c. per i miglioramenti e le addizioni apportati alla cosa dal conduttore con il consenso del locatore, pattuiscano l'obbligo di questi di rimborsargli le spese occorrenti per le corrispondenti opere (Cass. civ., sez. III, 23 maggio 1997, n. 4608).

Obbligato a corrispondere l'indennità è il locatore: nel caso di trasferimento dell'immobile nel corso del rapporto, tale soggetto si identifica, ovviamente, nell'acquirente: infatti, l'indennità per addizioni e miglioramenti deve essere corrisposta, in caso di vendita dell'immobile locato nel corso del contratto, da chi alla cessazione del rapporto è locatore, cioè dall'acquirente che, ricevendo in consegna l'immobile locato, esercita il diritto di ritenere le cose amovibili (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 1985, n. 2326).

Specularmente, la titolarità del diritto alla prestazione sarà da riferire a chi rivesta la qualità di conduttore al momento della cessazione del rapporto (e cioè il conduttore originario o quello a questi subentrato per effetto di una vicenda modificativa, in senso soggettivo, del rapporto di locazione).

Compensazione tra deterioramenti e miglioramenti

Lo si è in precedenza accennato: il conduttore, anche nel caso di insussistenza del diritto all'indennità, ha il diritto di compensare il valore dei miglioramenti coi deterioramenti che si sono verificati senza sua colpa grave (art. 1592, comma 2 c.c.).

La disposizione risponde a una chiara ragione equitativa e vale a scongiurare che il locatore, a un tempo, si avvantaggi dei miglioramenti e ottenga il risarcimento dei danni per i deterioramenti alla cosa.

Mentre la dottrina pare in prevalenza convinta che la norma, proprio per questa sua accentuata vocazione riequilibratice, sia da considerare inderogabile, mette conto di osservare che, secondo la Corte di legittimità, la disposizione stessa potrebbe essere resa inoperante dall'accordo che riversi sul conduttore le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria: infatti - spiega la Cassazione - la pattuizione che, in deroga alla disciplina dettata dall'art 1576 c.c., impone al conduttore l'obbligo sia della manutenzione ordinaria che di quella straordinaria comporta che il conduttore medesimo sia tenuto a compiere tutte le opere necessarie a mantenere la cosa in buono stato locativo ed a restituirla nell'originario stato di consistenza e conservazione; ciò determinerebbe il trasferimento, a suo carico, dei deterioramenti risultanti dall'uso della cosa in conformità del contratto e, appunto, l'inapplicabilità della disposizione del secondo comma dell'art 1592 c.c., relativa alla compensazione tra miglioramenti e deterioramenti (Cass. civ., sez. III, 20 marzo 1980, n. 1856).

Come si è detto, il limite posto alla compensazione è dato dalla colpa grave del conduttore (o anche delle persone di cui il medesimo debba rispondere a norma dell'art. 1588, comma 2, c.c.). Si è affermato, in proposito, che spetta al locatore dimostrare la colpa grave che esclude la compensazione.

Rinvio

Due argomenti - derogabilità della disciplina legale e ammissibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento - che possono considerarsi comuni alla trattazione delle innovazioni di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., e che andavano svolti unitariamente (non prospettando la necessità di differenziazioni espositive con riguardo alle due tipologie di interventi), sono stati affrontati nella sola bussola Addizioni sulla cosa locata, e ciò per evitare inutili ripetizioni. Si rinvia, pertanto a tale voce per quanto di interesse in materia di miglioramenti.

Guida all'approfondimento

Barlassina - Felici, Miglioramenti e addizioni: derogabilità del regime legale e tecnica contrattuale, in Immob. & proprietà, 2011, fasc. 3, 171;

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986;

Costabile, Miglioramenti e addizioni e consenso del locatore, in Immob. & proprietà, 2009, fasc. 9, 582;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005;

Mirabelli, La locazione, Torino, 1971;

Monegat, Nessun indennizzo per miglioramenti senza il consenso del locatore, in Immob. & proprietà, 2013, fasc. 11, 659;

Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, 1980, Bologna-Roma, 1980;

Rossi, Il “consenso” del locatore all'indennità per addizioni e miglioramenti nel bene locato, in Obbl. e contr., 2010, fasc. 7;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972.

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