Forma telematica: se non è rispettata bisogna concedere nuovi termini
12 Maggio 2016
Il caso. Contro il ricorso presentato dell'Avvocatura dello stato, patrocinante dell'Assessorato al Territorio della regione Sicilia, nel contesto di un procedimento esecutivo, i creditori pignoratizi adducono, tra le altre cose, l'inammissibilità della domanda, perché depositata in cancelleria in modo difforme a quanto prescritto dall'art. 16 comma 1 del d.l. 179/2012; e la sua tardività, essendo decorsi i termini di riassunzione dalla data dell'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo, consistente nel fallimento di un litisconsorte.
La logica della flessibilità. Sull'inammissibilità della domanda in quanto non rispettosa della forma telematica, il Tribunale di Palermo afferma che «la norma che, nei procedimenti civili contenziosi, o di volontaria giurisdizione, innanzi al Tribunale fa obbligo alle parti già costituite del deposito degli atti processuali e dei documenti con modalità esclusivamente telematiche va letta e applicata secondo la logica della flessibilità». Secondo i giudici palermitani, infatti, la questione dell'obbligatorietà della forma «non può essere considerata al di fuori del sistema delle invalidità (artt. 156 e ss. c.p.c.) il quale esclude che possa procedersi a declaratoria di inammissibilità dell'atto processuale, ove l'atto abbia comunque raggiunto lo scopo cui è destinato». Nel caso in cui l'atto depositato contravvenga alla novella introdotta dall'art. 16 d.l. 179/2012 è più conforme alla ratio della norma ricorrere a rimedi processuali e ordinamentali di natura diversa, nel sistema dei valori processuali implicati, quale potrebbe essere la concessione di un nuovo termine . |