Ricorso via PEC: tamquam non esset

Marilisa Bombi
01 Dicembre 2015

La notifica a mezzo di posta elettronica certificata non può dirsi utilmente esperita e pertanto deve considerarsi “tamquam non esset”. Ciò in quanto il termine di 15 giorni, previsto dagli artt. 119 e 120 c.p.a., per il deposito del ricorso e la valida instaurazione del giudizio deve conteggiarsi...
Massima

La notifica a mezzo di posta elettronica certificata non può dirsi utilmente esperita e pertanto deve considerarsi “tamquam non esset”. Ciò in quanto il termine di 15 giorni, previsto dagli artt. 119 e 120 c.p.a., per il deposito del ricorso e la valida instaurazione del giudizio deve conteggiarsi a decorrere dalla trasmissione del ricorso mediante il sistema ordinario di notifica a mezzo del servizio postale ovvero tramite raccomandata a.r. e non la data diversa dell'invio via PEC. Senza regole tecniche specifiche per il processo amministrativo, pertanto, l'unica notifica valida è quella ordinaria. Ciò in quanto le disposizioni contenute nel CAD, previste per la pubblica amministrazione, in generale, non sono estensibili ai procedimenti di competenza del Giudice.

Il caso

Il caso trattato dal Tar Campania, con la sentenza n. 3467/2015, riguarda l'impugnazione dell'aggiudicazione per l'affidamento del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti e servizi di igiene urbana disposta dal secondo classificato alla gara in relazione al fatto che la controinteressata, vincitrice dell'appalto, avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per aver prodotto in gara, quale referenza bancaria, un'attestazione rilasciata da un intermediario autorizzato ai sensi del d.lgs. n. 385/1993 e non da un istituto di credito come richiesto dal bando al punto III2.2. e dal disciplinare al punto 7.3. Tuttavia, questione nodale è stata l'eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dal Comune e dalla società controinteressata per tardivo deposito del ricorso; ciò in quanto lo stesso sarebbe avvenuto oltre il termine perentorio di quindici giorni fatti decorrere, ai sensi degli artt. 119 e 120 c.p.a., dalla notifica del ricorso pervenuta a mezzo PEC.

La questione

La questione in esame è la seguente: il termine di deposito del ricorso ai sensi degli artt. 119 e 120 c.p.a., decorre dalla notifica del ricorso a mezzo PEC o nel termine tipico del quindicesimo giorno dal perfezionamento della notifica a mezzo posta ossia dalla ricezione della raccomandata da parte dell'ultimo destinatario?

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio ha ritenuto infondata l'eccezione di irrecivibilità, in relazione al fatto che, nel caso specifico, il dies a quo in questione è stato erroneamente computato non con riferimento al sistema ordinario di notifica del ricorso a mezzo del servizio postale ossia tramite raccomandata a.r. utilizzato dal ricorrente, bensì con riguardo alla comunicazione a mezzo PEC anteriormente effettuata. La comunicazione a mezzo di posta elettronica certificata inoltrata dal ricorrente non può dirsi utilmente esperita, ed è da ritenersi “tamquam non esset” ossia inesistente dal momento che non trovano applicazione nel processo amministrativo le disposizioni di cui all'art. 3-bis l. n. 53/1994 - in tema di facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati- che disciplina il perfezionamento della notificazione con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certificata. Sul punto è da rilevare che il d.l. n. 90/2014 convertito in l. n. 114/2014, all'art. 46 del capo II, Titolo IV, che reca «Disposizioni per garantire l'effettività del processo telematico» ha aggiunto all'art. 16-quater d.l. n. 179/2012 il comma 3-bis ed ha escluso l'applicabilità al processo amministrativo dei precedenti commi 2 e 3 inclusi nell'art. 3-bis l. n. 53/1994. Il comma 3 di siffatta disposizione attiene proprio al perfezionamento della notifica via PEC, dato che la norma stabilisce che la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'art. 6, comma 1, d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'art. 6, comma 2, del medesimo decreto.

Il Collegio ha riconosciuto, peraltro, che la giurisprudenza è contrastante circa la facoltà dei difensori di avvalersi per la notifica dei ricorsi nel giudizio amministrativo del sistema di notifica telematica a mezzo PEC. Ma relativamente a tale aspetto ha ritenuto, condividendole, di fare proprie le argomentazioni della giurisprudenza circa l'inapplicabilità al processo amministrativo del sistema di notifica dei ricorsi per via telematica ovvero (Tar Lazio, sez. II-ter, n. 396/2015; Tar Veneto, sez. III, n. 369/2015; Tar Abruzzo, sez. I, 3 febbraio 2015, n. 49).

Il Collegio ricorda che la facoltà degli avvocati di eseguire le notificazioni a mezzo PEC senza l'ausilio dell'ufficiale giudiziario, risale all'art. 25 l. 12 novembre 2011, n. 183 che riguarda però l'impiego della posta elettronica certificata nel solo processo civile, dove il sistema di notifica telematica è affidato al decreto del Ministero della Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44; regolamento contenente le regole tecniche per l'adozione delle nuove tecnologie nel processo civile e nel processo penale, ed al successivo d.m. 3 aprile 2013, n. 4. Al riguardo, ha altresì sottolineato che l'art. 34 d.m. n. 44/2011 subordina l'applicabilità del sistema alla emanazione di specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Tali specifiche tecniche sono state dettate prima con provvedimento dell'8 luglio 2011 del Ministro della Giustizia e poi con un provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del medesimo Ministero.

Osservazioni

Senza regole tecniche specifiche per il processo amministrativo non c'è scampo: è necessario rimanere nell'alveo del vigente ordinamento, ciò in quanto non sono estensibili al processo amministrativo le regole tecniche già previste per il processo civile e penale. È irrilevante, in pratica, il fatto che il Codice per l'amministrazione digitale abbia già dettato le regole generali valevoli per la PA, perché le stesse non si applicano all'ordinamento processuale amministrativo. Del resto, a questo proposito, si è espressa anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, sebbene occupandosi delle comunicazioni di segreteria, ha chiarito che l'ordinamento processuale in generale ed il regime delle modalità di comunicazione o notificazione degli atti giudiziari (in particolare), esigono una disciplina speciale, in ragione della oggettiva differenza degli interessi e dei diritti (anche di rango costituzionale) dallo stesso implicati e della palese peculiarità delle relative esigenze regolatorie, e non tollerano modifiche non specificamente pensate, strutturate e destinate alla revisione delle regole del processo. Il contrasto giurisprudenziale pertanto permane. Sulle modalità di notifica del ricorso, la giurisprudenza amministrativa non ha trovato, ad oggi, infatti, un orientamento condiviso. Infatti, soprattutto dai TAR sono stati manifestati orientamenti contrastanti. Mentre il TAR Lazio, sez. III, n. 11808/2014 ed il TAR Calabria, sez. II, n. 183/2015, hanno ritenuto pienamente valide ed efficaci, nel processo amministrativo, le notifiche del ricorso inviato tramite PEC, il TAR Lazio, sez. II-ter n. 396/2015, TAR Veneto, sez. III, n. 369/2015 e TAR Abruzzo, sez. I, n. 49/2015, si sono dichiarati in senso opposto ovvero hanno affermato la non applicabilità delle disposizioni a causa della mancanza delle regole e specifiche tecniche per il processo amministrativo telematico non ritenendo applicabili, in via analogica, in tale ambito, quelle già previste per il processo civile telematico e fornendo, in pratica, una lettura diversa del complesso quadro di riferimento normativo. In sostanza, l'utilizzo della PEC sarebbe limitato soltanto per comunicazioni di segreteria. Più controversa la posizione del TAR Campania, la cui sez. VII, sent., 6 febbraio 2015, n. 923 ne ha ammesso la possibilità mentre la Sezione VI, con la sentenza 1 luglio 2015, n. 3467 ha negato la possibilità di utilizzo della PEC.

Nello specifico, il TAR Lazio, Roma, con la citata sentenza 11808/2014, nel respingere la tesi dell'Avvocatura generale dello Stato, ha contestato l'ipotesi che, in assenza del dPCM previsto dall'art. 13 dell'Allegato 2, c.p.a. ai fini dell'introduzione sperimentazione ed attuazione del PAT, la mancata emanazione del provvedimento avrebbe reso in radice non utilizzabile e “prematuro” lo strumento della notificazione a mezzo posta elettronica certificata. Il Collegio, infatti, ha ritenuto che la possibilità per gli avvocati di notificare gli atti a mezzo PEC sussiste già da tempo e prescinde dall'introduzione e piena attuazione del processo telematico, fondandosi tale facoltà su autonome e specifiche disposizioni di legge quali l'art. 3 l. n. 53/1994 (come modificato dalla l. n. 263 /2005), l'art. 25 l. n. 183/2011 e, quindi, sul d.l. n. 179/2012, che ha introdotto un apposito articolo (il 3-bis) nel corpo della l. n. 53/1994, che consente all'avvocato la notifica a mezzo pec avvalendosi del registro cronologico disciplinato dalla stessa l. n. 53/1994. Degna di nota anche la sentenza TAR Calabria n. 183/2015 che, alla luce di una approfondita disamina del panorama giuridico attinente il Processo amministrativo telematico, ha concluso nel ritenere che «la possibilità di notificare il ricorso introduttivo telematicamente è assicurata indipendentemente dall'emanazione di nuove regole tecniche, essendo allo scopo sufficienti quelle garantite in via generale dal d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68».

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