Deposito telematico ed errore di registro di destinazione
03 Ottobre 2016
Massima
Il deposito telematico di un atto in un registro sbagliato (fallimenti invece che contenzioso) non è idoneo ad integrare una valida instaurazione del rapporto processuale, e non esclude quindi la tardività del deposito nel registro corretto, quando questo sia successivo alla scadenza del termine perentorio stabilito dalla legge. Il caso
A seguito della comunicazione del decreto di esecutività dello stato passivo, una opposizione viene depositata in via telematica il trentesimo giorno successivo, ultimo giorno utile per la proposizione del gravame. Evidentemente per errore, il deposito viene però indirizzato al registro fallimenti, invece che al registro contenzioso. Il deposito, proprio a causa di tale errore, non viene accettato dal sistema, e il giorno successivo la parte provvede ad un nuovo invio, questa volta nel registro corretto. La curatela si costituisce, e in via preliminare, per quanto rileva in questa sede, eccepisce l'inammissibilità del ricorso per inosservanza del termine decadenziale di trenta giorni previsto dalla legge. Il Tribunale accoglie la tesi difensiva della curatela, dichiarando l'inammissibilità del ricorso. La questione
La questione controversa, in sostanza, si incentra sulle conseguenze processuali del deposito telematico errato, in questo specifico caso conseguente all'invio dell'atto con l'indicazione di un registro diverso rispetto a quello corretto. Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza, pronunciandosi sul tema, in parte analogo, dell'errore nell'indicazione del numero di RG, ha affermato la rilevanza dell'errore, in vista della valutazione di nullità del deposito, ed ha escluso il raggiungimento dello scopo, in un caso riguardante una memoria ex art. 183 c.p.c., sul presupposto per il quale essendo la memoria indirizzata sia al giudice che alla controparte, questa non avrebbe avuto modo di rinvenirla in un registro diverso (Trib. Torino, 11 giugno 2015). Trib. Catania, 28 gennaio 2015, ha invece sostenuto, in un caso in cui il messaggio conseguente al deposito dava conto di una «accettazione avvenuta con successo», che da un lato tale comunicazione fosse senz'altro idonea a generare un legittimo affidamento sull'avvenuto deposito degli atti, e dall'altro lato che la cancelleria, a fronte dell'errata accettazione dell'atto, avrebbe dovuto trasmetterlo alla sezione competente (evitando che la parte incorresse in preclusioni), ovvero avrebbe dovuto informare compiutamente la parte dell'errata ricezione. Nel quadro indicato va altresì citato Trib. Milano, sez. IV, 23 aprile 2016, che ha sostenuto l'illegittimità del rifiuto, da parte della cancelleria, del deposito telematico di un atto indicante un numero di R.G. errato (in quel caso pervenuto al depositante a distanza di circa quaranta giorni dal deposito), poiché in presenza di un esito positivo dei controlli automatici, la Cancelleria non può rifiutare l'atto, se non nei casi più gravi di errori c.d. FATAL . Secondo Trib. Torino, sez. I, 13 maggio 2016, infine, «in presenza di anomalie nel deposito di atti giudiziari con R.G. errato il rimedio consentito alla parte non è quello della rimessione in termini, ma occorrerà, invece, forzare l'accettazione indicando quale data di quest'ultima quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta consegna».Osservazioni
Va subito rilevato come il caso in esame presenti caratteristiche diverse rispetto a quello relativo alla errata indicazione del numero di registro generale poiché la vicenda in commento riguarda l'errata indicazione del tipo di registro. E tuttavia, pur potendo tale differenza incidere sulle modalità tecniche di risoluzione (vale a dire in vista di una migrazione digitale dell'atto, non solo nel fascicolo giusto, ma anche nel registro corretto: punto 7.1 della Circolare del ministero della Giustizia 23 ottobre 2015, dove è chiarito che «nell'ipotesi di iscrizione di una causa in un registro diverso da quello di pertinenza all'interno dello stesso ufficio (ad esempio nel caso in cui una causa di lavoro venga erroneamente iscritta al ruolo civile), il sistema informatico non consente ancora il trasferimento del fascicolo telematico dall'uno all'altro registro»), non pare che essa incida sulla sostanza delle questioni da affrontare. Il punto di partenza non può che essere rappresentato dal dato normativo. Nella specie, l'art. 14, comma 7, Provvedimento DGSIA 16 aprile 2014 (in G.U. n. 99 del 30 aprile 2014, come risultante anche per effetto degli aggiornamenti successivi), prevede che il gestore dei servizi telematici effettui i controlli automatici (formali) sulla busta telematica con la quale viene effettuato il deposito degli atti, a mezzo dello strumento telematico. Le possibili anomalie all'esito dell'elaborazione della busta telematica sono codificate secondo tre distinte tipologie. La prima è quella c.d. WARN (WARNING). Si tratta di una anomalia non bloccante, relativa a segnalazioni tipicamente di carattere giuridico (ad esempio la mancanza di procura alle liti allegata all'atto introduttivo); la seconda è quella c.d.ERROR . Si tratta in questo caso di una anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell'ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l'accettazione o rifiutando il deposito (ad esempio, si tratta dei casi nei quali il certificato di firma non sia valido, o il mittente non sia firmatario dell'atto). La terza è quellaFATAL . Si tratta in questo caso di una eccezione non gestita o non gestibile (ad esempio risulta impossibile decifrare la busta depositata, o mancano nella busta elementi fondamentali per l'elaborazione). Nella categoriaERROR rientrano, tra gli altri, i casi di numero di ruolo non indicato, o di numero di ruolo non esistente nel registro di Cancelleria, o ancora di firmatario dell'atto non costituito parte in causa.Da un punto di vista tecnico, indicare un registro diverso da quello di effettiva destinazione (come nel caso che qui si commenta) significa indirizzare il deposito verso un numero di ruolo non esistente (ad esempio perché il numero indicato non corrisponde ad alcun fascicolo nel diverso registro indicato per errore), ovvero verso un fascicolo nel quale il mittente non è costituito (ad esempio perché vi sia occasionale corrispondenza del numero di ruolo indicato, nel diverso registro, nel quale siano però costituite parti diverse dal mittente). Può anche accadere che vi sia corrispondenza occasionale sia del numero di ruolo nel diverso registro, e sia del difensore mittente quale parte costituita, ma ciò non sposterebbe il senso di quanto si dirà e le relative conclusioni. Gli errori indicati sarebbero comunque di tipo ERROR , vale a dire integrerebbero una anomalia bloccante, che secondo il provvedimento del DGSIA potrebbe -o non- essere forzata dalla Cancelleria.La questione è stata affrontata anche nella Circolare del Ministero della Giustizia 23 ottobre 2015, che al punto 7 prevede che «Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN oERROR , dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata».Ora, ed anche a prescindere dalla valenza del provvedimento DGSIA e della Circolare ministeriale nell'ambito del sistema di gerarchia delle fonti, resta il fatto per il quale salvo che un errore non sia gestibile dal sistema (ad esempio perché manchi l'atto giudiziario indicato nell'indice della busta, che rappresenta uno degli errori qualificati come FATAL ), in tutti gli altri casi (WARN oERROR ) non potrebbe attribuirsi alla Cancelleria il potere di accettare o rifiutare un atto processuale (profilo ben messo in evidenza ad esempio da Trib. Milano, 23 aprile 2016, cit.). Il discrimine tra accettazione e rifiuto, non può allora che rispondere a meri profili di possibilità tecnica, rimanendo ogni altra valutazione di spettanza del giudice.Ovviamente, e premesso, quindi, che l'errata indicazione del registro (fallimenti piuttosto che contenzioso), non potrebbe impedire l'accettazione dell'atto, resta da valutare quali siano le conseguenze processuali di tale errato deposito. Nel caso trattato dal Tribunale di Bologna, il depositante ha provveduto a rinnovare l'invio, il giorno successivo alla scadenza del termine per la proposizione dell'opposizione a stato passivo, dopo aver preso atto che l'invio precedente era risultato errato. Sembra, dalla lettura del decreto, che la mancata accettazione sia stata generata nell'ambito dei controlli automatici («mancata accettazione del predetto deposito da parte del sistema telematico in ragione dell'erroneità del registro di riferimento (“fallimenti” anziché “contenzioso”)»). Per quanto l'errore che ci occupa, come visto, non impedirebbe l'accettazione da parte della Cancelleria, salve le ulteriori valutazioni del giudice, si tratta allora di decidere il rilievo da dare al primo invio, rispetto alla tempestività del ricorso. In altre parole, si tratta di decidere se il rispetto del termine per l'impugnazione, da parte del depositante, debba essere valutato rispetto al primo invio, ancorché errato, come si ritiene, ovvero se rispetto al secondo invio, emendato dell'errore, come stabilito nel decreto in commento. È noto che ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia (e il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza). Consegue da tanto, che ai fini del perfezionamento del deposito sia rilevante la sola ricevuta di avvenuta consegna, generata dal sistema di ricezione. Non è in discussione la possibilità che tale ricevuta possa non essere risolutiva, perché è innegabile che all'esito dei controlli successivi (automatici e poi di Cancelleria), possa emergere un errore FATAL , tale da inficiare la stessa esistenza dell'atto. È infatti evidente che se nella busta non vi fosse l'atto (errore FATAL), a poco rileverebbe che la ricevuta di avvenuta consegna fosse stata generata entro il giorno di scadenza.Ma questo sposta le valutazioni su un piano diverso, che attiene alla validità dell'atto, secondo le ordinarie regole processuali, sia pure integrate dalle regole tecniche. Queste ultime prevedono, per quanto di rilievo, che le informazioni relative alla nota di iscrizione a ruolo siano contenute nelle informazioni strutturate previste dall'art. 11 d.m. 21 febbraio 2011 n. 44 (in G.U. n. 89 del 18 aprile 2011). E d'altra parte l'art. 12, comma 1, lett. e), Provvedimento DGSIA 16 aprile 2014, prevede che l'atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente, sia corredato da un file in formato XML, che contenga le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo. Tra queste va ritenuto compreso il numero di ruolo. E qui si arriva al punto rilevante di queste considerazioni. Ci si deve chiedere, infatti, se l'errata indicazione del numero di ruolo, o del registro, o anche l'omessa indicazione del numero di ruolo, o del registro, possano portare ad una sanzione processuale, che sia tale addirittura da precludere la stessa ammissibilità del deposito dell'atto. Quale che sia il nome della sanzione, infatti, l'effetto pratico della tesi sanzionatoria è quello di impedire ogni effetto processuale all'atto recante tale errata indicazione, o che abbia omesso la stessa. Al punto che se l'errore, o la omissione, siano contenuti in un atto da depositare entro un termine perentorio, come nel caso trattato dal Tribunale di Bologna, se ne dovrebbe ricavare l'inammissibilità di ogni valutazione di merito, essendo semplicemente tardivo il deposito. E tuttavia, tale tesi non appare convincente. Se da un punto di vista formale deve prendersi atto dell'assenza di qualunque previsione normativa, che colleghi all'errore o alla omissione della indicazione del numero di ruolo o del registro, una sanzione processuale, da un punto di vista sostanziale deve non di meno rilevarsi come a tale condotta del depositante non consegua alcun reale pregiudizio al diritto di difesa della controparte. E men che meno potrebbero rilevarsi profili incidenti sul ruolo processuale del giudice. Partendo da quest'ultimo aspetto, e ribadito che la Cancelleria non potrebbe negare il deposito, pur dovendo segnalare l'anomalia al giudice, una volta che l'atto fosse sottoposto a quest'ultimo, ben potrebbero essere effettuate tutte le valutazioni di competenza del giudice stesso. Ad esempio potrebbe essere fissata l'udienza per la comparizione delle parti, qualora ciò fosse necessario, come accadrebbe in presenza dell'atto introduttivo di una procedura che preveda l'instaurazione del contraddittorio tra le parti. Ma neppure per la controparte potrebbero ravvisarsi conseguenze negative. Ove si trattasse di atto introduttivo (come nel caso in commento), il diritto di difesa verrebbe garantito dal termine che comunque dovrebbe essere concesso in vista della udienza (ad esempio nel decreto ex art. 99, comma 3,l. fall., rispetto ai termini che devono essere rispettati ai sensi dei successivi commi 4 e 5). Ove si trattasse di atti in corso di causa, per i quali valesse il disposto di cui all'art. 170, comma 4, c.p.c., a mente del quale tali atti si comunicano mediante deposito in cancelleria, la lesione del diritto di difesa della controparte (ad esempio, ma non solo, nei casi di atti a scadenza successiva, come per le memorie ex artt. 183 o 190 c.p.c.) potrebbe essere scongiurata non con l'inammissibilità dell'atto recante l'anomalia, ma semplicemente concedendo alla controparte termini ulteriori, idonei a garantire il rispetto di quelli previsti dalla legge al fine di esercitare i diritti difensivi. Non si ritiene peraltro, come in modo condivisibile stabilito infine da Trib. Torino, 13 maggio 2016, cit., che debba farsi riferimento all'istituto della rimessione in termini, in favore del depositante, poiché il deposito è formalmente avvenuto già in precedenza, al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna. L'anomalia del deposito, ove derivante da errore non FATAL , deve essere risolta dalla Cancelleria direttamente, o anche mediante nuovo deposito da parte del soggetto interessato nel registro corretto (ove questa ipotesi non fosse superabile tecnicamente dalla stessa Cancelleria). E in questo senso il nuovo invio integrerebbe una mera regolarizzazione, peraltro verificabile –al fine di evitare una modifica degli atti- mediante semplice confronto dei due depositi, restando quale momento perfezionativo del deposito quello ancorato alla ricevuta di avvenuta consegna.È il caso di aggiungere che a proposito della rilevanza dell'errore (in un caso nel quale era stato indicato in maniera errata il nome del difensore destinatario della notificazione, ciò che non aveva consentito il perfezionamento della stessa), la Cassazione ha recentemente stabilito la validità della rinnovazione tempestiva, ancorché questa si perfezioni solo dopo la scadenza del termine per la proposizione dell'impugnazione (Cass., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599, in motivazione). Si tratta di un principio che ridimensiona la portata dell'errore materiale, e soprattutto ne sancisce l'irrilevanza, evidentemente nell'ambito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta. Ovviamente, l'errore della parte non è detto che debba rimanere privo di sanzioni. Esse vanno però individuate, ove ne ricorrano le condizioni, in ragione della violazione del generale dovere di lealtà e probità (art. 88 c.p.c.), da sanzionare ai sensi dell'art. 92 c.p.c., per le spese che tale condotta abbia causato all'altra parte. |