Legittimo dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato via PEC

Redazione scientifica
12 Novembre 2015

La Corte di Cassazione è intervenuta in merito alla legittimità delle notificazioni effettuate dagli uffici giudiziari mediante PEC alle parti processuali diverse da indagati o imputati.

Il caso. Con decreto di citazione diretta emesso dal PM procedente, un uomo veniva chiamato a rispondere dinanzi al Tribunale di Marsala, del reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza alla moglie separata e ai figli minorenni affidati alla donna.
Nell'udienza di comparizione delle parti, il Tribunale accoglieva l'eccezione preliminare del difensore dell'imputato, che aveva addotto la nullità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini a lui diretto, poiché la stessa era avvenuta mediante PEC, cioè con modalità che all'epoca della comunicazione dell'avviso non erano consentite dalla legge. Per l'effetto, il Tribunale dichiarava la nullità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p. indirizzata al difensore dell'imputato, disponendo la restituzione degli atti all'ufficio del PM.
Avverso l'ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Marsala, secondo il quale il Tribunale ha omesso di valutare la regolarità dell'eseguita notifica dell'avviso di conclusione delle indagini inviato al difensore, dal momento che, al di là delle stesse previsioni normative in tema di notificazione degli atti a persone diverse dall'indagato o imputato con lo strumento della posta elettronica certificata, il mezzo di notifica impiegato per l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. al difensore deve reputarsi perfettamente legittimo alla luce del disposto dell'art. 148, comma 2 bis, c.p.p., che consente la notificazione degli avvisi destinati ai difensori con mezzi tecnici idonei, tra i quali deve includersi anche l'uso della posta elettronica certificata.


È nullo il decreto di citazione diretta non preceduto dall'avviso ex art. 415-bis c.p.p.. La Corte ha precisato che nel caso di specie non è in discussione l'eventuale invalidità delle comunicazioni inerenti all'efficacia della vocatio in iudicium e alla ritualità dell'esercizio dell'azione penale, bensì la legittimità di un atto anteriore e propedeutico alla regolare amissione del decreto di citazione, quale quello integrato dall'avviso della conclusione delle indagini preliminari. E poiché l'avviso in esame è atto proprio del PM, non vi è spazio per una sua rinnovazione in sede dibattimentale, essendo la stessa preclusa dall'art. 552, comma 2, c.p.p., ai sensi del quale è nullo il decreto di citazione diretta non preceduto da valido avviso ex art. 415-bis c.p.p.. Deve, dunque, ritenersi corretta la decisione del Tribunale di Marsala, che ha dichiarato nullo il decreto di citazione a giudizio.


Solo successivamente il contrasto sulla legittimità delle notificazioni via PEC è stato superato. Il Supremo Collegio, poi, si è soffermato sulla questione delle comunicazioni effettuate alle parti private mediante l'uso della PEC dando dato atto dell'esistenza – anche nella giurisprudenza di legittimità – al momento dell'adozione del provvedimento da parte del Tribunale, di margini di incertezza interpretativa sulla legittimità delle notificazioni effettuate dagli uffici giudiziari a mezzo PEC alle parti processuali diverse da indagati o imputati. Solo successivamente, infatti, con la pronuncia n. 32430/14, la giurisprudenza del Supremo Collegio ha ritenuto superata l'impostazione cui aveva aderito il Tribunale, con la conseguenza che l'ordinanza impugnata non poteva ritenersi affetta da abnormità.
Per le ragioni sovraesposte, pertanto, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in esame.

Tratto da www.dirittoegiustizia.it

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