Notifica via PEC valida nonostante la cancellazione dell'imprenditore dal Registro delle imprese

Redazione scientifica
21 Settembre 2016

La Cassazione ha riconosciuto la validità della notifica dell'avviso di udienza effettuato all'indirizzo PEC dell'imprenditore individuale risultante dal Registro delle imprese, dal quale, però, l'impresa era stata cancellata.

La Corte d'appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto contro la sentenza che aveva dichiarato il fallimento di un'impresa individuale, ritenendo che la notifica dell'avviso di udienza, effettuato all'indirizzo PEC risultante dal Registro delle imprese, non solo avesse avuto esito positivo (come testimoniato dalla ricevuta telematica) ma fosse anche legittima, poiché la cancellazione dell'imprenditore individuale dal Registro delle imprese non incide sulle modalità di notifica qualora non intervenga la disattivazione della PEC.

Avverso tale provvedimento il fallito ha presentato ricorso per cassazione, denunciando, tra le altre cose, l'illegittimità costituzionale dell'art. 15 l. fall. in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost. in quanto la cancellazione dell'impresa equivarrebbe all'imprenditore defunto e renderebbe privo di valore l'uso della casella PEC per le notificazioni e comunicazioni ad un, ormai, privato cittadino che sarebbe tenuto a risponderne, anche in tempi assai ristretti, in sede prefallimentare.

La Cassazione osserva che in merito alla questione di legittimità si è recentemente pronunciata la Corte Costituzionale (sentenza n. 146/2016) considerando il diritto di difesa dell'imprenditore, nel procedimento fallimentare a suo carico, adeguatamente garantito in virtù del duplice meccanismo di ricerca, predisposto dall'art. 15 l. fall.. Inoltre, le esigenze di speditezza e operatività cui deve essere improntato il procedimento concorsuale giustificano l'esclusione del Tribunale dall'adempimento di ulteriori formalità qualora l'imprenditore sia irreperibile per cause imputabili alla sua stessa negligenza.

In tale quadro, rientra anche l'imprenditore individuale che, cancellatosi dal Registro delle imprese per cessata attività, abbia disattivato la propria casella PEC nel periodo dell'anno durante il quale può essere dichiarato fallito ai sensi dell'art. 10 l. fall.. Come la Suprema Corte aveva già in precedenza rilevato (sent. n. 8932/2013), tale norma, pur ponendo a carico del creditore che tempestivamente ha presentato istanza di fallimento il rischio della durata del procedimento, non si pone in contrasto con la normativa costituzionale. Infatti, il possibile diverso trattamento dei creditori in relazione alla diversa durata del procedimento, derivando dal concreto svolgersi del procedimento stesso è un problema di fatto irrilevante ai fini della legittimità costituzionale della norma. Inoltre, la previsione di un termine annuale permette di raggiungere il punto di mediazione nella tutela di due interessi contrapposti: quelli dei creditori, da un lato, e quello generale (non solo del cessato imprenditore) alla certezza dei rapporti giuridici, dall'altro.

Non sorge neppure, nel caso dell'imprenditore individuale, il problema dell'identificazione del rappresentante dell'impresa dopo la sua cancellazione dal registro, ai fini dell'operatività di quella fictio iuris che permette lo svolgimento del procedimento prefallimentare e delle eventuali successive fasi impugnatorie.

In questo caso, infatti, l'imprenditore individuale è «univocamente quella persona fisica la cui casella PEC ha come indirizzo proprio il suo nome e cognome» sicché la sua deliberata disattivazione nel termine annuale ex art. 10 l. fall., in cui perdura la sua responsabilità per la sistemazione concorsuale delle proprie debitorie tramite la necessaria dichiarazione di fallimenti, comporta il verificarsi di un'ipotesi di irreperibilità dell'imprenditore che la Corte costituzionale ha definito imputabili «alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico».

Per questi motivi, considerato che la procedura di notifica prefallimentare, tentata, nel caso di specie, attraverso la comunicazione telematica, presso la casa comunale e, infine, presso l'ultima residenza, deve essere considerata immune da censure ed eseguita in base ad una normativa (art. 15, comma 3, l. fall.) pienamente compatibile con la i parametri costituzionali, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.

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