Forma e sostanza nella riassunzione del processo: in atomi o in bit, per il Tribunale di Perugia "pari sono"

Stefano Bogini
03 Gennaio 2017

Quali conseguenze derivano dalla violazione della disposizione che dal 30 giugno 2014 prevede l'esclusività del deposito telematico di atti e documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite?
Massima

In tema di modalità di deposito degli atti e documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite, l'espressione qualificativa deve essere intesa come riferita «alle parti precedentemente costituite avanti all'ufficio presso cui si intende effettuare il deposito». Ne consegue che la parte che procede alla riassunzione del processo avanti al giudice dichiarato competente, ponendo in essere un'attività volta a «consentire di inserire nel ruolo dell'ufficio un processo che in precedenza non risultava pendente», gode della stessa facoltà di scelta circa le modalità, che le era consentita per la prima costituzione in giudizio avanti al giudice incompetente.

Il ricorso in riassunzione di un procedimento interrotto per cancellazione di una delle parti dal Registro delle Imprese non introduce un nuovo giudizio; esso, quindi, integra un atto endoprocessuale, proveniente da parte già costituita, che deve essere depositato con modalità telematica. Poiché, però, non vi è sanzione per la parte che depositi un atto introduttivo in modalità non telematica, se la costituzione per tale via è conforme alle disposizioni di legge, in virtù dei principi di libertà delle forme e di raggiungimento dello scopo, la parte che si costituisca in via cartacea non può essere in alcun modo sanzionata.

Il caso

In entrambi i casi una parte ha depositato in formato analogico l'atto di riassunzione di un processo: avanti al giudice competente, nel primo caso; a seguito di dichiarazione di interruzione per estinzione di una parte, nel secondo.

Nel primo caso il procedimento è migrato da un ufficio giudiziario ad un altro (da Terni a Perugia, nella specie), prendendo un numero di ruolo diverso da quello precedente. Nel secondo, il soggetto non colpito dall'evento interruttivo ha riassunto con ricorso. In entrambe le ipotesi, l'atto di riassunzione è stato depositato con modalità non telematica.

Nel primo caso, è stata eccepita l'improcedibilità del giudizio per violazione dell'obbligo di deposito telematico della comparsa di riassunzione.

Nel secondo caso, l'eccezione è stata formulata in termini di inammissibilità del ricorso depositato in via analogica.

Il Tribunale di Perugia “salva”, in entrambi i casi, la modalità scelta dai ricorrenti, pur riconoscendo loro la qualità di «parte precedentemente costituita» e, come tale, soggetta all'obbligatorietà/esclusività di cui all'art. 16-bis, comma 1, d.l. n. 179/2012.

L'ordinanza del 6 ottobre 2016 muove dalla premessa che l'espressione «parte precedentemente costituita» debba essere considerata con riferimento allo specifico ufficio giudiziario avanti al quale pende il procedimento, ove la costituzione in giudizio, avendo lo scopo di «inserire nel ruolo dell'ufficio un processo che in precedenza non risultava pendente», svolge la stessa funzione sia avanti al giudice incompetente precedentemente adito, sia avanti a quello ove il procedimento è riassunto. Ritiene, quindi, irragionevole che, a parità di funzione, la prima costituzione goda della possibilità di scelta circa la modalità, rispetto alla seconda. L'ordinanza conclude rilevando, ad abundantiam, come il deposito analogico della comparsa di riassunzione abbia, in ogni caso, raggiunto lo scopo (ex art. 156, comma 3, c.p.c.) di consentire la presa di «contatto con l'ufficio giudiziario presso cui deve proseguire il giudizio cancellato dal ruolo dell'ufficio giudiziario incompetente, nonché mettere a disposizione delle controparti (presso il nuovo ufficio giudiziario) i documenti allegati alla suddetta comparsa».

La seconda pronuncia del 1 dicembre 2016 muove dalla considerazione che il procedimento riassunto non introduce un nuovo ed autonomo giudizio, ma «rappresenta la prosecuzione del medesimo procedimento»: il ricorso in riassunzione, quindi, viene definito come «atto processuale proveniente dal difensore di una parte già costituita quale atto endoprocessuale», che, indiscutibilmente, deve essere depositato con modalità telematica. Analizzando le conseguenze processuali della violazione di un tale obbligo, l'ordinanza conclude affermando che «non esistendo alcuna norma che sanzioni con l'inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in forma diversa da quella telematica, se la costituzione per tale via è conforme alle prescrizioni di legge che la disciplinano, in virtù dei principi della libertà delle forme e del raggiungimento della scopo, la parte che si costituisca in via cartacea non può essere in alcun modo sanzionata».

La questione

La questione da approfondire riguarda quali conseguenze derivino della violazione della disposizione che dal 30 giugno 2014 prevede l'esclusività del deposito telematico di atti e documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite (art. 16-bis, comma 1, d.l. n. 179/2012).

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza di merito si è espressa a più riprese sulla questione, approdando a soluzioni non univoche. Con particolare riferimento alle varie ipotesi di riassunzione del giudizio, si è affermata l'inammissibilità del ricorso in riassunzione ex art. 303 c.p.c. depositato in modalità cartacea (Trib. Lodi, 4 marzo 2016 e Trib. Vasto, 28 ottobre 2016); mentre per il Tribunale di Palermo 18 maggio 2016, il deposito cartaceo piuttosto che telematico può giustificare la concessione di un termine alla controparte ove la modalità analogica abbia comportato un ritardo nella conoscenza dell'atto (per un quadro completo delle varie soluzioni adottate, si veda A. Ricuperati, Le conseguenze del deposito cartaceo di atti processuali soggetti a presentazione esclusivamente telematica, nonché N. Fabiano, Il Processo Civile Telematico: Percorsi di approfondimento sulla giustizia digitale).

Osservazioni

L'ordinanza 6 ottobre 2016 si segnala per una interpretazione del sintagma «parte precedentemente costituita» attraverso la sua “localizzazione” avanti ad uno specifico ufficio giudiziario, trasformando, di fatto, in atto introduttivo la riassunzione del giudizio avanti ad un giudice diverso da quello dichiaratosi incompetente: in tal modo la parte che riassume potrà beneficiare del disposto del comma 1-bis dell'art. 16-bis, considerando, in tali ipotesi, l'atto di riassunzione come diverso da quelli previsti dal comma 1. Tale soluzione valorizza aspetti materiali della vicenda processuale che, in altre ipotesi, sono stati giudicati inidonei quali elementi qualificativi dell'atto depositato (cfr., tra gli altri, Trib. Ancona 4 luglio 2016, secondo cui «nulla rileva che al momento dell'iscrizione a ruolo del reclamo vi sia la formazione di un nuovo fascicolo d'ufficio e l'attribuzione di un nuovo numero di Ruolo Generale, trattandosi di adempimenti finalizzati a consentire l'organizzazione della cancelleria e la formazione dei collegi e dei ruoli, così come il versamento di un nuovo contributo unificato, in quanto dettato esclusivamente da ragioni tributarie non idonee ad incidere sulla natura giuridica del procedimento»).

Tale interpretazione, invece, non può attagliarsi alla fattispecie di cui all'ordinanza 1 dicembre 2016, visto che la riassunzione avveniva avanti allo stesso ufficio giudiziario, stesso giudice e stesso numero di ruolo. In questa pronuncia, peraltro, risulta evidente uno scarto logico motivazionale ove si osservi come all'identificazione del ricorso in riassunzione come atto proprio di una parte già costituita in giudizio, segua l'affermazione e l'applicazione di un principio relativo alle modalità di deposito degli atti introduttivi. É verosimile che il principio affermato volesse essere riferito agli atti c.d. endoprocessuali e non a quelli introduttivi, per i quali non è stabilita l'obbligatorietà/esclusività del deposito telematico. Solo in questa ottica, infatti, si comprende l'applicazione alla fattispecie dei principi di libertà delle forme e di raggiungimento dello scopo richiamati nell'ordinanza.

L'impressione che emerge dalla lettura di queste due pronunce è quella dell'inutilità dell'emanazione di norme di procedura che impongano determinati comportamenti se non sono contemporaneamente prescritte le conseguenze pratiche della loro violazione.

Se il termine «esclusivamente» può essere ignorato, in quanto ogni atto depositato in modalità analogica è idoneo al raggiungimento dello scopo (anche una memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., purché portata nei termini in cancelleria ha la capacità di veicolare al giudice ed alla controparte i contenuti delle difese), allora tanto vale tornare al cartaceo o dire chiaramente che l'uno o l'altro pari sono, togliendo da ambasce più o meno giustificate tanti professionisti refrattari al processo civile telematico.

Al contrario, si è fermamente convinti che il termine in questione debba essere interpretato perché diventi una delle basi dell'informatizzazione completa anche dei procedimenti giurisdizionali, vista come parte integrante e inevitabile del piano di digitalizzazione di tutta la pubblica amministrazione che dall'inizio degli anni ‘90 ha assorbito e continua a drenare energie e risorse per il suo completamento. In questa ottica, il deposito telematico degli atti soggetti a tale modalità esclusiva (nessuno escluso) e la trasformazione digitale di quelli ancora non soggetti all'esclusività, dovrebbe essere visto come attuazione del principio costituzionale dell'organizzazione degli uffici in modo da assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Convinti di tanto, si confida in una decisione nomofilattica che privilegi le argomentazioni leggibili in provvedimenti come quello del Tribunale di Ancona sopra menzionato.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.