Deposito telematico con numero di ruolo errato e rimessione in termini

Alessandro Barale
18 Luglio 2016

Nell'ordinanza in commento il giudice si è trovato a dover stabilire le sorti di un deposito telematico di un atto di parte non accettato dalla cancelleria, sebbene tempestivamente depositato, a causa dell'indicazione di un numero di ruolo errato.
Massima

Pur essendo tempestivamente eseguito il deposito telematico ove la ricevuta di avvenuta consegna pervenga entro il termine di scadenza, la parte incorre comunque in decadenza nell'ipotesi in cui manchi la successiva accettazione del cancelliere e quindi l'effettivo inserimento dell'atto depositato nel fascicolo telematico.

La decadenza non è imputabile al depositante e quindi può essere concessa la rimessione in termini ove:

a) la parte abbia fatto affidamento sulla possibilità di un intervento dell'operatore segnalata nella ricevuta di esito controlli automatici, essendo l'anomalia segnalata del tipo “error”;

b) la cancelleria non abbia comunicato al giudice le ragioni che impedivano in senso assoluto l'accettazione “forzata” del deposito;

c) non vi sia stata, per la parte, la possibilità di rimediare nei termini essendo le ragioni dell'anomalia e la mancata accettazione state conosciute dalla parte dopo la scadenza del termine.

Il caso

L'ordinanza in commento si pronuncia su un'istanza di rimessione in termini presentata da una parte processuale che, effettuato il deposito telematico di una memoria integrativa nell'ambito di un processo sommario convertito a locatizio – e quindi un atto soggetto a deposito telematico obbligatorio – pur avendo ricevuto entro il termine di decadenza la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna, ha ottenuto la ricevuta di esito controlli automatici dopo la scadenza e con la codifica di errore «numero di ruolo non valido: il mittente non ha accesso al fascicolo. Sono necessarie verifiche da parte della cancelleria».

Successivamente il deposito è stato rifiutato dalla cancelleria sicché l'atto non è stato inserito nel fascicolo telematico (sebbene la relativa ricevuta telematica non sia stata prodotta dal depositante).

Pur non essendo esplicitato in motivazione, se non dalla menzione della codifica di errore della ricevuta di esito controlli automatici, è del tutto evidente che l'errore in questione sia consistito nell'indicazione errata del numero di ruolo del fascicolo telematico da parte del soggetto depositante.

La questione

Si tratta di un'ordinanza in cui il giudice si è trovato a dover stabilire le sorti di un deposito telematico di un atto di parte non accettato dalla cancelleria, sebbene tempestivamente depositato, a causa dell'indicazione di un numero di ruolo errato.

Il tema è conseguenza fisiologica di un aspetto intrinseco ed ineludibile del deposito telematico, ovverosia la non contemporaneità tra il momento in cui ai sensi di legge il deposito si intende effettuato e quello in cui il personale di cancelleria effettua i controlli sull'atto e lo inserisce all'interno del fascicolo, situazione del tutto nuova rispetto a quando tale controllo di fatto avveniva all'atto stesso del deposito e consentiva di rimediare a tutte quelle sviste che oggi invece possono diventare fatali.

E su tale aspetto l'ordinanza in commento – richiamati rispettivamente gli artt. 16-bis, comma 7, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 e art. 170 c.p.c. – riafferma preliminarmente la già sostenuta tesi della dicotomia “fra il momento in cui la trasmissione dell'atto processuale telematico si perfeziona per il mittente, coincidente con la generazione della RdAC, e quello in cui essa si perfeziona per l'ufficio e per il destinatario, coincidente con l'accettazione del deposito da parte del cancelliere”, concludendo tuttavia che lo scopo del deposito telematico non può dirsi raggiunto finché non vi è stata l'accettazione da parte della cancelleria, di cui il depositante riceve notizia con il relativo messaggio di cui all'art. 14, comma 10, decreto DGSIA 16 aprile 2014.

Infatti, ove la ricevuta di avvenuta consegna sia pervenuta entro il termine di scadenza – e quindi il deposito sia tempestivo ex art. 16-bis, comma 7, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 – ma successivamente il personale di cancelleria non accetti il deposito, a torto o a ragione, l'atto non entra a far parte del fascicolo e quindi – anche prescindendo dalle diverse opinioni sviluppatesi sul punto (secondo Trib. Torino, 11 giugno 2015, sarebbe nullo in quanto non ha raggiunto lo scopo; ad avviso di Trib. Milano, 23 aprile 2016, sarebbe invece perfetto ma inefficace) – l'intero iter del deposito non è andato a buon fine.

Le soluzioni giuridiche

La mancata acquisizione, nei termini, dell'atto rifiutato dalla cancelleria al fascicolo, ha prevalentemente indotto ad individuare come soluzione quella della rimessione in termini, sebbene non manchino opinioni difformi.

In particolare in dottrina si è affermato che sarebbe più corretto discutere di istanza per la declaratoria di validità del primo deposito, ove questo abbia restituito una ricevuta di avvenuta consegna entro la scadenza processuale, in quanto la ricostruzione del dato normativo porterebbe ad affermare che il deposito si intende perfezionato nel momento stesso in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte dell'ufficio giudiziario competente, mentre eventuali successive anomalie non possono in alcun modo influire sulla validità e sulla tempestività del deposito (P. Calorio, Errori materiali, rifiuto del deposito telematico e rimessione in termini: una ricostruzione critica).

Secondo la medesima prospettiva la giurisprudenza ha recentemente ritenuto inadeguato lo strumento della rimessione in termini per due ordini di ragioni: in primo luogo esso presuppone la non imputabilità del ritardo alla parte depositante, mentre nel caso di specie l'errore nell'indicazione del numero di ruolo è sotto tutti i profili riconducibile al soggetto che ha curato il deposito; inoltre il provvedimento giudiziale che rimette in termini la parte le consente di effettuare un nuovo deposito “in sostituzione” di quello non accettato e quindi da esso potenzialmente difforme; per tali ragioni è stato individuato come più appropriato un ordine alla cancelleria di accettare un deposito precedentemente rifiutato, operazione tecnicamente possibile facendo “mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del

CISIA

per poi procedere all'acquisizione nel relativo procedimento secondo le indicazioni del giudice” (Trib. Torino, 13 maggio 2016; a quanto consta la soluzione è già stata condivisa da Trib. Bari, 8 giugno 2016).

La decisione in commento ritiene invece formalmente adeguato il rimedio della rimessione in termini e dunque si preoccupa di indagare nella fattispecie la sussistenza dei presupposti alla cui presenza il giudice è tenuto a rimettere in termini la parte, verificando la ricorrenza di una “causa non imputabile” al soggetto che ha effettuato il deposito.

A tale riguardo la pronuncia in commento osserva che la ricevuta di esito controlli automatici che codifica un'anomalia di tipo “error” e non “fatal”, cioè potenzialmente bloccante ma “forzabile” da parte della cancelleria – che quindi può comunque intervenire per accettare il deposito – genera una sorta di affidamento in capo al depositante, il quale sino a quando non riceve la ricevuta di rifiuto da parte della cancelleria ancora confida che la busta venga accettata.

D'altra parte come noto la recente circolare ministeriale dedicata agli adempimenti di cancelleria relativi al processo telematico è precisa nel raccomandare alle cancellerie di accettare “ove possibile” tutte le buste presentanti anomalie di tipo “warn” o “error” e di “segnalare al giudice ogni informazione utile all'anomalia riscontrata” (Circolare Ministero della Giustizia, 23 ottobre 2015, § 7).

Proprio in forza di tale affidamento, prosegue la decisione in commento, il soggetto depositante – pur essendo a lui imputabile l'indicazione del numero di ruolo non pertinente – incorre in un errore scusabile, che sommato alla mancata comunicazione, da parte della cancelleria, delle ragioni del rigetto del deposito, giustifica la rimessione in termini.

Aggiunge infine il Tribunale di Avellino che la parte non avrebbe comunque potuto rimediare tempestivamente all'anomalia del primo deposito in quanto la ricevuta di esito controlli automatici è pervenuta successivamente alla scadenza, sicché altra strada non aveva il soggetto depositante che quella di richiedere la rimessione in termini.

Osservazioni

L'orientamento in cui si colloca la decisione in commento è allo stato minoritario, mentre sono molteplici le decisioni che hanno sino ad ora, per ragioni diverse, rigettato istanze di rimessione in termini in caso di deposito rifiutato a causa dell'errata indicazione del numero di ruolo.

Secondo Trib. Torino, 11 giugno 2015, il deposito in un fascicolo telematico non pertinente non raggiunge lo scopo – che è quello di comunicare alle altre parti l'atto processuale – sicché deve ritenersi affetto da nullità ex art. 156 c.p.c., mentre la rimessione in termini sarebbe concedibile solo in due casi:

(1) ove l'errore non fosse imputabile al depositante, ma tale non è l'errata indicazione del numero di ruolo, che avviene a cura della parte che provvede al deposito e

(2) nel caso di grave ritardo nell'accettazione dell'atto da parte della cancelleria (nello stesso senso v. anche Trib. Torino, 28 agosto 2014).

Sempre ad avviso del tribunale del capoluogo subalpino, più recentemente, l'indicazione del numero di ruolo errato è stata individuata come uno dei tipici casi in cui l'accettazione da parte di cancelleria non è possibile, «non conoscendo la cancelleria il fascicolo corretto in cui inserire l'atto» sicché in tale ipotesi «la cancelleria non è tenuta a forzare l'accettazione del deposito, potendo limitarsi a rifiutare il deposito e a comunicarne l'esito negativo» (Trib. Torino, 22 marzo 2016).

In questa prospettiva a nulla vale l'art. 16-bis, comma 7, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, che avrebbe la sola funzione di porre al riparo il rispetto delle scadenze processuali imposte alle parti dai ritardi nella lavorazione dei depositi da parte della cancelleria, «lma non dal rischio di nullità del deposito per carenza dei requisiti indispensabili» (Trib. Milano, 8 ottobre 2015).

Aspetto ulteriore a cui la giurisprudenza ha attribuito rilevanza per escludere la rimessione in termini è il momento in cui perviene la ricevuta di esito controllo automatici chiarendo – in senso diametralmente opposto rispetto alla decisione in commento – che quando questa pervenga in un momento antecedente alla scadenza processuale, o anche il giorno stesso, non sussistono i presupposti per la rimessione in termini in quanto il soggetto depositante è nelle condizioni di effettuare un nuovo deposito (Trib. Napoli, 23 aprile 2016), a nulla rilevando che tale messaggio sia stato letto soltanto in una data successiva (Trib. Torino, 22 marzo 2016).

Le decisioni che hanno invece rimesso in termini le parti incorse in un errore nell'indicazione del numero di ruolo sono allo stato minoritarie ed hanno ammesso il ricorso allo strumento di cui all'art. 153, comma 2, c.p.c. perlopiù ritenendo scusabile la svista del depositante: secondo Trib. Pescara, 2 ottobre 2015, il mancato deposito deriverebbe non tanto da un errore di parte bensì da un “difetto di un sistema telematico”, incapace di segnalare ciò che il sistema tradizionale di deposito avrebbe facilmente rilevato e risolto all'atto stesso del deposito; ad avviso di Trib. Milano, 23 aprile 2016, la causa sarebbe sostanzialmente imputabile alla cancelleria tenuta ad accettare tutti gli atti salvo il caso di anomalia “fatal”.

Il tema oggetto della decisione in commento costituisce uno dei tipici esempi delle nuove questioni tecnico-processuali che accompagnano i primi passi del processo civile telematico.

L'assolutamente banale errore dell'indicazione del numero di ruolo (nemmeno sull'atto principale, ma sul file Datiatto.xml) nell'era del deposito telematico può destinare un atto in un fascicolo non pertinente, con conseguenze oggi imprevedibili attesa la non univocità delle soluzioni giurisprudenziali sinora adottate.

Al giudice di Avellino va dato il merito di aver tentato, non senza difficoltà, di salvare un atto non certo ininfluente per il processo in corso, con uno strumento forse non “su misura” per la fattispecie, ma più che giustificato alla luce dei principi, da una parte, del giusto processo e, dall'altra, del favor per il processo telematico che ad avviso di chi scrive dovrebbe “illuminare” la giurisprudenza dei primi anni del PCT.

Inutile dire che sarebbe senz'altro auspicabile un intervento normativo ad hoc che evitasse sforzi interpretativi alla giurisprudenza e restituisse giustizia sostanziale alle parti, ad esempio nel solco delle giuste osservazioni di Trib. Torino, 13 maggio 2016.

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