Atti processuali inviati via fax: il diritto all'equo processo e i limiti tecnici all'esercizio dell'azione
20 Giugno 2016
Massima
Il diritto alla giurisdizione non è assoluto, ma è soggetto a limitazioni, in particolare per quanto riguarda le condizioni di ricevibilità di un ricorso, dal momento che specie, in tal caso, è necessaria una regolamentazione da parte dello Stato. E tuttavia tali limitazioni non devono essere tali da restringere o ridurre tale diritto, al punto da menomarlo, poiché è necessario sia che gli scopi perseguiti mediante le regole siano legittimi, sia che sussista una ragionevole proporzione tra gli scopi stessi e i mezzi adottati per il loro perseguimento. Premesso che il diritto all'equo processo comprende anche il diritto ad accedere alla giurisdizione, la tempestività della trasmissione del ricorso a mezzo fax non può essere esclusa quando per un errore non imputabile alla parte, l'atto non venga stampato presso l'Ufficio Giudiziario, essendo eccessivo attribuire alla parte mittente il rischio di un malfunzionamento dell'apparato tecnico del destinatario, come pure attribuire al mittente l'onere di dimostrare il contenuto del documento inviato via fax. Il caso
Nell'ambito di un giudizio celebrato in Slovenia, una cittadina vede rigettata la propria domanda, con decisione comunicata al suo difensore il 13 giugno 2011. Il termine per l'impugnazione scade il 28 giugno 2011, e alle 18.54 di tale giorno il difensore invia l'atto di gravame (un documento di sei pagine) all'Ufficio Giudiziario, a mezzo fax. Il gravame viene inviato anche a mezzo posta raccomandata, il giorno successivo, che è anche il giorno successivo alla scadenza del termine per l'impugnazione. La Corte rigetta quindi l'appello, sul presupposto della sua tardività. Nell'ulteriore grado di giudizio la ricorrente produce la ricevuta di conferma dell'invio a mezzo fax, ed emerge che presso l'Ufficio Giudiziario fosse in effetti pervenuto un documento a mezzo fax, dal difensore della parte, alle ore 18.59, che tuttavia non era stato stampato. La decisione sul gravame evidenzia allora come la ricezione del ricorso fosse avvenuta solo il 29 giugno (quindi tardivamente); come il ricorso presumibilmente inviato il giorno 28 avrebbe potuto essere considerato tempestivo solo se fosse stato consegnato alla Corte prima della scadenza del termine; come l'onere della prova della tempestività del deposito gravasse sul ricorrente; come la ricevuta di conferma dell'invio del fax non dimostrasse quale fosse stato il documento trasmesso, il suo contenuto e la sua riferibilità al caso in contestazione. La Corte EDU ha concluso ritenendo sussistente, in tale approccio, una violazione dell'art. 6, § 1 della Convenzione. La questione
La questione controversa, in sostanza, riguarda la compatibilità con le regole della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali (art. 6 § 1), di un sistema processuale che addossi al mittente di un atto inviato a mezzo fax, il rischio che lo stesso non venga stampato dall'apparecchio del ricevente. Peraltro, tale questione permette di operare alcune valutazioni anche in ordine alla gestione “tecnica” degli atti processuali, e alle necessità che in conseguenza delle regole, o della loro applicazione, il cittadino non resti privato del diritto alla giurisdizione. Le soluzioni giuridiche
Sul tema dell'utilizzo del fax, nella giurisprudenza italiana, Cass., sez. III, sent., 24 novembre 2005, n. 24814 ha affermato che «fra le riproduzioni meccaniche indicate, con elencazione meramente esemplificativa, dall'art. 2712 c.c., le quali formano piena prova dei fatti o delle cose rappresentati, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesimi, rientra anche la riproduzione di un atto mediante il servizio telefax, che costituisce un sistema di posta elettronica volto ad accelerare il trasferimento della corrispondenza mediante la riproduzione a distanza (con l'utilizzazione di reti telefoniche e terminali facsimile) del contenuto di documenti» (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che in un procedimento giurisdizionale quale quello avente ad oggetto il reclamo avverso i risultati delle elezioni per il rinnovo del Consiglio del collegio dei geometri, caratterizzato nella sua fase introduttiva dalla libertà di forma, ma anche dall'estrema ristrettezza del termine entro il quale il ricorso deve pervenire - dieci giorni dalla proclamazione dei risultati elettorali -, il reclamo stesso può essere trasmesso a mezzo telefax, costituendo siffatta rapida modalità di trasmissione valido equipollente dell'invio dell'atto a mezzo posta; la Corte ha precisato, peraltro, che l'ammissibilità del reclamo trasmesso a mezzo telefax è tuttavia subordinata sia all'accertamento della tempestività del suo ricevimento da parte dell'organo investito del potere di pronunciarsi - nella specie attestato dal timbro dell'ufficio ricevente apposto sul fax-, sia alla verifica della conformità all'originale, per rendere possibile la quale è necessario che alla trasmissione a mezzo telefax segua, anche se a termine scaduto, il deposito o l'invio dell'originale). Ancora Cass., VI-I, ord.,24 novembre 2014, n. 24934, secondo cui «nel giudizio di cassazione è inammissibile l'istanza di ricusazione di uno o più componenti del collegio proposta con memoria od atto inviato dal ricorrente a mezzo fax alla cancelleria, sia pure spedito da quello di pertinenza del difensore indicato nel ricorso e pervenuti nel termine fissato dall'art. 52, comma 2, c.p.c., in quanto l'art. 366, comma 4, c.p.c. prevede che possano essere effettuate con tale mezzo unicamente le comunicazioni da parte della cancelleria e le notificazioni tra i difensori, di cui agli artt. 372 e 390 c.p.c.». Ancora Cass., sez. lav., sent., 23 gennaio 2013, n. 1567, secondo cui «è diritto del difensore - che aderisca all'astensione delle udienze legittimamente deliberata dal competente organismo forense - quello di ottenere un differimento della trattazione della causa, sicché lo svolgimento della suddetta attività, in presenza di tale impedimento, ben può determinare, ove ne sia da esse derivato pregiudizio al diritto di difesa, una nullità degli atti assunti. Tuttavia, l'impedimento in oggetto deve essere previamente portato a conoscenza dell'Ufficio, siccome si tratta di una facoltà del difensore che, pur avendo origine o fonte in un deliberato "collettivo", si esercita mediante un atto di esternazione individuale, la cui presenza è indefettibile, appartenendo alla sfera dei diritti personali la facoltà di aderire, o no, ad una decisione di astenersi dall'attività (cfr. C. cost. n. 171/1996)» (nella specie, il difensore aveva inviato il fax, contenente la dichiarazione di astensione, la sera prima dell'udienza in cui la sentenza impugnata era stata emessa, ma non risultava - e il relativo onere era a carico della parte che chiedeva il rinvio - che tale comunicazione fosse stata portata tempestivamente a conoscenza del collegio giudicante e della controparte). Ai fini di cui all'art. 1 l. n. 183/1993, è opportuno richiamare Cass. civ.,sez. lav., 29 marzo 2010, n. 7521, secondo cui in tema di utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati per la trasmissione di atti processuali, l'art. 1 l. 7 giugno 1993, n. 183, prevedendo che la copia fotoriprodotta e teletrasmessa dell'atto si considera conforme all'originale in presenza dei requisiti previsti dalla stessa norma, ha introdotto una presunzione assoluta di conformità della copia trasmessa all'originale, equiparando - limitatamente all'oggetto (atti o provvedimenti processuali) ed alle finalità della norma - l'attestazione dell'avvocato a quella del pubblico ufficiale competente. Tale disposizione ha, pertanto, ampliato, limitatamente all'ambito processuale, la prima delle due ipotesi alternative di conformità della copia disciplinate dall'art. 2719 c.c., lasciando immutata la previsione di cui all'ultima parte della norma, con la conseguenza che nel caso in cui la copia non possa ritenersi conforme all'originale per difetto dei requisiti di legge, l'efficacia della copia deve essere comunque verificata, valutando se vi sia stato l'espresso disconoscimento della conformità all'originale». Osservazioni
La decisione della Corte EDU pone una serie di problemi con i quali fare i conti. Da un punto di vista di fatto, è bene premettere che il codice di procedura civile sloveno non prevede espressamente la possibilità di utilizzare il fax per l'inoltro di atti giudiziari agli Uffici competenti. L'art. 112, comma 2 (punto 17), prevede infatti solo i casi delle trasmissioni con la posta raccomandata o con il telegrafo, mentre il comma 3 fa generico riferimento alla trasmissione con mezzi elettronici. Altra norma (The Court Rules: punto 18) prevede poi che le domande inviate a mezzo telegramma o a mezzo telefax, che non possono comunque derogare ai termini processuali previsti, vengano esaminate nel contesto delle regole procedurali (art. 99), e che le domande inviate a mezzo telefax siano ritenute alla stregua di atti scritti di parte, a condizione che siano conformi alle regole processuali, e che il telefax consenta di identificare il tempo dell'invio e l'identità del mittente (art. 100). La giurisprudenza slovena ha assunto al riguardo due decisioni. La prima risalente al 13 ottobre 2004 (punto 19), con la quale la Corte aveva annullato la decisione impugnata, che non aveva preso in considerazione, a fini di verifica della tempestività dell'atto inviato a mezzo fax, la ricevuta di conferma (e questo dopo aver affermato che ciò che rilevava fosse la consegna dell'atto prima dello scadere del termine, indipendentemente dalla trattazione successiva da parte dell'Ufficio Giudiziario, che era un problema di organizzazione interna di tale Ufficio). La seconda risalente al 4 marzo 2013 (punto 20), con la quale la Corte ha invece ritenuto che la prova della trasmissione non integrasse prova della ricezione da parte del destinatario, e che potrebbe accadere che la Corte non riceva il documento entro il termine, a causa di un problema del sistema di trasmissione o per altre ragioni tecniche, in tal caso dovendosi addossare il rischio alla parte che si sia avvalsa della modalità di trasmissione a mezzo fax. Nel caso ora trattato, non vi è controversia su alcuni profili specifici di fatto. Certamente un documento di sei pagine era stato inviato a mezzo fax l'ultimo giorno utile, senza che fosse stato stampato dall'apparecchio dell'Ufficio Giudiziario ricevente. Certamente un documento di sei pagine, proveniente dal difensore della parte, era stato ricevuto dall'Ufficio l'ultimo giorno utile, ma non era stato stampato (punto 10). Certamente un documento di sei pagine era poi stato inviato a mezzo posta raccomandata il giorno 29 giugno, quando però era ormai scaduto il termine per l'impugnazione. Si tratta allora di comprendere se sia ragionevole, e rispettoso del principio del diritto ad un equo processo, addossare al ricorrente il rischio di un cattivo funzionamento delle apparecchiature elettroniche (in questo caso del telefax, ma più in generale dei sistemi informatici, o di posta elettronica certificata), che non permetta la stampa del ricorso (o la sua visualizzazione telematica, nel caso dell'invio a mezzo PEC). La risposta della Corte EDU è stata netta. La prima osservazione, di carattere generale, è stata nel senso che il diritto di accedere alla giurisdizione non sia assoluto, essendo possibile imporre delle limitazioni, in particolare proprio per quanto riguarda le regole relative alle condizioni di ricevibilità del ricorso. La previsione di termini di scadenza per la proposizione di un ricorso è d'altra parte finalizzata a garantire la corretta amministrazione della giustizia, in conformità con il principio della certezza dei rapporti giuridici. Il punto fondamentale è però che tali limitazioni non possono essere tali da condizionare la stessa possibilità di accedere alla giurisdizione,andando ad incidere sul relativo diritto; non possono pertanto essere ritenute conformi all'art. 6 della Convenzione, le limitazioni finalizzate a perseguire uno scopo che non sia legittimo, ovvero quelle che si sostanzino in regole, che non siano legate da un ragionevole rapporto di proporzione rispetto allo scopo perseguito. E questo, nel caso in esame, perché le regole, o la loro applicazione concreta, non possono ostacolare le parti nel ricorso alla giurisdizione. E qui si innesta la seconda osservazione operata dalla Corte EDU. In particolare, essa ha rilevato che sia possibile addossare alla parte la tardività del ricorso, quando gli errori siano attribuibili alla parte stessa. Pur non essendo in discussione il principio per il quale sono le Autorità nazionali competenti a decidere in ordine alla ammissibilità e alla rilevanza delle prove, la Corte ha in particolare valutato da un lato l'elemento fattuale (vi era la ricevuta di trasmissione di un documento di sei pagine, e parimenti di sei pagine era il documento inviato il giorno successivo alla scadenza), e dall'altro lato la circostanza per la quale il problema tecnico che si era verificato era attribuibile all'Ufficio e non alla parte; e ha concluso affermando che l'approccio tenuto dalle Autorità nazionali aveva reso praticamente impossibile il successo dell'appello. A sua volta, questo aveva comportato che alla parte fosse stato attribuito un onere sproporzionato, così privandola del diritto alla giurisdizione, e di conseguenza del diritto ad un equo processo, in violazione dell'art. 6 § 1 della Convenzione (si consideri che laddove la decisione ha definito l'approccio del giudice nazionale overly rigid, il parere concorde – concurring opinion - del giudice KURIS, lo ha invece definito anche giuridicamente infondato e ingiusto – but also legally unsubstantiated and unfair). A fini di analisi della decisione, è bene premettere subito che la Corte non ha trattato della possibilità, astratta, di utilizzare il fax per il deposito di un atto giudiziario, essendosi limitata a prendere atto che la giurisprudenza nazionale, nel caso concreto, lo consentisse (punto 33). La questione trattata ha riguardato solo le conseguenze di un malfunzionamento tecnico dell'apparecchio ricevente, e la ragionevolezza dell'attribuzione del relativo rischio alla parte. Non può di conseguenza dirsi, sulla base della decisione in commento, che un invio a mezzo fax, di atti giudiziari, sia sempre e comunque possibile, in virtù del diritto all'accesso alla giurisdizione, che discende dalla Convenzione. E tuttavia la decisione va adeguatamente valorizzata, non solo in relazione alla statuizione specifica, che ha riguardato il caso concreto, ma soprattutto in relazione ai principi richiamati dalla Corte. In altre parole, la decisione va qui esaminata per le implicazioni che essa riflette non sul tema particolare dell'utilizzo del fax, ma in ordine al profilo, di valenza generale, che riguarda la compatibilità delle regole (dettate dalla legislazione ovvero applicate dalla giurisprudenza), con il diritto all'equo processo previsto dalla Convenzione. La domanda da porsi è allora quella che riguarda la ragionevolezza di un sistema che da un lato consente –per rimanere al caso trattato- l'invio di atti giudiziari a mezzo fax, e dall'altro lato addossa il rischio della mancata ricezione, ancorché non imputabile al mittente, allo stesso mittente. Il principio che in questa valutazione occorre tenere ben saldo, è quello per il quale la regolamentazione dell'esercizio del diritto in sede giudiziaria non debba comportare limitazioni all'esercizio effettivo del diritto, imponendo dei vincoli non proporzionati agli obiettivi perseguiti dagli Stati. Questo comporta che la concreta regolamentazione dei mezzi tecnici, che pure devono rispondere all'esigenza principale di garantire la certezza dei tempi processuali, in relazione alla verifica della tempestività dell'esercizio dell'azione giudiziaria (ma anche, più in generale, alle esigenze di garantire il contraddittorio, il diritto di difesa, e così via), non possa porre a carico delle parti i rischi derivanti da un cattivo funzionamento delle strumentazioni tecniche. Di conseguenza, non può addossarsi alla parte, quando la responsabilità del cattivo funzionamento della strumentazione sia da attribuire all'Ufficio Giudiziario, il rischio della mancata ricezione dell'atto da parte della Autorità Giudiziaria, e neppure può addossarsi alla parte l'onere di provare il contenuto del documento inviato a mezzo fax, quando esso non sia stato stampato o ricevuto per causa non addebitabile alla parte stessa. Ma soprattutto appare di rilievo, quale conseguenza dell'argomentare della Corte, e per passare al profilo di valenza generale, che nell'approntare le regole tecniche, aventi rilievo processuale, o comunque nell'applicare tali regole, non si debba in ogni caso perdere di vista il principio fondamentale, che consiste nella esigenza di non privare le parti di un rimedio giurisdizionale idoneo, prevedendo mezzi non ragionevoli rispetto alle forme processuali, queste idonee a garantire i diritti processuali delle parti, e il rispetto dei principi sottesi al processo (difesa, contraddittorio, e così via). In questa ottica, appare strettamente collegata alle implicazioni della decisione della Corte EDU, e per calare i principi nella quotidianità, la discussione in atto in ordine all'utilizzo della tecnologia telematica nel nostro processo civile. È noto che l'art. 1, comma 2, lett. h nr. 6, del disegno di legge approvato dalla Camera il 10 marzo 2016, atto Senato nr. 2284, XVII Legislatura, preveda la delega al Governo, tra l'altro perché stabilisca il divieto di sanzioni processuali sulla validità degli atti per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico dell'atto, quando questo abbia comunque raggiunto lo scopo, e l'irrogazione di sanzioni pecuniarie a carico della parte, quando gli atti difensivi, anche se sottoscritti da un difensore, redatti in difformità dalle specifiche tecniche, ledano l'integrità del contraddittorio o rendano inattendibili le rilevazioni statistiche. Tale previsione appare certamente in linea con la decisione in commento, poiché escludendo sanzioni processuali preclusive del diritto di accesso alla giurisdizione, in conseguenza della violazione di regole di tipo meramente tecnico, valorizza propriamente lo scopo dell'atto, che non può essere inteso nella mera gestione telematica, fine a sé stessa, ma più pragmaticamente nella possibilità che esso consenta lo sviluppo della dialettica processuale tra le parti, e tra queste e il giudice. Beninteso, ipotizzare che l'accesso alla giustizia possa essere limitato, in virtù di regole tecniche di gestione materiale degli atti processuali, non è conclusione di per sé da escludere. Ma si tratta di un risultato che deve rispondere al perseguimento di uno scopo legittimo, da raggiungere attraverso mezzi ragionevoli e proporzionati all'obiettivo stesso. Che questo possa positivamente essere apprezzato come sussistente, allorquando un documento venga prodotto in un formato diverso da quello previsto nelle regole tecniche, ovvero quando un atto venga prodotto in maniera cartacea piuttosto che telematica, ovvero quando l'atto rechi una indicazione di RG errato (per fare tre esempi di pratica quotidiana), è conclusione che non pare in linea con la decisione in commento. E d'altra parte, la nostra giurisprudenza di legittimità appare del tutto consapevole dei reali interessi in gioco. Basti pensare alla recente decisione delle sezioni unite (Cass., S.U., n. 7665/2016), con la quale è stato affermato come «la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831/2014). Ne consegue che è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte». |