Imprenditore senza PEC: legittima la notifica presso la casa comunale della sede legale della società

Redazione scientifica
22 Giugno 2016

La Corte d'appello di Catanzaro ha sollevato questione di legittimità costituzionale censurando la diversità tra la disciplina delle notificazioni applicata nel procedimento ordinario e quella applicata nel procedimento fallimentare e l'inidoneità della notifica presso la casa comunale a garantire al debitore la conoscibilità del procedimento fallimentare a suo carico.

Il caso. Investita del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di una società cooperativa, la Corte d'appello di Catanzaro ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 R.D. n. 267/1942 come sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a) d.l. n. 179/2012.

Il Collegio ha rilevato che il ricorso per la dichiarazione del fallimento e il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, dopo l'esito negativo delle precedenti notifiche presso l'indirizzo PEC e la sede legale della società, erano stati notificati con deposito nella casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese.

Il rimettente, quindi, rivolgendo le proprie censure alla sola ipotesi della notifica a imprese esercitate in forma collettiva, ha rilevato una violazione:

  • dell'art. 3 Cost., in quanto la possibilità che la notifica si perfezioni, in caso di mancato reperimento del destinatario, con il solo deposito nella casa comunale senza le ulteriori cautele previste per le notifiche a persona giuridica dall'art. 145 c.p.c. comporterebbe una disparità di trattamento tra le notifiche ordinarie e quelle del processo fallimentare;
  • dell'art. 24 Cost. in quanto il mero deposito presso la casa comunale non costituisce mezzo idoneo a rendere conoscibile l'atto al suo destinatario.

La diversità tra procedimento ordinario e fallimentare giustifica le differenti modalità di notificazione. Secondo la Corte costituzionale non sussiste alcuna violazione dell'art. 3 Cost. poiché «la diversità delle fattispecie poste a confronto ne giustifica, in termini di ragionevolezza, la diversa disciplina delle notificazioni». Mentre, infatti, l'art. 145 c.p.c. è finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati e alle connesse procedure, l'art. 15 R.D. n. 267/1942 si propone di coniugare tale finalità di tutela del diritto di difesa dell'imprenditore collettivo «con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale».

Irreperibilità imputabile all'imprenditore: il Tribunale è esonerato dall'adempimento di ulteriori formalità. Infondata è anche la censura relativa alla violazione dell'art. 24 Cost. in quanto il duplice meccanismo di notifica predisposto dall'art. 15 R.D. n. 267/1942 garantisce adeguatamente la conoscibilità da parte del debitore dell'attivazione del procedimento fallimentare a suo carico. Il deposito dell'atto introduttivo presso la casa comunale è, infatti, subordinato all'esito negativo sia della prescritta notifica all'indirizzo PEC (di cui l'impresa è obbligata a dotarsi e che deve mantenere attivo ex art. 16 d.l. n. 185/2008) sia della notificazione presso la sede legale dell'impresa collettiva (che deve essere indicata nell'apposito registro ex l. n. 580/1993).

La situazione di irreperibilità è, quindi, imputabile alla negligenza e alla condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico dello stesso imprenditore e ciò giustifica l'esonero del tribunale dall'adempimento di ulteriori formalità normalmente previste dal codice di rito in virtù del principio di compatibilità tra il diritto di difesa e gli obiettivi di speditezza e operatività ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale.

Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità dell'art. 15, comma 3, R.D. n. 267/1942.

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