L'ondivago orientamento della giurisprudenza amministrativa anteriore alle nuove norme tecniche

26 Gennaio 2016

Nella sua originaria formulazione, il codice del processo non recava specifiche disposizioni in materia di liberalizzazione e semplificazione del servizio di notifica. In assenza di espresse disposizioni normative che legittimassero gli avvocati a tale speciale forma di notificazione, la questione è stata oggetto di orientamenti esegetici spesso contrastanti.
Quadro normativo

Nella sua originaria formulazione, il codice del processo non recava specifiche disposizioni in materia di liberalizzazione e semplificazione del servizio di notifica, limitandosi a dettare all'art. 13, all. 2, c.p.a., una norma programmatica volta ad un tendenziale aggiornamento del rito verso il modello del processo telematico.

Peraltro, va necessariamente tenuto presente che un approfondimento in ordine alle problematiche delle notificazioni nell'ambito del giudizio amministrativo non può prescindere dal costante raffronto con la disciplina degli omologhi istituti nel processo civile:ciò, fra l'altro, sulla base della precisa scelta legislativa adottata con il Codice del processo amministrativo che, in linea generale, opera un rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile per quanto compatibili o espressione di principi generali (art. 39, comma 1, c.p.a.) e, nello specifico, dispone che le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque regolate dalla disciplina processual-civilistica (art. 39, comma 2, c.p.a.); il che è del tutto coerente, del resto, con la circostanza che fra i principi e i criteri direttivi della delega, l'art. 44, comma 1, l. 18 giugno 2009, n. 69, aveva compreso anche il coordinamento con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali.

Sia nel processo amministrativo che in quello civile, in assenza di espresse disposizioni normative che legittimassero gli avvocati a tale speciale forma di notificazione, la questione è stata oggetto di orientamenti esegetici spesso contrastanti.

In sede legislativa, un passo fondamentale è avvenuto per mezzo dell'art. 16-quater, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, con cui si è introdotto l'art. 3-bis, l. 21 gennaio 1994, n. 53. Con tale norma è stata espressamente prevista – in termini generali e senza particolari limitazioni all'una o all'altra branca del diritto processuale – la facoltà dell'avvocato di provvedere alla notifica a mezzo posta elettronica certificata; inoltre, l'art. 16-quater, commi 2 e 3, d.l. n. 179/2012, ha previsto che tale disposizione acquisisse efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un Decreto del Ministero della Giustizia recante l'adeguamento delle regole tecniche dettate dal precedente d.m. 21 febbraio 2011, n. 44.

Invero, nell'ambito del processo amministrativo, la questione è rimasta controversa anche successivamente a tale intervento normativo.

Ciò, fra l'altro, alla luce di quanto successivamente disposto dall'art. 46, comma 2, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito in l. 11 agosto 2014, n. 114, che ha aggiunto all'art. 16-quater, d.l. n. 179/2012 un nuovo comma 3-bis, a tenore del quale «le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa» e nonostante l'art. 46, comma 1, lett. a, n. 2, d.l. n. 90/2014 abbia inserito un ultimo periodo nel citato art. 1, l. n. 53/1994, secondo cui «quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente, fatta eccezione per l'autorizzazione del consiglio dell'ordine, la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata».

A fronte dell'incertezza del panorama normativo, l'orientamento della giurisprudenza non è stato affatto univoco in ordine alla controversa ammissibilità della notifica per via telematica nel processo amministrativo.

Una parte della giurisprudenza – soprattutto di primo grado – ha concluso per la soluzione negativa, ritenendo che, nelle more dell'adozione delle norme tecniche attuative del processo telematico, la facoltà di notifica a mezzo PEC non possa essere estesa al processo amministrativo. Ciò, ovviamente, anche valorizzando la citata disposizione di cui all'art. 16-quater, comma 3-bis, d.l. n. 179/2012 secondo cui «le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa». Di talché, in assenza di un provvedimento presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a., l'atto notificato a mezzo PEC è destinato ad incorrere in una pronuncia di inammissibilità.

In senso contrario si pone il più recente orientamento del Giudice d'appello, secondo cui la mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata il complessivo sistema approntato dalla l. n. 53/1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli artt. 1 e 3-bis della legge stessa), nel testo modificato dall'art. 25, comma, 3, lett. a, l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l'avvocato «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata». Nel processo amministrativo telematico (PAT) – contemplato dall'art. 13 delle norme di attuazione di cui all'Allegato 2 al c.p.a. – è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell'autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a., disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico appare ormai irreversibile.

In quest'ottica si è ritenuto che l'inapplicabilità alla giustizia amministrativa – da ultimo sancita con l'art. 46, comma 2, d.l. n. 90/2014 – delle disposizioni dei commi 2 e 3 dell'art. 16-quater, d.l. n. 179/2012, risulta all'evidenza circoscritta all'adeguamento delle regole tecniche di cui al d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (previsione che consegue direttamente dalla nota carenza di qualunque competenza istituzionale del Dicastero della Giustizia nei confronti della Giustizia amministrativa) e al differimento dell'efficacia di detto adeguamento a decorrere dalla pubblicazione del richiamato decreto.

I due orientamenti a confronto: l'inammissibilità della notifica telematica nel processo amministrativo

Secondo un primo orientamento, sino all'adozione delle specifiche tecniche, la disciplina del processo amministrativo non consentirebbe di avvalersi della modalità di notifica per via telematica.

In particolare, all'opzione interpretativa secondo cui la notificazione a mezzo PEC potrebbe essere reputata possibile giusta l'art. 1 l. n. 53/1994, a tenore del quale l'avvocato «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata» (tesi corroborata dall'art. 16-ter, commi 1 e 1-bis, d.l. n. 179/2012 cit. sui “pubblici elenchi” ai fini delle notificazioni anche nella materia amministrativa), si contrappone il disposto dell'art. 16-quater, co. 3-bis, d.l. n. 179/2012 cit., che nell'escludere l'applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l'operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento, pare averne chiarito la non esportabilità nel giudizio amministrativo (siffatta soluzione è stata da ultimo seguita da Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016, n. 189).

A conferma di questo esito stanno due argomenti.

Anzitutto, a fronte dell'esplicita esclusione di cui si è appena dato conto, il legislatore ha esteso al giudizio amministrativo in modo altrettanto esplicito soltanto la possibilità di effettuare a mezzo PEC comunicazioni di segreteria (art. 16, comma 17-bis, d.l. n. 179/2012 cit.). In questa prospettiva, non è dirimente la ridetta estensione della norma sui “pubblici elenchi” (art. 16-ter, comma 1-bis, d.l. n. 179/2012), atteso che la disposizione, dettata per il processo civile e penale, accomuna le distinte formalità delle “notificazioni” e delle “comunicazioni”. Si può pertanto ritenere che nel processo amministrativo questa sia operativa solo con riferimento alle comunicazioni dell'ufficio, non anche alle notificazioni di parte.

In secondo luogo, può rilevarsi come la notificazione a mezzo PEC dell'atto introduttivo debba avvenire con la modalità indicata dall'art. 3-bis, comma 2, l. n. 53/1994 cit., che nel sancire che l'avvocato estrae «copia informatica dell'atto formato su supporto analogico», vuole che l'attestazione di conformità all'originale sia effettuata ai sensi dell'art. 22, comma 2, CAD, ossia ai sensi della disposizione relativa alle c.d. “copie per immagine”. Tale riferimento impone di richiamare la distinzione operata dalla legge tra la “copia informatica del documento analogico originale”, definita come «il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto» (art. 1, comma 1, lett. i-bis, CAD), e la "copia per immagine su supporto informatico di documento analogico”, che è «il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto» (art. 1, comma 1, lett. i-ter, CAD). L'art. 22, comma 2, CAD attribuisce alle “copie per immagine” la medesima efficacia probatoria dell'originale «se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell'art. 71». Ne segue che detta efficacia probatoria è subordinata alla presenza di una «dichiarazione allegata al documento informatico»:

a) recante attestazione di conformità resa da «notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato»;

b) “asseverata” secondo le inerenti regole tecniche.

Orbene, se, quanto al primo requisito, si può certamente ritenere idonea la dichiarazione resa in tal senso dall'avvocato, alla luce del chiaro disposto dell'art. 6 l. n. 53/1994 («l'avvocato […], che compila la relazione o le attestazioni di cui agli artt. 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all'art. 5, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto»), non risultano però ancora emanate le regole tecniche per l'asseverazione, con conseguente impossibilità di soddisfare (allo stato) il secondo presupposto.

La situazione è differente per il processo civile, in considerazione dell'art. 18, comma 4, d.m. n. 44/2011 (come modificato dal d.m. n. 48/2013 cit.), a tenore del quale «l'avvocato che estrae copia informatica per immagine dell'atto formato su supporto analogico, compie l'asseverazione prevista dall'art. 22, comma 2, CAD, inserendo la dichiarazione di conformità all'originale nella relazione di notificazione, a norma dell'art. 3-bis, comma 5, l. 21 gennaio 1994, n. 53» (giova ribadire che l'art. 16-quater, comma 2, cit. è stato dichiarato espressamente non applicabile al giudizio amministrativo dal nuovo comma 3-bis del medesimo articolo, sicché non è operante la clausola generale dell'art. 39, comma 2, c.p.a.) (TAR Lazio, sez. II-ter, 13 gennaio 2015, n. 396).

Come è noto, in base al disposto di cui all'art. 16-quater, comma 3-bis d.l. n. 179/2012, è esclusa l'applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l'operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), in mancanza di un apposito Regolamento che, analogamente al d.m. 3 aprile 2013, n. 48 detti le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo.

Sulla base della disposizione così richiamata si sono pronunciati in termini di inammissibilità del ricorso alcuni Tribunali amministrativi (TAR Puglia, sez. III, n. 2144/2014; TAR Piemonte, sez. I, n. 33/2015 e recentemente anche dal TAR Lazio, sez. III-ter, n. 396/2015 e Tar Puglia, sez. II, n. 299/2015), mentre altri Consessi hanno formulato conclusioni diverse, ritenendo l'ammissibilità anche nel processo amministrativo della notifica mediante PEC (TAR, Calabria 4 febbraio 2015, n. 183 e precedentemente TAR Lazio, sez. III, n. 11808/2014).

Merita di essere segnalata anche un'ulteriore sfumatura di questo orientamento secondo cui, in considerazione dell'inesistenza di un indirizzo unanime, è possibile ricondurre la fattispecie in esame alle ipotesi in cui, in base al disposto di cui all'art. 37 c.p.a., è consentito al giudice disporre la rimessione in termini della parte per errore scusabile (TAR Veneto, sez. III, ord., 8 ottobre 2015, n. 1016).

Segue. L'ammissibilità della notifica telematica nel processo amministrativo

Secondo un opposto orientamento, l'art. 46, comma 2, d.l. n. 90/2014 esclude l'applicazione, al processo amministrativo, dei commi 2 e 3 non della l. 21 gennaio 1994, n. 53, ma dell'art. 16-quater del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella l. n. 221/2012 il quale, al comma 2, demanda a un decreto del Ministro della giustizia l'adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, mentre al comma 3 stabilisce che le disposizioni del comma 1 «acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2».

La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53/1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli artt. 1 e 3-bis della legge stessa), nel testo modificato dall'art. 25 comma, 3, lett. a, l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l'avvocato «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata».

Nel processo amministrativo telematico (PAT) – contemplato dall'art. 13 delle norme di attuazione di cui all'Allegato 2 al c.p.a. – è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell'autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a., disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile (sull'ammissibilità e sull'immediata operatività della notifica del ricorso a mezzo PEC nel processo amministrativo vanno segnalate le sentenze del TAR Campania, 6 febbraio 2015, n. 923 e del TAR Calabria, 4 febbraio 2015, n. 183).

Se con riguardo al PAT lo strumento normativo che contiene le regole tecnico-operative resta il d.P.C.M. al quale fa riferimento l'art. 13, all. 2, c.p.a., ciò non esclude però l'immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC.

Sulle regole tecnico – operative applicabili, viene in rilievo il d.P.R. n. 68/2005, al quale fa riferimento l'art. 3-bis l. n. 53/1994 (Cons. Stato, sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2682; in termini analoghi, Cons. Stato, sez. III, 14 settembre 2015, n. 4270).

Negli stessi termini, è stato anche affermato che l'art. 1 l. 21 gennaio 1994, n. 53 già consentiva di eseguire la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo di posta elettronica certificata, quale modalità alternativa alla notifica a mezzo del servizio postale e, del resto, coerente con tale disposizione è l'art. 52, comma 2, c.p.a..

L'inapplicabilità alla giustizia amministrativa – da ultimo sancita con l'art. 46, comma 2, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, in l. 11 agosto 2014, n. 114 – delle disposizioni dei commi 2 e 3 dell'art. 16-quater d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 24 dicembre 2012, n. 228 – risulta all'evidenza circoscritta all'adeguamento delle regole tecniche di cui al d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (previsione che consegue direttamente dalla nota carenza di qualunque competenza istituzionale del Dicastero della Giustizia nei confronti della Giustizia amministrativa) e al differimento dell'efficacia di detto adeguamento a decorrere dalla pubblicazione del richiamato decreto.

L'effetto del comma 3-bis è semmai – oltre al superamento in parte dell'art. 52, comma 2, c.p.a. – quella di aver reso immediatamente applicabili alla giustizia amministrativa le norme introdotte dal comma 1 del sunnominato art. 16-quater e ciò, del resto, in linea con il contenuto dell'art. 38 dello stesso decreto (ancorché la relativa efficacia sia stata poi differita) e pure dell'art. 42 il cui comma 1 ha aggiunto il comma 17-bis nell'art. 16 d.l. n. 179/2012.

Peraltro è dirimente richiamare, in tema, un recente arresto del Consiglio di Stato con cui si è affermato che, nel processo amministrativo, è ammessa la notifica del ricorso a mezzo di posta elettronica certificata (PEC), posto che la mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC; nel processo amministrativo trova, invero, applicazione immediata la l. n. 53/1994 e, in particolare, gli artt. 1 e 3-bis della legge stessa, nel testo modificato dall'art. 25 comma, 3, lett. a, l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l'avvocato può eseguire la notificazione di atti anche in materia amministrativa a mezzo della posta elettronica certificata (Cons. Stato, sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2682).

Nemmeno coglie nel segno l'argomento incentrato sull'evocazione del tenore dell'art. 13, all. 2, d.lgs. n. 104/2010 e sulla mancata adozione del d.P.C.M. ivi previsto, giacché – in relazione alle notificazioni – prevale la norma speciale dettata dall'art. 39, comma 2, c.p.a., dovendosi conseguentemente intendere che l'art. 13 sunnominato si riferisca a tutti gli aspetti del processo amministrativo telematico, fatta eccezione per la disciplina delle notificazioni che va rinvenuta nelle leggi processuali civili (CGA, sez. giurisdiz., 13 luglio 2015, n. 520).

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