Notifica via PEC ai difensori valida finché permangono gli effetti giuridici dell'elezione di domicilio

Redazione scientifica
24 Agosto 2016

Il Tribunale di Milano si è pronunciato in merito alla validità di una notifica effettata ai difensori via PEC e non personalmente alla residenza della parte, la cui attestazione di conformità, oltretutto, non presentava l'impronta del file notificato.

Il Tribunale di Milano si è pronunciato in merito all'eccezione di improcedibilità/improponibilità dell'atto di citazione e della domanda introduttiva presentata da parte opposta per inesistenza della notifica.

L'elezione di domicilio effettuata in sede di opposizione è valida anche per i giudizi successivi. In primo luogo, parte opposta rileva che la notifica sarebbe inesistente perché effettuata ai difensori via PEC e non alla residenza della parte personalmente, escludendosi, nel caso in esame, l'applicabilità dell'art. 489 c.p.c. in quanto relativo esclusivamente alla fase esecutiva e non a quella ordinaria.

Secondo il Tribunale di Milano, non può trovare applicazione nel caso concreto il principio enucleato dalla Suprema Corte secondo cui l'art. 489 c.p.c. relativo al luogo dove devono essere eseguite le notificazioni e le comunicazioni inerenti l'esecuzione forzata è applicabile soltanto a tale procedimento, ai creditori pignorati e a quelli in esso intervenuti.

L'elezione di domicilio presso il difensore, infatti, è stata formulata prima (e non solo ai fini) di tale procedura, come risulta nell'atto di pignoramento e nella procura a margine dell'originale dell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Come emerge dalla precedente giurisprudenza della Cassazione, ai sensi dell'art. 47 c.c., «l'elezione di domicilio permane sinché permangono gli effetti giuridici voluti, in conformità con la volontà di chi la effettua».

La procura e l'elezione di domicilio formulate in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, utilizzate e ritenute valide anche nello stesso atto di pignoramento devono, quindi, essere considerate valide anche per l'introduzione del giudizio di merito, indipendentemente dall'art. 489 c.p.c..

Non rileva l'assenza dell'impronta sull'attestazione di conformità se l'atto notificato ha raggiunto il suo scopo. Altro motivo per cui parte opposta ritiene inesistente la notifica è l'assenza dell'impronta (hash) dei file richiesta per le attestazioni di conformità dal d.P.C.M. 13 novembre 2014 ma che, attualmente, non risulta più necessaria alla luce della l. 21 agosto 2015, n. 132, di conversione del d.l. n. 83/2015. Atteso che le notifiche via PEC sono state effettuate prima dell'entrata in vigore di tale previsione, anche in questo caso il Tribunale di Milano non condivide la censura.

D'altra parte, non viene in alcun modo contestata la conformità dell'atto notificato con l'originale cartaceo prodotto in giudizio e, quindi, richiamando il recente orientamento delle Sezioni Unite (Cass. n. 7665/2016), il principio generale ex art. 156 c.p.c. «secondo cui la nullità di un atto non può mai essere pronunciata se l'atto stesso ha raggiunto lo scopo a cui è destinato» deve essere applicato allo stesso modo alle notificazioni, valide anche qualora, malgrado un'eventuale irritualità, l'atto sia venuto a conoscenza del destinatario. Di conseguenza, «è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa».

Per questi motivi, il Tribunale di Milano rigetta l'eccezione preliminare proposta dalla parte opposta.

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