PEC per l'imputato presso il difensore: la notifica è valida
25 Aprile 2016
Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 16622 depositata il 21 aprile 2016.
La sempiterna questione della validità delle notifiche elettroniche. Puntualmente la giurisprudenza di legittimità si trova a dover dirimere problematiche interpretative afferenti al microcosmo delle notificazioni eseguite a mezzo PEC. Tramontata, forse, la sfilza delle eccezioni riferite alla validità delle notifiche eseguite durante i numerosi interregni normativi (il percorso di definizione del panorama normativo di riferimento è stato a dir poco contorto), si passa, oggi, a disquisire sui destinatari delle comunicazioni telematiche. Nel caso oggetto della sentenza in commento, infatti, al centro delle doglianze difensive è un decreto di citazione in appello, notificato all`imputato presso il difensore mediante PEC e ritenuto, pertanto, irritualmente comunicato.
La PEC va bene purché sia diretta a persona diversa dall'imputato. Il sistema delle notificazioni elettroniche si caratterizza per escludere dal novero dei suoi utenti la persona dell`imputato. Questa scelta è stata certamente sensata: chi lo dice che il cittadino comune debba per forza avere una PEC? Né si potrebbe pretendere che ognuno, avuta notizia dell'esistenza di un procedimento penale a proprio carico, corra ad attivare una casella di posta certificata. Ecco perché all'individuo-imputato la notifica deve eseguirsi nel modo “classico”, e cioè mediante consegna di copia cartacea. Secondo la prospettazione difensiva, questo assunto dovrebbe essere inteso nel senso che anche la notifica all`imputato eseguita presso il difensore dovrebbe essere effettuata “alla vecchia maniera”. La tesi, però, non convince affatto gli Ermellini, che la respingono con fermezza.
La notificazione presso il difensore può avvenire anche a mezzo PEC. Secondo la Cassazione sarebbe illogico un sistema nel quale il difensore possa ricevere legittimamente una notificazione di un atto del processo in proprio a mezzo posta certificata e, invece, non possa ritenersi abilitato a recepire quel medesimo atto in nome e per conto del proprio assistito. Quasi che la ricezione di una notifica “per conto terzi” debba richiedere una ritualità - la consegna dell'esemplare cartaceo - fine a se stessa. A qual pro, infatti, al difensore dovrebbe essere inibito ricevere la notifica elettronica anche per il proprio assistito? L'unica ragione in grado di legittimare un divieto del genere potrebbe essere la preoccupazione di garantire l'effettività della notificazione e la certezza della conoscenza dell'atto da parte del destinatario. Se fosse questo il motivo, però, l'intero sistema della notifica presso il difensore andrebbe bandito dal codice. E poi: lo strumento della PEC non soffre di problemi di affidabilità, basta soltanto che il difensore si accerti del buon funzionamento del sistema con cui opera.
Anche per gli irreperibili è possibile la notificazione elettronica al difensore. Una vicenda simile a quella oggetto della sentenza in commento era già stata all'attenzione della Cassazione a settembre dello scorso anno. In quel caso si trattava di un irreperibile: gli atti del processo - nel caso di specie l'avviso di fissazione dell'udienza davanti al Tribunale del Riesame - erano comunicati al difensore, così come prevede il codice di rito, e la modalità tecnica era quella dell'invio di notifiche a mezzo PEC. Anche in quel caso la comunicazione è stata ritenuta valida. Ciò che conta, infatti, è la presenza del substrato normativo che consente al difensore di ricevere la notifica di un atto processuale anche per conto dell'imputato, non certamente la modalità tecnica con cui vi si procede.
*fonte www.dirittoegiustizia.it |