Notifica cartacea nel PAT: doppio originale o copia conforme?

Elia Barbujani
09 Maggio 2017

Può l'avvocato sottoscrivere con propria firma autografa il ricorso o deve, al contrario, attestare la conformità dell'atto digitale sottoscritto digitalmente? Sotto il profilo processuale, si può sostenere che il ricorso sottoscritto con firma autografa sia nullo perché contrario alle disposizioni del processo telematico?
Massima

Nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale, uno digitale e uno cartaceo, avviando alla notifica, con le tradizionali modalità materiali, quest'ultimo. In ogni caso, la redazione di un secondo originale in formato cartaceo e la sua materiale notificazione consentono di raggiungere comunque lo scopo cui l'atto era preordinato, sicché, a norma dell'art. 156 c.p.c., le eccepite difformità rispetto al modello legale non possono dare luogo ad alcuna forma di nullità.

Il caso

Ricevuta la notificazione cartacea del ricorso, l'amministrazione si è costituita in giudizio deducendo l'inammissibilità dello stesso dal momento che il ricorrente avrebbe violato le regole in materia di processo amministrativo telematico.

Infatti, l'atto introduttivo è stato notificato in formato cartaceo e fisicamente sottoscritto dai difensori con firma autografa. Tuttavia, al momento del deposito, il ricorrente ha altresì depositato il ricorso formato come documento informatico munito di firma digitale.

Il TAR Calabria, chiamato a pronunciarsi per la prima volta sulla questione del “doppio originale” ha sottolineato che nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale.

La questione

Con l'entrata in vigore del processo amministrativo telematico, la forma dell'atto diventa digitale. Infatti, secondo l'art. 12, all. a d.P.C.M. n. 40/2016 l'atto del processo viene formato come documento informatico. Per tale motivo, il processo amministrativo è il primo processo non solo interamente telematico (con riferimento alla modalità di trasmissione degli atti) ma anche interamente digitale (con riferimento alla modalità di formazione degli stessi). Tale soluzione, senz'altro ambiziosa, ha comportato da subito alcuni problemi applicativi, dovendosi confrontare con alcune situazioni esterne al processo non ancora informatizzate.

Ci si riferisce alla mancata implementazione, da un lato, del registro pubblico A.N.P.R., che impedisce la notificazione a mezzo posta elettronica certificata nei confronti di controinteressati persone fisiche, i cui indirizzi non siano presenti negli altri pubblici elenchi richiamati dalla l. n. 53/1994. Dall'altro lato, ci si riferisce alla questione ben più grave dell'incompletezza del registro PP.AA., che impedisce di effettuare validamente notificazioni telematiche nei confronti di innumerevoli amministrazioni.

Nel processo civile telematico, tali problemi hanno riguardato solo l'aspetto pratico e di fruizione del sistema da parte dei suoi utenti: l'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 consente al difensore di formare gli atti anteriori alla sua costituzione in giudizio, alternativamente, in modalità cartacea o digitale.

Al contrario, non esistendo tale alternatività nel PAT, si è posto il problema della modalità di formazione dell'atto ai fini della sua notificazione cartacea: l'avvocato può sottoscrivere con propria firma autografa il ricorso o dovrebbe, al contrario, attestare la conformità dell'atto digitale sottoscritto digitalmente?

Sotto il profilo processuale, si può sostenere che il ricorso sottoscritto con firma autografa sia nullo perché contrario alle disposizioni del processo telematico?

Le soluzioni giuridiche

Sebbene il problema sia stato molto discusso nella prassi, la giurisprudenza ha sempre evitato di definire il fenomeno come comunemente denominato del “doppio originale” fino alla pronuncia in esame.

Una precedente soluzione, offerta dal TAR Lazio, aveva già affrontato il tema in questione. Secondo il giudice romano, sarebbe consentito al difensore di formare cartaceamente l'atto e di firmarlo a mano: la firma analogica permetterebbe di riferire in modo inequivocabile il contenuto dell'atto al difensore anche in assenza di una firma digitale. La notifica cartacea non sarebbe perciò nulla in quanto, ricorrendo alle modalità tradizionali di notifica, queste avrebbero permesso il raggiungimento dello scopo, «con la conseguenza che non può farsi luogo ad una pronuncia di nullità ex art. 156, comma 3, c.p.c.» (TAR Lazio, sez. II, sent. 1 marzo 2017, n. 2993).

Questa prima soluzione coincide, peraltro, con un nuovo approccio da parte della giustizia amministrativa: viene sempre più spesso citato il principio di raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c., senza tuttavia dare conto di un più approfondito iter motivazionale che possa dar conto della bontà della soluzione intrapresa anche sotto il profilo tecnico.

Questa metodologia di approccio viene seguita altresì dal TAR Calabria.

Il problema viene però affrontato utilizzando la definizione ampiamente diffusa nella prassi: non sembra cosa da poco, visto che finora di “doppio originale” nessuno sembrava voler parlare, a prescindere dal proprio convincimento.

La pronuncia in esame, infatti, supera la questione della presenza sulla notifica cartacea della firma autografa, per addivenire al cuore del problema: il ricorso introduttivo è stato redatto in doppio originale, uno cartaceo, l'altro digitale. Secondo il TAR, «nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale» concludendo che «in ogni caso, la redazione di un secondo originale in formato cartaceo e la sua materiale notificazione ha comunque consentito alla Regione Calabria di venire a conoscenza dell'instaurazione della lite» richiamando così il principio di cui all'art. 156 c.p.c..

Osservazioni

La definizione di “doppio originale” potrebbe disorientare il difensore, che applicando le categorie tradizionali, continuerebbe comunque a chiedersi “qual è l'originale?”. Infatti, da un lato il difensore deve rispettare l'obbligo di cui all'art. 12, all.a d.P.C.M. n. 40/2016 mentre, dall'altro, deve confrontarsi con la fattualità che impedisce in molti casi l'utilizzo della notificazione a mezzo PEC.

La soluzione del “doppio originale” ha un indubbio vantaggio, ovvero quello di evitare l'incombente di attestare la conformità della copia analogica del ricorso sottoscritto digitalmente per poterla affidare all'ufficiale giudiziario. Questa soluzione, alquanto diffusa nella pratica, attua il disposto di cui all'art. 23 CAD per rispettare il dato letterale del regolamento PAT: “l'originale” in tal modo resta solo il documento informatico, mentre ogni altro atto destinato alla notifica sarebbe solamente una copia. Essa, tuttavia, non trova riscontro in alcuna norma né del codice di procedura né del d.P.C.M. n. 40/2016. L'avvocato è dotato del potere di autentica limitatamente alle ipotesi di cui all'art. 136, comma 2-ter, c.p.a., le quali non contemplano la fattispecie in esame. Per tale motivo, non solo l'attestazione di conformità non avrebbe alcun valore, ma il difensore si troverebbe a notificare un atto privo di sottoscrizione.

Il doppio originale risulta, quindi, soluzione più opportuna da un punto di vista della semplificazione, sebbene il dato letterale contrasti con la definizione citata.

Una semplificazione infatti che, per quanto auspicabile, richiede di non considerare la chiara indicazione dell'art. 12, all. a d.P.C.M. 40/2016 per cui l'atto ha forma obbligatoriamente digitale. Non solo: l'art. 14, comma 6, all. a d.P.C.M. n. 40/2016 definisce l'atto notificato in modalità cartacea come «copia analogica di un atto in originale informatico». Per tale motivo, a parere di chi scrive, entrambe le soluzioni non sono in grado di sciogliere un'antinomia presente nel sistema e superabile solo con un intervento modificativo delle specifiche tecniche: il regolamento PAT si riferisce chiaramente alla notifica cartacea come copia di un originale dell'atto generato come documento informatico, ma nulla prescrive riguardo alla modalità di autenticazione dello stesso.

A ben vedere, tuttavia, il d.P.C.M. n. 40/2016 nulla dice riguardo alla disciplina della notificazione né a mezzo PEC né cartacea: la funzione dell'art. 14 d.P.C.M. n. 40/2016 è circoscritta alle modalità con cui inserire correttamente nel fascicolo telematico la prova dell'avvenuta notificazione mediante deposito telematico.

Non di originale e copia bisognerebbe parlare pertanto, ma di due documenti aventi funzioni diverse. Da un lato, l'atto generato come documento informatico, dall'altro la prova dell'avvenuta notificazione. In tal senso, l'art. 14, all. a ,d.P.C.M. n. 40/2016 parla proprio di “prova” di notificazione, ammettendo l'esistenza di un “atto nativo analogico” ma posticipando il momento della sua autenticazione rispetto all'atto digitale al momento del deposito, mediante la sua trasfigurazione in copia informatica per immagine (scansione). Unico “atto” resta invece il documento informatico, secondo l'espressa previsione dell'art. 12, all. a d.P.C.M. n. 40/2016, che non ammette atti ottenuti da scansione, ma solo PDF testuali.

In definitiva, il regolamento si occupa dell'atto cartaceo solo dal momento in cui esso diventa prova da inserire nel fascicolo, applicando espressamente le regole tecniche che riguardano i documenti, escludendo in tal modo che si crei una contrapposizione tra due “atti” originali. Spostando l'attenzione sulla funzione dei due documenti anziché sulla loro forma, si mantiene la semplificazione del procedimento notificatorio, che continua a riferirsi a norme esterne al d.P.C.M. n. 40/2016 (ovvero la l. n. 53/1994, il d.lgs. n. 104/2010 e il codice di procedura civile).

La giustizia amministrativa ha recentemente pubblicato un documento sul proprio sito web istituzionale che accoglie entrambe le soluzioni attuate nella prassi. Tale documento, tuttavia, pare più espressione di un lavoro di concertazione tra Segretariato della Giustizia Amministrativa e associazioni forensi che frutto di un'esaustiva analisi del problema.