Comunicazione telematica del ricorso in ambito fallimentare: la conoscenza dell’atto è equipollente a quella conseguibile con le modalità ordinarie

15 Luglio 2016

La questione giuridica affrontata dalla Corte Costituzionale è quella relativa alla conformità dell'art. 15, comma 3, l.fall. rispetto ai precetti di cui agli artt. 3 e 24 Cost.. Secondo il rimettente il meccanismo di notifica del ricorso e del decreto di fissazione della cd. udienza prefallimentare, come previsti dall'art. 15 l.fall., comportano una disparità di trattamento rispetto ai meccanismi ordinari di notifica di cui all'art. 145 c.p.c..
Massima

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 R.D. n. 267/1942 (Legge Fallimentare) nella parte in cui prevede che nel caso in cui non risulti possibile la notifica del ricorso e del decreto al debitore, sia in via telematica che tramite Ufficiale Giudiziario, la stessa possa essere eseguita mediante deposito dell'atto presso la casa comunale della sede iscritta nel registro delle imprese.

Il caso

La Corte di Appello di Catanzaro era stata chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di una Società cooperativa.

La Società reclamante lamentava infatti di non aver potuto partecipare alla fase prefallimentare in quanto non aveva avuto notizia della data fissata per la convocazione delle parti (art. 15, comma 2, R.D. 16 marzo 1942, n. 267).

La Corte rimettente rileva in fatto che tanto la notifica telematica all'indirizzo PEC quanto quella tramite Ufficiale Giudiziario presso la sede della società reclamante non erano andate a buon fine; da qui il deposito dell'atto presso la Casa Comunale. Solleva quindi questione di legittimità costituzionale del comma 3 del predetto art. 15, nel testo come modificato dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221.

La questione

La questione giuridica affrontata dalla Corte Costituzionale è quella relativa alla conformità dell'art. 15, comma 3, l.fall. rispetto ai precetti di cui agli artt. 3 e 24 Cost..

La Corte d'Appello rimettente ritiene infatti che il meccanismo di notifica del ricorso e del decreto di fissazione della cd. udienza prefallimentare, come previsti dall'art. 15 l.fall., comportino una disparità di trattamento rispetto ai meccanismi ordinari di notifica di cui all'art. 145 c.p.c. (essendo la questione limitata esclusivamente alle ipotesi di notifica ad imprenditore collettivo).

Da qui la lamentata contrarietà rispetto al principio di cui all'art. 3 Cost..

Secondo la Corte di Appello rimettente, inoltre, vi sarebbe anche violazione dell'art. 24 Cost. – sotto il profilo del diritto di difesa – in quanto il meccanismo di deposito dell'atto presso la Casa Comunale sarebbe inidoneo, in assenza di ulteriori comunicazione all'imprenditore collettivo, a renderlo edotto della notifica.

Da segnalare l'intervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha chiesto che la questione fosse dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento, premessa la non fondatezza della questione di legittimità sollevata, analizza separatamente i due profili di illegittimità.

Relativamente all'art. 3 Cost., la Corte ritiene che non vi sia violazione alcuna stante la sostanziale diversità delle fattispecie a confronto.

Mentre i meccanismi di notificazione di cui all'art. 145 c.p.c. infatti sono finalizzati ad assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa nelle procedure connesse agli atti notificati, quelli di cui alla Legge Fallimentare, così come modificati nell'anno 2012 – nell'intento di velocizzare e snellire la procedura – tendono ad assicurare tanto il diritto di difesa dell'imprenditore quanto le esigenze di tutela dei creditori.

Concludendo sul punto i Giudici, ribadita l'innegabile diversità tra i due procedimenti di notifica e la necessità di coniugare tanto le esigenze di difesa dell'imprenditore quanto quelle di celerità e speditezza della procedura fallimentare, statuiscono che quando la situazione di irreperibilità è imputabile all'imprenditore medesimo, vuoi per la non corretta tenuta dell'indirizzo PEC di cui deve dotarsi, vuoi per il mancato aggiornamento presso il Registri delle Imprese della sede sociale, il Tribunale è esonerato dall'adempiere ad ulteriori formalità.

Relativamente all'art. 24 Cost. e contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, il Giudice delle Leggi afferma che è proprio il duplice meccanismo di ricerca della Società previsto dall'art. 15, comma 3, l.fall. a garantire il diritto di difesa del debitore (inteso quale conoscibilità della procedura a suo carico).

La Corte ribadisce più volte, il che ad avviso di chi scrive attribuisce un significativo valore alla sentenza in commento, che le Società commerciali sono obbligate a dotarsi di un loro indirizzo PEC, a mantenerlo attivo durante la vita dell'impresa ed a mantenere aggiornati i dati della società (in primis quello della sede legale) presso il Registro delle Imprese.

Dunque, in caso di esito negativo del duplice meccanismo di notifica (PEC e sede sociale), il deposito dell'atto presso la Casa Comunale « si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione» degli obblighi a carico dell'imprenditore collettivo.

In ogni caso, come precisato dalla Corte nella parte finale della sentenza, la natura devolutiva del reclamo consente comunque al fallito, non costituitosi davanti al Tribunale, di indicare per la prima volta in detta sede i fatti e i mezzi di prova a sua difesa, il che costituisce un ulteriore correttivo a tutela dell'effettivo diritto di difesa.

Osservazioni

La sentenza in commento si contraddistingue per una esemplare chiarezza espositiva, anche grazie alla trattazione separata delle due questioni di legittimità costituzionale.

Particolarmente interessante è il richiamo alla relazione accompagnatoria alla legge di modifica dell'art. 15 l.fall., che fa comprendere al lettore, in maniera tanto sintetica quanto precisa, la ratio delle modifiche apportate; mi riferisco in particolare alla necessità di contemperare i diversi interessi dei soggetti coinvolti nella procedura, preservandone tuttavia la celerità e speditezza.

Il principio che tuttavia riveste maggiore rilevanza, è quello relativo al fatto che l'imprenditore collettivo non può lamentare una lesione del proprio diritto di difesa, quando la situazione di irreperibilità dell'azienda è imputabile a se stesso.

Troppo spesso nella pratica giornaliera ci troviamo di fronte ad indirizzi di posta certificata iscritti nel registro imprese che risultano non attivi oppure a notifiche non andate a buon fine a causa del mancato aggiornamento della sede sociale presso il Registro Imprese.

Forse un sistema di controlli e sanzioni più rigido permetterebbe da un lato di non vanificare le finalità perseguite con l'introduzione della PEC, e dall'altro di assicurare, tanto nella pratica di tutti giorni, quanto nel procedimento fallimentare, i diritti di tutti quanti i soggetti coinvolti.

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