La comunicazione telematica di Cancelleria del testo di una sentenza fa decorrere il termine breve di impugnazione

Andrea Ricuperati
01 Giugno 2016

La decisione in esame enuncia il condivisibile principio generale secondo cui il disposto dell'ultimo periodo dell'art. 133 comma 2 c.p.c. non può essere fondatamente invocato quando la legge fa decorrere dalla comunicazione (e non dalla notifica) il cd. termine breve di impugnazione.
Massima

La trasmissione del testo integrale della sentenza di rigetto del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento, eseguita dal cancelliere mediante PEC, è idonea a far decorrere il cd. termine breve per proporre il ricorso per cassazione.

Il caso

Tizio interpone ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Lecce aveva respinto il reclamo contro la sentenza del Tribunale di Brindisi dichiarativa del suo fallimento.

La curatela (oltre a proporre impugnazione incidentale condizionata) eccepisce la tardività del gravame principale, assumendo che il ricorso sia stato notificato dopo la scadenza del termine di 30 giorni previsto dal comma 14 dell'art. 18 R.D. n. 267/1942.

Il Supremo Collegio accoglie il rilievo, dichiarando inammissibile il ricorso principale ed assorbito quello incidentale, con ogni corollario in punto di spese processuali.

La questione

La questione sottoposta all'esame della Corte – per quanto qui interessa (ossia con riguardo al processo telematico) - è duplice:

a) se la trasmissione al reclamante del testo integrale del provvedimento di rigetto del reclamo avverso una sentenza dichiarativa di fallimento, eseguita dal cancelliere a norma dell'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 (e ss.mm.ii.), integri gli estremi della «notificazione a cura della cancelleria» prevista dal comma 13 dell'art. 18 l.fall.;

b) se nella fattispecie sia derogabile il disposto dell'ultimo periodo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., il quale nega alla comunicazione di cancelleria del testo integrale della sentenza l'idoneità a provocare la decorrenza del cd. termine breve di impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

Sulle problematiche in commento la Corte di Cassazione si era già pronunciata, sia pure in relazione a vicende anteriori all'entrata in vigore del nuovo testo del capoverso dell'art. 133 c.p.c..

In particolare, con la sentenza Cass. 4 dicembre 2014, n. 25662, il Supremo Collegio aveva escluso che l'inserimento del testo integrale del provvedimento all'interno del biglietto di cancelleria (contemplato dal nuovo testo dell'art. 45 disp. att. c.p.c.) «possa aver stabilito una efficacia così stringente alla comunicazione effettuata a mezzo PEC, da farla risultare – ove è previsto anche l'obbligo di notificazione d'ufficio – come una vera e propria notificazione», aggiungendo che la successiva modifica dell'art. 133, comma 2, c.p.c. (pur inapplicabile ratione temporis in quel caso) conferma come detta comunicazione non sia equiparabile ad una notifica, «almeno rispetto al decorso dei termini di impugnazione».

A tale orientamento si sono poi uniformate le ordinanze della stessa Corte, Cass. 17 settembre 2015, n. 18278 e Cass. 18 marzo 2016, n. 5374, le quali hanno ritenuto tempestivo il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza che aveva respinto il reclamo contro la dichiarazione di fallimento, proprio sulla base della reputata inidoneità della comunicazione del testo integrale del provvedimento a far decorrere il termine breve di impugnazione.

Con la sentenza oggi commentata, resa in un caso rientrante nell'alveo di operatività del nuovo capoverso dell'art. 133 c.p.c., la I Sezione del Collegio di legittimità afferma che detta disposizione impedisce la decorrenza del cd. termine breve di impugnazione «solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme processuali, derogatorie e speciali [...], che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria»: e tale è, ad avviso dei magistrati, pure la disposizione di cui ai commi 13 e 14 dell'art. 18 l.fall..

Osservazioni

Il principio generale enunciato dalla decisione in esame, secondo cui il disposto dell'ultimo periodo dell'art. 133 comma 2 c.p.c. non può essere fondatamente invocato quando la legge fa decorrere dalla comunicazione (e non dalla notifica) il cd. termine breve di impugnazione, appare corretto (anche in virtù del noto brocardo lex specialis derogat generali) e condivisibile.

Più discutibile s'appalesa la tesi – implicitamente ricavabile dalla sentenza – per la quale, menzionando il comma 4 dell'art. 16 d.l. n. 179/2012 «le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria», entrambe rivestirebbero la stessa forma, sicché la comunicazione di cancelleria varrebbe anche come notificazione d'ufficio della sentenza; invero, l'uso dei termini “notificata” (comma 13 dell'art. 18 l.fall.) e “notificazione” (comma 14, ibidem) lascia intendere che al cancelliere sia richiesto un adempimento distinto ed ulteriore rispetto alla mera comunicazione prescritta dall'art. 133 comma 2 c.p.c., essendo ragionevole esigere dall'ufficio – a tutela dell'affidamento riposto dal reclamante e stante la gravità delle conseguenze derivanti dall'inosservanza del dies - almeno la reiterazione dell'incombenza (sebbene nella medesima forma dell'art. 133 comma 2 c.p.c.) allo specifico fine di provocare l'avvio del cd. termine breve di ricorso per cassazione.

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