La forma del ricorso notificato con modalità tradizionali nel PAT

Serena Patrisso
10 Aprile 2017

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha esaminato le quattro possibili soluzioni giuridiche alla questione circa la ricevibilità di un ricorso in appello redatto in formato analogico e notificato con modalità tradizionali.
Massima

In relazione a un'ipotesi nella quale il ricorso è stato redatto non come documento informatico con sottoscrizione digitale ma in forma tradizionale (cioè cartacea), si ritiene che tale atto non debba essere considerato inesistente, abnorme o nullo ma viziato da irregolarità, che può essere sanata solo con la regolarizzazione nelle forme di legge, pena l'irricevibilità del ricorso.

La prescrizione della forma e della sottoscrizione digitale è, infatti, solo strumentale alla correntezza del processo amministrativo telematico e non si pone a garanzia di altri superiori interessi.

Il caso

La sentenza in commento riguarda un procedimento instaurato successivamente all'entrata in vigore del PAT, nel quale l'appellante aveva notificato il ricorso in appello in forma cartacea.

L'appellato aveva eccepito, fra l'altro, la nullità del ricorso perché redatto in forma cartacea, privo della firma digitale e munito della sola sottoscrizione autografa e senza attestazione di conformità a un originale digitale, nonché la nullità del deposito in ragione dei predetti vizi dell'atto.

Con la pronuncia che si annota il Consiglio di Stato affronta per la prima volta in modo approfondito la questione, affermando che, nonostante le oscillazioni terminologiche che si rinvengono nella normativa che disciplina il PAT, è evidente la volontà del Legislatore di sostituire al processo amministrativo cartaceo un processo telematico.

Peraltro, il mancato rispetto della forma e della sottoscrizione digitale non può condurre alla dichiarazione di inesistenza, abnormità o nullità dell'atto notificato perché tali requisiti sono solo strumentali al PAT e non si pongono a garanzia di altri superiori interessi.

La sentenza in commento, dunque, riconduce alla categoria della irregolarità l'ipotesi del ricorso notificato in forma tradizionale cartacea.

È importante evidenziare che si tratta, ad avviso del Collegio, di irregolarità, del ricorso (per mancanza della forma e della sottoscrizione digitale) e del deposito (perché non effettuato con modalità telematica), non sanabile ai sensi dell'art. 44, comma 3, c.p.a. dalla mera costituzione in giudizio dell'intimato, ma che deve essere regolarizzata, nel termine da assegnarsi da parte del Giudice ai sensi dell'art. 44, comma 2, c.p.a., posto che altrimenti si giungerebbe verosimilmente ad una generalizzata elusione da parte degli operatori del diritto della forma digitale prevista dal PAT, con grave pregiudizio per le esigenze di correntezza della gestione informatica del processo amministrativo.

Alla mancata regolarizzazione entro il termine assegnato dal giudice consegue l'irricevibilità del ricorso.

La questione

La sentenza in commento si pronuncia sulla ricevibilità di un ricorso in appello redatto in formato analogico e notificato con modalità tradizionali, e dunque non conforme alle prescrizioni sul processo amministrativo telematico che richiedono invece che il ricorso sia redatto con forma e sottoscrizione digitale e depositato con modalità telematica.

Le soluzioni giuridiche

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha esaminato le quattro possibili soluzioni giuridiche della questione e i relativi, ove esistenti, orientamenti giurisprudenziali.

È stata, anzitutto, esclusa l'ipotesi che il ricorso potesse essere dichiarato inesistente, posto che il processo amministrativo cartaceo continua ad esistere anche nella vigenza del PAT.

Sul punto va infatti considerato, da un lato, che la disciplina del processo amministrativo telematico ha per il momento carattere sperimentale (cfr. art. 13, comma 1, primo periodo, disp. att. c.p.a.) ed è dunque ad oggi in evoluzione; dall'altro lato, che sussistono ipotesi in cui le disposizioni del processo telematico non si applicano (le controversie di cui all'artt. 22 e 39 ss, capo V, l. 3 agosto 2007, n. 124: art. 7, comma 5, d.l. n. 168/2016) e ipotesi in cui le medesime disposizioni possono non applicarsi (art. 136, comma 2, secondo periodo, c.p.a.; art. 13, comma 1, u.p., disp. att. c.p.a.).

Da ciò risulta che il processo amministrativo cartaceo non è stato eliminato dall'entrata in vigore del PAT.

In merito, è particolarmente interessante il passaggio della pronuncia in commento nel quale, richiamando l'ordinanza del Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2017, n. 880, si evidenzia che il PAT, in assenza di opportuni correttivi individuati anche all'esito della sperimentazione, potrebbe creare significative criticità al sollecito e corretto svolgimento del processo, in contrasto con le finalità dello stesso processo telematico.

La sentenza affronta anche la questione della maggiore restrittività dell'art. 9 d.P.C.M. n. 40/2016 rispetto all'art. 136, commi 2 e 2-bis, c.p.a., confermando la legittimità dei dubbi avanzati da alcuni Autori (v. S. Patrisso, Validità della notifica del ricorso con formalità tradizionali nel PAT in ilProcessotelematico.it), là dove, per risolvere la questione, ricorre fra l'altro al principio di gerarchia delle fonti, rilevando che il predetto decreto non sarebbe in ogni caso legittimato a intervenire sulla disciplina del processo, la quale è materia soggetta a riserva assoluta di legge (art. 111, comma 1, Cost.), ed evidenzia che a norma dell'art. 13, comma 1, disp. att. c.p.a., lo stesso regolamento è comunque destinato a dettare solamente «le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico», rimanendo del tutto estraneo al suo ambito applicativo ogni valutazione in termini di validità/invalidità (e ancor più di esistenza/inesistenza) degli atti processuali.

La pronuncia in commento ha escluso, altresì, che il ricorso redatto e depositato in violazione delle disposizioni sul PAT potesse ricondursi alla categoria dell'abnormità, non rinvenendo gli elementi strutturali e funzionali di tale fattispecie.

Il Consiglio di Stato ha anche escluso la tesi della nullità, sulla base della considerazione che manca nella disciplina del PAT una espressa previsione di nullità per difetto della forma e della sottoscrizione digitale del ricorso o per mancato rispetto delle modalità di notificazione e deposito con modalità telematica, tenuto conto che vale anche per il processo amministrativo il principio generale ex art. 156, comma 1, c.p.c., secondo il quale l'inosservanza di forme comporta la nullità degli atti del processo solo in caso di espressa comminatoria da parte della legge.

Il Consiglio di Stato ha dunque ritenuto che l'atto redatto e depositato in violazione delle disposizioni sul processo telematico sia affetto da irregolarità, vizio in ogni caso sanabile solo con la regolarizzazione nelle forme prescritte dal PAT nel termine da assegnarsi da parte del Giudice ai sensi dell'art. 44, comma 2, c.p.a..

In merito, la pronuncia in esame evidenzia la necessità che l'atto viziato sia regolarizzato, posto che, se si ritenesse sufficiente a sanare il vizio la costituzione dell'intimato, ai sensi dell'art. 44 comma 3, c.p.a., si andrebbe incontro al rischio di una generalizzata disapplicazione delle prescrizioni del PAT sulla forma e deposito del ricorso.

Osservazioni

La sentenza del Consiglio di Stato pone finalmente qualche punto fermo sul tema della forma degli atti notificati con modalità tradizionali nel PAT.

Dall'entrata in vigore del processo amministrativo telematico si è posta, infatti, urgentemente la questione della forma del ricorso, ove fosse necessario (come nel caso in cui il destinatario non sia munito di indirizzo di posta elettronica certificata) o si preferisse notificare in formato cartaceo.

Nella prassi di questi primi mesi di vigenza del PAT si è registrato un significativo numero di ricorsi redatti ancora in formato analogico.

Negli altri casi, in cui il ricorso è stato predisposto in formato digitale e munito di firma digitale, sono comunque sorte questioni in ordine alla forma dell'autenticazione della procura rilasciata in formato cartaceo dal cliente e, in ogni caso, alla necessità o meno di una attestazione di conformità della versione analogica del ricorso all'originale digitale ai fini della notifica.

Tali questioni, seppure oggetto di eccezione da parte dell'appellato nella sentenza in esame, non sono state specificamente affrontate dal Consiglio di Stato e su di esse permane dunque un margine di incertezza. Vale, peraltro, anche in merito a tali profili, il principio di diritto della sentenza in commento, secondo il quale le prescrizioni che regolano il PAT sono solo strumentali al buon funzionamento del medesimo ma non si pongono a garanzia di altri superiori interessi, con la conseguenza che gli eventuali vizi possono essere regolarizzati nel termine concesso dal Giudice ai sensi dell'art. 44, comma 2, c.p.a..

Si tratta, dunque, in altri termini di requisiti di forma, e non di sostanza, dell'atto (come si desume, fra l'altro, dal passaggio in cui la pronuncia in commento richiama l'art. 156, comma 1, c.p.c.), a differenza di quanto sostenuto da alcune sentenze di primo grado.

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