Le conseguenze dell'erronea indicazione dell'oggetto della PEC in caso di notifica telematica

Giuseppe Vitrani
23 Agosto 2016

La questione giuridica affrontata dalla Corte d'Appello di Cagliari tocca un aspetto particolarmente delicato per la materia delle notificazioni effettuate a mezzo PEC e legato al fatto che l'art. 3-bis, comma 4, l. n. 53/1994 vincola l'avvocato all'inserimento della dizione «notificazione ai sensi della l. n. 53/1994» all'interno del campo dedicato all'indicazione dell'oggetto del messaggio.
Massima

In caso di notificazione effettuata ai sensi dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 a mezzo della posta elettronica certificata, l'erronea indicazione, nell'oggetto del messaggio, dell'anno della legge istitutrice della facoltà di notifica in proprio per gli avvocati integra un mero errore materiale rilevabile all'evidenza e non costituisce motivo di nullità della notificazione stessa.

Il caso

La pronuncia in questione trae origine da un atto di citazione in appello notificato da un Comune della Sardegna (condannato in primo grado, insieme ad altri convenuti, al risarcimento dei danni cagionati a seguito di sinistro stradale), che risultava notificato tardivamente, oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 325 c.p.c. decorrente ex art. 326 c.p.c. a seguito di notifica effettuata a mezzo della posta elettronica certificata.

Al fine di vincere la relativa eccezione sollevata dalla parte appellata, il Comune appellante tentava di sostenere la tesi della nullità della notificazione in quanto nell'oggetto del messaggio veniva erroneamente richiamata la legge n. 55/2014 e non la l. n. 53/1994.

La questione

Le questioni in esame sono dunque le seguenti: nel caso di notificazione effettuata a mezzo della posta elettronica certificata l'erronea compilazione del campo “oggetto” del messaggio PEC può comportare la nullità della notifica? E nello specifico, tale sanzione può essere comminata laddove l'errore cada sull'indicazione della legge che ha attribuito agli avvocati il potere di effettuare notificazioni in proprio?

Le soluzioni giuridiche

La questione giuridica affrontata dalla Corte d'Appello di Cagliari tocca un aspetto particolarmente delicato per la materia delle notificazioni effettuate a mezzo della posta elettronica certificata e legato al fatto che l'art. 3-bis, comma 4, l. n. 53/1994 vincola l'avvocato all'inserimento della dizione «notificazione ai sensi della l. n. 53/1994» all'interno del campo dedicato all'indicazione dell'oggetto del messaggio.

D'altro canto, l'art. 11 della medesima legge prevede la sanzione della nullità, per di più rilevabile d'ufficio, nel caso in cui:

  • nella notificazione manchino i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge;
  • non siano osservate le disposizioni di cui all'intero corpus normativo;
  • vi sia incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica.

La Corte giudicante si è trovata, dunque, a scrutinare l'eventualità che l'errore commesso dall'avvocato possa essere sussunto, o meno, all'interno delle ipotesi di nullità regolamentate dal predetto art. 11 l. n. 53/1994.

La risposta dei giudici cagliaritani è stata negativa e si è basata sul fatto che, nel caso di specie, le discordanze che affliggevano la notifica in questione non potevano qualificarsi come errore insistente sui presupposti oggettivi o soggettivi della notifica, né tantomeno come una violazione delle disposizioni dettate in tema di notifica telematica, trattandosi di un mero errore materiale rilevabile all'evidenza.

In forza di tali considerazioni, unitamente al fatto che il difensore non si era limitato ad inserire la dizione minima prevista dall'art. 3-bis, comma 4, l. n. 53/1994 ma aveva precisato anno e numero della sentenza che stava notificando, viene sancita la legittimità del procedimento notificatorio e la conseguente tardività dell'impugnazione principale e delle impugnazioni incidentali.

Osservazioni

Prima di esaminare nel merito il (condivisibile) ragionamento della Corte d'Appello di Cagliari occorre notare come l'organo giudicante abbia posto attenzione all'erronea indicazione dell'anno inserito nel campo “oggetto” della PEC (2014 invece di 1994) ma non abbia invece notato che l'errore commesso dalla parte appellata verteva anche sull'indicazione del numero di legge (55 invece di 53); invero la legge che regolamenta la «facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali» è la numero 53 del 1994 e non la numero 55 del 1994.

Tra l'altro, leggendo correttamente l'errore commesso dal difensore della parte vincitrice in primo grado, si può anche fornire una spiegazione al lapsus in cui è incorso costui: il d.m. n. 55/2014 è il provvedimento che reca la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense; si tratta dunque di fonte normativa (sia pur di rango secondario) che gli avvocati hanno spesso occasione di citare.

Chiarito quanto precede pare di potersi concordare con la linea interpretativa sposata dalla Corte d'Appello di Cagliari, che si pone del resto in linea di stretta continuità con il recente insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, teso ad evitare il più possibile pronunce di nullità laddove la deviazione da uno schema formale predeterminato per legge non cagioni alcuna lesione ai diritti di difesa delle parti.

Anche la decisione in commento costituisce, dunque, applicazione del principio generale di cui all'art. 156 c.p.c. secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato; principio che, ha recentemente ricordato la Suprema Corte, «vale anche per le notificazioni, in relazione alle quali la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario. Il risultato dell'effettiva conoscenza dell'atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l'indirizzo di PEC, determina il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC» (Cass., S.U., 18 aprile 2016, n. 7665).

Su tale linea interpretativa si pone anche altra recente sentenza del Tribunale di Milano (15 giugno 2016, n. 7478), che sempre in tema di notifica (in tal caso la si ipotizzava deficitaria in punto attestazione di conformità) ribadisce quanto già affermato dalle sezioni unite della Suprema Corte e cioè la non accoglibilità di «eccezioni con le quali si lamenti un mero vizio procedimentale senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa e possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale».

E per la verità la giurisprudenza che si va formando in tema di notifiche telematiche sembra sempre più orientata nel senso di respingere le eccezioni fini a sé stesse, con le quali non si denunci alcuna lesione del diritto sostanziale di difesa; in tal senso anche la Corte d'Appello di Milano ha recentemente constatato come appaia eccessivamente formalistica una lettura della l. n. 53/1994 in forza della quale la violazione di qualsivoglia delle norme che disciplinano la notifica telematica comporti senz'altro la nullità dell'atto processuale, e non possa risolversi in una mera irregolarità, pur quanto non risulti leso alcun diritto di difesa del destinatario dell'atto notificato (in tal senso v. App. Milano, 21 luglio 2016, n. 3083).

Nel caso specifico la Corte d'Appello ha giudicato, altresì, ictu oculi infondate le prospettazioni dell'appellante secondo cui l'erronea indicazione dei riferimenti legislativi non aveva creato alcun “alarm” all'interno degli uffici comunali. Sul punto viene correttamente rilevato che nel campo oggetto della notificazione era stato inserito anche il riferimento alla sentenza che veniva inviata in allegato alla PEC, sicché non vi era possibilità alcuna di non percepire il contenuto del messaggio di posta elettronica certificata.

In tal modo, seppur con un obiter dicutm, la Corte d'Appello prende posizione anche su di un altro punto oggetto di dibattito in dottrina, e ciò se l'indicazione di cui al comma 4 dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 costituisca una dizione minima che può essere integrata con ogni riferimento ritenuto utile o costituisca invece una dizione esclusiva, che non può essere integrata.

I giudici cagliaritani sposano con decisione la prima delle opzioni e, anzi, nel caso di specie pongono in evidenza l'importanza dei riferimenti ulteriori inseriti dalla parte notificante, che si rivelano in grado di confutare le tesi della parte appellante in punto mancata possibilità di riconoscere che era stata destinataria di notificazione di atto giudiziario.

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