Regime giuridico delle copie di cortesia nel processo amministrativo telematico

21 Marzo 2017

A differenza di quanto successo nel Processo Civile Telematico, nel quale è invalsa la prassi di depositare una copia cartacea di quanto depositato telematicamente, nel Processo Amministrativo Telematico si tratta di un vero e proprio obbligo giuridico.
Massima

Ad avviso della Sezione, pur ad opinare che l'omissione del deposito della copia d'obbligo non precluda l'eventuale concessione di misure cautelari monocratiche ex art. 56 c.p.a. né la conseguente fissazione obbligatoria (ex art. 56, comma 4, c.p.a.) della camera di consiglio di cui all'art. 55, comma 5, c.p.a. la trattazione collegiale in tale sede va comunque considerata condizionata al tempestivo deposito della copia d'obbligo nel termine dilatorio fissato da tale ultima norma (salvo dimidiazione o abbreviazione del termine stesso), sotto pena di rinvio della trattazione collegiale fino a espletato incombente (e pur se con gli effetti estintivi della misura cautelare presidenziale di cui al secondo periodo del cit. art. 56, comma 4, c.p.a.).

Il caso

L'art. 7, comma 4,d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197, ha introdotto l'obbligo di depositare in giudizio una copia analogica degli atti depositati telematicamente. Nel caso in esame, il Consiglio di Stato, accertato che parte ricorrente non ha depositato le suddette copie di cortesia – sottolineando, inoltre, che le medesime dovrebbero essere più correttamente chiamate “copie d'obbligo” - si è interrogato su quali siano le conseguenze processuali del mancato deposito, rinviando la trattazione dell'udienza camerale a data futura e condizionandone la fissazione all'adempimento del deposito cartaceo richiesto.

La questione

A differenza di quanto successo nel Processo Civile Telematico, nel quale è invalsa la prassi – su invito del magistrato – di depositare una copia cartacea di quanto depositato telematicamente, nel Processo Amministrativo Telematico si tratta di un vero e proprio obbligo giuridico. L'art. 7, comma 4, d.l. 31 agosto 2016, n. 168 indica che sino al 1 gennaio 2018 è necessario depositare almeno una copia cartacea dell'atto depositato telematicamente, attestandone la conformità. Inizialmente, dopo l'introduzione di tale regime transitorio, si era ritenuto che la norma potesse essere vista come una mera imposizione di una “cortesia”, non avendo il legislatore indicato alcun sanzione conseguente il mancato deposito della copia cartacea.

Al contrario, gli Uffici Giudiziari hanno dimostrato da subito una particolare attenzione per la norma in questione, scandagliando le poche righe che compongono il quarto comma dell'art. 7 citato meglio di quanto non sia stato finora fatto per le disposizioni contenute nelle Specifiche Tecniche del PAT.

Le soluzioni giuridiche

Dapprima, l'attenzione dei Presidenti dei TAR si è posta sul numero di copie cartacee da depositare, in quanto la norma parla del deposito di “almeno” una copia cartacea, senza fissarne un numero preciso. Dopo la pubblicazione di una serie di circolari degli uffici territoriali, ci ha pensato il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa a porre fine alla questione, il quale con il comunicato del 27 Gennaio 2017 ha chiarito che sarebbe auspicabile il deposito di almeno due copie cartacee, indicando agli avvocati la possibilità di adempiere anche trasmettendo le stesse a mezzo del servizio postale “nello stesso periodo in cui si trasmette lo scritto difensivo con modalità telematiche”.

Il comunicato del Segretario Generale ha avuto il merito di impedire la nascita di prassi locali differenti per quanto attiene al numero delle copie cartacee e alla modalità di deposito delle stesse, richiedendo tale adempimento con una formulazione deferente: sebbene sia la legge a imporre l'adempimento, il rispetto dello stesso è sollecitato dal Segretario Generale “nello spirito di leale collaborazione che ha sempre contraddistinto il rapporto tra magistrati amministrativi ed il Foro”.

La giurisprudenza ha, poi, evidenziato fin da subito che il mancato deposito della copia cartacea non è priva di effetti processuali.

In primo luogo, è stato rilevato che la richiesta per il rilascio di misure cautelari monocratiche sia “non scrutinabile” fintanto che non venga depositata la copia cartacea (TAR Lazio, sez. II-ter, decr., 27 gennaio 2017, n. 497).

Il Consiglio di Stato ha, invece, compiutamente argomentato sulle conseguenze processuali del mancato deposito della copia cartacea, con una premessa di carattere sistematico: essendo l'adempimento imposto dalla legge, è necessario utilizzare la locuzione “copie d'obbligo” (Cons. Stato, sez. VI, ord., 3 marzo 2017, n. 880).

Tale precisazione ha carattere sostanziale: ciò che è stato richiesto dal Segretariato Generale sulla base della leale collaborazione tra giudicanti e difensori, è ora rivendicato dal giudice amministrativo come frutto di uno specifico precetto normativo. Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti, non è necessario richiamare alcun principio deontologico, in quanto lo scopo del legislatore è rendere più agevole la lettura degli atti processuali, e tale onere è “posto a carico delle parti”.

Proprio sulla base di tale rivendicazione – come a dire: “per l'avvocato la cortesia è d'obbligo” – il Consiglio di Stato ha delineato le conseguenze processuali del mancato rispetto di tale doverosa cortesia sulla base di una – nientedimeno – “interpretazione ragionevolmente teleologica della citata norma primaria”.

Secondo il Collegio non solo l'adempimento si pone come requisito per la fissazione dell'udienza camerale, ma il deposito cartaceo è condizione per l'inizio del decorso del termine dilatorio di 10 giorni liberi a ritroso dall'udienza di cui all'art. 55, comma 5, c.p.a..

Al contrario, il Collegio ha ritenuto che il mancato deposito cartaceo non osti alla concessione delle misure cautelari monocratiche ex art. 56 c.p.a..

Come detto, il quarto comma dell'art. 7 d.l. n. 168/2016 nulla dice rispetto alle conseguenze processuali del mancato deposito cartaceo e di conseguenza, la motivazione del provvedimento si sofferma a lungo in una “interpretazione ragionevolmente teleologica” per chiarire se il mancato rispetto del precetto si qualifichi come mera irregolarità o incompletezza strutturale della fattispecie legale del deposito.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, le conseguenze segnalate in punto di tempestività e ricevibilità del ricorso sono giustificate dal richiamo al principio di conservazione degli effetti dell'atto, così come codificato dall'art. 1367 c.c..

Proprio il richiamo a tale principio, permette al giudice amministrativo di collegare alla norma effetti processuali dalla stessa non chiariti, in quanto “tra più opzioni interpretative possibili dev'essere preferita quella che consente alla norma di produrre qualche effetto” (Cons. Stato, sez. III, sent., 9 gennaio 2017, n. 22).

Come noto, l'orientamento del Consiglio di Stato è stato recepito dalla prima sezione del TAR Lazio, la quale ha considerato che il deposito cartaceo sia condizione per l'inizio del decorso del termine dilatorio di dieci giorni (TAR Lazio, sez. I, ord., 9 marzo 2017, nn. 3259 e 3258).

Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, ha sottolineato che la sentenza in commento ha introdotto una conseguenza processuale non normativamente prevista, e di applicazione “poco chiara” alla luce del tenore della norma (TAR Lazio, sez. III-bis, ord., 8 marzo 2017, n. 3231).

Osservazioni

Il richiamo di cui all'art. 1367 c.c. appare in contrasto sia con le Specifiche Tecniche del processo telematico, sia con il comunicato del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa espressosi in materia.

In primo luogo, il richiamo dell'art. 55, comma 5, c.p.a. appare inconferente. Infatti, il medesimo articolo fissa il deposito del ricorso quale dies a quo per il computo del termine dilatorio di 10 giorni liberi prima dell'udienza camerale.

Le regole attinenti la tempestività e il perfezionamento del deposito sono contenute non solo nell'art. 9, comma 3,d.P.C.M. n. 40/2016, ma altresì nell'art. 4, all. 2,c.p.a.. Con riferimento all'udienza camerale, il deposito si considera tempestivo se entro le ore 12 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di accettazione. L'art. 7, comma 5,all. A,d.P.C.M. n. 40/2016 chiarisce, inoltre, che ai fini del rispetto dei termini processuali, il deposito si considera perfezionato al momento in cui è generata la ricevuta di accettazione. Ciò comporta non solo che il deposito dell'atto processuale si perfeziona unicamente per via telematica, ma altresì che il momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione determina il dies a quo per il computo del termine di cui all'art. 55, comma 5 c.p.a..

Non è possibile, quindi, ritenere che l'art. 7, comma 4,d.l. n. 168/2016 abbia inteso integrare la disciplina del deposito, come invece ritenuto dal Consiglio di Stato, che sembra invece dedurre dalla sua violazione una “incompletezza strutturale della fattispecie legale”, se non nella ricevibilità del ricorso stesso, almeno per quanto riguarda il computo dei termini d'udienza.

Dopo l'entrata in vigore del PAT, la locuzione “al decimo giorno dal deposito del ricorso” di cui all'art. 55, comma 5, c.p.a., fa riferimento a una norma primaria di pari grado contenuta nello stesso codice, all'art. 4, all. 2, c.p.a..

Tale lettura pare accolta, inoltre, dal citato comunicato del Segretariato generale, il quale non fissa alcun termine per il deposito della copia cartacea, la quale va depositata semplicemente «nello stesso periodo».

Peraltro, il principio ermeneutico citato dal Consiglio di Stato trova il suo fondamento nella necessità di consentire al precetto normativo di produrre qualche effetto. Necessità, questa, che non può sostituire, per via interpretativa, quanto previsto espressamente dal legislatore. Come rilevato, il legislatore ha normato nel dettaglio la disciplina che attiene alla tempestività e al perfezionamento del deposito dell'atto, escludendo che il deposito della copia cartacea ne integri la disciplina.

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