Circolari ministeriali sul PCT

Paolo Rizzi
21 Gennaio 2016

Per effetto della portata nella novità derivata dalla generalizzata attribuzione del valore legale ai depositi telematici degli atti e dei provvedimenti degli avvocati e dei magistrati, oltre che dei consulenti, esperti e professionisti nominati nell'ambito delle procedure esecutive e concorsuali, la Direzione degli Affari Generali del Ministero della Giustizia ha ritenuto di impartire alcune direttive circa gli «adempimenti di cancelleria relativi al Processo Civile Telematico», con circolare del 27 giugno 2014, poi integrata e sostituita dalle successive circolari DAG del 28 ottobre 2014 e del 23 ottobre 2015.
Quadro normativo

Per effetto della portata nella novità derivata dalla generalizzata attribuzione del valore legale ai depositi telematici degli atti e dei provvedimenti degli avvocati e dei magistrati, oltre che dei consulenti, esperti e professionisti nominati nell'ambito delle procedure esecutive e concorsuali, la Direzione degli Affari Generali del Ministero della Giustizia ha ritenuto di impartire alcune direttive circa gli «adempimenti di cancelleria relativi al Processo Civile Telematico», con circolare del 27 giugno 2014, poi integrata e sostituita dalle successive circolari DAG del 28 ottobre 2014 e del 23 ottobre 2015.

Lo scopo di tale atto amministrativo è quello di offrire alla cancelleria un utile strumento per comprendere le esigenze operative prodotte dall'impiego del PCT con connotati di novità rispetto al passato – a cominciare dalle modalità di tenuta del fascicolo e di trattazione degli atti delle parti e dei provvedimenti del giudice – attraverso un'attività complessa di rilevazione delle stesse e indicazione delle soluzioni, che talvolta comportano anche l'interpretazione della legge.

La successione, nel corso del tempo, di ben tre circolari discende dal fatto che il legislatore è intervenuto più volte sul testo dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 (d.l. n. 90/2014; d.l. n. 83/2015), che è la norma di riferimento del processo civile telematico, modulandone progressivamente l'entrata in vigore ed arricchendolo di contenuti. Coerentemente il Ministero ha ritenuto di puntualizzare alcuni aspetti già contenuti nella circolare del 27 giugno 2014 e introdurne altri.

Prima di esaminare il complesso contenuto della circolare è utile operare due specificazioni, una di ordine generale ed una di carattere sistematico.

È utile da subito rammentare che atti quali quello in esame – a prescindere dalla funzione loro assegnata – non contengono norme di diritto per cui non hanno il potere di vincolare il giudice, essendo prive di rilevanza esterna in quanto diretti solo ad indirizzare e disciplinare in modo uniforme l'attività degli organi inferiori (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord., 10 agosto 2015, n. 16644; Cass. civ., sez. V, sent., 14 luglio 2010, n. 16531; Cass. civ., sez. III, sent., 19 giugno 2008, n. 16612).

Perciò, ad esse non dovrebbe farsi riferimento nell'affrontare i numerosi e complessi problemi posti dalle norme che corredano il PCT, neppure nelle parti in cui sembrano offrire una chiave di interpretazione delle stesse (si veda il punto n.1 della Circolare del 27 giugno 2014, come integrata dalle circolari successive del 28 ottobre 2014 e del 23 ottobre 2015 che contiene la «ricognizione delle novità normative») e tanto meno cercare nel loro contenuto una soluzione.

Ciò posto, nella esposizione si seguirà essenzialmente il contenuto dell'atto vigente perché coerente con i testi legislativi in vigore, alla luce del fatto che, in parte, talune specificità delle circolari del giugno e dell'ottobre 2014 risultano superate per effetto del venire a maturazione delle varie scadenze che hanno contrassegnato la progressiva entrata in vigore del valore legale del deposito telematico degli atti nell'ambito del processo.

Per comprendere tale dinamismo intrinseco nelle circolari è sufficiente procedere alla loro lettura nel testo originario e confrontarle con i d.l. nn. 90/2014 e 83/2015 cui si sono accompagnate.

Ricognizione delle novità normative

Tanto è reso evidente in modo particolare dal primo paragrafo denominato «ricognizione delle novità normative» cui la Direzione Generale del Ministero ha affidato la funzione di ripercorrere schematicamente la graduale e progressiva entrata in vigore del regime di obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti nel processo civile contenzioso di primo grado, di volontaria giurisdizione, nelle procedure esecutive e concorsuali nonché innanzi alla Corte di Appello. Tale schema nella sua attuale formulazione appare ormai definito essendo decorsa già da tempo la deadline del 31 dicembre 2014, oltre la quale gli atti genericamente (e, forse, impropriamente) denominati “endoprocessuali” devono essere prodotti con modalità esclusivamente telematica.

La circolare rammenta che nei giudizi innanzi al Tribunale ed alla Corte d'Appello l'atto introduttivo può essere depositato in formato digitale o tradizionale analogico, a discrezione della parte, così recepita la novità dell'art. 19 d.l. n. 83/2015, nel mentre gli atti c.d. endoprocessuali (ovvero gli atti del procuratore della parte precedentemente costituita) devono essere depositati esclusivamente con modalità telematica (cfr. art. 16-bis d.l. n. 179/2012).

Risulta, dunque, definitivamente superato il regime previgente secondo cui l'obbligo della produzione digitale riguardava solo gli atti endoprocessuali da depositare nei procedimenti civili introdotti successivamente alla data del 30 giugno 2014 e risolto il vivace dibattito sulla ammissibilità della produzione telematica degli atti introduttivi del giudizio.

Il fascicolo cartaceo

Il paragrafo 2 della circolare rammenta l'eventualità che possa sorgere per la cancelleria l'esigenza di formare un fascicolo cartaceo.

Qui l'atto prende posizione su una questione piuttosto dibattuta e non sopita, ritenendo implicitamente intervenuta l'abrogazione integrale del d.P.R. n. 123/2001 ad opera dell'art. 9 d.m. n. 44/2011 che al comma 3 espressamente stabilisce che «la tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d'ufficio su supporto cartaceo, fermi restando gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell'amministrazione digitale e dalla disciplina processuale vigente». L'art. 12 del d.P.R. richiamato, invece, al comma 3 stabiliva che «la formazione del fascicolo informatico non elimina l'obbligo di formazione del fascicolo d'ufficio su supporto cartaceo», obbligo che evidentemente risulta caducato dal decreto ministeriale e ritenuto tale dalla Circolare.

In realtà vi è chi contesta che il decreto ministeriale sia in grado di abrogare una fonte gerarchicamente sovraordinata quale il d.P.R., anche alla luce del fatto che la delega disposta dall'art. 4 d.l. n. 193/2009, convertito nella l. n. 24/2010, demandava al decreto ministeriale la determinazione delle sole regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e che ai sensi del comma 3 dell'art. 17 l. n. 400/1988, i regolamenti ministeriali, come per l'appunto il d.m. n. 44/2011, non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo (P. Lupi, I riferimenti normativi del Processo Civile Telematico, www.avvocatotelematico.wordpress.com).

In ogni caso, a volere ritenere caducato il decreto del 2001, è indiscutibile che nel processo possa sorgere l'esigenza di raccogliere e conservare atti o provvedimenti di formato cartaceo, ciò che giustifica ed anzi necessita la formazione di un fascicolo cartaceo.

Per il giudice, infatti, non sussiste l'obbligo di deposito dei provvedimenti con modalità telematica, esclusi quelli di cui al libro IV, titolo I, capo I del codice di procedura civile – con eccezione per il giudizio di opposizione (cfr. art. 16-bis, comma 4, d.l. n. 179/2012) – e salvo l'obbligo per la Cancelleria di acquisirne copia informatica, né vi è l'obbligo di redazione in tali forme del verbale di udienza.

Resta, poi, salva la facoltà per le parti di depositare gli atti introduttivi del giudizio e gli allegati in formato cartaceo, e non è da escludere che la generale disciplina dettata dall'art. 16-bis. d.l. n. 179/2012 abbia lasciato sopravvivere l'art. 87 disp. att. c.p.c..

Inoltre, il giudice può sempre ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti ai sensi del comma 9 dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 citato e, in concreto, è possibile che sorga l'esigenza di acquisizione di un atto cartaceo al processo. Si pensi alla necessità di condurre un accertamento su di una scrittura querelata di falso o la cui sottoscrizione è stata disconosciuta da alcuna delle parti o se è disconosciuta la conformità all'originale di un documento prodotto in copia, oltre che nell'ipotesi del verbale di conciliazione.

Copia uso ufficio e informale

I paragrafi 3 e 4 della Circolare affrontano alcune questioni, la seconda delle quali piuttosto controversa e dibattuta.

Il primo punto chiarisce che l'art. 111, comma 2, disp. att. c.p.c., secondo cui «il cancelliere non deve consentire che s'inseriscano nei fascicoli di parte comparse che non risultino comunicate alle altre parti e di cui non gli sono contemporaneamente consegnate le copie in carta libera per il fascicolo di ufficio e per gli altri componenti del collegio», riguarda i soli atti cartacei in quanto l'atto inviato telematicamente, una volta accettato dal cancelliere, è visibile a tutte le parti ed anche al giudice.

Il secondo, invece, chiarisce che le cosiddette copie di cortesia – ovvero copie cartacee informali di atti prodotti in formato digitale – non espressamente regolate dalla Circolare ma sovente da protocolli o prassi locali non devono entrare a far parte del fascicolo cartaceo e, ove ciò avvenga, non devono essere trattate con alcuna formalità, in particolare non devono recare il timbro di deposito o altro equivalente.

Si stabilisce, poi, «in considerazione dell'eccezionalità del momento» che la cancelleria dovrà sempre assicurare al giudice che ne faccia richiesta la stampa di atti e documenti depositati telematicamente, soprattutto laddove si tratti di file di rilevanti dimensioni.

Tale previsione ha generato un dibattito piuttosto vivace ed è stato frutto di opposte interpretazioni. Per alcuni ha rappresentato un saggio indirizzo alla cancelleria per ovviare alla maggiore difficoltà di esame e lettura degli atti che comporta il telematico, in attesa di dotare ciascuna postazione di lavoro di strumenti di lettura adeguati e, soprattutto, di incidere efficacemente sulla lunghezza degli atti difensivi (strada intrapresa dal legislatore: l'art. 16-bis, comma 9-octies, d.l. n. 179/2012 introdotto dal d.l. n. 83/2015 stabilisce che «gli atti di parte e i procedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica»). Per altri, invece, si tratta di previsione che danneggia il processo di digitalizzazione della giustizia civile poiché da essa discenderà la proliferazione di richieste di stampa degli atti con tendenziale ritorno al cartaceo e incremento di spesa per l'amministrazione, capace di assorbire o erodere i risparmi sino a qui accumulati.

È evidente che sarebbe auspicabile un atteggiamento capace di conciliare i due opposti e fare ricorso alla facoltà disciplinata dalla Circolare in caso di effettiva necessità – ad esempio a fronte della produzione di un numero notevole di documenti da consultare, magari non legati da un collegamento ipertestuale all'atto dell'avvocato o dell'ausiliario del giudice, non potendosi in tali casi richiamare l'art. 16-bis, comma 9, d.l. n. 179/2012 che fa riferimento alla copia cartacea di atti già depositati telematicamente.

È poi sempre prevista la possibilità di stampare gli atti introduttivi telematici per consentirne al presidente l'assegnazione al giudice.

Tempo di lavorazione degli atti da parte della cancelleria e deposito

I paragrafi 5 e 6 affrontano il tema rilevante del tempo di lavorazione degli atti da parte della cancelleria e di quello del deposito.

L'atto depositato telematicamente diventa visibile a tutte le parti del processo solo dopo l'accettazione da parte del cancelliere sicché è indispensabile che tale accettazione sia tempestiva, soprattutto in tutti i casi in cui dal deposito di un atto dipende la decorrenza di un termine per le parti o per una di esse (si pensi, ad esempio, ai termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c.: è evidente che perché una parte possa articolare richieste di prova contraria rispetto a quelle dell'altra parte deve conoscere il contenuto della memoria dell'avversario e perché possa fruire adeguatamente e per intero della facoltà processuale attribuitagli dall'ultima parte della norma in esame non può prescindersi dal fatto che tale conoscenza debba avvenire subito dopo il deposito della memoria alla quale si deve replicare).

Qui la

DAG

non adotta misure organizzative ma si limita a richiamare la necessità che non trascorrano diversi giorni tra la data di ricezione di atti e documenti e la loro accettazione e a giudicare “consigliabile” chetale ultimo adempimento avvenga entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia.

Si rimette ai singoli uffici l'adozione di adeguate soluzioni organizzativefunzionali al soddisfacimento dell'esigenza evidenziata, tra di esse il potenziamento del servizio di back office rispetto a quello di front office e l'utilizzo della facoltà di ridurre l'orario di apertura giornaliera al pubblico delle cancellerie da 5 a 4 ore (cfr. art. 162, comma 1, l. 23 ottobre 1960, n. 1196, come modificato dall'art. 51 d.l. n. 90/2014) «esclusivamente laddove ciò non determini disservizi per l'utenza».

In sostanza, perché il sistema resti efficiente e garantisca il fisiologico svolgimento della dialettica processuale dovrà andarsi verso un modello di organizzazione che riduca l'accesso del pubblico nelle cancellerie che, così, potranno dedicarsi al ricevimento ed alla tempestiva accettazione degli atti e dei documenti.

Il potenziamento del back office si impone anche alla luce del superamento del vecchio orario di deposito che scadeva alle ore 14:00 ad opera dell'art. 51, comma 2, d.l. n. 90/2014 che ha chiarito che il deposito è eseguito tempestivamente quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza, tenuto conto anche delle disposizioni di cui all'art. 155, comma 4 e 5, c.p.c. (già prima della novella si era ritenuto che non operasse più il limite delle ore 14: Trib. Milano, sent., 5 marzo 2014)..

Anomalie del deposito telematico

Del tutto generiche risultano le indicazioni circa gli adempimenti della cancelleria ove pervenga un atto contenente un errore delle tre categorie di cui all'art. 14 del provvedimento del Responsabile

DGSIA

del 16 aprile 2014:

WARN

,

ERROR

e

FATAL

. Nei primi due casi si dovrà forzare l'accettazione, se possibile, fornendo al giudice tutti gli elementi utili alla comprensione del caso, rimettendo ai capi degli uffici ed alla dirigenza della cancelleria l'approntamento di un sistema di segnalazione rapido ed efficace. È, però, evidente che la mancanza di una direttiva specifica lascia il campo all'incertezza in un ambito essenziale, dove la tempestività della comunicazione al giudice può risultare assai importante per evitare la maturazione di una decadenza.

Circa eventuali anomalie, il paragrafo 7.1 della circolare contempla l'ipotesi di iscrizione di una causa in un registro diverso da quello di pertinenza e specifica l'inesistenza, allo stato, di un meccanismo di trasferimento e che non può essere chiesto il versamento alla parte che ha errato di un nuovo contributo unificato ma, solo, l'adeguamento eventuale di quello già corrisposto.

Deposito telematico monitorio

Il paragrafo 8 interviene in modo piuttosto netto sulla condotta che deve osservare la cancelleria nel caso di deposito da parte del giudice di provvedimenti in formato analogico nell'ambito della procedura monitoria, prescrivendo che essi non possono essere ricevuti.

In sostanza, il cancelliere non può accettare, in tale ambito, un qualsiasi provvedimento cartaceo del giudice.

All'alba del regime obbligatorio del PCT, in particolare subito dopo il 30 giugno 2014 quando il regime di obbligatorietà è divenuto vigente in materia monitoria, una simile prescrizione è stata oggetto di critiche che non sembrano peregrine.

Mentre per qualcuno il cancelliere avrebbe dovuto rifiutare il decreto ingiuntivo cartaceo pure se emesso a fronte di un ricorso depositato prima del 30 giugno – secondo la lettera dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 – per altri tanto non sarebbe stato consentito in quanto l'interpretazione della norma spetta al giudice e non al cancelliere che non può rifiutare di ricevere l'atto del primo.

Una simile prescrizione, prudentemente, non ha riguardato gli atti e documenti delle parti, rimettendo al giudice ogni decisione circa la sorte dell'atto depositato dal difensore della parte o dall'ausiliario in formato cartaceo in luogo del telematico nei casi in cui avrebbe dovuto essere rispettata quest'ultima forma di comunicazione.

Alla luce delle contrastanti decisioni giurisprudenziali in ordine alla ammissibilità del deposito telematico dell'atto introduttivo del giudizio fino alla modifica operata dal d.l. n. 83/2015 era risultata condivisibile la scelta operata dalla circolare nella versione del 27 giugno 2014 di stabilire che «(…) nei Tribunali già abilitati a ricevere tali atti processuali ex art. 35 d.m. n. 44/2011 continuerà a costituire facoltà e non obbligo delle parti quello di inviare anche gli atti introduttivi mediante deposito telematico; laddove tale facoltà non sussista e le parti procedano al deposito telematico di un atto introduttivo o di costituzione in giudizio in assenza della relativa abilitazione, la valutazione circa la legittimità di tali depositi, involgendo profili prettamente processuali, sarà di esclusiva competenza del Giudice; di conseguenza non spetta al cancelliere la possibilità di rifiutare il deposito degli atti introduttivi (e/o di costituzione in giudizio inviate dalle parti, anche presso quello sedi che non abbiano avuto l'abilitazione ex art. 35 d.m. n. 44/2011)», rimettendo al giudice scelte involgenti l'interpretazione di norme di legge.

Si è comunque inteso precisare che resta ferma la facoltà per le parti di depositare su supporto cartaceo la richiesta di ingiunzione di pagamento europea, alla luce del tenore dell'art. 7, par. 5, Reg. CE n. 1896/2006, pure al fine di consentirne il deposito da parte di soggetti stranieri privi di difensore che, al pari di tutte le parti non costituite a mezzo di difensore non sono tenute all'invio telematico.

Comunicazioni alle parti

Il paragrafo 10 rammenta al cancelliere che i provvedimenti del giudice vanno comunicati integralmente alle parti, ai sensi degli artt. 45 disp. att. c.p.c. e 133 c.p.c. sicchè, ove il provvedimento è depositato in formato cartaceo, deve essere acquisito in copia informatica.

Si prevede, poi, che il destinatario di un decreto ingiuntivo o il suo difensore munito di procura devono essere posti in condizione di consultare i documenti allegati al ricorso, sulla cui scorta è stata pronunciata l'ingiunzione di pagamento, senza alcun onere, con rimessione ai singoli uffici della determinazione concreta delle modalità applicative del principio. Spesso la regolamentazione di questo aspetto è rimessa nei singoli Tribunali ai protocolli condivisi con gli Ordini forensi.

Atti processuali a firma multipla

Il paragrafo 12 rammenta che gli artt. 126 e 207 c.p.c. sono stati novellati dall'art. 45, comma 1, lett. a, d.l. n. 90/2014 sicché è venuta meno la necessità della sottoscrizione del verbale di udienza da parte dei soggetti intervenuti che, comunque, non potrebbero firmarlo per ragioni tecniche ove il verbale sia redatto con la consolle del magistrato. È solo previsto che del verbale dia lettura in udienza il cancelliere, prescrizione difficilmente suscettibile di essere osservata in tutte quelle numerosissime realtà in cui il cancelliere non assiste il giudice in udienza. Resta, comunque, ferma l'esigenza di acquisire in formato cartaceo il verbale di conciliazione, visto che l'art. 88 disp. att. c.p.c. continua a prevederne la sottoscrizione delle parti. Si pone in questo caso, come in quello dell'art. 87 disp. att. c.p.c., il problema della tacita abrogazione della norma da parte della generale previsione degli artt. 126 e 207 c.p.c. ovvero della sua sopravvivenza quale norma speciale.

Iscrizione dei professionisti al ReGIndE

Il paragrafo 13 della Circolare rammenta l'obbligo anche per i professionisti nominati dal giudice di provvedere al deposito telematico e quello per la cancelleria di non accettare gli atti cartacei provenienti da tali soggetti poiché, talora, la stessa produce istanze cartacee di accettazione del deposito analogico con connesso problema della ritualità del deposito della richiesta, risolvibile, invece, con l'accettazione da parte del cancelliere e sottoposizione al giudice per i provvedimenti del caso.

Compito del cancelliere è anche la sensibilizzazione dei professionisti a curare l'iscrizione al

ReGIndE

, se non avvenuta da parte degli ordini di appartenenza.

Al paragrafo 14, la Circolare ha inteso recepire la prassi invalsa in alcuni uffici giudiziari di invitare il difensore della parte che ha assolto il contributo unificato mediante l'acquisito dell'apposita marca al bollo ed alla sua scansione per l'inserimento nel fascicolo informatico, a recarsi presso l'ufficio giudiziario per consentirne l'annullamento, come prescritto dall'art. 12 T.U. n. 642/1972.

Potere di autenticazione

Di rilevante importanza pratica risultano essere gli ultimi paragrafi, dal 15 al 19.

Anzitutto si precisa, con ciò interpretando il comma 9-bis dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 introdotto dall'art. 52 d.l. n. 90/2014 che il potere di autenticazione, da parte del difensore, del consulente tecnico, del professionista delegato, del curatore e del commissario giudiziale, degli atti e dei provvedimenti da loro estratti dal fascicolo digitale non soffre alcuna distinzione a seconda che riguardi procedimenti instaurati prima o dopo il 30 giugno 2014, attesa la ratio comune di sgravare gli uffici giudiziari da attività di basso contenuto intellettuale e di consentire alle parti di avvantaggiarsi delle possibilità offerte dall'utilizzo dello strumento informatico. Nessuna distinzione può puoi riguardare l'adeguamento del contributo unificato, stabilito dal d.l. n. 90/2014 a seconda che si tratti di importo dovuto in relazione a giudizi pendenti innanzi a giudici sottratti al regime di obbligatorietà del PCT (si pensi al Giudice di Pace).

È evidente che nei casi trattati si è in presenza di interpretazioni di norme che non vincolano il giudice, per quanto detto in precedenza.

Rilascio formula esecutiva

Anche per quanto riguarda le modalità di rilascio della formula esecutiva (paragrafo 17), la Circolare si spinge ad offrire una interpretazione della normativa vigente, invitando la cancelleria ad astenersi dall'apporre tale formula su copie di provvedimenti giudiziali autenticate ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis d.l. n. 179/2012 per effetto della previsione dell'art. 153 disp. att. c.p.c., che mantiene in capo al cancelliere l'attività di rilascio della formula esecutiva. L'indicazione è conforme al parere dell'Ufficio legislativo di cui alla nota prot. 8921 15 ottobre 2014.

Dunque, devono essere percepiti di diritti di cui all'art. 268 d.P.R. n. 115/2002.

Visibilità del fascicolo a tutti i componenti del collegio giudicante

I paragrafi 18 e 18.1 muovono dalla medesima esigenza di consentire la visibilità degli atti di un fascicolo a tutti i componenti del collegio giudicante ovvero all'intero collegio difensivo della parte, richiamando l'esigenza che la cancelleria inserisca nei registri informatici tutti i giudici componenti il collegio ovvero i difensori di una parte che, così, accedono direttamente agli atti contenuti nel fascicolo informatico.

Infine, il paragrafo 19 disciplina le modalità di trasmissione del fascicolo di primo grado alla Corte di Appello preoccupandosi di stabilire che oltre al fascicolo telematico – il cui invio avviene con l'apposita funzionalità degli applicativi ministeriali – si disponga la trasmissione degli atti e verbali redatti su supporto cartaceo nonché una stampa su carta del registro “storico” del processo, attesa la natura ancora “ibrida” del fascicolo processuale.

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